GIORGIO TIBONI RECENSIONI |
Alcuni scritti:
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Un momento della mostra del 1969
SULL'OPERA DI GIORGIO TIBONI HANNO SCRITTO: Luigi Servolini, Francesco Carnevali, Emanuele De Giorgio, Antonio Ciardi Duprè, Giacomo Baltino, Gabriele Cherenti, Giorgio Mossa, Anna Caterina Toni, Ennio Martinelli, Stefano Robertazzi, Marco Zonghetti, Maria Maddalena Scuriatti, Enzo Piergiovanni, Francesco Colocci, Giancarlo Di Ludovico, Paolo Nonni, Piergiorgio Severini, Mario Narducci, Rosanna Salatino, Sergio Gentilini, Maurizio Cesarini, Pier Francesco Greci, Renzo Biasion, Enrique R. Fioretti Idigoros, Giancarlo Gloriano Sibaldi, E. Moro, Maria Carbone.
Nel
gennaio 2000, Giorgio Falossi, critico della Redazione “Il Quadrato“ -
Milano, ha espresso un ampio e dettagliato commento sulla pittura e
sull'incisione dell'artista. |
FRANCESCO CARNEVALI Giorgio Tiboni (Agosto 1937). Per lui, che non ha avuto finora la possibilità di fermarsi in un luogo e che dopo un anno di Sardegna, ha teso nostalgicamente ad un ritorno nella regione natale ed è stato costretto a soggiorni in località varie del Pesarese o di province confinanti, la coerenza dell'operare è stata più dispersiva. Rapide annotazioni all'acquerello colte qua e là fra rive marine e campagna collinosa, sono il risultato di questo suo attaccamento ad un lavoro personale che bilanciasse quello scolastico. Motivi semplici - spesso una casa o più case - fra gli alberi, scorci di campi o di greppate. E non dirò che tale esercizio sia stato inutile; per quanto labili, questi acquerelli hanno qualche felice accostamento di tono e rattengono luci; e quando fra verdi acerbi e rossi aranciati si insinuano grigi o grigi azzurrini o qualche arioso turchino, che valgono a meglio equilibrare l'immagine, oppure quando le toppe di colore si fondono in un colore dominante (come ad esempio in «Estate»), il risultato è da ritenersi apprezzabile. E davvero non v’è pretensione in questo esercizio, ma spontaneo candore; e infatti direi che una parte di candore sia nella natura di Giorgio Tiboni. Conosciamo per altro un Giorgio Tiboni più e meglio agguerrito: quello che taglia il legno (legno «di testa» per lui) con varii bulini, il cui modo di incidere è talmente preciso e prezioso, talmente nitido e acuto da trasformare l'immagine in un aspetto che trascende il reale, e sembra caricarsi di significati simbolici. La ricerca di volumi, resa con l'ausilio del «pettine», è tornita, direi, con esasperazione; alternando variazioni di grigi a bianchi e neri assoluti, riesce a dare punti, in fatto di tecnica, agli abilissimi xilografi riproduttori del secolo scorso. Egli disegna con ferma mano anche la figura umana. Osservate la «Carpa Al Sole» o quei rigidi «Fiori» che sembrano di sostanza smaltata, osservate la «Natura Morta» con il lume d'ottone, lo schienale di seggiola e il panno, ma osservate soprattutto due stampe, quella che egli intitola «Le Bugie», dove veramente le bugie di ferro battuto smerlettate e infiocchettate nella loro agghindata durezza sembrano alludere al giuoco sinistro della menzogna, ed osservate il vecchio tronco del gelso che si muta in simbolo d'una solitaria desolata vecchiezza, e ditemi se le qualità di incisore che il giovane possiede non siano attraenti. Probabilmente riprenderà il suo «mestiere» ora che la sorte lo ha ricondotto alla terra natale; a volte tenta di conciliare i termini delle due esperienze che potrebbero dirsi contrarie: colorire le forme che con così attenta definizione egli scandisce. Ne presenta alcuni saggi: nei due nudi femminili v’è pur nascosta qualche gracile sensività, i due fogli con i girasoli, possono assumere un piacevole valore decorativo. Vedremo come e dove negli anni venturi Giorgio Tiboni vorrà dirigersi. Luglio 1969 Francesco Carnevali
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FRANCESCO CARNEVALI Luglio 1972
Qualche anno addietro mi avvenne di presentare agli amici conterranei Giorgio Tiboni - urbinate - in qualità di xilografo e acquarellista, allorché espose opere insieme ad un cugino dello stesso cognome, anch'esso xilografo, residente nella regione Sarda. Ora, al nuovo incontro, le caratteristiche ch'io ebbi a rilevare allora nelle incisioni sue sembrano essersi arricchite di elementi nuovi o avviate a significati ch'egli vuol definire più chiaramente - ma in verità non saprei dire se siano sempre da preferire - e nel dipingere all'acquerello è da notare invece, un approfondimento che veramente gli giova. Mi proverò ad esprimere meglio il mio pensiero:
Giorgio Tiboni possiede indiscutibili qualità di incisore. Egli intaglia e scava
il legno di testa con bulini di varia misura e forma fra cui quelli «a pettine»,
usati con la sapienza riscontrabile negli straordinari xilografi del secolo
scorso - illustratori di libri perfetti riproduttori di disegni altrui - durante
tutto il periodo «romantico» e in quello immediatamente successivo fino
all'avvento della riproduzione zincografica -e li adopera con tale maestria da
affiancarsi ad essi; e nelle cose migliori di qualche anno addietro - (forse si
ricorderanno certi suoi pesci, o un pagliaio, o tronchi d'albero, o fiori, e più
d'una figura) - oltre ad ammirare la castigata e studiosa ricerca formale che
approdava ad unità di stile, un qualcosa di più: l'amoroso penetrare nella forma
presa a ritrarre, si che essa riusciva a vibrare in una specie dì incantamento
metafisico, e poteva suggerire un contenuto simbolico ch'egli tentava di
affidare ad un titolo. Ora direi che il contenuto simbolico o letterario
sembrino prendere il sopravvento sulla strenua indagine della forma di natura.
Che cosa sia accaduto in lui non è facile definire, il colloquio con lui
dovrebbe essere più disteso; senza dubbio un arricchimento culturale, la vista
di altre opere incise, il contatto con ambienti diversi dal suo natale (la
Sardegna, Genova) ma soprattutto direi, voci preferenziali riferibili al nostro
tempo. Egli dalle molte convulse e contrastanti che corrono, una sembra avere
raccolto, quella che gli era più congeniale: la raffinata voce che con punte di
surrealismo si riaggancia al liberty del principio del nostro secolo; voce di un
periodo acquisita ormai come perfetto specchio di un gusto, ed accolto dalla
cultura contemporanea, sì da lasciarsi senza prevenzioni esplorare e valutare.
Maggio 1972. Francesco Carnevali
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Roma, Aprile 1971
Col suo mirare costante ad un linguaggio personale, anche se ancora in fase di esperienze e di ricerche che già lo approssimano a felici conclusioni, l'urbinate GIORGIO TIBONI ci interessa. Infatti, non si è lasciato “toccare” dalla scuola: le sue manifestazioni creative si svolgono in un clima d'indipendenza e depongono bene per questo giovane pittore e incisore, che ha posto ortodossamente alla base dell'opera sua un lungo tirocinio disegnativo. Portato per gusto all'illustrazione, il Tiboni esprime nelle creazioni figurative (per cui impiega tre tecniche diverse: l'olio, l'acquerello e la xilografia) coerenza già di visione e di stile «Nei dipinti ad olio fa sentire, inequivocabile, la preparazione e la formazione incisoria per certo particolarismo interpretativo che è avvalorato da pennellate fitte e secche, mentre negli acquerelli il colore viene messo al servizio della trama disegnativa, oppure, come in taluni paesaggi, si avvale di stesure larghe e fluide. Più impegnato ci sembra, il Tiboni, nelle xilografie, sia per una più attenta costruzione, sia per la resa chiaroscurale favorita dall'impiego del bulino a pettine sul legno di testa «Senza mai cadere - come è stato -, in un certo momento, per la sua scuola - in raffinatezze formali eccessive tanto da portare a risultati calligrafici, dagli ignoranti salutati come miracoli e meraviglie di perizia, Giorgio Tiboni perviene ad effetti pittorici vigorosi: per lui la xilografia essendo espressione pittorica, anche se la natura della materia ed i tipici giuochi di masse bianche e nere di largo intaglio siano più nel clima dell'espressione scultorea. Ma tanta è la fede, così forte è la passione di questo ancor giovane creatore d'immagini, che la qualità dell'opera riscatta sempre ogni infedeltà al mezzo. Pittoricamente a posto i piani, profonda la scena, luminosa la visione: merito di chiarezza di visuale e di dominio della tecnica. Composizioni floreali, angoli rustici, tipiche figure di popolani e qualche succosa interpretazione di pesci e di animaci sono nel corredo delle preziose carte di quest'artista. Il quale merita ogni attenzione per la direttiva del -gusto, per l'onestà del linguaggio, per le reali non comuni capacità: quanto vale a preannunciare un'immancabile forte affermazione. Roma, Aprile 1971
Luigi
Servolini |
LUIGI SERVOLINI Roma, Giugno 1975
E' la terza Tolta che ho l'onore e
il piacere di presentare criticamente una “personale” dell’artista urbinate
GIORGIO TIBONI. Cosicché ho l'occasione d'illustrare adesso l'ultima sua
produzione disegnativa e incisoria, che, piuttosto che sotto l'improprio e
generico vocabolo di Grafica (tanto sbagliato ed abusato oggi, in quanto si
confonde l'operosa attività di professionisti incisori e disegnatori con quella
casuale periferica di architetti-scultori-pittori che il più delle volte
soltanto se ne dilettano. Grafica, quest'ultima, come è notorio, che ha troppi
cultori e ben pochi degni, va considerata sul piano della pura Arte. Produzione
recentissima del Tiboni dicevo la quale mi sembra sempre più governata da
ispirazioni simboliche e da umane significazioni. Luigi Servolini
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«Il Tempo» - 16 giugno 1962 di Gabriele Cherenti, giornalista
Artista di pronto acchito, sorretto da un magistero tecnico incontestabile, Giorgio Tìboni esprime soprattutto nelle incisioni i momenti più intimamente sofferti, felicemente resi perché sboccano puntualmente in un racconto vivo, estroso, caldo di vita. Nell’insieme la mostra rispecchia uno spirito sorprendentemente ricco, sicuro, deciso: ferma dimostrazione di una preparazione salda ed autentica. Nel quadro raffigurante Il tramonto della vita ecco, dai rami contorti e cadenti di un tronco rotto e prigioniero, inutilmente sollecitato dalla natura in risveglio, prorompe un ultimo anelito. E' la fine di una lunga lotta, e Giorgio Tiboni, nella deformazione subita decisamente, crudamente da quell'albero, trova nuovi intenti espressivi, sempre umani, anche se talvolta sembrano grondare dolore e pianto. Tutto prova, insomma, che questo artista, ancor giovane d'età, dotato di talento, s'è inserito con meritata fortuna, sulla via dell'ascesa. Gabriele Cherenti
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PERSONALE DELL-'INCISORE GIORGIO TIBONI BOTTEGA “Giovanni Santi “ - URBINO. di Enzo Piergiovanni, filosofo
A nostro avviso l'opera di Giorgio Tiboni si caratterizza, sin dall'inizio, per la grande chiarezza e sobrietà della composizione e per la costante fedeltà - direi quasi aderenza - ad alcuni temi che costituiscono un po' la sua più vera vocazione artistica: da una parte c'è il richiamo verso il mondo della natura sia che si tratti di temi e motivi ricavati dalla vita rurale (si veda l'arco che va dalla xilografia «Il raccolto» del 1960 alla «Pannocchia» (1971) a «Composizione con carciofi» del 1973) sia che le composizioni fissino con tratti incisivi, momenti dell'esistenza di insetti e di animali (ad es. «La cavalletta» (1960), «La vita e la morte» (1971), «Meraviglie della natura» (1973) ecc. ). A parte si collocano alcune nature morte che gravitano generalmente intorno alla sfera delle realtà domestiche (si confronti «La carpa» (1960) e «Natura morta» (1966)). In tutte le composizioni domina il richiamo realistico agli oggetti della vita quotidiana, alcuni vissuti con maggiore spontaneità e simpatia, altri sentiti con maggior distacco. Questa simpatia si manifesta in genere attraverso una grande aderenza, anche stilistica, ai temi prescelti, nella nitidezza della linea, nel più riuscito rapporto fra zone di luce e zone d'ombra, nel superiore equilibrio della composizione. Altrove l'oggetto viene sentito con maggiore distacco e si carica di significati simbolici divenendo allusivo di situazioni della realtà presente. Questo avviene ad esempio in alcune xilografie come «La vita e la morte» (1971) che è molto decorativa, in «L'uomo del nostro tempo» (1972) dove lo spaventapasseri lacero e deforme, quasi grottesco, allude alla condizione spirituale dell'uomo di oggi, in «Le amare sorprese della vita» (1973) dove l'animale che ritorna con il cibo al proprio nido lo trova desolatamente vuoto. Un discorso a sé meritano anche i numerosi e riusciti ritratti dove la composizione è dominata dalla figura umana colta, di solito, in un momento del travaglio dell'esistenza. Si tratta di xilografie o di disegni a matita il cui valore è nell'afflato interioristico per cui l'immagine assume di volta in volta i toni della tristezza sconsolata (si veda «Insoddisfazione» del 1960) o quelli del dramma (ad es. ne «Il disoccupato» (1969) e nello «Zingaro» (1970)) o quelli infine del sogno (ne «Il sogno del pescatore» (1973) o dell'intensità della partecipazione (in «Preghiera» (1971)). Altre composizioni ci presentano figure emblematiche colte in un momento del proprio lavoro (ad es. «La ragazza di Desulo» del 1973) oppure personaggi caratteristici di epoche passate fissati con grande incisività (si veda «Personaggio di altri tempi» del 1971). In tutti questi lavori è una notevole bravura e abilità nel trattare la forma e la linea per ricavarne gli effetti desiderati come attesta anche la recente china già citata «Il sogno del pescatore». C'è da notare comunque che, specie in questi ultimi anni, l'arte di Giorgio Tiboni è andata assumendo più drammatiche risonanze come testimoniano le xilografie che vanno dal 1969 ad oggi, quasi a significare - e di ciò fanno fede gli stessi temi prescelti - la crisi e lo smarrimento della coscienza comune in questo ultimo periodo della nostra storia. Pesaro, giugno 1976 Enzo Piergiovanni
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«La nuova Sardegna» - 5 luglio 1962
di Giorgio Mossa Le xilografie di questo artista, rispecchiano il suo temperamento giovanile, privo di problemi complessi, cariche di vita, di luci e ombre, di chiari e scuri, di tecnica. Ma vi è anche una calda e morbida interpretazione della vita oggettiva che si legge nelle opere di Giorgio Tiboni, pur attraverso il disegno perfetto ed una tecnica raffinata, inarrivabile. Le xilografie del Tiboni ci fanno pensare alle belle favole, interpretate e fissate nella xilografia con morbidezza di toni, ove la tecnica del disegno e la scherma del chiaroscuro, delle luci e delle ombre, dei toni e dei mezzi toni, in uno con la prospettiva rigorosamente rispettata, è colma di pensieri sereni. Guardando attentamente, certe incisioni del Tiboni ci parlano della poesia e della vita e ci rammentano interpretazioni poetiche cariche di pathos e di lirismo, velate di dolce e pessimistica malinconia. E ci viene alle labbra il nome del Pascoli, grande interprete della natura viva: il mondo favoloso e poetico di Giorgio Tiboni è quindi un mondo fuori delle interpretazioni cerebrali; egli vive la sua vita, in una delle più famose e ridenti città dell'arte. . . .
Giorgio
Mossa |
COMPIACIMENTO PER L’OPERA DELL'ARTISTA URBINATE GRANDE SUCCESSO DELL'INCISORE GIORGIO TIBONI ALLA GALLERIA BOTTEGA “ G. SANTI “ CASA NATALE DI RAFFAELLO Urbino, 7 Agosto 1976
di
Giancarlo
Di Ludovico Sta ottenendo un grosso, meritato successo, la personale che l'urbinate GIORGIO TIBONI ha allestito nella Bottega di Giovanni Santi, presso la Casa Natale di Raffaello, ad Urbino. Accanto alle manifestazioni di simpatia del folto pubblico che ogni giorno frequenta la mostra, dei numerosi amici e colleghi del giovane artista che gli testimoniano la loro ammirazione, anche i ”maestri” della scuola urbinate, Carnevali e Castellani, hanno avuto parole di compiacimento per l'opera di TIBONI che, attraverso la sapiente coerenza stilistica, l'eleganza formale, l'abilità tecnica, il gusto raffinato, la delicatezza e la linearità del tocco, ha raggiunto punte di estrema pienezza di espressione. Oltre alle numerose opere xilografiche che testimoniano un sicuro impegno artistico-tecnico e che rappresentano il grosso dei lavori esposti, ci sono anche disegni, acquarelli, litografie, che rivelano nell'artista la perfetta padronanza dei mezzi espressivi. TIBONI non è un artista frettoloso, non lavora di getto, (del resto l'arte xilografica non lo consentirebbe neppure), la sua opera è frutto di una meditazione assidua, di uno studio attento, di una ricerca meticolosa, di un lavoro paziente, di un lungo travaglio interiore di cui la nitidezza e la scioltezza delle linee e dei tagli, il felice rapporto tra zone di luce e di ombra, sono allo stesso tempo rivelatori della lucidità della ispirazione e della profonda maturità raggiunta dall' artista. Urbino, 7 Agosto 1976
Giancarlo Di Ludovico |
UNA POESIA RICCA UMANA SEMPLICE AVVINCENTE CARATTERIZZA LE XILOGRAFIE DI GIORGIO TIBONI
di
Sergio
Gentilini Ho avuto modo di visitare a Urbino, ospitata nella Bottega “Santi” Casa natale di Raffaello, la mostra di Xilografie di GIORGIO TIBONI: una personale interessante e copiosa per il materiale esposto. L'autore infatti presenta disegni, acquerelli e xilografie di varia dimensione sapientemente dosate in un alternarsi di colori e di chiaro-scuri, nella splendida cornice delle stanze della Casa di Raffaello Sanzio. Presentato in catalogo da Luigi Servolini, Enzo Piergiovanni e da Francesco Carnevali, la mostra dell'artista urbinate era quasi di fronte all'altra esposizione, sempre in salita Raffaello, dei disegni del maestro Carnevali: una felice vicinanza. Ricche di umane significazioni e accenti poeticamente drammatici, mi son sorpreso più volte sostare quasi rapito dinanzi alla bravura tecnica ma anche all'ispirazione di varie opere del TIBONI: la xilografia, oggi poco praticata, mi confermava l'autore “è opera di pazienza, meditazione, lavoro lungo costante e difficile”, una vera e propria meditazione insomma che il lettore deve tener presente sostando dinanzi all'opera sia questa un insetto, un fiore o una figura. Sapiente, è il caso di affermarlo, è la traduzione xilografica delle significative intenzioni meditative del TIBONI: una poesia ricca umana, semplice e avvincente, un sapiente gioco di chiaroscuri dove la natura nelle sue viscere e nel suo aspetto viene resa con efficacia: lo stesso dicasi della dolente maestà di certi volti, di vari personaggi dove la dimensione più piccola, a volte, impreziosisce il tutto. Realtà domestiche in riscoperta del nostro mondo e della nostra interiorità. In quanto agli acquarelli denotano il gusto del colore dosato, saporoso caldo e silente delle colline urbinati e del paesaggio familiare all'autore.
Pordenone, 6 settembre 1976 Sergio Gentilini
COMMENTO CRITICO CURATO DALLA REDAZIONE DE’ “IL QUADRATO” – MILANO - FENESPART SULLA PITTURA E L'INCISIONE DI GIORGIO TIBONI CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA XILOGRAFIA DI MISURA cm. 24x35 ESEGUITA NEL 1972 DAL TITOLO: “LA SELVA DEI SUICIDI” CON PARTI RIPRESE DALL’ENCICLOPEDIA DEI PITTORI E SCULTORI DEL NOVECENTO EDIZIONE: IL QUADRATO - MILANO. 1998
TIBONI
GIORGIO. Pittore nato ad Urbino, ove vive e lavora» Xilografo di grande
tradizione e di grande valore, Giorgio Tiboni affronta non soltanto temi
naturalistici, ma anche i grandi avvenimenti storici e culturali. Due grossi tronchi in primo piano spingono rami verso l'alto in un alternarsi di bianchi e neri. Grandi cavità e robuste radici attaccate alla terra danno un senso di tensione e di ansia. Tiboni Giorgio scandaglia minuziosamente le sue scene nei vari anfratti. Nella sua ricerca l'artista trae l'origine del suo tormento fino ad istaurarvi un vero rapporto di collaborazione con la propria essenza umana. Ciò gli permette di rapportare le sensazioni visive e l'espressione di una idea o di un fatto storico-culturale in termini forti, in bianco e nero e di permeare le sue opere di pregnante sostanza psicologica; il piacere dell'incisione e la possibilità di poter mettere in risalto senza possibilità di scelta i vari contrasti della vita: la luce e le tenebre, il giorno e la notte.
La sua
tecnica gli permette di andare oltre i soliti limiti, per investire il più vasto
campo della introspezione psicologica, frugare nei segreti di una spiritualità
con la saggezza e la speranza del grande artista. Fra le principali mostre ricordiamo quella tenuta alla Bottega Santi di Urbino, alla Galleria Pogolino di Trento, alla Galleria Amaltea di Genova. Fra i vari critici che hanno scritto sull'attività artistica di Giorgio Tiboni, ricordiamo Luigi Servolini: il grande incisore che su Giorgio Tiboni così si esprime: ”Nelle xilografie che costituiscono la più amata e pingue produzione di Giorgio Tiboni, alcune sono creazioni figurative a sé, altre illustrazioni di testi di prosa e di poesia. Oltre alla varietà dei temi, vanno riconosciute ed elogiate la eleganza formale, la delicata linearità dell'intaglio in nero su bianco, con l’accorto impiego-tecnico del bulino rigato. Milano, 15-1-2000 Dott. Giorgio Falossi Redazione Il Quadrato - Milano
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