Home Antonio Fabi

ANTONIO FABI
TRAGICO RISO

Prentazione all'Accademia Raffaello Testo completo: "Tragico Riso"


 

 

TRAGICO  RISO

scherzi  mitologici e altri epigrammi

 

Ed. Manni - Lecce

© 2005 Piero Manni s.r.l.

Via Umberto I, 51 - San Cesario di Lecce

e-mail: info@mannieditori.it

www.mannieditori.it

 

In: OCCASIONI

      Collana a cura di Anna Grazia D'Oria

Introduzione di Enrico Maria Guidi

Postfazione di Giovanni Cerri

In copertina: Armando Pizzinato,

Arcipelago rosso (trittico), 1966

Progetto grafico di Vittorio Contaldo

Con due illustrazioni originali di

Bruno Gerboni Bajardi

 

IV di Copertina.  Una raccolta di versi nei metri dell'epigramma in quartine (con qualche eccezione) e del distico a rima baciata. Gli argomenti sono vari, e hanno il gusto della citazione diretta e indiretta, l'ironia e l'auto-ironia, l'adesione dominante alla realtà contemporanea.

 

INDICE

Clicca sulle voci sottolineate per il testo

 

7       Introduzione di Enrico Maria Guidi

               SEZIONE I

               Scherzi su temi della mitologia classica  D. I (1/7)

13       1. Quartina

14       2. Strambotto toscano

15       3. Strambotto toscano

16       4. Tre quartine

17       5. Quartina seguita da strambotto toscano

18       6. La fine di Eracle

19       7. Prigionia e liberazione di Teseo

                 SEZIONE II

                 Ritratti

                      Ricette incontri  pasquineidi  e altre forme brevi (R. G. 2)

23          Il civilista

24          Il penalista

25          Ricetta per una     buona poesia   contemporanea

26          Un incontro   (Sonetto-scherzo con commento complemen

                   tare di G. G. Belli e coda finale in forma di post scriptum)

27          Giuseppe Gioachino Belli  Da “Che tempi! ossia II teatro”

28          Pasquineide Prima

29          Amleto e le finanze

30          Pasquineide seconda

31          Rime e loro uso

                    SEZIONE III  da N.1 al N.22

                    Epigrammi I

35          1. Lutto

36          2. Sfortuna

37          3. Medici -1

38          4. Avanguardia

39          5. Dedizione

40          6. Tecnica e politica

41          7. Medici - II

42          8. Senectus ipsa morbus?

43          9. Valore della critica

44          10. Amicizia

45          11. Coerenza

 

46          12. Amore tecnologico

47          13. Pastorale

48          14. Ricorsi storici

49          15. Sorpresa

50          16. Mestieri e arti

51          17. Sopra un computer

52          18. Nuovo corso garantista

53          19. Intermediazioni

54          20. Classe

55          21. Sensi non vietati21

56          22. Praticità

57          23. Energia

58          24. Patti chiari

59          25. Ecce Eco

60          26.

61          27.

62          28. Spettacolo

63          29. In nome e cognome della legge

64          30. Abbondanza

65          31. Ancora avanguardia

66          32. Haiku / Hatu

67          33. Fuit

68          34. Solo Cesare

69          35. Indovinello

70          36. Progresso

71          37. Crescita sociale

72          38. Intensità

73          39. A Carlo Ceci

74          40. Un amico

75          41. Lodi e nodi

76          42. Vita da cani

77          43. Archeologia

78         44.  Saggezza

79          45. Professionalità

81       Postfazione di Giovanni Cerri

 

VAI ALL'INDICE

 

Introduzione  di Enrico Maria Guidi 

 

Due sono gli elementi che spiccano agli occhi quando si legge la silloge di Antonio Fabi: il recupero della tradizione letteraria italiana, l'uso cioè di una metrica che ha attraversato tutta la storia della letteratura italiana, per poi subire lo scacco, più o meno giustificato, dello sperimentalismo nove-centesco -e qui non si può non citare un altro grande poeta che in tempi non lontani ha tentato questo recupero, il Zanzotto de Galateo in bosco- e, come secondo elemento, quello di una poesia che si definisce particolarmente per la sua vena comica.

Lasciamo perdere il primo punto che ci porterebbe troppo lontano e introdurrebbe in una lunga disquisizione, tra l'altro pericolosa, e concentriamoci invece con attenzione sul secondo. Da cosa nasce cioè questa necessità del comico, perché usare proprio il comico, un genere che ultimamente non riscuote troppo favore in poesia? A mio parere per il Fabi la comicità è qualcosa che compare "suo malgrado", si configura, cioè, come l'incapacità di mantenersi nel "serio" di fronte ad una esistenza umana per sua definizione tragica. Il poeta conosce a fondo quel mondo e quei personaggi di cui scrive e sa, sa bene, che sono noti anche ai suoi lettori; sia che parli di persone la cui identità è rivelata o di una tipologia di personaggio. Egli è anche ben conscio del fatto che su quelle persone, su quei topos, non si dovrebbe ridere, ma tutt'al più parlare con serietà. Ma ciò che altrettanto comprende è che egli stesso appartiene a quel mondo. È quello l'ambiente in cui vive, dove lavora, dove è stato educato. Così schernire quei personaggi, anche quelli appartenenti alla mitologia che non sono altro che il riflesso della cultura in cui è cresciuto, diviene un ironizzare su se stesso e sull'ambiente che lo circonda. Il Fabi "si diverte", ma questo divertimento, il riso che ne scaturisce, finiscono per imprigionarlo in una moltitudine di immagini che egli stesso ha creato (si legga ad esempio il sonetto // civilista), trasformando quella che era una risata in un sorriso a volte amaro. Vi è cioè un processo di attrazione e repulsione interno, e proprio sulla varietà del rapporto tra interno ed esterno nasce la modulazione della comicità.

Naturalmente in questo senso, spesso, il riso è quasi una copertura del tragico, e cioè sotto l'apparente comicità esistono una serie di elementi e di situazioni dolorose e tragiche, appartenenti alla sfera privata ma anche a quella sociale, che solo il rivestimento comico può rendere comunicabili agli altri; i quali non accetterebbero una simile verità se data loro nuda e cruda, trovandola probabilmente offensiva, come ad esempio nel caso di Don Elvio, sacerdote dedito alle sue "pecorelle" e con la dote di "amare assai le giovani sorelle", o come il medico Salvatore abile soprattutto ad accompagnare i clienti al "Creatore".

Si potrebbe quindi affermare che il Fabi ride e scherza sulle che cose che ama, se non altro perché sono quelle che vive quotidianamente e dalle quali è difficile sottrarsi. Egli conosce a fondo quelle situazioni che sbeffeggia e attraverso la loro ridicolizzazione tenta quasi un'operazione di autopunizione (molto vicina alla figura dell''heautontimoroumenos) che può portarlo ad assolverle e ad assolversi.

Un'ultima cosa mi sembra importante e riguarda la lingua usata dal poeta. Vi è infatti una mescolanza di italiano gergale, aulico e comune, tutto fuso però con un'abilità inconsueta. Questa miscela, pur rimanendo all'interno della comicità, permette al Fabi di creare versi veloci che giungono e trasmettono immediatamente il significato inseguito, spesso lasciando senza fiato il lettore, colto di sorpresa da un improvviso e sospeso malinconico sorriso come, ad esempio, in questi quattro versi: "Aver Brocchi ministro è una iattura; / non c'è da stare allegri, che è uno sballo. Caligola mostrò maggior misura, / facendo senatore il suo cavallo".

Enrico Maria Guidi

 

VAI ALL'INDICE

 

  SEZIONE II

                 Ritratti-Ricette incontri  pasquineidi  e altre forme brevi

 

Il penalista

(sonetto caudato)

Impegnatissimo, sempre agguerrito,
usa la toga con fare elegante;

la borsa gliela porta un praticante
bianchiccio, macilento ed avvilito.

Fa sei processi al dì, tutto impettito,
sollevando eccezioni ad ogni istante
di merito e di rito al giudicante,
che le respinge sempre più stizzito.

Se deve solo chiedere un rinvio,
parla mezz’ora con foga impetuosa,
dicendo che sta male un vecchio zio.

Ma l’arringa finale è un’altra cosa:
cita i classici e poi domineddio,
con consumata, teatrale prosa.

E così si riposa
a Rebibbia, il cliente, o a San Vittore,
benedicendo questo difensore

 

VAI ALL'INDICE

 

Ricetta per una buona poesia contemporanea

(Sonetto caudato)

Prendete circa duecento parole,
aprendo a caso il vostro calepino;
poi prendete tre o quattro casseruole;
d’ogni parola fate un bigliettino.

Tutti i foglietti, come il caso vuole,
dopo versateli in ogni ramino
e il tutto mescolate, come suole
fare un cuoco provetto e sopraffino.

Poi pescate dal primo recipiente
ed annotate il termine pescato;
indi con gli altri, alternativamente.

Questo collage vi darà un risultato
poetico davvero e sorprendente:
il vostro scritto sarà pubblicato,

se avrete contattato
un critico introdotto ed indulgente,
espertissimo, aperto e coerente.

VAI ALL'INDICE

Un incontro
(Sonetto-scherzo con commento complementare di
G. G. Belli e coda finale in forma di
post scriptum)

Beethoven era già mezzo spacciato
quando gli fece visita Rossini;

se no, gli avrebbe detto senza inchini:
“Torna a Parigi o a Pesaro, sfrontato!”.

Il “cigno” pesarese, Cittadini,
era già un musicista strapagato;

ma, a petto del Gigante insuperato,
valeva meno d’un de’ suoi calzini.

Il Tedesco, però, fece buon viso
e l’altro pensò d’essere tra quelli
che Ludwig collocava in Paradiso;

mentre si sa (lo dice Anton Diabelli)
che Beethoven, malgrado il suo sorriso,
l’avrebbe, in cuore suo, fatto a brandelli.

Lo conferma anche il Belli,
in modo non diretto, ma efficace,
se leggere di seguito Vi piace.

 

VAI ALL'INDICE

 

Giuseppe Gioachino Belli

Da “Che tempi! ossia II teatro”

Con Cimarosa

Che è mai Rossini?

La gnora Rosa
De’ burattini.

Altro ci vogliono
Che ciuffoletti

Per mover l’anima,
Per trar gli effetti!

Dello stil vecchio
Perduta è l’arte:

Ciascun orecchio
Vuol la sua parte.
S’aman più i ciuffoli
Che li violini!

Grazie al suo genio,
Signor Rossini...”
(15 luglio 1825)

Post scriptum

E quando tornerò al Conservatorio
mi spareranno, mia diletta, in fronte,
tentando di mandarmi all’obitorio.
Armi e corazza dovrò tener pronte,
che tutti i pesciaroli Pesaresi
si sentiranno mortalmente offesi.

 

VAI ALL'INDICE

Pasquineide Prima

Col Settimo Alessandr, Fabio Chigi,
sembrava che, miracolosamente,
fossero terminati i tempi grigi
per l’Urbe e tutta la Romana Gente.

Ma, quando gli arrivò il primo parente,
capì presto Pasquino che i litigi
tra i nipoti d’un Padre sì potente
sarebbero maggiori dei servigi.

E vedendo costui: “Questa è la croce’”
scrisse Pasquino
“E fo una previsione.
Potete riferirlo a grande voce’.

Ben presto seguirà la processione”.
Chigi fu, infatti, perfido e feroce:
come sempre, Pasquino ebbe ragione.

 

VAI ALL'INDICE

 

Amleto e le finanze

(Sonetto caudato)

“Economia, Ora

zio, economia!”,
dice all’amico il principe Danese,
con riguardo al risparmio delle spese
pel matrimonio della madre zia.

Suo padre, ch’era il re di quel paese,
fu ucciso dal fratello per mania
di grandezza e d’insana bramosia
di quel poter che, assassinando, prese.

Sua madre sposò subito il cognato,
sicché, durante quel festeggiamento,
si tenne il funeral sull’altro lato.

Il biondo prence non ne fu contento
e, prima di finir morto ammazzato,
compì lui stesso un grande ammazzamento.

Credetemi, non mento;
egli aveva ragione, padreterno!
Ma fosse così parco anche il governo!

 

VAI ALL'INDICE

Pasquineide seconda

Urbano Ottavo, sommo costruttore,
mecenate ed artista di gran classe,
affogando la gente nelle tasse,
non fu un papa, bensì un imperatore.

Rapinò a Urbino l’antico Ducato;
Urbania soppiantò Casteldurante;

rovinò il Pantheon, questo lestofante,
giammai sazio dell’oro accumulato.

Ed è così che si espresse Pasquino:
“Poiché Urbano di Taddo aggrava il vino,
ricrea con Pacqua ilpopol di Quirino”

E proseguiva con genial favella:
“Urbano Ottavo dalla barba bella,
finito il Giubileo, pon la gabella”

E scrisse ancora, in termini latini,
una frase assai nota, Cittadini:

“Più dei Barbari fero i Barberini”

 

VAI ALL'INDICE

 

Rime e loro uso

La rima più briosa è l’incrociata,
che vedrete qui usata tra un istante:
nel distico centrale essa è badante;
solo un saluto a quella allontanata.

Diventa, dopo, ancora più elegante
invertendo l’incrocio: chi constata
s’avvedrà che con simile cantata
si va verso un finale interessante.

Questo finale produrrà il sonetto,
con due terzine di varia natura;
meglio incrociarle: metodo perfetto.

Non è fatica grave o impresa dura:
occorre, però, dare un taglio netto
a tanta ignominiosa spazzatura.

 

VAI ALL'INDICE

 

31.    Ancora avanguardia

L’arte contemporanea, che conquista!
Mai che tal patrimonio si disperda!
Si cominciò con la merda d’artista,
si finirà con artisti di merda.

 

32.    Haiku ! Hatu

Per un volo stellare o extragalattico
è bene usare,
senza azzardare,
un celebre, sicuro profilattico.

 

33.    Fuit

L’Italia fu la patria del diritto,
da Roma antica fino a Beccaria;
ma oggi è una follia:
non sa leggere chi le leggi ha scritto.

VAI ALL'INDICE

34.    Solo Cesare

Per vincere il destino e fare presto,
Cesare disse:
“Alea iacta estol”.

Egli era un giocatore eccezionale;
non imitarlo: finiresti male.

 

35.   Indovinello

Per dirti che hai ragione ti dà torto
e ti dà torto quando tu hai ragione;
ragiona, ma il suo metodo è contorto
e non rispetta che la sua opinione.
Quando s’appella a ben più augusti Fori,
getta le armi, poi
dispera e muori.

 

36.    Progresso

Cos’ha globalizzato
la globalizzazione?
Chi era disgraziato
adesso è anche minchione.

VAI ALL'INDICE

37.    Crescita sociale

Si è fatto mobiluomo coi suoi mezzi:
la fabbrichetta è ora un opificio;
egli rammenta questo sacrificio
evadendo le tasse e alzando i prezzi.

 

38.    Intensità

Io sono tuo prigione e servitore:
giusto servaggio, dolce detenzione.
Continua a consumarmi col tuo amore,
pur se mi comportasse dannazione.

 

 

VAI ALL'INDICE

39.    A Carlo Ccci

Quando in Pantheon Raffaello
l’ha veduto entrar di scatto,
ha pensato: “Questo è quello
che di qui mi dà lo sfratto”.

 

40.    Un amico

Quando a Fabio Rulliano fu proposto
del sommo Giove d’occupare il posto,
rispose ad Ermes, messaggero alato:
“Non posso; sono già troppo occupato”.

 

41.     Lodi e nodi

Un bel congegno tecnico-meccanico
venne proposto, e non andava male;
ma qualcheduno fu preso dal panico
e chiese un proprio lodo personale.

Si tirò il marchingegno per il manico,
quantunque anticostituzionale;

ma la Corte che giudica le Leggi
ha liquidato tutti questi aggeggi.

VAI ALL'INDICE

42.     Vita da cani

Fedele è Emilio; ma Gonfalonieri
potete dire che non sia fedele?
Ogni giorno fedeli più di ieri,
son pronti ad ingoiare assenzio e fiele

 

43.    Archeologia

Ho letto questi giorni su un giornale
che uno scienziato (sì, credete a me)
ha dato una notizia eccezionale:
ha dissepolto l’arca di Noè.

Non è nulla, però, se si ha presente
una scoperta che ancor più lodiamo;
si tratta di un evento dirompente:
hanno trovato le spoglie di Adamo.

VAI ALL'INDICE

4.     Saggezza

“Cambia fattore! - dissero a Giovanni -
ti deruba, è vorace e malizioso”.

Rispose: “È ricco: ormai non fa più danni;
il nuovo mi sarebbe più costoso”.

 

45.    Professionalità

Don Atanasio, padre confessore,
venne accusato d’esser peccatore,
perché, abusando del proprio mestiere,
da tante donne prendeva piacere.
Lui, difendendosi in modo garbato,
disse: “Bisogna studiare il peccato”.

VAI ALL'INDICE

 

 

 

Postfazione  di Giovanni Cerri

 

Quando qualcuno ti dona (o ti induce a comprare) un suo libro di poesie stampa, ti trovi quasi sempre di fronte ad effusioni tra il sentimentale e il filosofico, beninteso espresse in linguaggio allusivo e vago, dal quale non si cava uno straccio di discorso. Omero avrebbe detto: "Architetti di balle che neppur visualizzi !" Purtroppo, non sempre va meglio con le raccolte dei poeti laureati nell'ultimo mezzo secolo. Ma non è colpa loro, sono innocenti: la poesia narrativa, quella satirica, anche la lirica in senso pieno, sembrano quasi scomparse dal mondo, e per ragioni profonde, non contingenti, che del resto nessuno riesce a puntualizzare con chiarezza.

Poter leggere versi nuovi, attuali, che parlino al nostro orecchio come i versi dei classici parlavano all'orecchio dei loro contemporanei (e continuano a parlare al nostro) è come imbattersi in una delle rare fonti naturali di acqua fresca, sfuggita alle canalizzazioni e alle condutture. Questo è l'effetto che mi hanno fatto le composizioni di Tonino Fabi, quando me le ha presentate in anteprima, alla vigilia della stampa.

Appunto, "composizioni", cioè lavori pensati, studiati, strutturati in frasi concatenate, limpide, e perfettamente ingabbiate nella norma del metro. Alto artigianato, quale è l'arte vera, non libera polluzione verbale. La sua scelta, evidentemente la sua vocazione (o una delle sue vocazioni), è caduta su uno dei generi classici di stile umile, uno dei più difficili dal punto di vista tecnico, l'epigramma giocoso. Altrettanti "crescendo", che si snodano intorno ad una pointe sempre graffiante, trasformando enunciato per enunciato i metri e le rime, letto di Procuste per chi non è poeta, in eleganza, arguzia e tenuta del dettato. Complimenti e ad majora.

Giovanni Cerri   

VAI ALL'INDICE

 

SEZIONE I       n°7  Scherzi su temi della mitologia classica

 

1.    Quartina

Agamennone s’era dilettato
a stuprar giovinette belle e arzille:
una ne tolse perfino ad Achille;
ma, poi, finì cornuto e pur mazziato.

 

2.  Strambotto toscano

Ettore valoroso in quel di Troia,
prima d’esser trafitto dal Pelide,
ne aveva prese, ormai, fino alla noia
da Aiace Telamonio e dal Tidide.

L’un, con un masso, lo lasciò stordito;
l’altro l’aveva quasi rimbambito
con un colpo di lancia sul cimiero:

e l’elmo lo salvò dal cimitero.

 

3.  Strambotto toscano

Menelao, così come il fratello,
fu cornuto in maniera assai pesante;
anche se non fu ucciso dall’amante,
mentre Agamennone incontrò il macello.
Sorti diverse pei germani Atridi:
il maggiore sgozzato tra urla e stridi;
e l’altro, per dar sfogo alle sue voglie,
che riprende, minchioni la prima moglie.

 

4.  Tre quartine

Il sommo Giove amava ardentemente
la bella Teti sopra ogni altra donna;
voleva possederla carnalmente,
ma non le sollevò manco la gonna.

Sapeva, infatti, che da questo amore,
sarebbe nato, tra canti e scintille,
un figlio forte più del genitore:
egli sarebbe stato il Divo Achille.

Vi rinunciò il Tonante e se ne spiacque;
per contro, Teti col buon Peleo giacque;
e il figlio loro, biondo, ardito e fiero
fu il fiore degli eroi, secondo Omero.


 

5.   Quartina seguita da strambotto toscano

Narra Virgilio che il figlio d’Anchise,
il prode Enea, che si salvò da Troia,
giunse in Italia e finalmente rise,
poiché Didone ormai gli dava noia.

Ma c’è un aspetto su cui mi confondo:
quando Enea, stolidissimo imbecille,
dice di non temer lo scontro a fondo
con Turno, definito “un altro Achille”.

In realtà il Re Rutulo di questo
valeva men d’un tacco; e un altro testo
ci rammenta che il figlio d’Afrodite
le buscava perfino da Tersite.

 

6. La fine di Eracle

(sonetto caudato)

Quand’Eracle, l’eroe più generoso,
si vide morto per la fatai veste,
che gli rese le carni marce e peste,
s’incazzò più d’un bufalo furioso.

Dejanira non accennò a proteste,
osservando soffrir l’amato sposo,
dal suo regalo ormai mezzo corroso,
e stanti le sue colpe manifeste.

E l’Alcide, salendo sulla pira
(dopo aver acciaccato un mezzo fesso,
che non s’era sottratto alla sua ira),
gridò: “Quanto sei stato stronzo, Nesso!
Ma anch’io, tutto sommato, gira gira,
lo sono stato quanto te: confesso.

Infatti il gentil sesso,
che mi ha tolto più volte la ragione,
oggi mi fa crepar come un coglione!”.
 

7.  Prigionia e liberazione di Teseo

(sonetto caudato)

Scese Teseo, sicuro, nell’Averno,
per conquistar Persefone la bella;
ma Plutone lo chiuse in una cella,
condannandolo ad un supplizio eterno.

pu incollato a un macigno, proprio in quella
parte del corpo che ci fa da perno:

il fondoschiena fissato all’interno,
ancora più sicuro d’una cella.

Egli così rimase fino a quando
l’Alcide invitto si fece vedere,
ottemperando ad un altrui comando.

Catturò Cerbero e volle sapere
se, mentre stava in terra ritornando,
potesse liberare quel sedere.

Ebbe tale potere,

e, a suo modo, staccò l’amico amato,
ma mezzo culo restò appiccicato.

Per questo risultato,

pare che gli Ateniesi siano snelli,

come il sovrano loro, nei fondelli.

 

 

 

1.    Lutto

Annunciano la moglie e i figli amati
del congiunto la prematura morte.
Così vollero i Numi (triste sorte),
lasciandoli smarriti e addolorati.

La vedova, seppur con grande pena,
accetta i fiori, poi l’invito a cena.

 

2.    Sfortuna

Eufemie fu un politico di rango,
amato dai Colleghi e nel Collegio,
autore di progetti d’alto pregio,
terminò la carriera in mezzo al fango,
solo perché persone disattente
lo fecero sfuggir per la tangente.

 

3.     Medici -1

Fu chirurgo valente Salvatore;
tagliava e ricuciva più d’un sarto:
qua un osso rotto, più lontano un arto,
li accomodava per il Creatore.

 

4.     Avanguardia

Giancastrovilli è un ottimo regista;
cambia scene, copione e pure il testo:
lo fa moderno e attuale. Quanto al resto
cade soltanto in qualche rara svista.

Così Macbeth diventa pistolero,
Otello bianco e il re Danese nero.

 

5.     Dedizione

Padre Mevio fu un bravo confessore,
tutti ascoltava con santa pazienza;
comminava una mite penitenza
specialmente alle giovani signore.

E, per farne qualcuna ancor più pia,
la portava in segreto in sagrestia.

 

8.     Senectus ipsa morbus?

È bellissima Donna Genoveffa,
anche oggigiorno ch’è in età matura:
del passare del tempo ella si beffa:
non a caso ha la pelle molto dura.

 

9.    Valore della critica

Chiamate poesia qualsiasi cencio
che parli d’anima, cuore e passione,
anche se in stile primitivo e mencio:
così offendete l’arte e la ragione.

 

10.    Amicizia

Fu cantante famosa Donna Lidia:
voce soave, amabile, “rotonda”.
Le rivali, per lode o per invidia,
la chiamavan, perciò, “Gola profonda”.

 

11.    Coerenza

Moglie fedele fu Maria Rosa.

Amò il compagno per tutta la vita,
con dedizione grande, anzi infinita.
Tutti hanno pianto questa dolce sposa:
anche Giulio, Francesco e tutti quanti
gli amici di famiglia suoi amanti.

 

12.    Amore tecnologico

Quanto il nuovo cellulare
io t’adoro, Cloridana;
però, tra una settimana,
ne avrò un altro da comprare.

 

13.    Pastorale

Don Elvio fu pastore e sacerdote,
dedito tutto alle sue pecorelle;
aveva, inoltre, questa grande dote:
d’amare assai le giovani sorelle.

 

14.   Ricorsi storici

Morì vecchio bacucco e senza eredi
il ricco Tazio ad anni centoventi.
Ebbe un tempo tantissimi parenti,
che tutti stesero assai prima i piedi.
Gli avevano augurato più accidenti,
che furono, per lui, buoni rimedi.

Simili storie ci narrò Marziale:
il tempo passa, ma l’esempio è uguale.

 

15.    Sorpresa

Quando morì quest’uomo che qui giace
piansero tutti di disperazione,
recitarono insieme un’orazione
per Lui chiedendo il
“ Requie scat in pace”.

Ma, quando aprirono il Suo testamento,
gli invocarono, in Ade, ogni tormento.

 

16.   Mestieri e arti

Tutti sanno che i grandi ciarlatani,
astrologi, veggenti, cartomanti,
sfruttando tanti poveri ignoranti,
raccolgono denaro a piene mani.
Per qualcuno, però, tutto è legale:
è pronto, ormai, l’albo professionale.

 

17.     Sopra un computer

(pensando a Tanfucio Neri)

Disse al computer un tecnico dotto:
“Perché, computer, tu sei sempre rotto?”
Questo rispose assai garbatamente:
“Chi m’ ha creato è un vero deficiente”.
 

18.    Nuovo corso garantista

(marzo 2003)

Taormina, che non è magistrato,
vuol spiccare mandati di cattura
contro membri della magistratura,
che, secondo il suo dire, hanno sbagliato.

Se questa è la novella procedura,
a cui dice d’aver collaborato,
capisce presto anche l’ultimo allocco
ch’era migliore assai quella del Rocco.

 

19.   Intermediazioni

Finanziere brillante, il buon Sorenghi,
generoso con ospedali e chiese.
Poi raccolse milioni di marenghi
nelle frazioni e al centro del paese.

Fu onesto, praticando quella legge
che ogni economia guida e sorregge:
vale a dire che a chi ha investito male
non va restituito il capitale.

 

20.     Classe

Attrice preparata ed espressiva
è sempre, in ogni parte, Margherita.
Quando compare, sempre più svestita,
molte parti la rendono più viva.

 

21.     Sensi non vietati

“Sfondi, caro, con me una porta aperta”,
dice spesso, assentendo, Childeberta.

Tale assunto non fa nessuna piega:
aperto è l’uscio e lo è il retrobottega.

 

SEZIONE III  dal N.23 al N. 45

Epigrammi I

 

22.     Praticità

Il dottor Mario,
famoso come buon veterinario,
cura se stesso,
ottenendo il medesimo successo.

 

23.     Energia

(Da uno spunto di Paolo Zanzaroni)

Ermenegilda, donna prodigiosa,
in quest’avello scopa; non riposa.

 

24.     Patti chiari

Se si va, Galeazzo, insieme a cena,
facciamo che sia io a pagare il conto;
così tu avrai la faccia più serena,
né patiremo dalla fame affronto.

 

25.    Ecce Eco

Il “Baudolino” ha avuto gran successo
nell’universo e in ogni suo dintorno.
S’è, però, risentito Mike Bongiorno,
che crede d’esser stato pretermesso.

 

26.

Riposa in quest’avello don Frediano,
ottimo prete, pessimo cristiano.

 

27.

Se giuri sul tuo onore, Rodeghiero,
si può star certi che non giuri il vero.

 

28.   Spettacolo

Va Miss Italia da Marcello Pera,
che dello stato è carica importante.
Quello che rende il fatto esilarante
è che Marcello spera,
(settembre 2003 ...)

 

29.    In nome e cognome della legge
(Con questa, formula Cocco Bill di Jacovitti
arrestava i malviventi)

Spesso il pur bravo Giudice di Pace
le norme del diritto non le afferra;
si fa però più audace,
trasformandosi in Giudice di Guerra.

 

30.   Abbondanza

Ti sci fatto poeta, Gedeone:
hai scritto più di cinquecento pezzi;
non che io li disprezzi,
ma uno solo causa indigestione.

 

 

Home Antonio Fabi

ANTONIO FABI
TRAGICO RISO