1 La famiglia Celtini
Celtia è la più piccola
delle province della Regione Ladinia,
vicina ai monti Pallidi.
E la più interessante:
per i reperti archeologici, essendo
stata municipio romano durante l’impero
di Augusto, per l’urbanistica e
l’edilizia medioevale, moderna e
contemporanea.
La famiglia Celtini,
Silvano di 40 anni, Silvia di 38 anni e
il figlio Irino di 5 anni, abitano a
Celtia, capoluogo della provincia, in
una palazzina, con giardino, nei pressi
dell’argine del fiume Lado. E nota in
città per l’attività commerciale
deH’Emporio Celtini, situato in Piazza
Maggiore, nel centro città.
La famiglia si dice,
senza prova storica, discendente da
Celtius, magistrato romano che ebbe
l’onore di essere stimato per la
saggezza e l’integrità morale nella
gestione del potere.
A Celtius risale la
pietra tombale situata nella prima
navata della Chiesa dei Santi Cosma e
Damiano in Celtia.
Irino frequenta la scuola
dell’infanzia Fiordicelli, gestita da
suore domenicane, ispirata a principi di
morale prevalentemente religiosa.
La stabilità, a
differenza degli operai artigiani della
Ladinia che lavorano stagionalmente
all’estero e hanno in misura notevole il
senso della mobilità, è un altro
attributo della famiglia Celtini.
Infatti, al di fuori
delle incombenze economiche dovute alle
transazioni mercantili, i Celtini non si
assentano dalla città.
Il tempo della vita di
Irino corre tranquillo, senza problemi
particolari, almeno fino alla laurea in
Economia e Commercio.
E persona equilibrata,
più nelle minute incombenze, nelle
relazioni personali, meno nelle altre di
studio in cui è presente la tensione
spirituale e il bisogno di evasione.
D’altro canto, nel suo
ambito di società e di economia
familiare, le circostanze di ricerca
risentono delle alterne vicende del
mercato, in particolare dell’Emporio
paterno.
E questo un ampio sito
mercatale su due piani e di lato un
giardino con bar in gestione diversa.
Con il tempo, anche a
motivo della unicità funzionale del
complesso, è diventato un emblema della
città.
L’immobilità, intesa come
rapporto stretto con l’ambiente, ha
praticamente confinato Irino all’interno
della sfera familiare: i soliti colloqui
sull’aumento delle imposte, sulle
difficoltà del mercato, sulla apertura
di nuovi supermercati.
Irino, nonostante le
aperture culturali, maggiormente
condivise, anche al di fuori degli
ambiti scolastici, durante gli studi
universitari non esce dal rigido
contesto familiare, in cui si ritrova
ineluttabilmente.
A breve distanza dalla
laurea è richiesto dalla Banca del
Credito di Ladinia, su accreditamento
dell’università.
È assegnato al Servizio
Organizzazione e Formazione.
Questo Servizio, di
recente istituzione, richiede la
presenza pressoché costante degli
addetti nelle Agenzie e Filiali della
Banca, anche al di fuori della Regione.
Subito Irino avverte il
disagio derivante dal distacco
familiare.
I
rientri in casa sono settimanali,
peraltro proficui per l’attività
paterna: sulla tenuta dei libri
contabili e le pratiche economiche e
fiscali. L’alloggio è in un albergo di
Ladinia, capoluogo della regione,
convenzionato con la Banca. La mensa
aziendale dispensa il pranzo e la cena a
prezzi di favore.
Il nuovo modello di vita
di Irino è prevalentemente basato sulla
mobilità, in netto contrasto con la
consuetudine familiare ispirata alla
stabilità.
Ogni tanto rammenta le
gite in montagna durante le vacanze
estive, senza tuttavia rimuovere
l’inquietudine che gli deriva dal
raffronto tra stabilità e mobilità, al
punto da ritenersi un uomo senza dimora
stabile.
In più occasioni
sostiene, a differenza di alcuni
colleghi di lavoro maggiormente
interessati ai problemi sindacali, il
diritto al lavoro stabile rispetto al
temporaneo.
La tesi sul lavoro
stabile è sostenuta nel corso di una
riunione sindacale (riportata
occasionalmente in quanto rilevante
nella sua economia politica): “La
presenza di opinioni, peraltro
suggestive, sul lavoro a tempo
determinato in relazione alla
convenienza culturale di dare maggior
spazio alle iniziative dei lavoratori,
non sembra
compatibile con quella prevalente del
lavoro stabile. Indubbiamente una
concezione antica, ancora evidente”.
Gli interventi, invece,
sono di tutt’altro indirizzo.
Irino ne parla con il
padre, che sostiene: “Non esiste, a mio
parere, una questione importante. I miei
dipendenti ci possono stare fino alla
pensione, per alcuni anche oltre. Che
cosa vuoi che ti dica: è un mondo che va
alla rovescia”.
La madre di Irino non è
direttamente coinvolta negli affari del
marito; la casa è grande, e l’orto
richiede una continua cura, nonostante
l’impianto automatico di irrigazione.
I monti Pallidi a nord di
Celtia sono la meta preferita di Irino
durante i periodi di riposo: dagli studi
prima, e dal lavoro poi.
Pratica lo sport
dell’alpinismo all’interno dei programmi
dell’Associazione Alpinisti di Celtia.
Lo scostamento, sebbene
limitato, di Irino dai problemi
familiari, soprattutto dalla gestione
dell’Emporio, è motivo di dolore per i
genitori, diversamente intenzionati.
Al di là delle altre
occasioni, sebbene di rilievo, assume
particolare connotazione il colloquio
con i genitori a seguito dei lavori
all’Emporio.
“Come ben sai” — dice
Silvano al figlio — “l’Emporio richiede
una mia presenza continua. Dopo i lavori
di ammodernamento sono aumentati i punti
vendita, per non dire del bar del
giardino accanto. Tua madre ed io
avevamo contato sulla tua presenza e
collaborazione, ma tu hai deciso
diversamente, per di più fuori città”.
Irino, colpito dalle
considerazioni paterne, per un verso
reiterate, d’altro canto intensamente
nuove, risponde: “La mia uscita dal
nostro ambito cittadino non è una fuga,
è soltanto il bisogno di allargare i
miei interessi di studio e lavoro ad
altre situazioni sociali, da me
intensamente condivise”.
Il treno, al di là delle
esperienze infantili con i trenini
colorati, i piccoli scambi, le stazioni
di latta, si colloca nella psiche di
Irino come un presagio di ali in
movimento, di persone portatrici di
realtà sconosciute, appena segnate nei
volti assenti dei passeggeri, anche di
pianure, con all’orizzonte i monti
colorati di rosa.
Così nell’andare del suo
tempo, Irino conviene su alcuni elementi
delle sue coordinate essenziali di vita,
senza ragioni di priorità ineluttabili:
l’amore dei genitori, la società
cittadina, la grande casa con l’orto, il
grande fiume, i monti e i colli,
l’Emporio (perché no!) con le vetrine
multicolori, il mercato del sabato lungo
le vie del centro, la grande Banca, il
treno.
Soprattutto la sensazione
del movimento, come di un bisogno
continuo di evadere: in quell’oltre che,
ignoto, innova.
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1 - E viene il tempo
della nascita di Giovanni
Il primo giorno del mese
di giugno Isabella è ricoverata nel
reparto di maternità dell’Ospedale
civile di Celtia.
Il secondo giorno, alle
ore dieci, nasce Giovanni.
Irino, i genitori e i
suoceri apprendono la notizia nella
sala di attesa.
Il parto, a detta del
medico, è stato difficile per la
posizione del feto.
Giovanni è entrato nel
ciclo familiare dei Celtini: nell’ambito
di una economia borghese di tutto
rispetto.
Cova nell’animo della
mamma di Irino un’aspettativa di
convivenza, come una pretesa alla
educazione secondo un costume di
tradizione familiare.
Il rientro in casa di
Isabella, a distanza di 5 giorni dal
giorno del parto, è festeggiato da Irino
con vasi di fiori distribuiti con garbo
sulla cassapanca, gli armadietti, i
davanzali.
Sul comodino di sinistra
il regalo di Irino: una collana di perle
di Majorca. Ci sta bene sul petto di
Isabella, ora fiorente per la
gravidanza.
Il tempo è per sua natura
imprevedibile nel convenire delle cose,
non lo è nelle sue costanti, appunto
nell’andare rapidamente.
Ritorna con le nuove
frequenze affettive il desiderio dei
sentieri rocciosi, delle baite
incontaminate sulle radure ventose.
Giovanni è dai nonni
paterni, vuoi per gli impegni di lavoro
dei genitori, vuoi per le evasioni
settimanali ormai d’un senso profondo.
Irino le pone all’interno
dell’io, come elemento di suggestione
meravigliosa.
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PARTE II La storia di Giovanni
2 - E il perché
della vita diviene mistero
Non esistono
circostanze eclatanti durante il
primo quinquennio della vita di
Giovanni: il lavoro dei genitori, la
frequenza di una scuola privata
dell’infanzia, le assenze
settimanali dei genitori, le cure
pressoché sussidiarie dei nonni.
In tal modo si forma
l’indole inquieta di Giovanni, che
nel covo inconscio sarà una costante
della sua vita.
Questo ordine di
problemi non rientra nelle accezioni
culturali di Isabella e Irino, a
motivo del loro pragmatismo, quasi
commerciale.
La società attuale
evidentemente è presa dall’ansia del
vivere: nel bisogno continuo di
attendere al completamento dei
disegni del benessere e di rimuovere
le costanti del male.
Vi possono essere
deviazioni, scrupoli spirituali,
introiezioni; anche l’elaborazione
di nuove teorie sull’esistenza.
Sebbene incompatibili con le
ordinarie acquiescenze morali,
ridisegnano aspetti interessanti per
i ricercatori scrupolosi.
L’estate di questo
anno, quinto dalla nascita di
Giovanni, è intensamente vissuta da
Isabella e Irino, che intensificano
le gite settimanali e, ove
possibile, infrasettimanali.
L’Associazione
Alpinisti ha previsto, tempo
permettendo, l’ascensione del Monte
Fungone, 3200 metri sul livello del
mare.
L’ascensione non
presenta asperità di grado superiore
al tre, ciò nondimeno alcuni
sentieri di scavo roccioso non solo
sono molto esposti, ma risentono
dalla fragilità del sottostante
supporto roccioso.
Isabella e Trino si
prenotano, come previsto dalle norme
statutarie dell’associazione, e si
accordano con i nonni Celtini per
Giovanni, in effetti ormai di casa.
Il giorno è caldo,
insolitamente impietoso.
Gli abitanti di
Celtia sostengono la presenza di
forti variabili climatiche e il
conseguente mutamento delle
condizioni di vita.
Isabella e Irino,
secondo le istruzioni del
responsabile dell’escursione, sono
assegnati al terzo comparto composto
da quattro persone.
I cinque comparti che formano
l’insieme del gruppo si muovono
autonomamente, avendo cura di
assicurare la soluzione a quattro in
particolare nei punti di passaggio
in cui è richiesta una maggiore
attenzione, semmai anche con l’uso
delle corde assicurate ai
moschettoni d’inizio e fine del
passaggio difficile ed esposto.
II
terzo passaggio, giudicato il più
pericoloso, è affrontato dai quattro
componenti del comparto di Isabella
e Irino senza l’uso della corda.
Sul punto della
friabilità di questa roccia di
dolomia non vi sono notazioni di
sorta da parte dei club storici,
semmai sono da considerare le
escursioni termiche durante il
periodo delle nevicate.
I
membri del comparto procedono
lentamente lungo il terzo passaggio,
quando il sentiero si affloscia
sulla crepa rocciosa trascinando i
membri del quarto comparto nel
burrone sottostante.
II
destino impietoso ancora una volta
rimane muto a fronte della domanda:
“Perché mio Dio?”
Gli esperti del Club
Alpino del borgo Slavinio, situato
nella conca alle pendici del Monte
Fungone, provvedono al recupero
delle salme.
Il Comune di Celtia
si dà carico del trasporto delle
salme fino alle Cappelle del
commiato.
Vi sono aspetti della
nascita, della vita e della morte
dell’uomo che per la loro
rappresentazione narrativa
richiederebbero parole che dicono
del dolore profondo, della nemesi e
del tragico immenso.
La morte è entrata
nelle due famiglie, improvvisa,
terribile, violenta.
Ogni ulteriore
circostanza d’obbligo materiale è
stentatamente vissuta dal padre di
Irino.
Il lutto cittadino è
interpretato così dal Sindaco:
“Siamo qui riuniti per piangere.
Ancora una volta la morte ci
sorprende nei monti dell’Alpe.
Ancora con le spighe appena mature,
con i sogni dell’età più bella. È
venuto il tempo del dolore. La
perdita della città è senza
dimensioni: erano nostri amici,
forti e impegnati nel lavoro e nella
famiglia”.
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PARTE II La storia di
Giovanni
3 - Ora tutto va
rivisto, perché si è perduto un
anello della catena della vita
Il signor Celtini,
d’intesa con i genitori di Isabella,
si trasferisce con la famiglia nella
casa di Irino, più vicina alla
scuola elementare dove a settembre
Giovanni inizia il corso elementare.
La grande casa di
famiglia è data in locazione, con
gli arredi e il giardino con il
leccio gigante, al direttore
dell’emporio Celtini.
Ormai, d’un tratto
imprevisto, le ombre della sera del
grande giorno della vita sono scese
fino alle soglie della notte.
Il piccolo Giovanni
continua a spostare le figurine del
gioco antico dei tarocchi, senza
ordine, senza pensare.
All’inizio della
scuola l’insegnante nota i continui
sbalzi di attenzione di Giovanni
durante le lezioni. Ne parla alla
psicoioga della direzione
scolastica.
“Indubbiamente” dice
la psicoioga “il disimpegno dei
genitori, l’affido ai nonni e poi la
morte hanno influito in modo grave e
determinante sulla psiche di
Giovanni. Penso che vi potrà essere
un recupero parziale, ma ormai lo
scompenso psicologico è da ritenere
permanente”.
L’insegnante non
riferisce ai nonni di Giovanni, ma
attua un rapporto strettamente
personale con il bambino.
L’intelligenza
eccezionale di Giovanni, secondo
l’insegnante, è un limite notevole
ai tentativi di aggregazione
comunitaria, che si riscontra
durante le pause scolastiche.
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PARTE II La storia di
Giovanni
4
La storia si ribella al tempo
La fanciullezza e la
giovinezza di Giovanni non hanno un
ritorno particolare d’immagine degno
di interesse.
Gli studi proseguono
regolarmente con profitto fino alla
laurea in Economia e Commercio.
I nonni Celtini sono
entrati nel tempo dell’ultima
attesa, con i mali dell’età, il
ristagno dei ricordi. Soltanto,
tuttavia, li rincuora l’amore di
Giovanni, nipote e figlio adottivo.
I nonni materni non
hanno retto al dolore per la morte
della figlia e lentamente, come uno
stoppino di candela, se ne sono
andati. Ora riposano vicini nella
cappella di famiglia del cimitero
comunale di Celtia.
In un breve arco di
tempo Giovanni si trova al centro di
un investimento patrimoniale
notevole, senza esserne partecipe
diretto.
Invece è attratto
dall’alta finanza privata. Le
referenze scolastiche, anche i nuovi
rapporti delle università di
economia con le istituzioni
finanziarie agevolano l’impiego dei
giovani laureati.
Nonostante la
mancanza di una relazione pienamente
affettiva con i genitori, Giovanni
aveva intuito e successivamente,
dopo la morte, curato il proposito
di operare nella finanza privata,
come il padre.
La proposta di lavoro
gli è pervenuta nell’ottobre
dell’anno di laurea dalla Direzione
della Banca di Credito di Ladinia.
Secondo le intese con
la Direzione della Banca, dopo un
anno il lavoro sarebbe stato in
part-time, tra sedentario e
tele-lavoro.
In tal senso avrebbe
utilizzato l’impianto informatico
paterno e assistito i nonni.
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PARTE II La storia di
Giovanni
5 Le
formelle del mosaico della vita di
Giovanni sono collocate con cura,
sebbene con le loro sottili abrasioni
La mobilità del lavoro
nell’intero ambito territoriale di
attività della banca s’inserisce nella
debole consistenza spirituale di
Giovanni, non tanto sotto il profilo
fisico quanto su quello relazionale,
dovuto alle difformità ambientali.
In sostanza perviene
ineluttabilmente al concetto di apolide,
come dire un uomo senza fissa dimora.
Questo aspetto sociale
invero è contraddetto dalle riforme del
diritto di lavoro, le quali sostengono
il principio della mobilità, della
temporaneità del lavoro.
A venticinque anni, in
buona salute, con un lavoro importante,
Giovanni diviene un buon partito e al
riguardo non mancano le attenzioni di
alcune giovani della buona società
cittadina.
L’occasione di maggior
rilievo è data da un incontro, nel treno
delle ore 6,30 per Ladinia, con la
signorina Luisa Verdiani, insegnante di
scuola media, figlia del dottor Roberto,
primario di medicina generale del locale
ospedale.
Sono casualmente seduti
uno di fronte all’altro.
Giovanni consulta il
listino delle borse italiane e straniere
riportato dal giornale economico
Finanza, e Economia.
Luisa legge un libro
di storia antica.
Il diretto delle 6,30
raggiunge Ladinia, salvo i ritardi
dovuti alle precedenze di altri
treni lungo questa linea, in un’ora.
Alla prima fermata di
Casora, con lo smistamento dei
passeggeri, Giovanni si rivolge a
Luisa: “Mi scusi. Sono Giovanni
Celtini. Lei, se non vado errato, è
la figlia del dottor Verdiani. Ci
siamo conosciuti al Circolo
universitario di Ladinia”.
Luisa: “Si figuri!
Sì, sono la figlia del dottor
Verdiani e ci siamo conosciuti al
Circolo universitario. Lei prende
questo treno tutte le mattine?”
“Non tutte le mattine
perché lavoro in casa. In genere
sono consulenze finanziarie”.
“Per me, attualmente,
è un’eccezione: un corso di
formazione didattica”.
“Questo è il treno
degli impiegati e degli operai che
lavorano a Ladinia. Ritornano con il
treno delle 18. Anche questo è un
problema sociale”.
“Stressante direi.
Forse a Celtia è mancata una
politica industriale. Anche
l’artigianato ha risentito della
crisi. Lei è di questo parere?”
“Una diagnosi
economica in questo momento storico
appare difficile. E necessario
attendere la decantazione della
crisi”.
Con un certo
disappunto, prudentemente celato,
Luisa segue le attenzioni culturali
di Giovanni.
Lo vorrebbe diverso,
più maschile, propenso anche allo
scherzo. La nostra, pensa, è l’età
delle speranze, degli amori intensi,
delle passioni.
Giovanni di solito
raggiunge la banca con il bus della
linea 3, dopo il caffè al bar della
stazione. Si avvicina a Luisa, sotto
la pensilina del secondo binario:
“Mi fermo un momento al bar della
stazione. Se vuole, se può...
Luisa: “La ringrazio.
Desidero un cappuccino e un pezzo di
dolce. Questa mattina, di corsa,
diversamente dagli orari di scuola,
ho saltato la colazione in casa”.
Giovanni, al momento
di prendere il bus della linea 3, si
rivolge a Luisa: “Se crede ci
possiamo incontrare a Celtia”.
Luisa risponde: “Ho
gradito l’incontro occasionale. Le
auguro una buona giornata di
lavoro”.
Giovanni, nel bus,
riflette sulla risposta di Luisa. La
trova evasiva, soprattutto reticente
per via della caratterizzazione
dell’incontro: occasionale, quindi
tendenzialmente vago, sibillino.
La visita all’emporio
Celtini di Giovanni e del nonno nei
pomeriggi di sabato è ormai
consueta; nonostante la nomina di un
direttore con pieni poteri,
rimangono allo scoperto i problemi
degli acquisti e delle transazioni
finanziarie.
Una vera e propria
combinazione familiare.
Per non dire della
scomodità dell’appartamento nel
quartiere nuovo, al di là del centro
città, e della necessità, anche in
ragione dello stato di salute di
nonno Celtini, dell’uso
dell’utilitaria di Giovanni.
Nel pomeriggio del
primo sabato di febbraio, ancora del
freddo pungente, l’emporio, come
tutti i negozi di città, è pieno di
striscioni con indicazione dei saldi
di stagione.
Il caso vuole
l’incontro di Giovanni, insieme al
nonno, con Luisa. Giovanni dice:
“Nonno, ti presento la professoressa
Luisa Verdiani, che ho conosciuto in
treno in un giorno dello scorso
autunno”.
Il nonno, leggermente
stupito, risponde: “Che piacere!
Conosco da tempo il dottor Verdiani,
medico internista. Sono in pochi qui
a Celtia con questo cognome. Infatti
i Verdiani sono originari della
Valle del Verricchio”.
Luisa soggiunge: “Il
dottor Roberto Verdiani è mio padre.
Siamo del ramo di Verdiani detti del
Molino. Mia madre, Ester Romani, è
di Celtia, figlia di Guglielmo,
impiegato comunale. Approfitto del
tempo libero dagli impegni di lavoro
e di famiglia per acquisti con
prezzi agevolati. Qui all’emporio
c’è da impazzire nelle scelte".
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|
1 Le combinazioni
della tettonica virtuale e i sofismi
empirici
Le malelingue di
Celtia dicono che Luisa e Alessandro
convivono come due amanti e che
Alessandro frequenta Ginevra, figlia
del giudice Santelli, con propositi
di matrimonio.
Si sa, nelle piccole
città come Celtia, le notizie
corrono in fretta, come la
tramontana, ma hanno un decorso
imprevedibile, spesso artificioso,
fatto di poche cose, in alcuni casi
di niente.
Luisa conosce gli
orari di rientro di Giovanni dal
lavoro. Decide di attenderlo
all’incrocio stradale detto dei
Verri, in prossimità della stazione
ferroviaria. Giovanni si avvicina a
Luisa e dice: “Sono trascorsi due
mesi dall’incontro in casa sua. Ho
sperato di vederla. Come mai da
queste parti all’ora di cena?”
“Mi trovo
occasionalmente qui per un incontro
scolastico: la direzione scolastica
è di plesso ampio e ha una sede
propria a due passi da qui. In ogni
caso sono lieta di vederti. Se credi
possiamo ritornare insieme”.
“Va bene. Sono
lusingato. Possiamo prendere la via
del Centro. Se vuoi. L’emporio è già
illuminato e la via è affollata,
piena di vita”.
Intanto, durante il
percorso, Luisa riflette sulla
convenienza di dare un diverso
assetto alla relazione con Giovanni,
un qualche cosa di non reversibile.
“Ti siamo grati del
parere finanziario. Abbiamo
collocato una parte dei fondi
disponibili in titoli sicuri e
abbiamo acquistato, a buon prezzo,
cinque appartamenti a Ladinia”.
“Non tutte le
soluzioni danno buoni risultati. E
un mondo infestato da fondi
finanziari fasulli. Gli immobili
ancora reggono; non si hanno
avvisaglie di nuove imposte sugli
immobili. Se non vado errato sei in
procinto di sposarti con
Alessandro”.
Luisa non coglie il
senso dei due riferimenti,
soprattutto dello sviluppo
distaccato delle sensazioni.
Ancora una volta le
sembra di ravvisare le costanti di
una voluta distrazione, appunto
riferita alle sensazioni distaccate,
rigidamente professionali.
Giovanni non prosegue
con Luisa la lunga via del centro:
“Mi devo fermare aH’emporio. Devo
seguire gli andamenti commerciali
sebbene per grandi linee. Il nonno è
affaticato e poi dopo la morte dei
miei genitori non si è più ripreso”.
“Non ti preoccupare.
Taglio il corso al bivio della Torre
e sono subito a casa”.
“Ti cercherò più in
là. Ora sono preso da molti impegni:
il lavoro e le scadenze tributarie,
che non finiscono mai di assillare”.
“Sai ...Alessandro si
sposa con la figlia del giudice
Santelli. Suppongo in autunno”.
“Il giudice Santelli
è persona nota in città. Moralmente
ineccepibile. Di ottima cultura.
Suppongo sia felice del matrimonio
della figlia con un penalista di
buona famiglia”.
“Già! È proprio a
questo modo”.
Il caldo estivo si fa
sentire nella pianura ed entra in
città lasciando al di là delle mura
gli ultimi flati della tramontana.
I Verdiani sono nella
loro casa di montagna, sulle pendici
del Monte Fungone; Luisa invece
preferisce il giardino di casa, dove
ha modo d’incontrare Alessandro.
Questa è una
ambiguità di costume, attualmente
diffusa anche a Celtia nonostante le
resistenze della morale di consenso
antico.
Giovanni, nonostante
i cali commerciali di stagione e il
contenimento delle operazioni
finanziarie, rimane a casa con i
nonni.
Giovanni è in casa,
sta rivedendo gli estratti conto
della banca a cui sono affidati i
movimenti contabili dell’emporio,
quando riceve al cellulare il
messaggio di Luisa: “Sono sola in
casa. I miei sono al Fungone. Se
vuoi venire. Mi farebbe piacere, e
poi qui in giardino si sta bene. Con
affetto”.
Giovanni legge,
rilegge il messaggio. La sua
formazione culturale è pragmatica,
per questo motivo non tollera, per
non dire non comprende, le
allusioni, le simulazioni, gli
artifizi, le incertezze. In questo
caso, del messaggio, a disturbarlo è
l’aspetto dell’ingresso espressivo:
l’assenza dei genitori, il giardino,
il saluto conclusivo.
Conclude la
riflessione in soliloquio: “Le
circostanze sono a codesto modo,
come il quarzo: sfaccettato”.
Un po’ sovrappensiero,
e un po’ per correttezza, risponde
con un messaggio: “Rispondo al tuo
messag-
gio. Le supplenze nelle Agenzie
durante le ferie estive del
personale e le contabilità
dell’emporio, per non dire dello
stato di salute dei nonni,
peggiorato nelle ultime settimane,
rendono pressoché impossibile,
almeno attualmente, aderire al tuo
invito. Con cordialità”.
Se da un lato il
messaggio non è da ritenere
conclusivo sotto l’aspetto
dell’invito non accolto, d’altro
verso Luisa non può sottacere la
presenza in esso di un linguaggio
asciutto, per alcuni aspetti anche
preclusivo.
Luisa, tuttavia, non
si dà pace. Risponde con un
messaggio telefonico: “Ti aspetto
quando vuoi. Ho desiderio di te. Ti
abbraccio”.
Giovanni è sempre
stato aperto, anche sulle cose
personali, sulle amicizie giovanili,
sui primi amori. In questo caso, di
Luisa, anche per le dissonanze del
passato, preferisce il silenzio.
La signora Ada è di
servizio in casa dei nonni durante
il pomeriggio del sabato prima di
ferragosto e non vi sono impegni di
lavoro, né alle Agenzie, né
nell’emporio.
Giovanni invia a
Luisa un messaggio: in effetti è un
seguito del precedente: “Domani, nel
primo pomeriggio, sono libero da
impegni. Attendo conferma. Un caro
abbraccio”.
Luisa risponde: “Ti
aspetto. Puoi pernottare. Non vi
sono problemi”.
Giovanni, da ultimo,
dice al nonno: “Domani pomeriggio
non sono in casa. Non rientro a
dormire”.
Il nonno soggiunge:
“Bada a quello che fai. In casa
nostra sei vissuto come un figlio.
Conosciamo il tuo animo: buono,
affettuoso, equilibrato. Il tuo
impegno
nel lavoro. Desideriamo con tutto il
cuore la tua feli• \ » cita .
Giovanni non
risponde. L’amarezza e l’angoscia,
invero estranee in questo andare di
stagione della vita, dopo quelle
della sua infanzia, ritornano
strane, ineluttabili, come tenaglie
roventi.
Ciò nondimeno, per
altre ragioni del pari improvvise
che hanno radici inconsce, Giovanni
aderisce all’invito di Luisa.
Strada facendo, con
il borsone di pelle, acquista dal
fioraio un mazzo di rose rosse.
Lungo il tratto di strada, a
diritto, prima del portone
d’ingresso nella casa Verdiani,
riflette, come d’altro canto gli è
abituale in tutte le circostanze
oscure, sul colore delle rose, sul
perché del borsone da viaggio.
Il pensiero rimane
oscuro, senza riscontro.
Luisa riceve
Giovanni, all’ingresso, con un
abbraccio.
Indossa, si suppone
per l’occasione, pantaloni aderenti
in modo da rendere evidenti le forme
del corpo e una camicetta di seta
scollata in modo da esporre i seni
liberi dal reggipetto.
Il vestiario e il
camminare disinvolto, come fosse
sulla sabbia vellutata, rovistano
rapidamente gli angoli della mente
di Giovanni, là dove si formano i
desideri e la passione diviene
lacerante.
D’un tratto,
nell’assoluto inconsapevole,
Giovanni e Luisa si trovano a letto
completamente nudi in preda agli
istinti, alle adiacenze sfrenate,
agli orgasmi reiterati.
Alla fine, durante la
cena, con i corpi appiattiti sotto
le tute di cotone, Luisa si rivolge
a Giovanni: “Ti devo
dire, perché ho bisogno di rimuovere
questo spazio del mio tempo, che la
relazione sentimentale con
Alessandro è venuta meno, nonostante
la sua continua richiesta
d’incontrarmi. E di alcuni giorni fa
la sua insistenza al campanello e al
cancello del giardino. Ho appreso da
Fiorella, mia amica d’infanzia, ora
collega, che il matrimonio di
Alessandro è fissato per la metà di
settembre. Vorrei fosse chiusa
questa lunga esperienza. Non so se
mi è possibile. Mi aiuterai, ho
tanto bisogno del tuo aiuto”.
“Ti sono amico e ti
amo. Mai ho amato tanto. Il passato
è una realtà. Può essere
recriminata, per alcuni aspetti
rimossa, dalle cognizioni perseguite
utilmente, ma non può essere
cancellata quando è divenuta
inconscia. La teoria comune del
chiodo scaccia chiodo, è una
iperbole necessaria per non deludere
il presente. Proseguiamo insieme”.
L’alba già scioglie
le ultime ombre della notte. Le
prime luci s’aprono ancora velate ai
fiori del giardino fra i rami dei
lecci.
Lentamente i sogni
sospinti dal dormiveglia
s’allontanano e la realtà si rifa
manifesta. Ancora un bacio e la
carne sopita ritorna fuoco che
brucia.
Giovanni, dopo la
colazione, quando è già mattino
avanzato, ritorna a casa con il
borsone e le labbra rosse come un
cocomero.
Il nonno lo riceve
sulla soglia di casa: “Buongiorno
mio caro figlio. Siamo stati in
pensiero per te: un’assenza strana,
di per sé nuova e poi così
improvvisa”.
Giovanni,
improvvisamente disorientato, come
un
uomo uscito dalla prigione dopo anni
di detenzione, risponde: “Ora sono
qui. Con voi. Con il nostro tempo”.
Il tempo è
improvvisamente cambiato al Fungone.
A Slavinio si dice che la prima
pioggia d'agosto rinfresca il bosco.
Alla fine di agosto, di questo anno
così caldo come mai a ricordo di
uomo, il freddo è pungente e viene
insolito il vento forte di
tramontana.
I Verdiani ritornano
in casa.
Luisa, sorpresa dal
ritorno dei genitori, telefona a
Giovanni: “I miei genitori sono
rientrati. La stagione si è fatta
inverno al Fungone. Non ho parlato
con loro di te, della nostra
relazione. Ho bisogno di vederti”.
Giovanni, sempre al
telefono: “Se credi, potresti venire
con me a Ladinia con il solito treno
delle 6,30, con la scusa di
visionare i nuovi acquisti di mini
appartamenti”.
Luisa: “Mi va bene,
però devo attendere il calendario
scolastico. Di solito mi prendo il
lunedì, vicino alla domenica: mi
facilita per gli acquisti e per
impostare i programmi di casa con la
mamma e la collaboratrice
familiare”.
Giovanni: “Un
abbraccio. Attendo con trepidazione
la conferma”.
Ai primi di ottobre
il freddo è pungente, in particolare
sotto la pensilina del secondo
binario della stazione di Celtia,
dove il vento di tramontana sembra
incanalato.
Luisa indossa un
cappotto di lana. E raggiante.
Giovanni la prende
sottobraccio e sussurra: “Sembri una
donna polare. Il cappotto di lana in
ottobre è un’ec-
cezione. Le attese del treno, anche
delle 6.30, alle volte sono di
mezz’ora oltre l’orario. Potevo
prendere l’automobile. E stata una
imprudenza”.
Luisa, a sua volta:
“A proposito del freddo, dei miei
timori, ti devo dire che in questo
mese il ciclo mestruale è in
ritardo. Penso a un test di
gravidanza in un ambulatorio privato
di Ladinia”.
Giovanni, sorpreso,
titubante, insolito: “Il cambiamento
repentino del clima può essere causa
di mutamenti dei cicli della vita.
Non sono esperto di diagnostica
sanitaria. Se ne parlava in
famiglia. Ad ogni modo per la visita
medica a Ladinia ci penso io”.
La campagna d’ambo i
lati della ferrovia ormai s’appresta
ai colori dell’autunno: le foglie
gialle con le onde ventose, i
vitigni insecchiti, le casupole
disadorne.
Le mani di Giovanni e
Luisa si cercano, si stringono.
Lieve il sonno li sorprende. Il
dondolo ferroso si allenta sulle
curve, poi s’allunga ubriaco di
energia come una serpe frettolosa.
Dopo la colazione al
bar Giulietti di Ladinia si recano
alla sede centrale della Banca, e
poi, dopo il disbrigo di alcune
pratiche, raggiungono lo studio
medico associato in via Luciano
Conforti, al numero civico 45.
Nonostante la
mancanza della prenotazione, Luisa
viene subito sottoposta al test di
gravidanza.
La risposta del
medico è chiara, senza riserve: “Lei
è al primo mese di gravidanza”.
Luisa e Giovanni sono
nel mezzo di Via Luciano Conforti,
entro i loro cappotti di lana, così
vicini da sembrare una nube.
Dopo alcuni attimi
d’incertezza si mettono a ridere.
Luisa soggiunge:
“Amore mio, dobbiamo rientrare prima
di sera. Vedi se puoi ottenere un
permesso”.
Giovanni: “Non ti
preoccupare. Vedo se posso
utilizzare un automezzo della
direzione. Intanto, se non vuoi
attendermi in sala di attesa, puoi
raggiungere il centro commerciale, a
due passi dalla Banca. Ti prego di
attivare il cellulare”.
“Sono preoccupata”
soggiunge Luisa. “Mio padre è
tuttora convinto del mio matrimonio
con Alessandro. Non lo sa che quella
è una partita chiusa e che io sono
legata a te”.
“Le circostanze sono
appunto circostanze, sono
equivalenze della realtà. E inutile
girare attorno a esse per
ritardarle, per ridefinirle. Andiamo
da tuo padre e gli diciamo come
stanno le cose”.
“Mi va bene, però le
lasciamo decantare. Sarà
l’infermiere Stordini, della
medicina generale, a spettegolare
sulle nozze di Alessandro con babbo.
Sarebbe, come dire, un percorso
agevolato”.
Ritornano a casa,
prima di sera, con l’automobile
della direzione, come ipotizzato.
Si lasciano
affettuosamente nei pressi della
casa di Luisa.
“Ti cercherò al
cellulare non appena possibile” dice
Luisa sottovoce.
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PARTE IV -
La betulla
La betulla
Oh! Si che siete
betulle di bosco, vi conosco ad un
miglio tra i faggi piccole dolci luci
della mia anima.
Giovanni e Luisa, dopo le
feste, riprendono il lavoro,
rispettivamente nella banca e nella
scuola. Sabrina è dai nonni durante gli
orari di lavoro della madre.
Giovanni, dopo le recenti
esperienze di lavoro in seno alla équipe
incaricata dell’assorbimento della Banca
del Credito Montano, è incaricato dalla
Direzione generale di provvedere alla
funzionalità compatibile dei nuovi
sportelli.
Conseguentemente i
rientri a Celtia, il fine settimana,
sono trimestrali.
Il lavoro, assiduo e
impegnativo, peraltro convintamente
condiviso da Giovanni, è nel suo
complesso una medicina per il male di
angoscia che tenta di sorprenderlo
durante il lavoro e il riposo notturno.
Luisa ha concordato con
il direttore della scuola l’orario delle
lezioni in modo da renderlo, per quanto
possibile, compatibile con gli impegni
familiari. Il sabato libero abbinato
alla domenica le consente, fra l’altro,
di frequentare il mercato.
In questo ambito sociale
è presente la madre di Luisa, con un
ruolo nuovo, in cui rivela le sue doti
spirituali e intellettuali.
E come un bocciolo di
rosa che si apre fuori stagione e al
quale la scienza della vita dei fiori
soggiace impotente.
Sabrina è cresciuta in
età e intelligenza: si muove da sola e
già ricompone le parole d’uso corrente.
E indubitabile l’apporto culturale delle
insegnanti dell’asilo che la piccola
frequenta.
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PARTE IV La betulla
1 Un’altra stagione
L’inverno è stato freddo
più dell’anno scorso. Persino le acque
del torrente si sono ghiacciate.
La primavera invece è
dolce, sembra estiva.
I
bambini dell’asilo comunale giocano
all’aperto e Sabrina sorride.
Giovanni riporta le due
sedie bianche dei nonni sotto il grande
albero.
In questo sabato, il
primo del mese di aprile, Giovanni
ripulisce l’orto dalla sterpaglia e
smuove la terra.
II
nonno aveva piantato due filari di vite
americana lungo la siepe di bosso; è
cresciuta poco perché Giovanni non ha
pratica di potatura. Forse nemmeno il
giardiniere riuscirà a metterla in
produzione piena.
Il giardino dei nonni,
dove Giovanni aveva colto le prime
sensazioni del bello naturale proprie
della fanciullezza, ora è nei suoi
pensieri al pari di un simbolo.
La madre di Luisa,
diversamente dalla solita via che
conduce all’Emporio, decide di
percorrere con Sabrina il sentiero del
fiume, e rientrare percorrendo la strada
del quartiere nei pressi della casa di
Giovanni.
Sabrina avvicina la nonna
al cancello del giardino dove Giovanni
sta raccogliendo la sterpaglia, e dice:
“Nonna, è papi”.
“Sì, è papà” risponde la
nonna. Subito, come spinta da una mano
ignota, preme il campanello del cancello
di accesso alla casa di Giovanni dalla
parte del giardino.
Giovanni prontamente apre
il cancello: “Come mai da queste parti
con Sabrina? Mi scusi. Sono con la tuta
da lavoro. Questo giardino è grande,
richiede un’attenzione continua,
purtroppo il lavoro m’impegna altrove”.
Giovanni prende per mano
Sabrina.
La nonna risponde:
“Occasionalmente ho deciso di percorrere
il sentiero del fiume con Sabrina. E
bello il luogo del fiume in primavera”.
Giovanni, sovrappensiero,
soggiunge: “Il lavoro mi tiene lontano
da casa. Se sapesse! Sempre in movimento
con pochi rientri. Questa casa è grande,
richiederebbe una presenza continua. La
rivedo con piacere. Sabrina è
meravigliosa”.
Dopo i saluti, la nonna
ritorna a casa con Sabrina, percorrendo
le traverse di quartiere.
Luisa casualmente
incrocia la mamma e la figlia al suo
rientro dal mercato, e chiede: “Rientri
da dove? Non è questa la via del
centro”.
La madre risponde: “Sono
andata al fiume. Sabrina è già curiosa.
I bambini si arricchiscono sensibilmente
con la scoperta delle cose nuove.
Occasionalmente abbiamo incontrato
Giovanni”.
Luisa: “A proposito di
Giovanni: ahimè! Mi sono scordata di
ringraziarlo della collana di corallo”.
La piccola betulla del
giardino dei nonni è cresciuta a
dismisura sul tronco e poi sui due
tronchi gemelli.
Giovanni la guarda e la
riguarda dalla terrazza sul giardino:
gli sembra, alle volte, una duplice
operazione bancaria, altre volte
l’immagine di due esseri che crescono in
simbiosi dallo stesso amore.
Ancora la consuetudine
del tempo felice ritorna alla mente di
Giovanni, che la riprende dolcemente
nella speranza.
La lamina del tempo non
si scosta dagli intervalli del silenzio,
dagli spazi colorati di bianco, dalle
similitudini. Rimane fraintesa, come un
filo di luce sull’ombra serotina.
La nonna e Sabrina si
recano aU’Emporio e al giardino di lato,
nel mentre Luisa si appresta al mercato.
Giovanni, in questo
sabato di aprile, libero da impegni di
lavoro, si avvia all'Emporio, per le
verifiche contabili del primo trimestre
dell’anno.
La nonna e Sabrina, dopo
una breve visita all’Emporio, sostano
nel giardino.
Giovanni, appena uscito
dall’Emporio, le vede e le raggiunge.
“Sono lieto di rivedervi,
direi anche sorpreso, a breve distanza
dall’incontro nel giardino dei nonni. Le
posso offrire una bevanda, un caffè?
Quello che vuole. Per Sabrina ci vuole
un buon gelato”.
“Preferisco un Campati.
Sta bene un gelato per Sabrina. Ho
notato un cambiamento in tutti i reparti
commerciali dell’Emporio, certamente più
funzionali. Mi rallegro”.
“Quando l’economia è in
crisi, solitamente subentra uno
squilibrio tra la domanda e l’offerta a
danno delle vendite. In questi casi è
necessario ricorrere a migliorare
gli indici dell’offerta e ridurre, per
quanto possibile, i prezzi”.
“Mia figlia si è
rammaricata di non averla ringraziata
per il dono della collana. Che cosa
vuole! La separazione l’ha colpita
gravemente, per non dire del modo in cui
è intervenuta. Mi creda! Lei si è
affidato troppo all’istinto, meno alla
ragione”.
“Ho pensato a lungo dopo
l’atto giudiziario. Ultimamente anche
riconoscendo, almeno in parte, la
debolezza delle motivazioni a cui mi
sono riferito nella separazione”.
Intanto lentamente si
avvicina dal lato delle colonne della
terrazza dell’Emporio, Luisa.
Indossa un
tailleur-pantaloni color beige, una
camicetta di filo di scozia, e porta al
collo la collana di corallo.
La sua presenza ha un
effetto sconcertante, esclusa Sabrina
che corre verso la madre.
La madre di Luisa e
Giovanni sembrano pervasi da una
suggestione psicologica che li rende
attoniti.
Luisa, senza battere
ciglio, esordisce: “Sono sorpresa di
questa concertazione, peraltro non
nuova. Non mi sono attardata al mercato;
fra l’altro, strada facendo, ho
incontrato Alessandro con la moglie. Poi
ho pensato all’Emporio, essendo in corso
la campagna dei saldi di stagione”.
La madre risponde: “Non
esistono concertazioni di sorta, d’altro
canto Giovanni ha diritto di vedere la
figlia. Quanto alle tue amicizie non
trovo ragione per evidenziarle”.
Giovanni soggiunge: “Sono
spiacente del contrattempo. D’altro
canto quando le cose hanno da essere in
un determinato modo è inutile
intervenire per modificarle”.
La madre ha compreso il pensiero di
Giovanni. Lo condivide. Conclude, prima
che Giovanni si allontani: “Lei è ospite
gradito nella mia casa. Potrà vedere
Sabrina quando è da noi”.
Luisa interviene: “Ho
deciso di rientrare nella mia casa del
Quartiere nuovo. Sabrina viene con me.
Ci penso io per l’asilo. Giovanni è da
tempo al di fuori della mia vita.
Intendo rispettare le condizioni
dell’atto di separazione”.
Giovanni raggiunge
l’Emporio senza esitazioni, ormai preso
dagli affari, dal conseguente bisogno di
uscire dall’incertezza spirituale in cui
si trova dopo i recenti incontri con la
madre di Luisa e ora con Luisa.
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INDICE
PARTE IV La betulla
2 - Le combinazioni
difficili. I percorsi approssimati
Nel corso della ispezione ordinaria
delle Agenzie e Filiali, Giovanni e gli
altri membri della équipe accertano
ammanchi e gestioni corrotte dei mutui.
Giovanni, in quanto
coordinatore del gruppo ispettivo,
provvede all’immediato inoltro degli
atti alla Procura della Repubblica di
Ladinia.
Annota un suo parere sul
fenomeno per cui il ricorso alla
corruzione sarebbe da attribuire a un
abbassamento dello scrupolo morale in
dipendenza dell’aumento del costo della
vita e all’impossibilità di
fronteggiarlo con i redditi del lavoro.
Conseguentemente la
Direzione generale, in attesa dell’esito
dell’azione penale, incarica Giovanni di
provvedere al ripristino funzionale
degli Uffici coinvolti. Il lavoro si
protrae senza misura di orario fino al
trenta luglio.
Dalla madre di Luisa
riceve notizie su Sabrina, e non solo;
infatti si è instaurata una relazione
affettuosa nonostante i pregiudizi di
Luisa.
Il direttore dell’Emporio
è incaricato da Giovanni di organizzare
le pulizie della casa e del giardino dei
nonni.
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INDICE
PARTE IV La betulla
3 - II consistere
bizzarro, anche contraddittorio, in
alcuni casi è una opportunità per
nascondere la debolezza
Il distacco improvviso di
Luisa dalla madre è motivo di contrasti
familiari, in particolare dovuti
all’atteggiamento del padre nei
confronti di Giovanni, in verità poco
lusinghiero: infatti sono nel mezzo
ancora le rivalità familiari.
A breve distanza la
questione viene riportata a livello di
dialogo.
E nel corso della cena di
un giovedì tutto estivo di giugno, con
le trebbie riversate sulle aie, il sole
alto sulle ritardate soglie della sera,
che la questione del matrimonio di Luisa
e Giovanni e della successiva
separazione dopo la nascita di Sabrina
ritorna alla ribalta.
Il padre di Luisa
inizialmente: “Non comprendo
l’atteggiamento sgarbato di nostra
figlia. Dopo la separazione da suo
marito, il suo rientro in casa nostra
non ha posto problemi. E inutile
piangere sul latte versato. Non esistono
le condizioni per un riavvicinamento”.
La madre ribatte: “Ho
tentato di ristabilire l’unione
familiare, soprattutto nell’interesse
della figlia. Come tu sai i figli hanno
bisogno dei genitori. Quando
sopravvengono le separazioni e i
divorzi, anche in regime di affido
condiviso, i figli sono i primi a
risentirne, con gravi conseguenze
spirituali destinate a rimanere per
tutta la vita”.
Il padre replica: “Noi
dobbiamo stare al di fuori delle loro
questioni personali”. Il colloquio
non prosegue.
La madre di Luisa si
allontana dal tavolo, si reca nella
terrazza del giardino. Pensa al suo
passato, all’impegno familiare,
all’abbandono della scuola, soprattutto
al suo ruolo nella famiglia, nella
società: indefinito, alle volte
grottesco.
PARTE IV La betulla
4 - Il dissidio
interiore è fonte d’incertezza nelle
scelte personali
Luisa è alle prese con le esigenze
familiari e il lavoro, fra l’altro gli
esami e gli scrutini.
L’asilo infantile chiude
in agosto e la direzione, accogliendo le
richieste degli utenti, ha modificato in
meglio gli orari per i mesi di giugno e
luglio, ampliando le fasce del mattino e
del pomeriggio. Si può dire al riguardo
una buona soluzione per Sabrina.
Il necessario ripiego di
Luisa sulle cose essenziali incide sulle
sue disponibilità temporali in modo da
tenere lontani durante il giorno gli
altri problemi materiali e spirituali.
La lontananza dai
genitori e la inaspettata presenza di
Giovanni nel giardino dell’Emporio sono
attualmente prevalenti nelle riflessioni
prima del sonno.
Le vengono alla mente,
durante le riflessioni, alcuni ricordi
della sua fanciullezza, legati alle
reazioni disordinate ai richiami dei
genitori, per non dire agli scherzi
degli amici.
In effetti si è formata
una soglia protettiva del proprio io,
conseguentemente un aspetto relazionale
esterno non solo negativo, ma anche
repellente.
Luisa non è riuscita a
comprendere le ragioni della
ineluttabilità di questi atteggiamenti,
e nemmeno a individuare risposte
alternative.
Dopo una selezione
accurata delle possibilità, conviene su
un incontro con la madre. ......................
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