Sordello, giornalista, collaboratore del periodico l’ “Eco di Urbino”.
In cima al colle, qual pudica vergine
Che tra le piante si nasconde e lagrima,
Di contro al ciel, che in occidente imporpora,
Guarda la chiesa solitaria: il vespero
Desta lontano canti melanconici.
Forse Bramante, quando in cor rideano
De l’avvenir le visïoni fulgide,
Fisso lo sguardo su’ben mille culmini
Evanescenti in un color di mammole,
Vide sul poggio ergersi al ciel la cupola.
Fiorìa la terra di favonio al tepido
Bacio e ne’ boschi sparsi sul declivio
De’ ruscelletti risonava il murmure,
Mentre dintorno i nidi tra le tremule
Novelle frondi lieti pispigliavano.
Bella così sul poggio solitario
Oltre le siepi, che a le prime olivano
Vaghe vïole si mostrò la cupola:
E a lei da’ campi ne l’ardor de l’estasi
Sciolser le villanelle il primo cantico.
E rivolava la canzon ne l’aere
Mentre sui colli l’incalzante scalpito
Di cavalli sonava e Tirsi in flebile
Suono chiamava Galatea, l’ïndocile
Ninfa, nel bosco presso al fonte limpido.
Or sopra i fianchi de la chiesa l’edera
Cresce tenace e in larghi giri arrampica:
Stormi d’augelli a lei dintorno volano
E ritornando a la sua casa al vespero
La villanella via trascorre tacita.
Vecchia vestale sol la chiesa vigila
Su’ forti Duchi - Oh! Sempre dal marmoreo
Letto risogna Federico il fremito
De le battaglie, le tonante buccina
Su’ vasti piani e i canti di vittoria.
Sogna guardando oltre il dirupo adergersi
Muta la casa, che arricchìa col premio
Di sue vittorie. Accanto a lui sospirano
Elisabetta e Guidobaldo e lagrime
Versano tutti nel deserto tumulo.
Sordello, Gennaio 1899
Bibliografia: Sordello, San Bernardino, in “L’Eco di Urbino”, gennaio 1899.