1 La pioggia stanotte macera i grani, gualcisce e umilia le rose. Alitare di cose fradice, sentore di fine. Il tempo è foglia ed arena, e già si perde il mio capo grigio, si perde la tua chioma fiorente, bava di vento. 2 È notte, e scrivo versi di abbandono e tristezza, e penso a tutte le mani che scrissero e scrivono in tutti le notti, agli occhi fissi in tutte le notti a indagare il Mistero, all'abisso di ognuno che versa la propria pena su fragili fogli, perché gridarla non può alle immemori piazze, nè al mare che annulla le voci, nè agli astri freddi nel giro del cielo, o da tempo scomparsi, ove la fine è ancora il principio. E odo tra le file dei libri fantasmi nuovi ed antichi! ansare gridare amori e tragedie, resurrezioni e cadute, uguali sempre e perenni, e ancora il vento sui platani e la pioggia dirotta infinita insistente come la morte. E scrivo, e il mio cuore è questo diluvio, e sarà come le rose e le erbe avvizzite di tutta la terra. 3 Non ti aspettare nulla, colpisci al cuore le tue illusioni. Non ti aspettare che divampino gli astri e irrompa la catastrofe estrema, perché tutto è lento martirio nel tempo incolore. Tra poco io cadrò che ti parlo e infiniti altri sempre cadranno al giro indifferente del cielo col sole che brucia e la luna rancida e vecchia. Non ti aspettare neppure un grido. Il silenzio è il grido più agghiacciante. 4 E piove ancora e sempre. Vuoto del vuoto, tutto è vuoto. E mi dico: forse l'Oriente profumerà il mio sangue. Ma l'Oriente sa di petrolio. L'Occidente trema per troppo sapere. Non v'è saggezza tra i vivi, e l'immortale violenza reclama schiavi, ed insiste come stanotte la pioggia sui tetti e le rose. Eppure bisogna vivere e andare, tentare il fuoco e la rupe. Chissà che dall'ultima Tule non si levi l'aurora.