Home Petta l'oss

Giorgio Corbucci
Petta l'oss

 

Racconta:  Franco Corbucci

figlio di Ferriero

 

Cosa fareste se lo spazio disponibile in cantina fosse esaurito? Vi arrendereste? E se aveste ancora tante cose da metterci? Non potete mica ogni volta costruire un altro capanno! Prima di tutto occorre saper sfruttare al massimo gli spazi disponibili. Fin quando si tratta di appoggiare un po’ di attrezzi sul pavimento, è facile per chiunque. Anche realizzare scaffalature laterali sulle pareti è fattibile con un po’ di impegno, ma lo sfruttamento del soffitto richiede fantasia e perizia.

Lo zio Mario, nei suoi capanni, non aveva un centimetro quadro libero, neanche sopra, e tutto questo grazie a un ingegnoso, piccolo, modulare e resistente oggetto: l’uncino a “S”.

Se appendete due uncini al soffitto e appoggiate su di essi una traversa di legno, sulla traversa potete poi appendere una intera schiera di uncini che a loro volta vi permetteranno di appendere una schiera delle più terribili cavolate che intendete conservare gelosamente per tutta la vita! Vi pare poco?

L’uncino a S era parte integrante delle soluzioni tecniche dello zio, e lo apprezzava a tal punto che se trovava per strada un pezzo di filo di ferro, lo piegava a S e lo trasformava subito in un utile uncino. Anche nello schienale del suo ape aveva una schiera di uncini e, per ironia della sorte, quando si rovesciò dalle parti di Montelabbate, rimase agganciato con la guancia destra proprio a un suo uncino, come un pesce.

Il tetto del capanno da 20 metri quadri, in cui teneva i polli, le anatre, i conigli, le oche, i piccioni e per un periodo anche due pecore, era fitto di uncini a S da cui pendevano le pelli dei conigli, degli agnelli, e tutto ciò che potesse servire, cioè qualsiasi cosa. Dimenticavo, tra gli animali, quelli più numerosi, cioè i topi, che, da quanti erano, come diceva lui,

“facevano le battaglie”.

In un ambiente con questo tipo di ordine non era certo facile trovare gli attrezzi che potevano servire, anche perché era impegnativo per chiunque concedersi una lunga apnea dal momento in cui si entrava.

Per anni e anni Franco è stato il suo autista di fiducia alla guida del trattore fatto in casa e d’estate partivano quasi tutti i giorni, in missione, nel campo. Un giorno nell’attraversare l’apsa il trattore si è arenato e serviva fare qualcosa per tirarlo fuori. Innanzitutto occorreva una zappa per rimettere un po’ di terra sotto le ruote motrici.

“Franchin, va a chiapé la sappa tel capann, io t’aspett.”

disse lo zio rivolgendosi a Franco. Non sapendo dove lo zio tenesse la zappa e consapevole del labirinto che doveva affrontare Franco glielo chiese, e lo zio glielo spiegò nei dettagli:

“Appena entri tel capann……..sta attent !  Te sbatt tla faccia!”

 

 

 

L'uncino a S

meraviglia delle meraviglie