Mostra 2015 ai Musei Civici: "Una favola sui vetri |
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Manifesto cm 70 x 100 |
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LUIGI STRADELLA: UNA FAVOLA SUI VETRI di Dario Porta 30/01/2015
Luigi Stradella è il primo artista scelto per inaugurare con una mostra personale la sala espositiva temporanea della nuova sede nella Casa degli Umiliati dei Musei Civici di Monza. Una scelta che è conseguenza di un lungo e ininterrotto rapporto tra l'artista e il museo civico della città dove è nato nel 1929. Un rapporto di stima crescente nel tempo che ha arricchito di opere del maestro le collezioni civiche cittadine, in grado cosi di documentare in modo significativo l'arte di Stradella e attraverso lui l'arte del suo tempo, di cui egli è sempre stato testimone autentico, fedele ma allo stesso tempo originale. C'è stato scambio e riconoscimento reciproco: la città ha riconosciuto le sue qualità artistiche assegnandogli il Premio Nazionale di Pittura Città di Monza nel 1951 e poi organizzando importanti mostre personali del maestro. Stradella donando ai Musei Civici alcune intense opere e dipingendo una straordinaria "pala d'altare" contemporanea nella Sala Maddalena, divenuta poi stabile patrimonio civico monzese grazie all'interessamento dell'Associazione Amici dei Musei. Tra le opere pervenute al museo vi è anche un dipinto del 1961, "Novembre sul Lambro" di grande importanza nella vicenda artistica di Stradella. Si tratta infatti del dipinto che segna la sua svolta dal figurativo, di impronta neorealista, come si usava negli anni del dopoguerra, al cosiddetto informale. Svolta di cuore, nata dal di dentro e in autonomia rispetto alla tendenza generalizzata verso la non figurazione di quegli anni. Dopo questo dipinto la pittura di Stradella e la sua opera grafica sarà coerentemente declinata sulle ragioni profonde che gli necessitano di essere "figurate" sulla tela o sulla carta indipendenti e agnostiche rispetto a forme date e sensibili. "Una favola sui vetri" è il titolo di un recente dipinto di Luigi Stradella, ottantacinquenne artista contemporaneo che ha preservato intatta nel tempo la capacità di cogliere e manifestare per mezzo della sua arte gli elementi vitali dispersi tra le pieghe del mondo. Stradella, come i grandi sognatori, confonde realtà e sentimento, li rimescola, e in quel che ne risulta attinge la sua tavolozza di colori, che prendono forma solidificati sulle sue tele, sulle sue carte. Come ai grandi poeti non gli è mai venuto meno il sentimento del tempo, quel rapporto sempre indagato e sempre sfuggente tra ciò che non muta e l'intrinseca finitudine dell'elemento creaturale. Mettersi in contatto con la propria e altrui interiorità; le opere di Stradella da decenni dialogano con il presente suggerendo negli spettatori altri modi per guardare alla realtà. Una realtà fatta di sentimento e di ragione ma dove quest'ultima ancora non è riuscita a imporre le sue condizioni. Visto con i suoi occhi tutto il reale è sorprendente, e la sorpresa genera stupore. Uno stupore che interagisce con l'inconscio, ne smuove i sedimenti profondi; genera rappresentazioni, suscita emozioni che per empatia diventano comuni a ognuno che si metta davanti a una tela di Stradella con la voglia di capire. Sono opere piene di suggerimenti, hanno titoli immaginifici e narrativi, ci mettono su una pista e poi lasciano che il colore e i reliquati segnici che affiorano dalla superficie pittorica ci aprano possibilità di comprensione o di emozione. Nel corso del tempo, alcuni decenni - dalla svolta verso la non figurazione dell'inizio degli anni Sessanta- i lavori di Stradella battono le strade della propria interiorità, del proprio inconscio. Si sono nutriti del dialogo in lontananza con i poeti della stagione ermetica italiana, Ungaretti, Montale, Luzi; da essi egli ha attinto repertori linguistici e consonanze esistenziali. Dall'incontro e spesso dall'amicizia con altri importanti intellettuali e critici: Bo, Volponi, Sanesi, De Grada, De Micheli, Lambertini, Rizzi e molti altri, Stradella ha potuto verificare al fuoco della critica la tenuta del suo lavoro, della sua ricerca, esistenziale e spirituale, prima ancora che artistica.
La sua è un'avventura umana alla ricerca di verità, una ricerca senza fine. Proustianamente una verità che va cercata sempre "oltre" il traguardo che si è raggiunto o si è creduto di aver raggiunto. In questa continuo travaglio esistenziale Stradella sa di avere punti di appoggio ai quali potersi assicurare, dove tornare, rifugiarsi, lavorare libero senza altre tensioni che non siano quelle creative. La sua necessità di pittura, che trova la giusta dimensione al cospetto degli affetti famigliari, tra la sua casa-studio, piena di ricordi e museo dei suoi lavori, riguardati e ricordati a uno a uno come appena finiti, e magari sono trascorsi anni... I luoghi dove ha diviso la sua vita, Monza, Urbino, cosi diversi e cosi necessari al suo lavoro pittorico. Monza, dove è nato, con il verde cangiante del Parco e il "buio dei cortili", dove nemmeno il montaliano "oro dei limoni" arriva a rischiarare la luce grigia del cielo invernale. Urbino, inondata dalla luce marchigiana, calda e accogliente; tutte e due le città unite idealmente da piccoli-grandi fiumi: Lambro, Rubicone, cosi presenti nell'opera del pittore, con quel loro unire e trasportare, sedimentare o far esondare la sua piena sentimentale. Sono ancora altre le domande che interpellano l'animo sensibile di Stradella. Sono presagi che egli scova nelle più prosaiche situazioni della vita quotidiana: nelle epifanie d'insetti sui vetri di una finestra, nelle gore sul lastricato del cortile, come anche nelle cronache quotidiane del suo tempo. Segni che egli riporta sulla tela pescando nel proprio inconscio gli strumenti per decriptarli e, qualche volta, riuscendo a fargli assumere il valore di profezia.
Chi è Luigi Stradella di Dario Porta 30/01/2015
Nasce a Monza nel 1929. Nipote di Emilio Parma (1874 -1950), accreditato pittore monzese fedele continuatore della tradizione pittorica ottocentesca, Stradella trova nella cerchia familiare gli stimoli per imboccare la strada della professione artistica. Studia e si diploma nel 1952 all’Accademia di Brera, avendo tra i suoi insegnanti Aldo Carpi, una delle figure che lasceranno un’impronta indelebile sul suo futuro operato. Stradella si è a sua volta dedicato all’insegnamento per oltre un ventennio presso la Scuola d’Arte del Castello Sforzesco. All’inizio degli anni Cinquanta datano anche le prime esposizioni personali, nelle quali un giovane Stradella si presenta all’insegna di un realismo moderatamente permeato da una linea sperimentale nell’uso del colore. Le esposizioni collettive e personali si fanno via via più numerose; molte le partecipazioni a mostre e premi di pittura organizzate da istituzioni pubbliche e private.
Nel
1961 Stradella dipinge l’opera Novembre sul Lambro, che segna
una svolta decisiva: il passaggio verso una pittura che fa a
meno della figurazione.
Per un risveglio, 1980 pastello ad olio su tela cm120 x 100 |
Stradella: sessant’anni d’arte in mostra al Musei Civici di Monza
di Sarah Valtolina
Dal 7 febbraio al 12 aprile 2015 l’omaggio dei Musei civici di Monza al pittore Luigi Stradella, che torna a esporre nella sua città con una ricca antologica che ripercorre sessant’anni d’arte. «Sono un visionario» dice il monzese.
A casa di Luigi Stradella le pareti parlano. Raccontano di una vicenda artistica iniziata più di mezzo secolo fa, sussurrano i riflessi d’argento degli specchi d’acqua e i blu dei fiori, le ombre intrise di luce e la realtà trasfigurata di incanto. Non un angolo nella casa studio, a pochi passi dal verde del parco e dallo scorrere del Lambro, è libera. È tutto un vociare di ricordi ed esperienze e lui, Stradella, come Virgilio, accompagna il visitatore nella fitta selva delle paure riversate sulla tela e dei vuoti che diventano espressioni di colore e intrigo di linee.
A Luigi Stradella, artista monzese ottantacinquenne, i Musei civici dedicano una personale che vuole essere un omaggio all’artista che è già parte della collezione permanente di Musei. Trentasei opere, dagli anni Cinquanta al terzo millennio, raccolte nella mostra “Luigi Stradella. Una favola sui vetri”, allestita dal 7 febbraio al 12 aprile nella sala espositiva temporanea nella Casa degli umiliati. Un titolo che è già quello un omaggio all’estro dell’artista, tanto informale sulla tela quanto evocativo e narrativo nei titoli delle opere. “Una favola sui vetri” è infatti il titolo di uno dei lavori più recenti di Stradella, ultimato nel settembre dello scorso anno. «È straordinario vedere come abbia preservato intatto nel tempo la capacità di cogliere e manifestare per mezzo della sua arte gli elementi vitali dispersi tra le pieghe del mondo», spiega Dario Porta, conservatore dei Musei civici e curatore della mostra.
«Sono un visionario», dice Luigi Stradella mentre osserva una delle sue tele più imponenti, una tra le sue più care: “Per un risveglio”, del 1980. «Amo la luce e la nascondo nell’ombra, in un mistero di contrasti – spiega -. Mi hanno riconosciuto una sorta di schizofrenia dei segni, ci sono momenti nei quali la mano si muove da sola, animata da un suo spirito indipendente e capace di riempire la tela. Il colore per me è un segno interiore e non un semplice tratto empirico».
Tecnica e immaginazione per Stradella, cresciuto osservando il nonno Emilio Parma nel suo studio di pittura in via Annoni, e formato nelle aule dell’Accademia di Brera. «Mio nonno era bravissimo nel cogliere immediatamente i tratti di un viso – spiega -. La nostra è una sorta di qualità genetica. Sono partito anch’io dalla figura ma poi ho cercato nell’astrazione forme nuove e più libere di espressione».
La svolta poi è nel 1961, con l’opera “Novembre sul Lambro”, «un dipinto che segna la svolta dal figurativo, di impronta neorealista come si usava nel dopoguerra, a cosiddetto informale», spiega Dario Porta. Una ricerca della realtà che è sempre stata per Stradella un’indagine di quello che si nascondeva dietro il visibile. «Ricordo quando iniziarono gli scavi per la realizzazione della metropolitana a Milano – racconta Stradella – passando dal cantiere ogni giorno mi fermavo ad osservare affascinato quel baratro che evocava in me un senso di vuoto che ho sempre cercato di colmare». Cogliere l’infinito nella quotidianità. «Riesce a scovare nelle più prosaiche situazioni della vita quotidiana dei segni che poi riporta sulla tela, - conclude Porta - pescando nel proprio inconscio gli strumenti per decriptarli».
Sarah Valtolina
Mostra 2015 ai Musei Civici: "Una favola sui vetri |
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