Anima antica,
curva su pagine folte di enigmi
invano ti scuote un guizzo d’aurora
non dietro memorie di tenere immagini
la coccinella dall’člitre rosse
confusa coi fiori
ti svia alla luce odorosa di maggio.
Sommersa Atlantide
perduta tra mura arcane o nel nulla
di baratri aerei,
luna cangiante di fasi
nell’essere mai conosciuto e raggiunto
se tu anche potessi salire
oltre le nubi e aggrapparti alla chioma
d’Halley nelle dimore abissali
o d’altre comete
memorie dell’alba primeva
erranti tra innumerevoli mondi,
ricadresti sempre e ovunque in un cerchio
in contesa col vuoto ove vivono
fremono e muoiono tutte le foglie
cadute chissŕ da qual ramo.
Anima zingara
nelle stazioni d’attese alienanti
nei porti febbrili di strani
ambigui commerci,
continente sempre in deriva
aggrappata a una catena di eventi
con l’angoscia di un probabile schianto,
adusata ormai a vivere il tempo
d’una fine sempre imminente
da quando l’uomo
al bivio del bene e del male
fatto signore del fuoco
ebbe secondo l’oracolo antico
l’universo in dominio,
potessi tu sulla nave d’Ulisse
non piů libera di volgerti indietro
d’eludere il rischio,
farti profetica voce
della terra che per te s’incorona
di arcobaleni
come sposa che esce incontro allo sposo
col grembo adorno di rose novelle
per te,
irripetibile forma sospesa
sempre tra il cielo e l’abisso.