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Mario Agnoli, Romanzi, TRILOGIA DELL'UMANO:    La lamina del tempo

 

 

Presentazione del romanzo
“La lamina del tempo” di Mario Agnoli,
Edizione postuma cura di Marina Zampolini Agnoli
a Pistoia lì, 27 Ottobre 2020
Saletta degli incontri Mario Agnoli
(Invito a fondo pag)

Un salto avvincente ed enigmatico nella psicologia dell'uomo contemporaneo contraddistingue questo romanzo che affronta un tema scottante della nostra realtà: quello della disgregazione della coppia e della famiglia, scandagliato dall'autore con fine intuito psicologico e con il senso del destino che domina su tutto.

Note dell’autore

I luoghi e i nomi del romanzo La lamina del tempo sono del tutto immaginari e assolutamente non riconducibili a circostanze realmente accadute.

Cionondimeno, sono intenzionalmente preordinati a connessioni filologicamente ricercate.

L’ambiente montano assolutamente è riferito alla Terra Dolomitica, dalla quale provengo e alla quale penso sempre con nostalgia.

Mario Agnoli

 

 

 

 

© Giraldi Editore, 2020   Collana: in Penna

commerciale@giraldieditore.it   nfo@giraldieditore.it    www.giraldieditore.it

In copertina: Tribute at Grohmann - Wassily Kandinsky (1926) 

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INDICE
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LA LAMINA DEL TEMPO

 

 

 

Note dell’autore

Introduzione della curatrice

 

 

PARTE I - La storia di Irino

 

1 - La famiglia Celtini

2 - La storia

     Sezione I — L’incontro

     Sezione II — Il matrimonio

     Le convergenze

     I nuovi sentieri

    Alla ricerca di un adeguato modus vivendi

 

 

PARTE II - La storia di Giovanni

 

1 - E viene il tempo della nascita di Giovanni

2 - E il perché della vita diviene mistero

3 - Ora tutto va rivisto, perché si è perduto un anello della catena della vita

4 - La storia si ribella al tempo

5 - Le formelle del mosaico della vita di Giovanni sono collocate con cura, sebbene con le loro sottili abrasioni

 

PARTE III - La storia di Luisa

1 - Le combinazioni della tettonica virtuale e i sofismi empirici

2 - Le misteriose conversioni del destino in realtà inquietanti

3 - Esistono i riflessi delle circostanze sgradevoli?

4 - E viene il tempo delle piccole orme sul grande deserto della vita

5 - Destino e speranza, ovvero la decomposizione delle astrazioni

6 - La solitudine è la prigione dell’io

 

PARTE IV - La betulla

1 - Un’altra stagione

2 - Le combinazioni difficili. I percorsi approssimati

3-11 consistere bizzarro, anche contraddittorio, in alcuni casi è una opportunità per nascondere la debolezza

4 - Il dissidio interiore è fonte d’incertezza nelle scelte personali

5 - E buffo! Anche il destino sfacciatamente ammette di essersi sbagliato

6 - In molti casi l’opportunità è come un gioco, a cui si ricorre per coprire gli spazi vuoti. Quando non lo è diviene parte del destino

7 - Non tutti i mali vengono per nuocere, ovvero il destino dell’uomo è alle volte bizzarro, nasconde la realtà per essere virtuale

8 - Dopo il disegno musivo, una ad una le tessere

di diverso colore sono collocate ordinatamente. Alla fine il mosaico viene collocato sulla parete di una casa di cristallo

9 - La vita nuova. L’amore pieno cresce lentamente

10-Il ritorno di Irino, perché il destino si è, una volta tanto, dimenticato di essere stato così come è impegnato nel presente e nel futuro

 

INIZIO

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Introduzione della curatrice

Dopo i tre romanzi, La fuga, La Croda Rossa, e L’om-
brellone,
che compongono la Trilogia della riconquista,
e successivamente al romanzo La brughiera, che apre la
Trilogia dell’umano, è la volta del romanzo La lamina del
tempo,
secondo elemento della trilogia.

Alle sequenze spirituali di dissidio interiore, coordi-
nate in un ambito trilogico, subentra la sequenza psicolo-
gica già introdotta nel libro La brughiera, e volutamente
caratteristica di questo nuovo romanzo.

All’ordine concettuale delle intermediazioni astratte
e concrete, subentra il dialogo che diviene espressione
permanente di ricerca.

All’interno di esso, subitamente o per riflessi tempo-
rali, più o meno lunghi, le dinamiche psicologiche
soccorrono le motivazioni in particolare là dove sono
lacunose e gratuite, e pertanto causa di fraintendimenti
e crisi relazionali. Anche lo stile narrativo si modella su
questa nuova dimensione, assumendo toni più vicini alla
quotidianità del dialogo familiare, pur non rinunciando
a far emergere a sprazzi quella poeticità dell’espressione
che caratterizza Agnoli narratore, sempre e comunque
aderente alla sua indole poetica.

Marina Zampolini Agnoli

 

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PRIMI CAPITOLI PER OGNUNA DELLE QUATTRO PARTI

 

PARTE  I     La storia di Irino

1  La famiglia Celtini
Celtia è la più piccola delle province della Regione Ladinia, vicina ai monti Pallidi.

E la più interessante: per i reperti archeologici, essendo stata municipio romano durante l’impero di Augusto, per l’urbanistica e l’edilizia medioevale, moderna e contemporanea.

La famiglia Celtini, Silvano di 40 anni, Silvia di 38 anni e il figlio Irino di 5 anni, abitano a Celtia, capoluogo della provincia, in una palazzina, con giardino, nei pressi dell’argine del fiume Lado. E nota in città per l’attività commerciale deH’Emporio Celtini, situato in Piazza Maggiore, nel centro città.

La famiglia si dice, senza prova storica, discendente da Celtius, magistrato romano che ebbe l’onore di essere stimato per la saggezza e l’integrità morale nella gestione del potere.

A Celtius risale la pietra tombale situata nella prima navata della Chiesa dei Santi Cosma e Damiano in Celtia.

Irino frequenta la scuola dell’infanzia Fiordicelli, gestita da suore domenicane, ispirata a principi di morale prevalentemente religiosa.

La stabilità, a differenza degli operai artigiani della
Ladinia che lavorano stagionalmente all’estero e hanno in misura notevole il senso della mobilità, è un altro attributo della famiglia Celtini.

Infatti, al di fuori delle incombenze economiche dovute alle transazioni mercantili, i Celtini non si assentano dalla città.

Il tempo della vita di Irino corre tranquillo, senza problemi particolari, almeno fino alla laurea in Economia e Commercio.

E persona equilibrata, più nelle minute incombenze, nelle relazioni personali, meno nelle altre di studio in cui è presente la tensione spirituale e il bisogno di evasione.

D’altro canto, nel suo ambito di società e di economia familiare, le circostanze di ricerca risentono delle alterne vicende del mercato, in particolare dell’Emporio paterno.

E questo un ampio sito mercatale su due piani e di lato un giardino con bar in gestione diversa.

Con il tempo, anche a motivo della unicità funzionale del complesso, è diventato un emblema della città.

L’immobilità, intesa come rapporto stretto con l’ambiente, ha praticamente confinato Irino all’interno della sfera familiare: i soliti colloqui sull’aumento delle imposte, sulle difficoltà del mercato, sulla apertura di nuovi supermercati.

Irino, nonostante le aperture culturali, maggiormente condivise, anche al di fuori degli ambiti scolastici, durante gli studi universitari non esce dal rigido contesto familiare, in cui si ritrova ineluttabilmente.

A breve distanza dalla laurea è richiesto dalla Banca del Credito di Ladinia, su accreditamento dell’università.

È assegnato al Servizio Organizzazione e Formazione.

Questo Servizio, di recente istituzione, richiede la presenza pressoché costante degli addetti nelle Agenzie e Filiali della Banca, anche al di fuori della Regione.

Subito Irino avverte il disagio derivante dal distacco familiare.

I      rientri in casa sono settimanali, peraltro proficui per l’attività paterna: sulla tenuta dei libri contabili e le pratiche economiche e fiscali. L’alloggio è in un albergo di Ladinia, capoluogo della regione, convenzionato con la Banca. La mensa aziendale dispensa il pranzo e la cena a prezzi di favore.

Il nuovo modello di vita di Irino è prevalentemente basato sulla mobilità, in netto contrasto con la consuetudine familiare ispirata alla stabilità.

Ogni tanto rammenta le gite in montagna durante le vacanze estive, senza tuttavia rimuovere l’inquietudine che gli deriva dal raffronto tra stabilità e mobilità, al punto da ritenersi un uomo senza dimora stabile.

In più occasioni sostiene, a differenza di alcuni colleghi di lavoro maggiormente interessati ai problemi sindacali, il diritto al lavoro stabile rispetto al temporaneo.

La tesi sul lavoro stabile è sostenuta nel corso di una riunione sindacale (riportata occasionalmente in quanto rilevante nella sua economia politica): “La presenza di opinioni, peraltro suggestive, sul lavoro a tempo determinato in relazione alla convenienza culturale di dare maggior spazio alle iniziative dei lavoratori, non sembra
compatibile con quella prevalente del lavoro stabile. Indubbiamente una concezione antica, ancora evidente”.

Gli interventi, invece, sono di tutt’altro indirizzo.

Irino ne parla con il padre, che sostiene: “Non esiste, a mio parere, una questione importante. I miei dipendenti ci possono stare fino alla pensione, per alcuni anche oltre. Che cosa vuoi che ti dica: è un mondo che va alla rovescia”.

La madre di Irino non è direttamente coinvolta negli affari del marito; la casa è grande, e l’orto richiede una continua cura, nonostante l’impianto automatico di irrigazione.

I monti Pallidi a nord di Celtia sono la meta preferita di Irino durante i periodi di riposo: dagli studi prima, e dal lavoro poi.

Pratica lo sport dell’alpinismo all’interno dei programmi dell’Associazione Alpinisti di Celtia.

Lo scostamento, sebbene limitato, di Irino dai problemi familiari, soprattutto dalla gestione dell’Emporio, è motivo di dolore per i genitori, diversamente intenzionati.

Al di là delle altre occasioni, sebbene di rilievo, assume particolare connotazione il colloquio con i genitori a seguito dei lavori all’Emporio.

“Come ben sai” — dice Silvano al figlio — “l’Emporio richiede una mia presenza continua. Dopo i lavori di ammodernamento sono aumentati i punti vendita, per non dire del bar del giardino accanto. Tua madre ed io avevamo contato sulla tua presenza e collaborazione, ma tu hai deciso diversamente, per di più fuori città”.

Irino, colpito dalle considerazioni paterne, per un verso reiterate, d’altro canto intensamente nuove, risponde: “La mia uscita dal nostro ambito cittadino non è una fuga, è soltanto il bisogno di allargare i miei interessi di studio e lavoro ad altre situazioni sociali, da me intensamente condivise”.

Il treno, al di là delle esperienze infantili con i trenini colorati, i piccoli scambi, le stazioni di latta, si colloca nella psiche di Irino come un presagio di ali in movimento, di persone portatrici di realtà sconosciute, appena segnate nei volti assenti dei passeggeri, anche di pianure, con all’orizzonte i monti colorati di rosa.

Così nell’andare del suo tempo, Irino conviene su alcuni elementi delle sue coordinate essenziali di vita, senza ragioni di priorità ineluttabili: l’amore dei genitori, la società cittadina, la grande casa con l’orto, il grande fiume, i monti e i colli, l’Emporio (perché no!) con le vetrine multicolori, il mercato del sabato lungo le vie del centro, la grande Banca, il treno.

Soprattutto la sensazione del movimento, come di un bisogno continuo di evadere: in quell’oltre che, ignoto, innova.

 

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PARTE II    La storia di Giovanni

1 - E viene il tempo della nascita di Giovanni

Il primo giorno del mese di giugno Isabella è ricoverata nel reparto di maternità dell’Ospedale civile di Celtia.

Il secondo giorno, alle ore dieci, nasce Giovanni.

Irino, i genitori e i suoceri apprendono la notizia nella

sala di attesa.

Il parto, a detta del medico, è stato difficile per la posizione del feto.

Giovanni è entrato nel ciclo familiare dei Celtini: nell’ambito di una economia borghese di tutto rispetto.

Cova nell’animo della mamma di Irino un’aspettativa di convivenza, come una pretesa alla educazione secondo un costume di tradizione familiare.

Il rientro in casa di Isabella, a distanza di 5 giorni dal giorno del parto, è festeggiato da Irino con vasi di fiori distribuiti con garbo sulla cassapanca, gli armadietti, i davanzali.

Sul comodino di sinistra il regalo di Irino: una collana di perle di Majorca. Ci sta bene sul petto di Isabella, ora fiorente per la gravidanza.

Il tempo è per sua natura imprevedibile nel convenire delle cose, non lo è nelle sue costanti, appunto nell’andare rapidamente.

Ritorna con le nuove frequenze affettive il desiderio dei sentieri rocciosi, delle baite incontaminate sulle radure ventose.

Giovanni è dai nonni paterni, vuoi per gli impegni di lavoro dei genitori, vuoi per le evasioni settimanali ormai d’un senso profondo.

Irino le pone all’interno dell’io, come elemento di suggestione meravigliosa.

 

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PARTE II    La storia di Giovanni

2 - E il perché della vita diviene mistero

Non esistono circostanze eclatanti durante il primo quinquennio della vita di Giovanni: il lavoro dei genitori, la frequenza di una scuola privata dell’infanzia, le assenze settimanali dei genitori, le cure pressoché sussidiarie dei nonni.

In tal modo si forma l’indole inquieta di Giovanni, che nel covo inconscio sarà una costante della sua vita.

Questo ordine di problemi non rientra nelle accezioni culturali di Isabella e Irino, a motivo del loro pragmatismo, quasi commerciale.

La società attuale evidentemente è presa dall’ansia del vivere: nel bisogno continuo di attendere al completamento dei disegni del benessere e di rimuovere le costanti del male.

Vi possono essere deviazioni, scrupoli spirituali, introiezioni; anche l’elaborazione di nuove teorie sull’esistenza. Sebbene incompatibili con le ordinarie acquiescenze morali, ridisegnano aspetti interessanti per i ricercatori scrupolosi.

L’estate di questo anno, quinto dalla nascita di Giovanni, è intensamente vissuta da Isabella e Irino, che intensificano le gite settimanali e, ove possibile, infrasettimanali.

L’Associazione Alpinisti ha previsto, tempo permettendo, l’ascensione del Monte Fungone, 3200 metri sul livello del mare.

L’ascensione non presenta asperità di grado superiore al tre, ciò nondimeno alcuni sentieri di scavo roccioso non solo sono molto esposti, ma risentono dalla fragilità del sottostante supporto roccioso.

Isabella e Trino si prenotano, come previsto dalle norme statutarie dell’associazione, e si accordano con i nonni Celtini per Giovanni, in effetti ormai di casa.

Il giorno è caldo, insolitamente impietoso.

Gli abitanti di Celtia sostengono la presenza di forti variabili climatiche e il conseguente mutamento delle condizioni di vita.

Isabella e Irino, secondo le istruzioni del responsabile dell’escursione, sono assegnati al terzo comparto composto da quattro persone.

I cinque comparti che formano l’insieme del gruppo si muovono autonomamente, avendo cura di assicurare la soluzione a quattro in particolare nei punti di passaggio in cui è richiesta una maggiore attenzione, semmai anche con l’uso delle corde assicurate ai moschettoni d’inizio e fine del passaggio difficile ed esposto.

II   terzo passaggio, giudicato il più pericoloso, è affrontato dai quattro componenti del comparto di Isabella e Irino senza l’uso della corda.

Sul punto della friabilità di questa roccia di dolomia non vi sono notazioni di sorta da parte dei club storici, semmai sono da considerare le escursioni termiche durante il periodo delle nevicate.

I membri del comparto procedono lentamente lungo il terzo passaggio, quando il sentiero si affloscia sulla crepa rocciosa trascinando i membri del quarto comparto nel burrone sottostante.

II   destino impietoso ancora una volta rimane muto a fronte della domanda: “Perché mio Dio?”

Gli esperti del Club Alpino del borgo Slavinio, situato nella conca alle pendici del Monte Fungone, provvedono al recupero delle salme.

Il Comune di Celtia si dà carico del trasporto delle salme fino alle Cappelle del commiato.

Vi sono aspetti della nascita, della vita e della morte dell’uomo che per la loro rappresentazione narrativa richiederebbero parole che dicono del dolore profondo, della nemesi e del tragico immenso.

La morte è entrata nelle due famiglie, improvvisa, terribile, violenta.

Ogni ulteriore circostanza d’obbligo materiale è stentatamente vissuta dal padre di Irino.

Il lutto cittadino è interpretato così dal Sindaco: “Siamo qui riuniti per piangere. Ancora una volta la morte ci sorprende nei monti dell’Alpe. Ancora con le spighe appena mature, con i sogni dell’età più bella. È venuto il tempo del dolore. La perdita della città è senza dimensioni: erano nostri amici, forti e impegnati nel lavoro e nella famiglia”.

 

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PARTE II    La storia di Giovanni

3 - Ora tutto va rivisto, perché si è perduto un anello della catena della vita

Il signor Celtini, d’intesa con i genitori di Isabella, si trasferisce con la famiglia nella casa di Irino, più vicina alla scuola elementare dove a settembre Giovanni inizia il corso elementare.

La grande casa di famiglia è data in locazione, con gli arredi e il giardino con il leccio gigante, al direttore dell’emporio Celtini.

Ormai, d’un tratto imprevisto, le ombre della sera del grande giorno della vita sono scese fino alle soglie della notte.

Il piccolo Giovanni continua a spostare le figurine del gioco antico dei tarocchi, senza ordine, senza pensare.

All’inizio della scuola l’insegnante nota i continui sbalzi di attenzione di Giovanni durante le lezioni. Ne parla alla psicoioga della direzione scolastica.

“Indubbiamente” dice la psicoioga “il disimpegno dei genitori, l’affido ai nonni e poi la morte hanno influito in modo grave e determinante sulla psiche di Giovanni. Penso che vi potrà essere un recupero parziale, ma ormai lo scompenso psicologico è da ritenere permanente”.

L’insegnante non riferisce ai nonni di Giovanni, ma attua un rapporto strettamente personale con il bambino.

L’intelligenza eccezionale di Giovanni, secondo
l’insegnante, è un limite notevole ai tentativi di aggregazione comunitaria, che si riscontra durante le pause scolastiche.

 

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PARTE II    La storia di Giovanni

4   La storia si ribella al tempo

La fanciullezza e la giovinezza di Giovanni non hanno un ritorno particolare d’immagine degno di interesse.

Gli studi proseguono regolarmente con profitto fino alla laurea in Economia e Commercio.

I nonni Celtini sono entrati nel tempo dell’ultima attesa, con i mali dell’età, il ristagno dei ricordi. Soltanto, tuttavia, li rincuora l’amore di Giovanni, nipote e figlio adottivo.

I nonni materni non hanno retto al dolore per la morte della figlia e lentamente, come uno stoppino di candela, se ne sono andati. Ora riposano vicini nella cappella di famiglia del cimitero comunale di Celtia.

In un breve arco di tempo Giovanni si trova al centro di un investimento patrimoniale notevole, senza esserne partecipe diretto.

Invece è attratto dall’alta finanza privata. Le referenze scolastiche, anche i nuovi rapporti delle università di economia con le istituzioni finanziarie agevolano l’impiego dei giovani laureati.

Nonostante la mancanza di una relazione pienamente affettiva con i genitori, Giovanni aveva intuito e successivamente, dopo la morte, curato il proposito di operare nella finanza privata, come il padre.

La proposta di lavoro gli è pervenuta nell’ottobre dell’anno di laurea dalla Direzione della Banca di Credito di Ladinia.

Secondo le intese con la Direzione della Banca, dopo un anno il lavoro sarebbe stato in part-time, tra sedentario e tele-lavoro.

In tal senso avrebbe utilizzato l’impianto informatico paterno e assistito i nonni.

 

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PARTE II    La storia di Giovanni

5   Le formelle del mosaico della vita di Giovanni sono collocate con cura, sebbene con le loro sottili abrasioni

La mobilità del lavoro nell’intero ambito territoriale di attività della banca s’inserisce nella debole consistenza spirituale di Giovanni, non tanto sotto il profilo fisico quanto su quello relazionale, dovuto alle difformità ambientali.

In sostanza perviene ineluttabilmente al concetto di apolide, come dire un uomo senza fissa dimora.

Questo aspetto sociale invero è contraddetto dalle riforme del diritto di lavoro, le quali sostengono il principio della mobilità, della temporaneità del lavoro.

A venticinque anni, in buona salute, con un lavoro importante, Giovanni diviene un buon partito e al riguardo non mancano le attenzioni di alcune giovani della buona società cittadina.

L’occasione di maggior rilievo è data da un incontro, nel treno delle ore 6,30 per Ladinia, con la signorina Luisa Verdiani, insegnante di scuola media, figlia del dottor Roberto, primario di medicina generale del locale ospedale.

Sono casualmente seduti uno di fronte all’altro.

Giovanni consulta il listino delle borse italiane e straniere riportato dal giornale economico Finanza, e Economia.

Luisa legge un libro di storia antica.

Il diretto delle 6,30 raggiunge Ladinia, salvo i ritardi dovuti alle precedenze di altri treni lungo questa linea, in un’ora.

Alla prima fermata di Casora, con lo smistamento dei passeggeri, Giovanni si rivolge a Luisa: “Mi scusi. Sono Giovanni Celtini. Lei, se non vado errato, è la figlia del dottor Verdiani. Ci siamo conosciuti al Circolo universitario di Ladinia”.

Luisa: “Si figuri! Sì, sono la figlia del dottor Verdiani e ci siamo conosciuti al Circolo universitario. Lei prende questo treno tutte le mattine?”

“Non tutte le mattine perché lavoro in casa. In genere sono consulenze finanziarie”.

“Per me, attualmente, è un’eccezione: un corso di formazione didattica”.

“Questo è il treno degli impiegati e degli operai che lavorano a Ladinia. Ritornano con il treno delle 18. Anche questo è un problema sociale”.

“Stressante direi. Forse a Celtia è mancata una politica industriale. Anche l’artigianato ha risentito della crisi. Lei è di questo parere?”

“Una diagnosi economica in questo momento storico appare difficile. E necessario attendere la decantazione della crisi”.

Con un certo disappunto, prudentemente celato, Luisa segue le attenzioni culturali di Giovanni.

Lo vorrebbe diverso, più maschile, propenso anche allo scherzo. La nostra, pensa, è l’età delle speranze, degli amori intensi, delle passioni.

Giovanni di solito raggiunge la banca con il bus della linea 3, dopo il caffè al bar della stazione. Si avvicina a Luisa, sotto la pensilina del secondo binario: “Mi fermo un momento al bar della stazione. Se vuole, se può...

Luisa: “La ringrazio. Desidero un cappuccino e un pezzo di dolce. Questa mattina, di corsa, diversamente dagli orari di scuola, ho saltato la colazione in casa”.

Giovanni, al momento di prendere il bus della linea 3, si rivolge a Luisa: “Se crede ci possiamo incontrare a Celtia”.

Luisa risponde: “Ho gradito l’incontro occasionale. Le auguro una buona giornata di lavoro”.

Giovanni, nel bus, riflette sulla risposta di Luisa. La trova evasiva, soprattutto reticente per via della caratterizzazione dell’incontro: occasionale, quindi tendenzialmente vago, sibillino.

La visita all’emporio Celtini di Giovanni e del nonno nei pomeriggi di sabato è ormai consueta; nonostante la nomina di un direttore con pieni poteri, rimangono allo scoperto i problemi degli acquisti e delle transazioni finanziarie.

Una vera e propria combinazione familiare.

Per non dire della scomodità dell’appartamento nel quartiere nuovo, al di là del centro città, e della necessità, anche in ragione dello stato di salute di nonno Celtini, dell’uso dell’utilitaria di Giovanni.

Nel pomeriggio del primo sabato di febbraio, ancora del freddo pungente, l’emporio, come tutti i negozi di città, è pieno di striscioni con indicazione dei saldi di stagione.

Il caso vuole l’incontro di Giovanni, insieme al nonno, con Luisa. Giovanni dice: “Nonno, ti presento la professoressa Luisa Verdiani, che ho conosciuto in treno in un giorno dello scorso autunno”.

Il nonno, leggermente stupito, risponde: “Che piacere! Conosco da tempo il dottor Verdiani, medico internista. Sono in pochi qui a Celtia con questo cognome. Infatti i Verdiani sono originari della Valle del Verricchio”.

Luisa soggiunge: “Il dottor Roberto Verdiani è mio padre. Siamo del ramo di Verdiani detti del Molino. Mia madre, Ester Romani, è di Celtia, figlia di Guglielmo, impiegato comunale. Approfitto del tempo libero dagli impegni di lavoro e di famiglia per acquisti con prezzi agevolati. Qui all’emporio c’è da impazzire nelle scelte".

 

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PARTE III    La storia di Luisa

1 Le combinazioni della tettonica virtuale e i sofismi empirici
Le malelingue di Celtia dicono che Luisa e Alessandro convivono come due amanti e che Alessandro frequenta Ginevra, figlia del giudice Santelli, con propositi di matrimonio.

Si sa, nelle piccole città come Celtia, le notizie corrono in fretta, come la tramontana, ma hanno un decorso imprevedibile, spesso artificioso, fatto di poche cose, in alcuni casi di niente.

Luisa conosce gli orari di rientro di Giovanni dal lavoro. Decide di attenderlo all’incrocio stradale detto dei Verri, in prossimità della stazione ferroviaria. Giovanni si avvicina a Luisa e dice: “Sono trascorsi due mesi dall’incontro in casa sua. Ho sperato di vederla. Come mai da queste parti all’ora di cena?”

“Mi trovo occasionalmente qui per un incontro scolastico: la direzione scolastica è di plesso ampio e ha una sede propria a due passi da qui. In ogni caso sono lieta di vederti. Se credi possiamo ritornare insieme”.

“Va bene. Sono lusingato. Possiamo prendere la via del Centro. Se vuoi. L’emporio è già illuminato e la via è affollata, piena di vita”.

Intanto, durante il percorso, Luisa riflette sulla convenienza di dare un diverso assetto alla relazione con Giovanni, un qualche cosa di non reversibile.

“Ti siamo grati del parere finanziario. Abbiamo collocato una parte dei fondi disponibili in titoli sicuri e abbiamo acquistato, a buon prezzo, cinque appartamenti a Ladinia”.

“Non tutte le soluzioni danno buoni risultati. E un mondo infestato da fondi finanziari fasulli. Gli immobili ancora reggono; non si hanno avvisaglie di nuove imposte sugli immobili. Se non vado errato sei in procinto di sposarti con Alessandro”.

Luisa non coglie il senso dei due riferimenti, soprattutto dello sviluppo distaccato delle sensazioni.

Ancora una volta le sembra di ravvisare le costanti di una voluta distrazione, appunto riferita alle sensazioni distaccate, rigidamente professionali.

Giovanni non prosegue con Luisa la lunga via del centro: “Mi devo fermare aH’emporio. Devo seguire gli andamenti commerciali sebbene per grandi linee. Il nonno è affaticato e poi dopo la morte dei miei genitori non si è più ripreso”.

“Non ti preoccupare. Taglio il corso al bivio della Torre e sono subito a casa”.

“Ti cercherò più in là. Ora sono preso da molti impegni: il lavoro e le scadenze tributarie, che non finiscono mai di assillare”.

“Sai ...Alessandro si sposa con la figlia del giudice Santelli. Suppongo in autunno”.

“Il giudice Santelli è persona nota in città. Moralmente ineccepibile. Di ottima cultura. Suppongo sia felice del matrimonio della figlia con un penalista di buona famiglia”.
 

“Già! È proprio a questo modo”.

Il caldo estivo si fa sentire nella pianura ed entra in città lasciando al di là delle mura gli ultimi flati della tramontana.

I Verdiani sono nella loro casa di montagna, sulle pendici del Monte Fungone; Luisa invece preferisce il giardino di casa, dove ha modo d’incontrare Alessandro.

Questa è una ambiguità di costume, attualmente diffusa anche a Celtia nonostante le resistenze della morale di consenso antico.

Giovanni, nonostante i cali commerciali di stagione e il contenimento delle operazioni finanziarie, rimane a casa con i nonni.

Giovanni è in casa, sta rivedendo gli estratti conto della banca a cui sono affidati i movimenti contabili dell’emporio, quando riceve al cellulare il messaggio di Luisa: “Sono sola in casa. I miei sono al Fungone. Se vuoi venire. Mi farebbe piacere, e poi qui in giardino si sta bene. Con affetto”.

Giovanni legge, rilegge il messaggio. La sua formazione culturale è pragmatica, per questo motivo non tollera, per non dire non comprende, le allusioni, le simulazioni, gli artifizi, le incertezze. In questo caso, del messaggio, a disturbarlo è l’aspetto dell’ingresso espressivo: l’assenza dei genitori, il giardino, il saluto conclusivo.

Conclude la riflessione in soliloquio: “Le circostanze sono a codesto modo, come il quarzo: sfaccettato”.

Un po’ sovrappensiero, e un po’ per correttezza, risponde con un messaggio: “Rispondo al tuo messag-
gio. Le supplenze nelle Agenzie durante le ferie estive del personale e le contabilità dell’emporio, per non dire dello stato di salute dei nonni, peggiorato nelle ultime settimane, rendono pressoché impossibile, almeno attualmente, aderire al tuo invito. Con cordialità”.

Se da un lato il messaggio non è da ritenere conclusivo sotto l’aspetto dell’invito non accolto, d’altro verso Luisa non può sottacere la presenza in esso di un linguaggio asciutto, per alcuni aspetti anche preclusivo.

Luisa, tuttavia, non si dà pace. Risponde con un messaggio telefonico: “Ti aspetto quando vuoi. Ho desiderio di te. Ti abbraccio”.

Giovanni è sempre stato aperto, anche sulle cose personali, sulle amicizie giovanili, sui primi amori. In questo caso, di Luisa, anche per le dissonanze del passato, preferisce il silenzio.

La signora Ada è di servizio in casa dei nonni durante il pomeriggio del sabato prima di ferragosto e non vi sono impegni di lavoro, né alle Agenzie, né nell’emporio.

Giovanni invia a Luisa un messaggio: in effetti è un seguito del precedente: “Domani, nel primo pomeriggio, sono libero da impegni. Attendo conferma. Un caro abbraccio”.

Luisa risponde: “Ti aspetto. Puoi pernottare. Non vi sono problemi”.

Giovanni, da ultimo, dice al nonno: “Domani pomeriggio non sono in casa. Non rientro a dormire”.

Il nonno soggiunge: “Bada a quello che fai. In casa nostra sei vissuto come un figlio. Conosciamo il tuo animo: buono, affettuoso, equilibrato. Il tuo impegno
nel lavoro. Desideriamo con tutto il cuore la tua feli• \ » cita .

Giovanni non risponde. L’amarezza e l’angoscia, invero estranee in questo andare di stagione della vita, dopo quelle della sua infanzia, ritornano strane, ineluttabili, come tenaglie roventi.

Ciò nondimeno, per altre ragioni del pari improvvise che hanno radici inconsce, Giovanni aderisce all’invito di Luisa.

Strada facendo, con il borsone di pelle, acquista dal fioraio un mazzo di rose rosse. Lungo il tratto di strada, a diritto, prima del portone d’ingresso nella casa Verdiani, riflette, come d’altro canto gli è abituale in tutte le circostanze oscure, sul colore delle rose, sul perché del borsone da viaggio.

Il pensiero rimane oscuro, senza riscontro.

Luisa riceve Giovanni, all’ingresso, con un abbraccio.

Indossa, si suppone per l’occasione, pantaloni aderenti in modo da rendere evidenti le forme del corpo e una camicetta di seta scollata in modo da esporre i seni liberi dal reggipetto.

Il vestiario e il camminare disinvolto, come fosse sulla sabbia vellutata, rovistano rapidamente gli angoli della mente di Giovanni, là dove si formano i desideri e la passione diviene lacerante.

D’un tratto, nell’assoluto inconsapevole, Giovanni e Luisa si trovano a letto completamente nudi in preda agli istinti, alle adiacenze sfrenate, agli orgasmi reiterati.

Alla fine, durante la cena, con i corpi appiattiti sotto le tute di cotone, Luisa si rivolge a Giovanni: “Ti devo
dire, perché ho bisogno di rimuovere questo spazio del mio tempo, che la relazione sentimentale con Alessandro è venuta meno, nonostante la sua continua richiesta d’incontrarmi. E di alcuni giorni fa la sua insistenza al campanello e al cancello del giardino. Ho appreso da Fiorella, mia amica d’infanzia, ora collega, che il matrimonio di Alessandro è fissato per la metà di settembre. Vorrei fosse chiusa questa lunga esperienza. Non so se mi è possibile. Mi aiuterai, ho tanto bisogno del tuo aiuto”.

“Ti sono amico e ti amo. Mai ho amato tanto. Il passato è una realtà. Può essere recriminata, per alcuni aspetti rimossa, dalle cognizioni perseguite utilmente, ma non può essere cancellata quando è divenuta inconscia. La teoria comune del chiodo scaccia chiodo, è una iperbole necessaria per non deludere il presente. Proseguiamo insieme”.

L’alba già scioglie le ultime ombre della notte. Le prime luci s’aprono ancora velate ai fiori del giardino fra i rami dei lecci.

Lentamente i sogni sospinti dal dormiveglia s’allontanano e la realtà si rifa manifesta. Ancora un bacio e la carne sopita ritorna fuoco che brucia.

Giovanni, dopo la colazione, quando è già mattino avanzato, ritorna a casa con il borsone e le labbra rosse come un cocomero.

Il nonno lo riceve sulla soglia di casa: “Buongiorno mio caro figlio. Siamo stati in pensiero per te: un’assenza strana, di per sé nuova e poi così improvvisa”.

Giovanni, improvvisamente disorientato, come un
uomo uscito dalla prigione dopo anni di detenzione, risponde: “Ora sono qui. Con voi. Con il nostro tempo”.

Il tempo è improvvisamente cambiato al Fungone. A Slavinio si dice che la prima pioggia d'agosto rinfresca il bosco. Alla fine di agosto, di questo anno così caldo come mai a ricordo di uomo, il freddo è pungente e viene insolito il vento forte di tramontana.

I Verdiani ritornano in casa.

Luisa, sorpresa dal ritorno dei genitori, telefona a Giovanni: “I miei genitori sono rientrati. La stagione si è fatta inverno al Fungone. Non ho parlato con loro di te, della nostra relazione. Ho bisogno di vederti”.

Giovanni, sempre al telefono: “Se credi, potresti venire con me a Ladinia con il solito treno delle 6,30, con la scusa di visionare i nuovi acquisti di mini appartamenti”.

Luisa: “Mi va bene, però devo attendere il calendario scolastico. Di solito mi prendo il lunedì, vicino alla domenica: mi facilita per gli acquisti e per impostare i programmi di casa con la mamma e la collaboratrice familiare”.

Giovanni: “Un abbraccio. Attendo con trepidazione la conferma”.

Ai primi di ottobre il freddo è pungente, in particolare sotto la pensilina del secondo binario della stazione di Celtia, dove il vento di tramontana sembra incanalato.

Luisa indossa un cappotto di lana. E raggiante.

Giovanni la prende sottobraccio e sussurra: “Sembri una donna polare. Il cappotto di lana in ottobre è un’ec-
cezione. Le attese del treno, anche delle 6.30, alle volte sono di mezz’ora oltre l’orario. Potevo prendere l’automobile. E stata una imprudenza”.

Luisa, a sua volta: “A proposito del freddo, dei miei timori, ti devo dire che in questo mese il ciclo mestruale è in ritardo. Penso a un test di gravidanza in un ambulatorio privato di Ladinia”.

Giovanni, sorpreso, titubante, insolito: “Il cambiamento repentino del clima può essere causa di mutamenti dei cicli della vita. Non sono esperto di diagnostica sanitaria. Se ne parlava in famiglia. Ad ogni modo per la visita medica a Ladinia ci penso io”.

La campagna d’ambo i lati della ferrovia ormai s’appresta ai colori dell’autunno: le foglie gialle con le onde ventose, i vitigni insecchiti, le casupole disadorne.

Le mani di Giovanni e Luisa si cercano, si stringono. Lieve il sonno li sorprende. Il dondolo ferroso si allenta sulle curve, poi s’allunga ubriaco di energia come una serpe frettolosa.

Dopo la colazione al bar Giulietti di Ladinia si recano alla sede centrale della Banca, e poi, dopo il disbrigo di alcune pratiche, raggiungono lo studio medico associato in via Luciano Conforti, al numero civico 45.

Nonostante la mancanza della prenotazione, Luisa viene subito sottoposta al test di gravidanza.

La risposta del medico è chiara, senza riserve: “Lei è al primo mese di gravidanza”.

Luisa e Giovanni sono nel mezzo di Via Luciano Conforti, entro i loro cappotti di lana, così vicini da sembrare una nube.
 

Dopo alcuni attimi d’incertezza si mettono a ridere.

Luisa soggiunge: “Amore mio, dobbiamo rientrare prima di sera. Vedi se puoi ottenere un permesso”.

Giovanni: “Non ti preoccupare. Vedo se posso utilizzare un automezzo della direzione. Intanto, se non vuoi attendermi in sala di attesa, puoi raggiungere il centro commerciale, a due passi dalla Banca. Ti prego di attivare il cellulare”.

“Sono preoccupata” soggiunge Luisa. “Mio padre è tuttora convinto del mio matrimonio con Alessandro. Non lo sa che quella è una partita chiusa e che io sono legata a te”.

“Le circostanze sono appunto circostanze, sono equivalenze della realtà. E inutile girare attorno a esse per ritardarle, per ridefinirle. Andiamo da tuo padre e gli diciamo come stanno le cose”.

“Mi va bene, però le lasciamo decantare. Sarà l’infermiere Stordini, della medicina generale, a spettegolare sulle nozze di Alessandro con babbo. Sarebbe, come dire, un percorso agevolato”.

Ritornano a casa, prima di sera, con l’automobile della direzione, come ipotizzato.

Si lasciano affettuosamente nei pressi della casa di Luisa.

“Ti cercherò al cellulare non appena possibile” dice Luisa sottovoce.

 

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PARTE IV  -  La  betulla

La betulla

Oh! Si che siete betulle di bosco, vi conosco ad un miglio tra i faggi piccole dolci luci della mia anima.

Giovanni e Luisa, dopo le feste, riprendono il lavoro, rispettivamente nella banca e nella scuola. Sabrina è dai nonni durante gli orari di lavoro della madre.

Giovanni, dopo le recenti esperienze di lavoro in seno alla équipe incaricata dell’assorbimento della Banca del Credito Montano, è incaricato dalla Direzione generale di provvedere alla funzionalità compatibile dei nuovi sportelli.

Conseguentemente i rientri a Celtia, il fine settimana, sono trimestrali.

Il lavoro, assiduo e impegnativo, peraltro convintamente condiviso da Giovanni, è nel suo complesso una medicina per il male di angoscia che tenta di sorprenderlo durante il lavoro e il riposo notturno.

Luisa ha concordato con il direttore della scuola l’orario delle lezioni in modo da renderlo, per quanto possibile, compatibile con gli impegni familiari. Il sabato libero abbinato alla domenica le consente, fra l’altro, di frequentare il mercato.

In questo ambito sociale è presente la madre di Luisa, con un ruolo nuovo, in cui rivela le sue doti spirituali e intellettuali.

E come un bocciolo di rosa che si apre fuori stagione e al quale la scienza della vita dei fiori soggiace impotente.

Sabrina è cresciuta in età e intelligenza: si muove da sola e già ricompone le parole d’uso corrente. E indubitabile l’apporto culturale delle insegnanti dell’asilo che la piccola frequenta.

 

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PARTE IV La  betulla

1 Un’altra stagione
L’inverno è stato freddo più dell’anno scorso. Persino le acque del torrente si sono ghiacciate.

La primavera invece è dolce, sembra estiva.

I bambini dell’asilo comunale giocano all’aperto e Sabrina sorride.

Giovanni riporta le due sedie bianche dei nonni sotto il grande albero.

In questo sabato, il primo del mese di aprile, Giovanni ripulisce l’orto dalla sterpaglia e smuove la terra.

II   nonno aveva piantato due filari di vite americana lungo la siepe di bosso; è cresciuta poco perché Giovanni non ha pratica di potatura. Forse nemmeno il giardiniere riuscirà a metterla in produzione piena.

Il giardino dei nonni, dove Giovanni aveva colto le prime sensazioni del bello naturale proprie della fanciullezza, ora è nei suoi pensieri al pari di un simbolo.

La madre di Luisa, diversamente dalla solita via che conduce all’Emporio, decide di percorrere con Sabrina il sentiero del fiume, e rientrare percorrendo la strada del quartiere nei pressi della casa di Giovanni.

Sabrina avvicina la nonna al cancello del giardino dove Giovanni sta raccogliendo la sterpaglia, e dice: “Nonna, è papi”.

“Sì, è papà” risponde la nonna. Subito, come spinta da una mano ignota, preme il campanello del cancello di accesso alla casa di Giovanni dalla parte del giardino.

Giovanni prontamente apre il cancello: “Come mai da queste parti con Sabrina? Mi scusi. Sono con la tuta da lavoro. Questo giardino è grande, richiede un’attenzione continua, purtroppo il lavoro m’impegna altrove”.

Giovanni prende per mano Sabrina.

La nonna risponde: “Occasionalmente ho deciso di percorrere il sentiero del fiume con Sabrina. E bello il luogo del fiume in primavera”.

Giovanni, sovrappensiero, soggiunge: “Il lavoro mi tiene lontano da casa. Se sapesse! Sempre in movimento con pochi rientri. Questa casa è grande, richiederebbe una presenza continua. La rivedo con piacere. Sabrina è meravigliosa”.

Dopo i saluti, la nonna ritorna a casa con Sabrina, percorrendo le traverse di quartiere.

Luisa casualmente incrocia la mamma e la figlia al suo rientro dal mercato, e chiede: “Rientri da dove? Non è questa la via del centro”.

La madre risponde: “Sono andata al fiume. Sabrina è già curiosa. I bambini si arricchiscono sensibilmente con la scoperta delle cose nuove. Occasionalmente abbiamo incontrato Giovanni”.

Luisa: “A proposito di Giovanni: ahimè! Mi sono scordata di ringraziarlo della collana di corallo”.

La piccola betulla del giardino dei nonni è cresciuta a dismisura sul tronco e poi sui due tronchi gemelli.

Giovanni la guarda e la riguarda dalla terrazza sul giardino: gli sembra, alle volte, una duplice operazione bancaria, altre volte l’immagine di due esseri che crescono in simbiosi dallo stesso amore.

Ancora la consuetudine del tempo felice ritorna alla mente di Giovanni, che la riprende dolcemente nella speranza.

La lamina del tempo non si scosta dagli intervalli del silenzio, dagli spazi colorati di bianco, dalle similitudini. Rimane fraintesa, come un filo di luce sull’ombra serotina.

La nonna e Sabrina si recano aU’Emporio e al giardino di lato, nel mentre Luisa si appresta al mercato.

Giovanni, in questo sabato di aprile, libero da impegni di lavoro, si avvia all'Emporio, per le verifiche contabili del primo trimestre dell’anno.

La nonna e Sabrina, dopo una breve visita all’Emporio, sostano nel giardino.

Giovanni, appena uscito dall’Emporio, le vede e le raggiunge.

“Sono lieto di rivedervi, direi anche sorpreso, a breve distanza dall’incontro nel giardino dei nonni. Le posso offrire una bevanda, un caffè? Quello che vuole. Per Sabrina ci vuole un buon gelato”.

“Preferisco un Campati. Sta bene un gelato per Sabrina. Ho notato un cambiamento in tutti i reparti commerciali dell’Emporio, certamente più funzionali. Mi rallegro”.

“Quando l’economia è in crisi, solitamente subentra uno squilibrio tra la domanda e l’offerta a danno delle vendite. In questi casi è necessario ricorrere a migliorare
gli indici dell’offerta e ridurre, per quanto possibile, i prezzi”.

“Mia figlia si è rammaricata di non averla ringraziata per il dono della collana. Che cosa vuole! La separazione l’ha colpita gravemente, per non dire del modo in cui è intervenuta. Mi creda! Lei si è affidato troppo all’istinto, meno alla ragione”.

“Ho pensato a lungo dopo l’atto giudiziario. Ultimamente anche riconoscendo, almeno in parte, la debolezza delle motivazioni a cui mi sono riferito nella separazione”.

Intanto lentamente si avvicina dal lato delle colonne della terrazza dell’Emporio, Luisa.

Indossa un tailleur-pantaloni color beige, una camicetta di filo di scozia, e porta al collo la collana di corallo.

La sua presenza ha un effetto sconcertante, esclusa Sabrina che corre verso la madre.

La madre di Luisa e Giovanni sembrano pervasi da una suggestione psicologica che li rende attoniti.

Luisa, senza battere ciglio, esordisce: “Sono sorpresa di questa concertazione, peraltro non nuova. Non mi sono attardata al mercato; fra l’altro, strada facendo, ho incontrato Alessandro con la moglie. Poi ho pensato all’Emporio, essendo in corso la campagna dei saldi di stagione”.

La madre risponde: “Non esistono concertazioni di sorta, d’altro canto Giovanni ha diritto di vedere la figlia. Quanto alle tue amicizie non trovo ragione per evidenziarle”.

Giovanni soggiunge: “Sono spiacente del contrattempo. D’altro canto quando le cose hanno da essere in un determinato modo è inutile intervenire per modificarle”.
La madre ha compreso il pensiero di Giovanni. Lo condivide. Conclude, prima che Giovanni si allontani: “Lei è ospite gradito nella mia casa. Potrà vedere Sabrina quando è da noi”.

Luisa interviene: “Ho deciso di rientrare nella mia casa del Quartiere nuovo. Sabrina viene con me. Ci penso io per l’asilo. Giovanni è da tempo al di fuori della mia vita. Intendo rispettare le condizioni dell’atto di separazione”.

Giovanni raggiunge l’Emporio senza esitazioni, ormai preso dagli affari, dal conseguente bisogno di uscire dall’incertezza spirituale in cui si trova dopo i recenti incontri con la madre di Luisa e ora con Luisa.

 

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PARTE IV La  betulla

2 - Le combinazioni difficili. I percorsi approssimati
Nel corso della ispezione ordinaria delle Agenzie e Filiali, Giovanni e gli altri membri della équipe accertano ammanchi e gestioni corrotte dei mutui.

Giovanni, in quanto coordinatore del gruppo ispettivo, provvede all’immediato inoltro degli atti alla Procura della Repubblica di Ladinia.

Annota un suo parere sul fenomeno per cui il ricorso alla corruzione sarebbe da attribuire a un abbassamento dello scrupolo morale in dipendenza dell’aumento del costo della vita e all’impossibilità di fronteggiarlo con i redditi del lavoro.

Conseguentemente la Direzione generale, in attesa dell’esito dell’azione penale, incarica Giovanni di provvedere al ripristino funzionale degli Uffici coinvolti. Il lavoro si protrae senza misura di orario fino al trenta luglio.

Dalla madre di Luisa riceve notizie su Sabrina, e non solo; infatti si è instaurata una relazione affettuosa nonostante i pregiudizi di Luisa.

Il direttore dell’Emporio è incaricato da Giovanni di organizzare le pulizie della casa e del giardino dei nonni.

 

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PARTE IV La  betulla

3 - II consistere bizzarro, anche contraddittorio, in alcuni casi è una opportunità per nascondere la debolezza

Il distacco improvviso di Luisa dalla madre è motivo di contrasti familiari, in particolare dovuti all’atteggiamento del padre nei confronti di Giovanni, in verità poco lusinghiero: infatti sono nel mezzo ancora le rivalità familiari.

A breve distanza la questione viene riportata a livello di dialogo.

E nel corso della cena di un giovedì tutto estivo di giugno, con le trebbie riversate sulle aie, il sole alto sulle ritardate soglie della sera, che la questione del matrimonio di Luisa e Giovanni e della successiva separazione dopo la nascita di Sabrina ritorna alla ribalta.

Il padre di Luisa inizialmente: “Non comprendo l’atteggiamento sgarbato di nostra figlia. Dopo la separazione da suo marito, il suo rientro in casa nostra non ha posto problemi. E inutile piangere sul latte versato. Non esistono le condizioni per un riavvicinamento”.

La madre ribatte: “Ho tentato di ristabilire l’unione familiare, soprattutto nell’interesse della figlia. Come tu sai i figli hanno bisogno dei genitori. Quando sopravvengono le separazioni e i divorzi, anche in regime di affido condiviso, i figli sono i primi a risentirne, con gravi conseguenze spirituali destinate a rimanere per tutta la vita”.

Il padre replica: “Noi dobbiamo stare al di fuori delle loro questioni personali”.  Il colloquio non prosegue.  La madre di Luisa si allontana dal tavolo, si reca nella terrazza del giardino. Pensa al suo passato, all’impegno familiare, all’abbandono della scuola, soprattutto al suo ruolo nella famiglia, nella società: indefinito, alle volte grottesco.

 

 

 

PARTE IV La  betulla

4 - Il dissidio interiore è fonte d’incertezza nelle scelte personali
Luisa è alle prese con le esigenze familiari e il lavoro, fra l’altro gli esami e gli scrutini.

L’asilo infantile chiude in agosto e la direzione, accogliendo le richieste degli utenti, ha modificato in meglio gli orari per i mesi di giugno e luglio, ampliando le fasce del mattino e del pomeriggio. Si può dire al riguardo una buona soluzione per Sabrina.

Il necessario ripiego di Luisa sulle cose essenziali incide sulle sue disponibilità temporali in modo da tenere lontani durante il giorno gli altri problemi materiali e spirituali.

La lontananza dai genitori e la inaspettata presenza di Giovanni nel giardino dell’Emporio sono attualmente prevalenti nelle riflessioni prima del sonno.

Le vengono alla mente, durante le riflessioni, alcuni ricordi della sua fanciullezza, legati alle reazioni disordinate ai richiami dei genitori, per non dire agli scherzi degli amici.

In effetti si è formata una soglia protettiva del proprio io, conseguentemente un aspetto relazionale esterno non solo negativo, ma anche repellente.

Luisa non è riuscita a comprendere le ragioni della ineluttabilità di questi atteggiamenti, e nemmeno a individuare risposte alternative.

Dopo una selezione accurata delle possibilità, conviene su un incontro con la madre.    ......................

 

 

 

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Mario Agnoli, Romanzi, TRILOGIA DELL'UMANO:    La lamina del tempo