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Spigolature e Raspollature

 

 

 

 

Gioacchino Sassi

 

 

SPIGOLATURE  E  RASPOLLATURE

 

aneddoti e ricordi di un magistrato

 

 

 

miras

Urbino 2015

 

 

 

 

 

Contiene 10 illustrazioni ad acquerello dipinti dall'autore

In copertina

     Viti, G. Sassi, 1996, acquerello, 160 x 235 mm

 

Di seguito sono riportati:

     Introduzione

     Aneddoto sul "Processo alla matricola"

Presentazione

 

Ho superato il concorso in magistratura nel 1964 collocandomi al sesto posto della graduatoria di 110 vincitori, risultato molto rilevante per la destinazione al momento della assegnazione delle funzioni e della sede e per la successiva progressione in carriera. Infatti ai primi dieci vincitori di ogni concorso era consentito scegliere fra le sedi disponibili ed evitare di essere destinati a sedi disagiate. Fino al 1989, anno nel quale vennero soppresse le Preture Mandamentali e istituite le Preture Circondariali, esistevano Preture con un territorio e soprattutto con numero di abitanti modesti; a volte si trattava di sedi prive di collegamenti adeguati con i mezzi pubblici. Erano, quindi, sedi disagiate e non ambite. Tuttavia nei primi cinque anni di carriera ogni magistrato doveva svolgere per almeno un biennio le funzioni di pretore, ed era sottoposto nel primo biennio dalla nomina, all'esame scritto ed orale per aggiunto giudiziario; in caso di mancato superamento dell'esame, che si poteva sostenere soltanto due volte, veniva licenziato. Dopo lo svolgimento per cinque anni senza demerito delle funzioni giù- diziarie, l'aggiunto giudiziario veniva nominato magistrato di tribunale.

Subito dopo la laurea ero stato assunto alla Banca Nazionale del Lavoro di Pesaro, ove rimasi per quasi tre anni. Nel frattempo avevo sostenuto e superato l'esame di abilitazione all'insegnamento di Materie Giuridiche ed Economiche negli Istituti Tecnici Commerciali. Di conseguenza dal 1962 al 1964, lasciato l'impiego in banca, ottenni l'incarico di insegnamento dapprima all'Istituto Tecnico Commerciale "C. Battisti" di Fano e poi all'Istituto Tecnico Commerciale "D. Bramante" di Pesaro. Nel 1963 avevo sostenuto e superato l'esame per procuratore legale (avvocato), però senza l'intenzione di dedicarmi alla professione forense. A settembre 1964 fui destinato come Uditore giudiziario a Bologna per frequentare l'anno di pratica, denominato uditorato, presso gli uffici giudiziari della Pretura, del Tribunale civile, del Tribunale penale e della Procura della Repubblica. La destinazione mi fu comunicata dalla Procura della Repubblica di Urbino e nell'occasione il Sostituto Procuratore, dottor Franco Lucciarini, magistrato dotato di spiccata ironia, mi disse due cose: primo che ormai in qualità di collega dovevo dargli del "tu" e se mi fosse risultato difficile avrei dovuto fare le prove davanti allo specchio; secondo che non mi sarei dovuto meravigliare dell'ambiente giudiziario, perché disse: «I magistrati non sono molti, ma di originali ce ne sono tanti».

Della "originalità" dei magistrati ne ebbi la riprova una volta giunto a Bologna, quando mi dissero di far caso, entrando la mattina a Palazzo Baciocchi, all'epoca sede degli Uffici giudiziari, di un signore molto elegante fermo a fianco dell'ingresso: era un magistrato che teneva molto all'eleganza e si fermava ogni mattina per qualche minuto all'ingresso del palazzo per potersi far notare con la mise del giorno. Un altro magistrato quando fumava tormentava tanto la sigaretta con le labbra sino a che il filtro si staccava dal resto. A quel punto doveva sputacchiare il tabacco che gli era finito in bocca.

Anche quel collega che colto dalla pioggia senza ombrello, si fermava in un negozio chiedendone uno in prestito, era senza dubbio particolare, al pari di quello che acquistava una fetta di mortadella che doveva essere del peso di 50 grammi né più, né meno, rifiutandosi in caso contrario di concludere l'acquisto. Nel negozio si creava un clima di suspense finché l'operazione non si era conclusa.
Ho anche conosciuto un magistrato che progettava e disegnava i mobili per la sua casa. Una volta aveva progettato una libreria a due facce, perché avrebbe dovuto servire da parete di separazione di due ambienti. Il progetto era molto complicato perché alcune componenti erano mobili e in più era prevista una porta. Quando il falegname iniziò a montare la libreria incontrò grosse difficoltà e fu colto dalla disperazione, tanto che si mise a piangere.

 

 

Pioppi (part.), G. Sassi, 1998, acquerello, 155 x 221 mm

 

 

Da pag. 16  a pag. 18

 

Destò un notevole interesse un processo penale per lesioni volontarie promosso contro un gruppo di studenti universitari. A quei tempi la goliardia era una tradizione molto sentita, che si realizzava nell'ambiente universitario con vari riti. Uno di questi era il processo alle matricole. All'inizio dell'anno accademico gli studenti più anziani sottoponevano le matricole, vale a dire gli studenti iscritti al primo anno dei corsi, ad un così detto processo, durante il quale la matricola doveva offrire un rinfresco con bevande, dolciumi e altro. Il processo si concludeva sempre con l'assoluzione della matricola che così veniva introdotta nel mondo della goliardia. Durante il processo le matricole venivano fatte oggetto di scherzi a volte anche pesanti e dovevano rispondere a domande più o meno scurrili che venivano proposte dal tribunale degli anziani. A conclusione veniva rilasciato alla matricola un lasciapassare chiamato "papiro", che la matricola doveva portare sempre con sé nel primo anno di frequenza del corso universitario e che doveva esibire a richiesta dei colleghi anziani a dimostrazione del superamento della prova. I papiri venivano disegnati a fumetti con figure di donne discinte, con numeri, versi e allusioni a contenuto prevalentemente sessuale. C'erano studenti, in particolare dell'Istituto d'arte, che provvedevano a disegnare i papiri, ovviamente a pagamento. Il foglio di carta sul quale era disegnato il "papiro" era molto consistente, aveva gli angoli arrotondati mediante bruciatura e nelle parti superiori dei quattro lati presentava un foro realizzato con il tizzone della sigaretta. Per ironica formalità veniva incollata anche una marca da bollo. Veniva sottoscritto dagli studenti anziani che avevano partecipato al processo. Ogni firma era accompagnata dai così detti bolli rappresentati da tante "X" quanti erano gli anni di frequenza al corso universitario. Cerano studenti fuori corso iscritti anche da oltre dieci anni. Fra gli scherzi più pesanti ai quali venivano sottoposte le matricole di sesso maschile c'era la così detta lucidatio, consistente nella spalmatura dei glutei della matricola con il lucido da scarpe. In qualche caso alla lucidatio seguiva la lustratio, consistente nel passaggio più o meno ravvicinato alle parti spalmate di lucido, di una candela accesa, che scioglieva il lucido, tanto da poter cagionare anche delle ustioni, proprio come era accaduto nel caso sottoposto a procedimento penale avanti al Tribunale di Bologna. La malcapitata matricola era il figlio di un professore universitario particolarmente severo e inviso agli studenti. Quindi si era trattato di un accanimento e di una vendetta perpetrata sul figlio per la severità professionale del padre. Quest'ultimo aveva denunciato il fatto e i responsabili e ne era seguito un processo per lesioni personali volontarie.

 

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