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Romanzi

Mario Agnoli, Romanzi, TRILOGIA DELL'UMANO:    Il ventaglio del tempo

 

 

 Giraldi Editore, 2020   Collana: in Penna

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IV Copertina

 

Questo romanzo, che chiude la “Trilogia dell’Umano”, sviluppa i temi già introdotti dai due precedenti romanzi, nell’ambito di una saga familiare, sullo sfondo della crisi economica dell’ultimo decennio. In particolare, il tema del dolore profondo, ancora una volta causato dalla malvagità umana, cui soggiacciono i protagonisti dei tre romanzi, in quest’opera assume carattere di ineluttabilità per quanto riguarda il protagonista Antonio: “Antonio conviene sulla ineluttabilità del suo dolore. Gli sembra che ogni cosa si decomponga irrimediabilmente in tanti frammenti”. Tuttavia, come in tutte le opere di questo autore, non c’è spazio per la resa del protagonista al destino persecutorio e per la rinuncia a vivere pienamente l’avventura dell’esistenza: “Gli è ancora caro questo luogo, che rivede nelle case di stile antico, nelle vie, nei sentieri, negli spazi della conoscenza in cui apprese il senso felice della vita, anche nel dolore profondo”. Ancora una volta è l’amore, difficile e travagliato, ma infine salvifico, che sostiene nella resistenza ai colpi del destino, conducendo gli innamorati “a percorrere lo stesso sentiero della vita, vicini come due tronchi di betulla, a guardare insieme l’orizzonte di nebbia”. Su tutto domina il tema del tempo, uno dei leitmotiv dell’intera opera narrativa e poetica di Mario Agnoli, “lamina infuocata” che attraversa l’esperienza umana, recidendone la continuità, divoratore di ogni cosa (“il tempo, questo tempo… è una insaziabile piovra che divora persino le illusioni”), che dà compimento alle trame del destino (“Un altro cerchio della saga familiare si chiude improvvisamente”), che pervade la storia di ciascuna vicenda esistenziale (“Ed è sempre l’alito del tempo che ritorna… a rivelare i segreti delle inerzie, dei pensieri oscuri, dell’incolmabile noia che assilla”). Le oscillazioni del grande “ventaglio del tempo” definiscono i “bordi” della nostra esperienza, ma la speranza, che si colloca al di fuori di essi “come un’ala incoerente”, segna il punto d’uscita dalla palude esistenziale dell’essere umano, non solo “pellegrino svagato”, ma anche “viandante innamorato”.

 

 

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