Home
Poesia

Mario Agnoli, Racconti:   Da remoti sentieri

Home
Romanzi

 

 

Autore:  AGNOLI MARIO

Titolo:  Da remoti sentieri Poesie e racconti

Descrizione:  Nel centenario della nascita di Mario Agnoli nato a Valle di Cadore il 24 agosto 1924Editore:Nuovi Sentieri

Data di edizione:  marzo 2024

Pagine: 119   Dimensioni cm.:17x24

ISBN13:  9788897863922   Codice:  360001

Collana:  Risorgive

 

 

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=2855285017961731&set=a.1558554930968086&type=3

 

Presentazione della raccolta di Poesie e Racconti
“Da remoti sentieri” di Mario Agnoli,
Edizione postuma cura di Marina Zampolini Agnoli
nel centenario della nascita di Mario Agnoli nato a Valle di Cadore il 24 agosto 1924

Ad Agordino BL, lì 19 Luglio 2024 nella Biblioteca Civica il Circolo Culturale Agordino invita alla presentazione della raccolta  poesie e racconti:

DA REMOTI SENTIERI

di Mario Agnoli

 

 


INDICE
cliccare sulle voci sottolineate per il testo

Introduzione della curatrice
Marina Zampolini Agnoli.......................................... 11

POESIE..................................................   .................... 15
        Riannodi ...................................   ....................... 17

        Fonte d’acqua sorgiva  ..........  .........................28
        Uno sguardo a ritroso  .................................... 43
        Lungo i sentieri dell’anima ........................... 66

RACCONTI.............................................  ................... 85
        Il tempo dell’amore  ....................................... 87
        Il tempo del dolore  .............................................98
        Il tempo della memoria..................................... 108

         Il tempo del sorriso................................. .........113

 

 

INTRODUZIONE DELLA CURATRICE

 

Da remoti sentieri giungono fino a noi immagini, pensieri, emozioni che Mario Agnoli ha coltivato nel profondo della sua mente e del suo cuore negli ultimi 15 anni della sua esistenza: tracce di vita interiore scoperte e recuperate al di fuori delle raccolte di poesie e racconti da lui stesso preordinate alla pubblicazione. Ci si potrebbe domandare come mai queste raccolte strutturate di liriche e racconti siano state 'lasciate indietro" dal?autore, dal momento che la loro qualità letteraria non ha nulla da invidiare a quella delle opere pubblicate in precedenza: la risposta a questa domanda è venuta direttamente da lui, alle soglie dei novantanni, quando gli ho chiesto come mai continuasse a scrivere sempre nuove cose senza curarsi di pubblicare quelle già completate; «Perché il tempo è poco» mi ha risposto. Quindi, con lucidità e lungimiranza, probabilmente confidando in una pubblicazione postuma a cura della famiglia, Mario Agnoli ha inteso perseguire l’obbiettivo di comunicare il più possibile i contenuti della sua interiorità, le riflessioni filosofico-esistenziali, i ricordi collegati ad eventi storici cruciali, i messaggi di natura etica e sociale, l’amore profondo per la natura, la sua terra, la sua gente; un desiderio-bisogno di mettere a disposizione degli altri il frutto della sua ricca esperienza di vita, come uomo e come cittadino. Quello che emerge quindi da questa raccolta è un quadro a tutto tondo, una specie di "summa" dell’ispirazione poetica e narrativa dell’autore, in un arco considerevole di tempo. Di conseguenza, lo stile, il ritmo, il lessico, le modalità espressive nel loro complesso risultano variegate, e la gamma dei contenuti molto ampia.

In primo piano in quest’opera c’è il grande, composito tema del rapporto con la prima metà della sua vita, trascorsa nella originaria terra dolomitica: da questo punto di vista Da remoti sentieri presenta molte affinità con le altre tre opere precedentemente pubblicate come "Trilogia dolomitica”. I "remoti sentieri” sono infatti quelli delle montagne, dentro il bosco, tra le rocce, sentieri immersi nel silenzio, che conducono alla contemplazione, nello stupore e nella gioia dell'essere di fronte ad una bellezza sconvolgente; sentieri che sono come “fonte d'acqua sorgiva" per l'anima dell'autore, e che diventano quindi “sentieri dell'anima", attraversati dalla ciclicità delle stagioni, incrociati con i ricordi “dell'età fanciulla", e orientati dal desiderio di “riannodare" in qualche modo le proprie successive vicende esistenziali con quelle originarie.

I racconti in questo libro fanno da contrappunto alle liriche, attraverso la rielaborazione sul piano narrativo delle tematiche di fondo dell'opera di Mario Agnoli: dal tema dell'amore, presentato con note struggenti e talvolta drammatiche, al tema del dolore, centrale in tutta la produzione letteraria di questo autore, alle tematiche di storia familiare colte in uno spaccato di storia nazionale di grande rilevanza, quello dell'oppressione nazi-fascista sul nostro Paese.

Nel concludersi dell'opera, una sorpresa, forse, per i lettori, ma non certo per chi ha conosciuto e frequentato Mario Agnoli: “Il tempo del sorriso", un piccolo gruppo di racconti scherzosi e disincantati, talora caratterizzati da un'ironia quasi “metafisica" e surreale. Come sanno bene infatti gli amici di Mario Agnoli, la sua personalità era caratterizzata da una molteplicità di aspetti e dimensioni, anche in apparente contrasto tra loro: l'attitudine alla riflessione profonda sui temi esistenziali, spirituali, religiosi e di impegno civile, la malinconia di fondo e la vena nostalgica che l'accompagna, ma anche la vitalità dei sentimenti, la speranza collegata alla ricerca della trascendenza, la spontanea e cordiale socialità, la sottile, intelligente, dissacrante ironia di un uomo libero da schemi e condizionamenti.

La critica letteraria particolarmente attenta ha colto da tempo in sintesi tutto ciò definendo il poeta e scrittore Mario Agnoli come una mente intessuta di «lucidità appassionata»; una definizione quanto mai appropriata per un uomo che ha attraversato in tutta la loro complessità i diversi temi e tempi della vita, mantenendo aperto sulla realtà il suo sguardo limpido, penetrante, umile ancorché alle vette della consapevolezza: «Rimasi nelle frequenze del tempo, / / come l'ombra di un sogno / / come un filo d'erba all'onda ventosa, / / come un'immagine sciupata dalla nebbia».

Marina Zampolini Agnol

 

RACCONTI

Scorre la vita insensibile

alle frazioni del tempo

agli indugi che sfilacciano

i bianchi steli, le fragili erbe.

 

IL TEMPO DELL’AMORE

 

Mi ritrovai con un fiore di monte

sconosciuto,

lo chiamai amore.

 

ROSELLA E IL CAPITANO

Una storia d'amore nell'antico borgo tra i monti

 

La valle del fiume Nubione è lunga otto chilometri; confina a nord e a sud rispettivamente con i gruppi del Castelletto e del Dolomia, e a est con la piana del fiume Silone che riceve l’affluente Nubione a ovest della Sella dei Rododendri. L'antico borgo della valle è situato nei pressi della Sella dei Rododendri, dove si trovano le baite per l’abitazione dei contadini durante le fienagioni e il taglio della legna. Il trasporto del fieno e della legna dalle baite alle stalle situate nel borgo avviene anche durante l'inverno con apposite slitte. L'economia del borgo montano è di tipo autonomo, legata ai prodotti della terra e degli animali. Buona parte della popolazione è di antica origine romana: veterani, titolari di concessioni agrarie “pro indiviso", che hanno abbandonato le valli di Valico a seguito delle invasioni barbariche, dando luogo a comunità con una lingua di tipo misto, latino e venetico, con prevalenza della fonetica locale. La vita della comunità è regolata dai “Laudi", statuti dei valligiani che hanno profonde radici nella storia di questa terra. Il diritto dei valligiani, singolare per natura e contenuti, riceve dagli statuti principi regolatori di molti aspetti della vita comunitaria: essi dicono dei rapporti personali, dell'utilizzo dei beni appartenenti alla Comunità, delle opere cui sono tenuti i cittadini per la sicurezza e la conservazione dell'ambiente. All'epoca dei fatti, il mandato quadriennale di capo della Comunità del Nubione era esercitato da Antonio Bovani, contadino e artigiano del legno, sposato da vent'anni con Annetta, sarta del paese. Dal matrimonio erano nati due figli, Rosella di 18 anni e Giannetto di 16 anni. Rosella era di bell'aspetto, vestiva in maniera accurata e aiutava la mamma nella cucitura degli abiti.
 Tre soldati di ventura avevano lasciato nel tardo autunno il campo militare di Atti, cittadina a sud di Silenia lungo il Silone, per diserzione, per così dire, perché c'era stata fra i soldati di ventura una ribellione, non soltanto per il mancato pagamento del servizio da alcuni mesi, ma anche per la mancanza di una strategia di guerra da parte dei comandanti, a fronte dei notevoli pericoli corsi dalle truppe di ventura, di solito collocate negli avamposti degli eserciti. Dei tre militari Federico del Loggetto rivestiva il grado di capitano. Era persona di bell'aspetto e proveniva da una famiglia della nobiltà decaduta per ragioni politiche. Aveva conseguito il grado di capitano a venticinque anni e da cinque anni era al servizio del principe Vanzitelli. Gli altri due militari, che non vantavano riconoscimenti, erano da alcuni anni nella compagnia del capitano Federico del Loggetto. A dire il vero la scelta di disertare dalle truppe di ventura e di raggiungere la terra dei Ravioni attraverso la valle del Nubione era stata improvvisa e senza ordine alcuno di programma. Raggiunto il borgo i tre cavalieri si presentarono al capo della comunità chiedendo asilo. Secondo le antiche regole alle persone di passaggio era riservata ospitalità. L'assemblea della comunità, sollecitamente riunitasi, decise che i tre cavalieri potevano rimanere, anche perché sarebbero stati una garanzia di difesa, specialmente in quel tempo di scorrerie; fu però necessario integrare l'antico statuto che non menzionava l'accoglienza di militari in fuga. L'assemblea mise a loro disposizione la baracca dei Gulini, all'inizio del vialone che conduce alla chiesa, nei pressi del sentiero dei morti. Dei tre militari, soltanto l'ufficiale sembrava rispettoso dei costumi del luogo, mentre i due soldati si comportavano in modo negligente e spavaldo. Il capitano si sentì subito attratto dalla bellezza di Rosella, che a sua volta in breve tempo si innamorò perdutamente di lui, al punto di accettare di andare a convivere con lui nella baracca, mentre gli altri due militari avevano trovato una sistemazione di fortuna altrove. La famiglia di Rosella e l'intera comunità ne rimasero sconvolte, conoscendo la sua serena e contenuta emotività: l'influenza religiosa acquisita in famiglia e nell'educandato di Silenia retto dalle suore domenicane avevano caratterizzato la sua gioventù nel senso di limitare la fantasia e il senso critico. La primavera non si era fatta attendere, con le piene del fiume Nubione, gli umori delle erbe e le primule lungo le siepi. La notizia della ripresa della guerra, non nella valle del fiume Silone ma al di là della Sella dei Rododendri, si diffuse in tutte le valli della regione di etnia venefica, inducendo i tre militari di ventura a decidere di raggiungere la zona delle operazioni, per accodarsi ad un esercito di mercenari che transitava a valle. Il distacco da Rosella fu lacerante per Federico, terribile come un male profondo in ogni parte del corpo. L'intera comunità era sconvolta dal rapido susseguirsi degli eventi, in questo tempo di primavera in cui tutti erano impegnati nei lavori dei campi e nel taglio di potatura degli alberi da frutto. Il padre di Rosella decise di applicare in modo stretto le regole della Comunità, secondo cui nei casi di convivenza con persone in assistenza provvisoria da parte della Comunità, la persona di sesso femminile che è incorsa nell'atto di convivenza viene espulsa dalla Comunità, senza rimorsi: «Tu hai violato le regole che disciplinano la nostra Comunità, pertanto devi abbandonare la nostra valle in tempo breve». Rosella non rispose, non rivelò di essersi accorta da poco di essere incinta, cosa di cui non aveva fatto in tempo ad informare Federico; rimase ferma nei suoi pensieri, e prese la via dell'esilio, decisa a raggiungere il capitano. Durante il cammino per la fatica e la sofferenza perse il bambino. Si salvò grazie all'assistenza ricevuta da una famiglia che abitava in una casa isolata lungo il percorso, che la ospitò per qualche tempo. Ripreso il cammino, scesa al campo delle milizie di ventura, lo attraversò tutto chiedendo notizie del capitano, senza tuttavia ottenere riscontro. Alcune donne seguivano gli eserciti non soltanto per essere vicine ai loro mariti, ma anche per occuparsi dei servizi di gestione alimentare e sanitaria. Rosella rimase colpita da queste associazioni volontarie dotate di mezzi adeguati per i servizi e quindi, nonostante le inutili ricerche di Federico, decise di aderirvi mettendo a disposizione le sue cognizioni sanitarie acquisite durante l'educandato. L'esercito cui faceva capo il servizio da lei condiviso subì una imprevedibile sconfìtta, fatto che rese inutile la prosecuzione della ricerca di Federico presso altri campi di guerra di quell'esercito. Mentre stava per lasciare il campo senza una chiara idea di dove dirigersi venne avvicinata da un ufficiale: «Vede signora, tra noi miliziani di ventura non esiste una vocazione politica, ma soltanto un interesse economico che viene valutato di volta in volta. Può verificarsi anche il caso di cambiamenti repentini da uno schieramento ad un altro». Infatti, non esistendo una regola fìssa d'ingaggio, poteva verificarsi anche la mobilità fra eserciti nemici. Sulla base di queste informazioni Rosella si mise alla ricerca del capitano nel campo di ventura avverso. La ricerca non portò ad alcun risultato. Non è dato conoscere se queste ricerche con esito negativo siano dovute a incertezze oppure a una intesa fra soldati di ventura che preferivano rimanere nell'incognito. In genere la loro tendenza era verso la rimozione continua delle loro azioni, che in molti casi confinavano con il disagio, l'inganno, la malvagità, la depravazione. Non esisteva un codice di vita che correggesse il materialismo dirompente, che si esprimeva in vicende morbose, intuizioni basate sul soddisfacimento carnale. L'arrivo dell'autunno coincise anche in quell'anno con la sospensione dei   


 

combattimenti e il ritornare degli uomini di ventura ai loro domicili di comodo. Il capitano raggiunse a cavallo attraverso la Sella dei Rododendri il borgo di Nubione, alla ricerca di Rosella. Non avendola trovata in casa del padre e avendo appreso del suo allontanamento decise di cercarla sui monti. Intanto Rosella, esasperata dopo le peregrinazioni alla ricerca di Federico, non potendo rientrare in famiglia secondo le tradizioni secolari nei confronti delle donne che hanno dato prove disdicevoli di sé, decise di rifugiarsi nella baita di famiglia. Le baite, a differenza dei fienili, erano sedi di soggiorno dei contadini durante la fienagione, la raccolta della frutta di bosco e il taglio della legna. Nelle baite venivano conservati alcuni alimenti a lunga durata per le esigenze dei contadini nell'eventualità di rientri per opere di salvaguardia dei loro possedimenti in caso di forte esondazione dei torrenti nella brutta stagione. Intanto l'autunno riciclava più sollecito che mai le foglie secche tra le prime nevi, e i contadini avevano completato il trasporto del fieno e della legna dalle baite e dai fienili. Rosella si trovò quindi completamente sola, all'interno della baita di famiglia. Questa baita, a differenza delle altre sul dosso prativo di ambedue i lati della Sella dei Rododendri, si trovava sul versante del dirupo delle Sorgive. L'inverno sopraggiunse veloce, più dei due anni precedenti, con forti nevicate oltre ogni prevedibile misura. Era l'antivigilia di Natale quando la grande frana dei monti Stadini, a causa del brusco cambiamento del clima, si mosse lungo la stretta valliva travolgendo la baita dove si era rifugiata Rosella. Frattanto il capitano, dopo aver atteso a lungo il rientro di Rosella, decise di cercarla nelle baite, dove alcuni valligiani che avevano ritardato il trasporto a valle del fieno e della legna avevano detto di averla vista nei pressi della baita di famiglia. Altri dicevano che la notizia non era fondata, che la baita era stata sicuramente distrutta dalla valanga, e che comunque non sarebbe stato il caso di avventurarsi da quelle parti a causa della neve. L'ufficiale decise ugualmente di raggiungere la località e si rifugiò in una baita situata nei pressi della frana, la Baita dei Solitari. Intendeva accertare l'eventuale presenza di qualche indizio riguardante la presenza di Rosella. Durante la notte improvvisamente si mise a nevicare e l'ufficiale venne raggiunto da alcune urla nel mezzo del sibilo del vento. Comprese che quelle urla erano di Rosella, usci all'aperto e seguì il sibilo del vento. Gli sembrò di vedere una giovane vestita con un lungo manto bianco e i capelli sparsi sulle spalle. Si avvicinò cosi tanto da essere inghiottito dalla neve e gli sembrò di abbracciare Rosella. Alcuni giorni dopo alcuni paesani decisero di raggiungere la Baita dei Solitari, ma la trovarono deserta con un cumolo di cenere nel focolare. Allora decisero di riprendere le ricerche e dopo un primo scavo nella neve trovarono un mantello bianco e una giacca militare così vicini da sembrare un solo vestito. Da allora in poi, durante le notti d'inverno, con il sibilo del vento, si odono venire dalla Sella le voci di Rosella e Federico: «Signore perché? Dov'è nostra figlia Federica?». La malinconia scese sovrana sugli abitanti del villaggio, che per molto tempo durante le sere d'inverno si raccoglievano intorno ai focolari per piangere. Lo so: ho udito l'urlo misterioso in una notte nella tormenta di neve, proveniente dal monte Popera. Provai e riprovai a decifrarlo, da ultimo mi sembrò: «Mamma!»

 

 

ALCUNE POESIE
a Marina, nell'amore di mia madre

 

RIANNODI - Ritornare

 

Mi è dolce il ritorno con le stoppie

arrotolate, il fieno a rocchi,

le ginestre sciupate dalla tramontana.

Più dolce deir altro con le verdi spighe,

i prati ricolmi d'acque;

di quella stagione che fu ingrata

oltre ogni dire: con i desti focolari

e le fughe tra ricordi di ceneri imbronciate.

È nel punto di ragione

con i sensi affastellati

che riprovi l'indugio.

La vita non è nel convenire delle cose

che vengono alle sollecitudini dell'essere,

essa è nel dubbio del camminare

che ha relazioni con l'infinito.

Rimani fermo in quel punto della terra

con le braccia aperte

ed il perché sulle labbra ancora incerte.

 

Vai INDICE

 

RIANNODI - Il mio Cadore
 

Nella piccola stazione del borgo

al primo passaggio a livello

ad occidente con le scarne soglie d'abete

leggiadro come fanciullo s’apriva

tra gli orti antico sentiero

agevole anche ai carri del traino erboso.

Ma da quel lato che sale al monte

si scioglievano al sole gli umori

dei fienili d’ampi riquadri

di spenta vernice.

Tutto era nel mio dolce andare fanciullo.

Ora ogni cosa è nel suo divenire .

come di un lento sciupio dell’ombra.

Mi muovo d’inerzia tra i lavacri di Lagole

e l’erto sentiero che non ha ritorno.

D’ansia ritorna il mio pensiero

al mistero che non si dissolve,

che non ristora. Rimane mistero.

 

Vai INDICE

 

FONTE D'ACQUA SORGIVA - Le piante

 

E assidua la felce, il cespo verzuolo

e la quercia agghindata e la vite

sulla quercia sfilacciata. Quest'anno

raccontano i passeri storie di sole,

di bacche e di ruote filanti.

Non vedo la betulla. Mi sarebbe garbata

com'era nel risalire del fiume

dove s'increpa la valle e addossa il pino.

Ahimè! Ricorro al sogno

per riunire spazi d'illusione

nel divenire reale.

L'albero mi donò

il piacere dell'attesa.

 

Vai INDICE

 

FONTE D'ACQUA SORGIVA - I sentieri del silezio

 

Quell'arco di roccia

che dall'eremo risale

lungo l'ultima balza

alla Valle del Vento

s'apre alla danza della luce.

Fu arco dei miei pensieri

di quelli che erano soliti

lungo i sentieri del silenzio.

Fu arco d'altri orizzonti

oltre i pascoli

dove l'erba s'arriccia

sulle rughe di roccia

dove lo sguardo indugia

prima dell'ultima scena.

 

Vai INDICE

 

UNO SGUARDO A RITROSO - Sono solito

 

Sono solito ai perché,

che ritrovo nella mia fanciullezza. Fraintesi.

Forse per il continuo ritornare sugli enigmi,

il divagare stanco di mio padre.

Rimasero nel tempo paratoie,

regressioni cognitive.

In questo rinvenire tardo,

con le ultime luci del tramonto,

sembrano atolli di fuochi spenti.

Si colorano nel variegato sortilegio,

sino al cupo delle ombre indefinite,

e sono sempre perché neU’immane pretesa

d'essere soltanto interlocuzioni.

 

Vai INDICE

 

UNO SGUARDO A RITROSO - Il Piave

 

Sembrano sudari sassosi

nell'incorporeo fluitare dell'acqua:

questa sembianza ostinata

preme la testa

calettata di solitudine

rumorosa.

Un passo, una pietra

alcune pagliuzze

un altro passo, molte pietre

e l'acqua con il contagocce.

Madre mia

dov'è la casa a similitudine

di terra

padre mio

con i mutandoni aggambati

palmo di sasso, un otre d'acqua.

Ambedue fissi

nei ricordi

del telaio e della croce

sembianti.

Perché!

Sono qui

vicino alla riva

per raccogliere.

 

Non devo ripetere

antiche sensazioni,

ma, ahimè, il vento

è di casa.

Se non ci fosse

sarebbe silenzio

assoluto:

nemmeno il senso della vita.

Ed io ritorno

controvoglia

fra le soluzioni effìmere:

devo percorrere questi sentieri

per conoscere

il perché della mia vita.

 

Vai INDICE

 

LUNGO I SENTIERI DELL'ANIMA - La fine del tempo

 

Ora che tutto è finito, rimaniamo

sospesi nel nulla

con le ipotesi, con i silenzi.

Rimaniamo con i segni del passato

per confutare il presente,

per compensare le illusioni.

Rimaniamo persino sorpresi

d'essere stati;

disponiamo di solo dolore.

Ma oltre il finito

per il convenire manicheo

l'orizzonte s'apre all'infinito.

Ed è qui il venire meno del razionale

e le ragioni dello spirito

hanno percorsi d'agevole divino.

Forse rimarremmo sull'agile sponda

o con le simbiosi d'onde pellegrine.

Le domande non hanno alcun rigore

di scienza, sono delle indoli pazze.

Il mistero non esce risolto

dalle ostentate cure,

rimane punto oscuro dell'eterno affanno.

 

Vai INDICE

 

LUNGO I SENTIERI DELL'ANIMA - Il disagio

 

Le piccole forme del mio disagio

si allentano sulle frequenze inquiete

sino a devolvere al nulla le sensazioni,

e questa è la ragione dell'essere

che mi riporta ai sentieri dell'anima.

Ho riattraversato la fuga tra gli alberi,

che incerti dileggiano con le siepi,

i ginepri incantati, gli scivoli di nube vespertina.

Mi sono ritrovato con le cose del tempo

affusolate, stanche degli ozi supini,

senza fiori, come un bandolo assortito.

Quando mi ritrovai sgomitolato

anche le prime luci erano apparse all'orizzonte

come sagome di un vascello a stravento.

Il disagio ritornò al disarmo notturno

come un carro di stelle

disteso sull'ultimo infinito.

Poi mi sono convinto

di un refuso di sogni

così piccolo da sembrare

una stella di monte.

 

Vai INDICE

 

LUNGO I SENTIERI DELL'ANIMA - Stanco pellegrino

 

Tu sei vissuto nella tua terra.

Io non sono vissuto nella mia terra.

Per questo motivo vivo il senso del dolore.

Ho le sembianze delle cose vaghe

dei tremuli germogli

nelle vicende del vento

e forse quella di uno stanco pellegrino

nella terra dei sogni.

 

Home
Poesia

Mario Agnoli, Romanzi:   Da remoti sentieri

Home
Romanzi