FERMIGNANO 1919 - Urbino 1987 |
(Mosaico di Aurelio Gonzale) |
In una delle sue interessanti battute polemiche (ma sappiamo quale largo margine di errore vi sia in ogni forma di polemica) il Carducci ebbe a dire che donne e preti non sono poeti. E probabilmente voleva dire che l’eccesso di sensibilità da una parte e l’eccessivo dominio della sensibilità dall’altra costituiscono un limite alla poesia. Ci sarebbe molto da discutere su una battuta del genere e sulle sue possibili interpretazioni. Sta di fatto che sono esistiti - ed esistono - donne e preti che hanno il dono della poesia. Il che basterebbe. Che se poi si vuole credere più da vicino i rapporti che esistono tra poesia e sensibilità, dirò che essi sono tanto complessi e di tale natura da apparire estremamente necessari ed estremamente elastici. La poesia esige ad un tempo una forte e persino intemperante sensibilità, ma al tempo stesso ne richiede un fermo dominio. La sensibilità non è che la materia di una forma superiore che ne tende l’arco ma che brucia nel rogo. E’ tuttavia un fatto che la poesia femminile è tanto più resistente e più vera quanto più sentimento trova il suo correttivo in un pensiero forte, in un sistema di intuizioni energicamente elaborate; e che la poesia del Sacerdote è tanto più autentica quanto più si approssima a quelle forme di poesia metafisica (Hopkins), o di poesia innodica, didattico-morale (Manzoni, o l’ultimo Rebora) o di poesia mistica, quale può essere quella dell’ultimo Turoldo, forme tutte che sono le più vicine all’esperienza religiosa. Questo lungo discorso, perché Amato Cini, il poeta in questione, è appunto un Sacerdote. Già le raccolte precedenti « Le rive del Tempo » e « Non è giorno ancora » avevano sottolineato un forte temperamento, in una poesia ricca di fermenti e di equivoci. Ricca di fermenti per l’analisi esistenziale di cui j è tutta nutrita; e di equivoci per certi suoi aspetti formali, ove la voce si appoggia ad un simbolismo non del tutto purificato da una parte morta di impressioni, di immagini, di suoni gratuiti. Si capisce che questi aspetti formali avevano la loro radice nell’impianto generale di questa poesia, nel limite stesso cui si arrestava l’analisi esistenziale; insomma, nel mondo stesso del poeta, che è ancora in cammino. Se vi erano, a tratti, aperture improvvise e significative, esse naufragavano spesso in un contesto che, anziché sorreggerle e illuminarle, le offuscava e le irretiva. Un lavoro di scelta (per porre in maggior risalto i nuclei essenziali) avrebbe costituito indubbiamente un decisivo acquisto. Questo lavoro di scelta mi sembra in atto in questo nuovo volume ove l’analisi esistenziale si approfondisce attorno a due temi-simboli, il vento e la roccia. Il vento, che ci ricorda"!! colloquio notturno di Gesù con Nicodemo (« Lo spirito soffia dove vuole, e tu non sai donde venga e dove vada, ma ne odi il suono...); e la roccia che nella sua arida immobilità sembra costituire lo scenario in cui si svolge una drammatica ricerca. Ma poi che il vuoto s’allarga, costernato scavalco oscuri elementi, imito il cervo sui monti di roccia in roccia imparo che tutto è sentiero, anche questa paura di non giungere mai...
Il significato profondo di questa poesia è proprio in questo itinerario esistenziale, di roccia in roccia, ove non vi sono sentieri ma di tutto può divenire sentiero. Le suggestioni sono infinite e infiniti gli « oscuri elementi » da superare; ma il traguardo è sicuramente intuito (balenando il mio Dio tra i fiori) e l’avventura corre al suo « giusto segno » (E corre al giusto segno, corre la mia avventura, variopinta colomba, colma la gola d’un ritmo di foglie).
La. speranza è nel vento, l’altro tema-simbolo che segna il riscatto definitivo d’una ricerca che si fa poesia: E’ il vento la mia speranza di turgide ore, inferno di mali insanabili, purgatorio che implora, paradiso d’inimitabile gaudio. La forza che tutto compone, che immortale gira e rigira mutando, concorde e diversa, volti e stagioni. L’analisi esistenziale, a questo punto, si avvia verso un porto sicuro e la poesia di Amato Cini si sofferma sgomenta alle soglie del mistero religioso. L’ultimo capitolo di questa raccolta, i Cori, e soprattutto la complessa poesia che si intitola Amore che sanguini, danno la misura di questa nuova maturità interiore che imprime il suo movimento anche alle strutture ritmiche e formali, forzandole dall’interno verso un canto più dispiegato, più intenso. La poesia di Amato Cini si approssima qui direttamente a quelle soluzioni ritmiche e corali che ho indicato come le più consone alla esperienza religiosa. Il vento sgretola la roccia; la speranza, e sia pure una speranza gridata, ha vinto la disperazione. Giovanni Cristini |
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DON AMATO CINI FERMIGNANO 1919 - Urbino 1987 |