Giorgio Corbucci |
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Egisto era bravo, sia nel campo liscio che in gioco libero all’aperto. Era piccolo ma molto forte, nerboruto e solido. In campo libero poteva lanciare la sua boccia anche molto lontano. Con l’avvento dei campi da gioco illuminati, le sere d’estate erano dedicate al gioco delle bocce con tutte le sfide e le discussioni sia dei giocatori che degli spettatori. Una sera la partita era più tesa del solito e il momento culminante arrivò inevitabilmente verso la fine, quando ogni punto vale davvero molto. Tutte le bocce erano molto vicine al pallino e restava solo Egisto, per ultimo, con una boccia, quella decisiva, perché il punto era ancora degli avversari. Doveva decidere se “menare” o “costare” e il pubblico propendeva per menare. Specialmente uno degli spettatori, circa a metà del campo da gioco, si accalorava nell’incitarlo a menare. Sforzi inutili: Egisto avrebbe comunque fatto come voleva, e decise di costare. Il suo lancio fu perfetto e raccolse il punto. Visibilmente fiero e soddisfatto si avviò verso l’altra estremità del campo da gioco con passo lento ma deciso. Quando arrivò all’altezza dello spettatore più accalorato che continuava a sostenere che comunque sarebbe stato più logico menare, lo gelò seccamente:
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Il gioco delle bocce: una cosa seria
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