Che volete da me?
Io non posso promettervi pace.
Sono un albero strano
che ad altro vento stormisce.
Non posso promettervi pace
se di ferite brucio
quasi di lebbra,
se mi sono ammalato
pel gaudio di potere guarire.
Come potrete, dunque, cantare
la mia canzone
di volontario lebbroso?
Sappiate che io fui generato
come uomo di lite e contesa.
Volevo portare una musica nuova
ma nessuno, neppure nel tempio,
ha iniziato la danza, nessuno
ha levato un lamento sui morti.
Per questo ho respinto
la vostra deplorevole pace,
uomo d’amore che genera lite.
Quando potrete cantare
la mia canzone d’esilio,
dire la lode del plenilunio deserto?
Sappiate che non v’è canto più vasto
di questo silenzio
per me che ho sofferto la pena
di tutte le cose.
Che volete, dunque, da me?
Vivo un mistero
di oscuro splendore,
ritmo parole non mie
perché le ho imparate dal vento.
Come le potrete ascoltare
se resiste il fragore
dei timpani vostri,
se innalzate torri d’orgoglio,
se devastate i paesi?
Eppure basterebbe uno solo
a iniziare
una grande danza sui monti.