Luciano Mastellari legge
"SENZA CINTURA E
MANTELLO"
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SENZA CINTURA E MANTELLO 1 Nella notte che lenta flebo scandisce si contorcono i platani al turbine, fischiano i pini mi svuotano metamorfosi mostruose, di nubi, dissolvenze di volti strani in luce rossastra di tombe nel chiuso di questo ospedale ove sussulta impazzito il mio cuore. Ho paura che il sangue si fermi per sempre, che il cielo si chiuda come un ventaglio, come vela s'afflosci. 2 Non sono che un grumo di carne che grida in torpide ore mentre accanto lividura e cancrena qualcuno si disfa, Cristo rimuore, lo stendono sopra una pietra nel buio dei luoghi inferiori. 3 Sorella cenere, che vento nel giro antico raccoglie e disperde, o roccia, terra violenta, mare sull'orlo del nulla, in questa cella d'orrore da immenso deserto l'Eterno racchiuso in fiamme d'ardente roveto con voce arcana mi chiama, mi dice che senza cintura e mantello riprenda a salire immani montagne, che accetti l'imponderabile rischio. 4 Ho atteso nel tempo di pietra livida, foglia strinata da brina notturna l'aurora, e stamani con dita d'aeree fiamme il sole m'accenna. A lei mi affido privo di strade come un fanciullo, vado dove il Vento mi porta e saluto quasi d'incanto fiorite ai miei passi meravigliose ginestre e giunchiglie, certo di giungere al paese promesso ove possibile sarà l'utopia, scalzo come i poveri di tutta la terra.