Germana Duca: L’immagine
della “cascata di bambini” che si chiamano e si
rincorrono è paragonabile a quella dei ricordi; i
quali, stando a Leopardi e Pascoli, sono il motore
stesso della poesia. Il passato, si sa, non va
mitizzato, ma trattenerne dei frammenti, registrarne
le voci, come tu fai, rende più agile l’intelletto e
il linguaggio, più ricco il sentimento.
Pensi che parlare del tempo andato a
una generazione che sta crescendo sia utile?
Al riguardo tu, amatissima maestra, dedichi una
delle prime poesie del libro al piccolo Victor: chi
è?
Iaia Lorenzini: Victor
fa la III elementare. E’ il nipotino di Claudia e
Stefano (suoi zii). Io non ho figli. Claudia e
Stefano sono i miei nipoti, e un giorno vengono a
trovarmi con il piccolo Victor.
Victor entra in casa mia, mi guarda,
guarda felice i tre mici che mi girano intorno e
subito ( oh, miracolo!), mi chiama “nonna Iaia”. E
mi adotta. Da quel giorno sono veramente la sua
“nonna dei gatti”, come qualche volta dice, e lui ed
io andiamo “in cima” (p.13). Visti i troppi tanti
adulti-adulti in giro, andare “in cima” è la strada
per abbandonarmi, sentirmi viva, di nuovo bambina e
comunicare con Victor. Perché il mio tempo è il suo.
E io per prima vado, come lui mi dice sempre, ma in
verità è “noi due insieme”, simultaneo al suo.
Allora dialogo con lui, trasmetto ricordi della mia
infanzia, esperienze che mi ritornano in un vivido
presente col desiderio di farlo crescere, sognare e
credere per proiettarlo nel futuro. |