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Ercole  Bellucci:   EDIZIONI

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IL CAMALEONTE  Quaderni di poesia e marrativa

 

ERCOLE BELLUCCI

 

IL FREDDO QUAND'ERA FRESCO E AZZURRO

 

Ideazione grafica di Alberto Bernini

Ed.  S.T.E.U.  URBINO  1967

 

(Ritratto  di Dante Panni)

 

Della presente edizione sono stati stampati 350 esemplari, dei quali 99 numerati e firmati dall'Autore

 

Riproduzioni eseguite a mano da stampe originali del 1856 da Poerio Scoglio (n°. 4)

Attualmente l'edizione

è fuori commercio

 

I quaderni de "Il camaleonte" escono periodicamente secondo le possibilità e le disponibilità di coloro che vorranno collaborare alla collana.

I testi (poesia, narrativa, jazz, moda, cibernetica, grafica, fumetti, etc.) si pubblicano a spese degli autori.  La collaborazione è aperta solo a quei giovani, che, in quanto liberi, autenticamente anarchici, provos, reazionari, di assoluta povertà, guardie rosse, capelloni, santoni d'ogni fede e fumatori di ogni specie, affermino con la propria giovinezza, rabbia e odio per ogni forma di menzogna.

(...) Un minuscolo volumetto di macerata prosa, stampato quasi alla macchia in 350 esemplari. Inabissandosi in una oscura e trepidante 'memoria', con tenera e manieristica irriverenza mescidando residui di vissuto con torbide e allegre 'ritualità' popolari, ossessivamente disegnando oggetti e famigliari ma inquietanti interni, alternando immagini gentili o grottesche, la 'morte' e il discorso di morte raffina le sue armi, si traveste e si acquatta tra le trame colorate di una memoria minore ma insieme - con quasi paradossale ovvietà - anche riaccende la vita. Così, con dissimulata e innocente astuzia, Bellucci impara e prepara la sua arte di inabissarsi in poesia; e costruisce una sorta di mondo 'simulato', a specchio di quello nitidissimo ma frantumato della 'memoria': un delicato e grottesco, visitato tuttavia dalla vita, quotidiano trionfo della morte.

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Giorgio Cerboni Baiardi dalla "Presentazione" in Antologia poetica 1957 -1997

INDICE:

Un omino funereo                   p.    3

Il pomeriggio andavo col nonno          6

Nella vecchia serra                        8

Sempre la domenica era triste          11

C'era una grande fotografia            14

Nel cimitero un bambino               17

Lo chiamavano il gioco del buio       19

Il venerdì veniva in casa un uomo     21

Malia girava con un gran mazzo ...  23

Io abitavo con la nonna e la zia       25

Poi mi svegliai                            27

Trasferiti nell'isolamento                29

Poi un notte furono assassinati         31

Il nonno morto andava dalla nonna   33

Pomeriggio bianco sul muro             37

Nemmeno io so perchè                   40

Gli occhi grigi come acqua               47

Durante il giorno era il tempo          49

Le case dove abitarono i morti          51

Da bambini la sera                       53

 

 


 

 

Stralcio da  Il freddo quand'era fresco e azzurro:

 

Nel cimitero un bambino

    Nel cimitero un bambino di terracotta  piangeva  con una civetta in testa. La morte doveva essere brutta dunque, arrivava dove voleva e non si  poteva  far  niente.  Non c'erano ancora i miei morti, il padre e il fratello della  nonna non li avevo mai conosciuti.

    A chi si può chiedere di non morire? Nemmeno ai santi dipinti in chiesa, visto che anche i loro scheletri erano sotto gli altari dietro le urne e nelle reliquie c'era il loro sangue.  I santi non avevano paura, chiusi nelle loro celle si tenevano sul leggio un teschio che accarezzavano di tanto in tanto con le dita, dalla stretta finestra ricevevano un raggio di luce d'oro-azzurra sul cuore o sulla fronte come il lampo di un temporale o, sorridenti, subivano supplizi orrendi; né la peste o le carestie facevano alcun male alla loro salute.

    E  morivano, la morte  risparmiava solo le loro ossa e non erano più nessuno, come tutti gli  altri morti dietro le lanterne dal vetro viola o viscido, dove si scioglieva lentissimo il filo del sole sporco come l'olio, tra i marmi neri con le epigrafi d'ottone sul terriccio dei viottoli, solo i vivi, lo scalpiccio, il rumore dei passi, le bacche de! cipressi col loro profumo amaro.

     «Gli animali della morte sono il lupo, la civetta, l'aquila, la biscia e il topo?» — chiedo alla nonna.

 

«Il leone è d'oro, l'agnellino è bianco», dico.

E ancora «Dio è d'argento come l'acqua

e Gesù azzurro come l'acqua,

Dio è colore di niente come quando comincia  il temporale

e la Madonna è come la neve

e il vento è Dio, grande

come il tempo quando il nonno esclama

Diopadre1

Il venerdì  è nero come 11 ferro di un cancello

e jl diavolo è come il ferro

c'è il diavolo e Dio non si vede

come la befana e la strega, puzza vecchia

c'è lo spazzacamino, il fabbro, il falegname,

la pialla

e la cassa da morto e l'orinale

l'osteria e il piscio del vino

del bove

dell'uva

del fosso, dell'aceto

il sagramento, l'ostia

il prete è di cattino odore

allora il fucile guarda il prete

gli spezzini vanno a prendere i partigiam morti

ma i vecchi mangiano la bava

(all'ospedale  brucia  il freddo),

il  cane assomiglia all'uomo,

il somaro è il fratellino del povero,

il mendicante è schifoso,

io dò una pugnalata a Carlo

i guerci hanno la faccia come la serratura

il  culo delle donne è come l'uovo

le vedove sono  sporche,

un sacco di bambini

nel pozzo dormono le vecchie»

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