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Ercole  Bellucci:   EDIZIONI

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ERCOLE BELLUCCI

 

 

 

OGGETTISTICA  ENIMMISTICA

 

 

 

 

Stamperia dell' Arancio

 

 

Presentazione: Eugenio De Signoribus

Coordinamento: Riccardo Lupo

Grafica e impaginazione: Michele Rossi, Patrizia Di Paolo

Biblioteca della fortuna - Collana a cura di Eugenio De Signoribus

In copertina:

Le voie lactee  di Assadour

Incisione colorata a mano cm 65 x 50 (1975)

 

Eugenio De Signoribus

 

(...) stintualità e necessità sembrano essere dunque le generatrici di un più profondo ritmo, inteso sia nel suo senso comune che in quello proprio della sua prima radice indicante lo "scorrere": assecondando l'input del suo liberissimo sguardo - e seguendone il flusso verbale - Bellucci apparecchia, in questa raccolta, una serie straordinaria di figure figurine allucinazioni enimmi e lapsus, con un vasto strumentario di rime, costrutti sintattici e strofe, capace di incunearsi in dirompente  percussione nel disagio del mondo, nel suo teatro drammatico e ridicolo.

 

 

 INDICE

 

notizia    pag.    9

attitudini secondarie     13

(1983-'85)

diavolo cavolo     21

1-14 (1982-'87)

la bambola di kokoschka     29

i-ix (1976-'89)

spervingolo (1985)     39

formella (1983)     40

formato cartolina (1988)      42

videotape (1988-'89)      43

oggettistica enimmistica     49

i-vii (1987-'90)

sulle punte (1986-'9d     59

al minimo ardimento (1988)    60

sotto una cattiva luce (1987)     6l

il giorno sbagliato (1987)     62

pensione veranda (1987)      63

che sono fumatore (199d     64

scuri pesi (1986)      66

dai sotterranei rimuovono casse     67

(1984-'90)

sarabanda (1989-'93)     71

 

 

 

SPERVINGOLO

di Ercole Bellucci (1985)

in "Oggettistica enimmistica"

 

non ritrovando il camminamento

ond'era precipitato, pullulo di vento

(anima di assassino?) forsennato

portento, dalla gola del camino,

incuteva spavento. Rintanato

non si dava per vinto

intento a riprendere fiato

rigenerato ossesso

brivido di se stesso

spiritato fremito

incontrollato anelito

spervingolo chiamato

 

attraversava il corpo

resuscitava il morto

da rivoltarlo nella cassa

balenante dava la scossa

per svanire com'era venuto

incognito e sprovveduto

risucchiato dalla corrente

insopito sotto  le porte

smaltito dalle giornate corte

assorbito dalle ore morte

fuoriuscito dalle fessure

spifferato dalle serrature

sibilato dal serpente

smentito dalla mente

rassegnato a non avverarsi?

innominabile a sillabarsi

 

 

 

FORMELLA

 

nella bottega dello stagnino

sfavilla un cherubino

sprigiona dal tugurio

il fulgore dell'ostensorio

lo splendore illusorio

infiamma il volto del bambino

che ammira dallo scalino

l'artifizio dello stagnino

chino sulle scintille

nel fulcro delle faville

che salda e intaglia

comanda Martello e Tenaglia

 

incurva la gronda

sul bancone ritaglia la lamiera

da una bagnarola sfonda ricava

la petriola e il collo della cola

spalma l'acido e la stagnola

che centilena e spennella sul forato

corroso intorno infiammato

come l'acqua ossigenata sulla ferita

frigge smangia l'arrugginito

dove lo stagno va gocciato

argento vivo colato

 

non attacca sullo smaltato

sia bacile o pitale o brocchetto

e nemmeno sulla ghisa

del ferro da stiro fa presa

va bene per l'ultima divisa

che riveste l'interno della cassa

lì va lasciato un buco di sfogo

della grandezza di un bruco

(che un porcellino di Santantonio non ci passa)

dove sfiata il gonfiore del corpo

altrimenti può esplodere il morto

saltare la lapide del forno

come nel giorno del giudizio

 

 

 

AL MINIMO ARDIMENTO

 

la tua foto l'ho fatta in mille pezzettini

e dalla rabbia li ho inghiottiti tutti

deglutiti e risputati per terra

sotto i piedi calpestati

ricoperti e sparpagliati come fa il gatto

quando ha fatto si allontana

soddisfatto: io no

 

la negativa l'ho bruciata viva

a fuoco lento

fulmineo l'avvampo

non fossi stato attento

capovolgendo all'istante

sulla punta delle dita

il becco della pellicola lambita

infiammata e mantenuta

con quella mossa astuta al minimo ardimento

calibrato dal vento lo sfiaccolìo

l'incenerimento del volto che non ha scampo

irridente dal varco più ombroso del pincio

quasi d'erebo l'antro

 

 

 

SARABANDA

 

che sia sempre stato lì infilzato

quel chiodo rimbattuto ripiegato

andato storto sul duro

che ha trovato? il nodo

espulso saltato

come un tappo dal tavolato

il vuoto del buco animato da un grillo

parlante transistor cimice

zelante rice-trasmittente

occhio impudente

ringalluzzito dal gioco attraente

del domatore (apparente-

mente domato dal leone

furente) che sfrutta

la frusta a coda di serpente

nel ri-uscire (esordiente?)

fuori dalla gabbia

smantellata rapidamente

dai guardiani in galloni

dai pagliacci capriolanti

nei calzoni gonfiati

ai quattro venti sorveglianti

le fiere ruggenti convogliate

nelle apposite cancellate di sicurezza

puntualmente stuzzicate

dal drappello delle ballerine

contorsioniste bambine

snodate appena nate

istruite intalcate

scortate alla ribalta

 a testa alta da nani tipici

 (di proporzioni irriducibili)

 rincagnati pacifici (intolleranti

 con gli animali domestici: polli

 capponi galletti vertieri cavalli

 pavoni caprette pappagalli)

 familiarizzano con gli elefanti

 che rispettano e ammirano ondulanti

 sotto i parametri sfarzosi

 incrostati d'aspri diamanti

 dorati grondanti mestamente imponenti

 neonati invecchiati (come loro) titubanti

 imbarazzati nei pre-accoppiamenti i nani

 fiutano come cani i capi sporchi d'abbigliamento

 (di loro gradimento) i corredini

 d'infanti e adolescenti

 le scarpe la pelle dei guanti

 che della femmina hanno il perturbamento

 si vergognano dei propri escrementi schizzinosi

 li espellono a occhi chiusi

 disapprovano gli usi degli zingari

 i costumi della regina in ghingheri

 e sottostanno agli abusi della padrona

 che li qualifica primi

 in classifica davanti ai trampolieri

 superiori per intelligenza ai carabinieri

 in alta uniforme di cui ammirano

 i fieri baffi  (loro imberbi

inermi agli sberleffi) stravedono

per i ceffi (lanciatori superbi

di coltelli) che sfiorano con le lame

il petto il cuore delle dame di picche

sultane dai sette veli baiadere

cavallerizze in giarrettiere

con chimono e ventaglio

fatte bersaglio

centrate per sbaglio

riprese per i capelli

stelline cadenti rilucono

evanescenti increduli firmamenti-spine

al fianco di prestigiatori & commedianti

caratteristi in declino o principianti

surclassati dai clown irreprensibili o ciarlieri

secondo la riuscita dei mestieri ostentati

in pedana nei modi più impensati eccentrici

poliedrici nei panni dei barbitonsori

ossia barbieri-cavadenti

insaponatori insaponati

suonatori suonati d'istromenti

a corda scordati schianti

sfiatati roboanti tromboni dorati

di latta ammaccati vibranti piatti

coperchi saltati dai contraccolpi

a stantuffo a pedali inferti alla grancassa

sfondata dai nani a testa bassa

a scarica botte brillati dai barili

stappati e soccorsi da barellieri

improvvisati infermieri maniscalchi

apprendisti (screanzati) in clisteri

schiumanti da estintori esuberanti

coriandoli lustrini multicolori

luccicanti a bengala sventagliati

sugli spalti tra gli spettatori

lunati dai traccianti investiti dai bagliori

scintillanti espansi e subito spenti

dispersi riaccesi scoppiettanti

tra i piedi piatti prolungati dagli stracci

dei pagliacci incespicanti stentorei

sproporzionati palloni spillati

sacchi sgonfiati imperturbabili

bislacchi tenuti d'occhio dai barbacani

in servizio ossia di ronda di guardia

alla rotonda bovaria

in occasione della fiera cittadina

ond'era issata la tenda o il palco della banda

prima della guerra come nei secoli prima