Ricordo all' UNILIT di |
UNILIT – SEDE DI URBINO
Nella lezione inaugurale dell’Anno Accademico 2014-2015 , lì 7 novembre 2014, anno coincidente con il centenario della 1° guerra mondiale (1914-18) nella sala delle Acli-Centro universitario, tenne la lezione l'ing. Francesco Nicolini presentando un suo libro
“… forse è solo perché non dovevo morire” Ed. Il Fiorino 2014.
Un libro ricostruito sui ricordi autografi della Grande Guerra del fante contadino Cermaria Elmo, il nonno Peppe (nonno dell’autore), della zona dell’Apsella di Montelabbate detta della “Valle del Brasc” . Ricordi avuti in dedica dal nonno per non dimenticarne gli orrori della guerra. Gli orrori che riporto da una lettera, scritta da un soldato, dal fronte di guerra: ” Cara molie che vada terminata questa guerra micidiale che, invece di diminuire, va allargandosi sempre più e fa piangere Madri, Padri, Molie, Figli, Fratelli, Sorelle di tutti quelli che si ritrovano in detta guerra”.
La lezione fu molto suggestiva, lo stesso Nicolini si commosse nel ricordare. Tutti i presenti la seguirono con grande partecipazione. Al termine della lezione, il più interessato, sorpreso e felice fu Romolo Romani. Intervenne subito dicendo che anche lui conservava delle lettere del nonno Alberto in un cassetto di casa. Non ne ricordava il contenuto, ma le aveva sempre custodite. L’ing. Niccolini fu il più incuriosito, tanto che si accordò con Romolo per andare a vedere le lettere il giorno successivo. Un incontro che dette molta soddisfazione a Romolo. Lettere scritte centanni prima, avute in consegna da mio padre. Più volte mi chiedevo che fine avrebbero fatto dopo di me, diceva Romolo. “Ora ho l’occasione di ritirarle fuori, di farle vedere a Nicolini ed a voi dell’Unilit; credo che il nonno Alberto ne sarà contento ed io sono contento per lui che ha avuto una vita tribolata: per la miseria e infine per la guerra”. Il Nicolini non accettò l'incario della lettura e organizzazione del contenuto per l'indisponibilità del tempo necessario. Allora si offerse Michele Gianotti giungendo al risultato riportato nelle seguenti pagine:
DESCRIZIONE. Il nonno Alberto, nato il 24 settembre 1883 in Urbino, area della Torre dove la vita nelle campagne era dura ed il mangiare scarso, fu mandato da ragazzo, “garzone” presso un'altra famiglia di contadini, probabilmente a tredici-quattordici anni. Una bocca in meno da sfamare in casa. Ovviamente senza paga. L’unica paga era lo scarso e parsimonioso vitto quotidiano condiviso nella nuova colonìa. Tra i suoi compiti c’era anche quello del pastore, di portare le pecore al pascolo nei poveri tratturi di montagna in quel di Cantiano. Dovette scappare da quella casa perché, continuamente infastidito da un birro (montone, maschio della pecora). Il nonno Alberto, stancatosi, lo sfidò ponendosi in cima ad una rupe e quando quello lo caricò, si scansò ed il birro sfracellò nel burrone sottostante. Dovette scappare, ma fu destinato ad altra garzonìa in un altro podere. Rientrò in casa da adulto e contrasse matrimonio con la nonna Anna. A 32 anni, già padre di due figli, arrivò la chiamata alle armi per l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, soldato con destinazione al 71° reggimento di Fanteria nella 2° Compagnia Deposito speciale di Spinea a Venezia.
Notizie tratte dalla Cartolina postale italiana in franchigia del Regio Esercito, verificata per censura come da timbro, con la quale, il 6 novembre 1915, Alberto risponde alla “tanto desiderata lettera della moglie” chiamandola Annetta carissima, dove dice di non aver bisogno di nulla, di essere contento che i suoi panni borghesi siano arrivati a casa, che il vicino di casa, tale Riccardo marito della Gigia, non è più lì con lui e non sa dove sia stato destinato. La seconda cartolina, due giorni dopo, l’8 novembre è in risposta alla lettera della moglie del 4 novembre. Dopo l’assicurazione sulla buona salute, Alberto dice che farà sapere in seguito qualcosa sui compagni di Reggimento. Lo scambio di corrispondenza è fitto, si capisce che la preoccupazione è grande. Nella cartolina del 16 novembre, Alberto è contento che la moglie abbia ritirato il sussidio del babbo, ma la rimprovera perché non dice niente dei bambini. Dice di aver ricevuto risposta da Giovanni, ma del fratello Peppe non sa niente e chiede dove si trova. Qui, in questo periodo vicino al Natale, Alberto ha fruito di una licenza ed è tornato a casa.
Al rientro in Reggimento, nella data non figura più Spinea, sede del deposito, ma Zona di Guerra. La cartolina è del 17 febbraio 1916. Non si rivolge alla moglie chiamandola, come nelle precedenti cartoline Annetta carissima, ma carissima consorta. Dice di essere sul Posto, sù, come ti dissi prima di ripartire, dopo un buon viaggio e senza soffrire il freddo. Manda saluti a tutti, parenti e vicini, alla famiglia Bianchini e baci ai bambini. Nella successiva cartolina del 20 febbraio, Zona di guerra, ringrazia Dio della perfetta salute, “solo che non mi vuole passare la malinconia della partenza; e pure bisogna rassegnarsi”. Chiede se è tornato il fratello della moglie. Saluta tutti, anche gli amici, oltre lei, i bambini e il babbo. Evidentemente lo scrivere a casa rappresenta un grande conforto morale per Alberto. Dalla zona di guerra il 23.2.1916 nella stagione che si è messa piovosa e continua, scrive “per la quarta volta ti do mie notizie di ottima salute. E che, se Dio permette, il 1° marzo conta di passare 13 giorni di riposo a casa. Dice di attendere notizie da casa con i saluti a tutti, amici e parenti. Nella lettera del 26.2.16 scrive le solite cose “altro non so che dirvi”. Aggiunge di aver sentito dell’arruolamento di altre due classi di terza categoria. Conferma di aver ricevuto la cartolina della moglie del 23. 3 giorni: La posta militare funziona. Più notizie ci sono nella cartolina dalla Zona di Guerra del 5.3.16. Conferma di aver ricevuto le cartoline da casa. Di aver ricevuto, scendendo dalla trincea, i soldi della licenza: 9 lire Di aver mandato alla moglie una lettera da Lazzero di Cal Tito raccomandando di non dar lui dei soldi “che non mi fanno bisogno” Annetta non ti impressionare di nulla. Al 1° marzo siamo venuti in riposo e il 4 sono rientrato all’ospedale di Campolongo per un po’ di febbre. Mi dispiace che mi manderanno fuori presto. “Qui la stagione è molto piovosa, son giorni dolenti a stare fuori. Speriamo in Dio che vorrà fernire questa cattiva vita”. Aggiunge che è contento che Dario si è fatto molto buono e che riporta sempre a casa la sua fascinetta di legna. Dagli un soldo per comprare i lupini e pure anche ad Amedeo. Ai saluti di casa aggiunge quelli alla sorella Eva e genitori, all’Assunta e al suo bambino. Nella cartolina del 7.3.16, con le solite notizie da Campolongo sul Brenta dice che oggi è Carnevale, me lo passo qui. “Pazienza che non venga di peggio??” con due interrogativi. Dalla zona di guerra il 10.3.16, Alberto conferma di stare molto meglio e di andare in compagnia. Non mi scrivere perché mi hanno cambiato ospedale e ora sono al 0.58 e la posta non mi arriva. “Basta che tu ricevi mie notizie sono contento lo stesso. I soliti saluti a tutti: genitori, parenti, bambini. Il 14.3.16 la mia malattia è già scomparsa, non mi sento quasi nulla, ma ancora non mi fanno sortire dall’Ospedale perché mi sento un po’ debole. Se mi voi scrivere una cartolina farai te, sarà il male di 10 centesimi se va a male. Io sono all’ospedale N° 058 Terza Armata Zona di guerra. Sono entrato all’ospedale il 4 corrente. Sto pure contento che mi sono riposato le mie ossa che mi trovavo molto stanco di dormire per terra. La pioggia non è mai cessata. Saluti a tutti, un bacio ai cari bambini e uno speciale alla piccola Maria. Addio Annetta sono tuo consorto. Da Ospedale da campo 058 il 16.3.16. Ho ricevuto la tua cartolina del 10 corrente. Godo nel sentire della vostra buona salute. Anche io sto bene, solo un po’ debole. Con i baci ai bambini aggiunge un bacio al nipotino Adamo. Il 20.3.16 scrive di godere ottima salute e di poter uscire dall’Ospedale il 23 corrente per raggiungere la mia compagnia. Mandami l’indirizzo di mio fratello Peppe. Saluti a tutti anche ai vicini. Zona di guerra 26.3.16 Rispondo alla lettera che mi hai mandato da Pietro Bacchielli, ma lui non l’ho visto. Oggi sono uscito dall’Ospedale ed ho raggiunto il mio Reggimento in riposo per pochi giorni. Poi dopo andiamo ai soliti posti [sui loghi sta sempre sul vago per segretezza ed evitare la censura]. Mi chiedi se andiamo in riposo. Di questo non ho nessuna speranza; questo te l’avrà detto Gambini?? Magari che fussi, le cose buone non vengono mai. Certo che ci spetterebbe dopo 4 o 5 mesi di fronte, ma qui non si capisce proprio nulla, fanno come vogliono. Una considerazione come un presagio. Dopo tanto soffrire [speriamo] almeno di salvare la vita. In ospedale il cappellano ci ha fatto confessare e fare la comunione. 2 volte. Scrivimi in Compagnia. Fammi sapere se hai preso il sussidio per la piccola Maria. Mandami l’indirizzo di Peppe, e se ha ricevuto notizie da Giovanni e se tuo fratello Pietro è venuto in licenza. La stagione piovosa non ci vuole abbandonare. Speriamo in Dio che vorrà terminare in qualche maniera questa guerra. Sono contento che Dariolino continua a lavorare con la sua fascinina. Dagli un soldo per i lupini ed anche ad Amedeo che sta a badare la piccola Maria. Saluti a tutti anche alla signora Maestra, saluti all’Assunta e un bacio al suo Adelmo. Zona di guerra 28.3.16 Spedisco la lettera senza francobolli, pagherai 20 centesimi. Per il momento il Reggimento è a riposo, in seguito vedremo. Saluti a tutti. 4.4.1916. Tutte le cartoline spedite dalla Torre sono arrivate. Per il momento noi siamo di rinforzo ma spero che non verrà nessun pericolo. Il giorno 10 speriamo in Dio di ritornare in riposo al solito posto. La disgrazia del povero Maranga l’ho saputa subito, mi scrisse Attilio Piergiovanni. Non state a perdere la testa per me, che ormai penate più voi a casa che non io al fronte. Il 4.4.1916 saluti e baci a te ed al mio babbo. Una quantità di baci ai nostri amatissimi Piccini, è meglio non pensarci altrimenti si perde la testa. Presto scriverò anche a Settimio. Il tuo consorto. Zona di guerra 10.4.16. Godo ottima salute. Oggi stesso siamo venuti in riposo lontano dal fronte più del solito. Baci a tutti. Zona di guerra 11.4.16. Il 10 corrente siamo venuti a riposo molto più indietro di Campolongo. Qui si sta discretamente bene. Per la cresima di Dario fa come vuoi. Auguri di Pasqua a Tutti. Non state in pensiero di noi. Speriamo Dio che vorrà venire questa benedetta pace. Dalla Torre, i parenti di Alberto avevano visto 5 biplani bombardare Ancona. Zona di guerra 17.4.1916. Ho risposto alle vostre cartoline. Ancora siamo in riposo. Zona di guerra 18. 4. 1916 Alla moglie: Cerchi di farmi coraggio, ma se fai così con me ti togli tu il coraggio. Siamo tutti sotto, non solo io. Fin qui sono sano e libero, per lavvenire vedremo. Ancora siamo in riposo. 18.04-1916. In caserma si dorme nel pagliericcio, non ci pare nemmeno il vero di star qui. Speriamo in Dio che fra poco tempo qualche cosa decidano di questo tormento. Saluta tutti, anche la Signora maestra. Zona di guerra il 20.4.1916 Godo ottima salute. Noi siamo ancora in riposo sperando di starci ancora. Buona Pasqua, il tuo consorto Romani Alberto. Questa è l’ultima lettera di Romani Alberto. 25 giorni dopo arriva alla famiglia la comunicazione ufficiale. Dal Registro dei Militari caduti nella guerra 1915-1918, con uno stemma recante la figura di una donna e con sotto scritto “Le madri italiane ai valorosi che combattono per il trionfo di un santo ideale, sta scritto che Romani Alberto di Gioacchino, soldato nel 121° Reggimento di Fanteria, nato il 24 settembre 1883 ad Urbino, distretto militare di Pesaro così tranquillo e così affettuoso con tutta la sua famiglia e con i parenti, è morto il 15 maggio 1916 sul Carso per ferite riportate in combattimento.
Per Romolo ricordare questo suo antenato era motivo di grande orgoglio. Ed oggi, noi di questa Università della Terza età, siamo contenti di poter onorare questo suo desiderio nel segno della memoria e della cultura.
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