POESIE fra '800 e '900

a cura di Armando Spano


 

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Bemporad Ettore

Coen Erminia

Coen Ferruccio

 

 

Bemporad Ettore

 

 (Urbino 1877-Urbino 1955), di origini ebraiche, figlio di Gioacchino Bemporad.  Dall'Anno Accademico 1896-97 esercita la professione di bibliotecario presso la locale Università di Urbino. Nei primi del 1900 si laurea in Giurisprudenza presso lo stesso Ateneo. Tuttavia continua nel suo lavoro di bibliotecario dal quale viene dimesso in seguito all’introduzione delle leggi razziali del 1938. (A cura di Arnaldo Spano)

 

A RAFFAELLO

 

Io ti vedrò con gaudio ogni mattina

Della tua gloria in tutto lo splendore,

Sempre vedrò la figura divina,

La bella fronte di sì gran pittore

 

Sommesso il Genio a te o signor s’inchina,

L’Arte per te rinata più non muore,

Ed all’eterna gloria ti destina,

Ti destina del mondo ad ogni onore.

 

E tu sei là, nella vivida luce,

In dolce posa, sfolgorante e bello,

E dal tuo volto il tuo valor traluce.

 

Risplendi al sole, o divo Raffaello,

O dei più chiari genî sommo duce;

Ci addita l’avvenir col tuo pennello!

 

Ettore Bemporad        Urbino 22 agosto 1897

Bibliografia: Ettore Bemporad, A Raffaello, in “ Il Corriere Metaurense”, 5 settembre 1897.

 

 

 

Coen Erminia

 

Coen Erminia, poetessa di origine ebraica, nata a Urbino il 10 luglio 1866, figlia di Bonaiuto e Clementina Coen, muore a Terni il 19 marzo 1939. Emigrata a Terni tra la fine degli anni ’80 del 1800 e i primissimi del 1900. È probabile che ella, nubile, sia emigrata nel capoluogo umbro per vivere accanto ai propri familiari. La sorella Elena vi si era trasferita nel 1887, seguendo il marito Ercole Beer che, appunto il 30 aprile di quell’anno, fu nominato ingegnere capo del Comune.  (A cura di Arnaldo Spano)

“La gentile poetessa Erminia Coen, nostra concittadina, mi manda questa poesia, visione nostalgica di certe sere estive nella cara Urbino” (Conte Ettore Gherardi, Direttore responsabile del periodico “L’Eco Di Urbino”).

 

Sere Estive

 

Io le vidi nel sogno, ovvero furo

le dolcissime sere

nel lontano passato?

Sorge là dall’oscuro

triste velo degli anni

nitida visione la solinga

cappella di Loreto,

bruna nell’alto fra i cipressi annosi,

che allungan sugli erbosi

declivi al mite raggio della luna

le sagome giganti.

Ecco il nostro sedile laggiù presso

la cancellata aperta

della villa deserta.

Ed un lungo viale tutto bianco

nel chiaro plenilunio,

tutto odoroso

di gelsomini.

A mille, a mille stanno i bianchi fiori

nel folto della siepe

non so se pur sbocciati

dal mistero dei bruni aggrovigliati

rami, o discesi,

così candidi e fragili, dall’alto

della volta azzurrina

portentosa, divina

emanazione

della limpida notte.

Oh! la purezza di quel cielo terso

di quell’aura si mite !

Oh! quel sogno d’amore,

che dell’aura e del cielo era più puro,

ch’era più grande

dell’universo!

Io credevo vedere

fantasime leggiere

passar nel folto dei cespugli e tutta

la chiara vastità del firmamento

era come un immenso occhio pensoso,

che parlava alla fisa mia pupilla

un’arcana favella.

Si fondevan le meste lontananze

di passato e avvenire

e l’anima vibrava in una sola

tenerezza d’attesa e di rimpianto.

Or risento l’ascosa

estasi deliziosa,

che troppo intensa angoscia divenia

quasi un desio struggente

di dissolvermi spirto evanescente

nell’alma delle cose.

 

Terni, 1913      Erminia Coen

 

Bibliografia: Erminia Coen, Sere estive, in “L’Eco di Urbino”, 10 agosto 1913.

 

 

A VALBONA

 

Eppur l’ho amata; eppur per ogni via,

ove di mille lampade s’effonde

il vivido fulgore,

ove ferve il rumore

delle folle, nel cuore io l’ho portata,

la mesta nostalgia

di te dolce Valbona.

Dolce Valbona mia; bianca nel lume

Della pallida luna,

o tutta bruna

cheta nell’ombra delle vecchie case.

Canta l’antica fonte là d’appresso

alla vetusta arcata,

canta un suo ritmo pieno di dolcezza

unica voce nel silenzio. Oh fonte,

che la calma hai cullata

de’ miei sonni di bimba

e l’ebrezza del pianto,

la sola della triste giovinezza!

Le piccole botteghe! un raggio fioco

n’esce e la via per poco

tratto si rischiara

e col raggio n’emana

siccome un'aura di bontà tranquilla,

l’essenza delle cose

umili e sane. Il filo

che scorrerà di fra le dita leste

della massaia

nelle veglie operose,

la pia candela, il farmaco benigno,

il semplice alimento

delle mense modeste,

dopo i giorni fecondi di lavoro.

Tutti io numero ancora col pensiero

su-su, su-su per la contrada cheta,

le brevi zone luminose

tutte un nome richiamano alla mente

e una mite figura,

che si perde lontano nell’oscura

nebbia degli anni.

 

Erminia Coen, 19 luglio 1916

 

Bibliografia: Erminia Coen, Risalendo il sentiero, Terni 1920.

 

 

 

 

Coen Ferruccio

 

Coen Ferruccio – fratello di Erminia – poeta di origine ebraica, nato in Urbino il 16 luglio 1871, muore a Terni il 29 maggio1944. Si stabilì a Terni nel gennaio del 1893. Divenne famoso come poeta dialettale – molto amato da questa città, tant’è che il Municipio stesso gli ha dedicato addirittura una via – ma la sua produzione poetica non si limita alla sola poesia dialettale: egli è più che un poeta dialettale.

 

 

URBINO

(Nostalgia invernale)

 

Io penso una città posta sul monte

silenziosa e come marmo bianca,

sotto il manto purissimo di neve.

 

E mi sento passare sulla fronte

un’antica carezza, e la mia stanca

anima al fonte dei ricordi beve.

 

Ne rivedo le case raggruppate

salire a gradi come un grandioso

piedistallo d’immane monumento,

 

e nell’alto le torri acuminate

e nel palazzo dei Duchi maestoso,

opra sublime del Rinascimento.

 

Io penso una città bella, dormente,

dalla gloria d’un grande circonfusa,

dal fulgor del suo nome immortalata.

Dalle cento sorelle a tratti sente

salir, come lontana eco confusa,

il grido dell’età rinnovellata,

 

che senza tregua in una tormentosa

opera dïuturna s’affatica,

versando sangue dalla lotta immane.

 

Ma la bella del monte disdegnosa,

sognando i fasti di sua gloria antica,

dorme una notte che non ha dimane.

 

Quando l’alma solcata dalle impronte

dei disinganni, insazïata e stanca,

al puro fonte dei ricordi beve,

 

io penso una città posta sul monte,

ove sta la mia casa tutta bianca,

sotto il manto purissimo di neve.

 

Ferruccio Coen,  Terni

 

Bibliografia: Ferruccio Coen, Urbino. Nostalgia invernale, in “Rivista Marchigiana Illustrata”, 1908, n° 1-2.