VII° e VIII° Concorso
2008 |
Tutti gli autori dialettali |
DINO TIBERI
FRANCESCO SAVERIO GIANOTTI Urbin:
Al Circol Cittadin: In famija: Kibiusa Un sprocchj amo' de cinquant'ann Miarin:
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N.B. Gli atti del VII e VIII Concorso sono stati pubblicati in un unico volume di "V'l'arcont in dialett" Hanno quindi una unica Sezione Antologica
DINO TIBERI: BREVE BIOGRAFIA Dino Tiberi è nato e vive a Urbino. Figlio di coltivatori diretti, ha saputo conciliare lo studioal lavoro dei campi divenendo ben presto un attento osservatore del modo di vivere e di pensare della gente contadina. Ha svolto, sempre negli anni giovanili, un'intensa opera di collaborazione giornalistica con vari quotidiani e con la RAI percorrendo, più tardi, i massimi gradini dell'attività amministrativa regionale. Il suo impegno letterario è tutto improntato ai valori della tradizione, delle meraviglie della natura e della grande saggezza dei vecchi.
Ha dato alle stampe: IL RANCO - Stibu, Urbania, 1985 (esaurito). Premio letterario Frontino-Montefeltro per una originale esperienza sociale e culturale. Riproposto in seconda edizione come terza parte del libro "Il dono della memoria" DA BADO' - Stibu, Urbania, 1987 (esaurito). Ripubblicato in una nuova edizione con il titolo: IL MULINO DI BADO' - Editrice CHINI Macerata, 1995.
IL SILLABARIO DI BADO' - Grafica Vadese, 1991 Premio
letterario Frontino-Montefeltro STORIE DA PROVERBI MARCHIGIANI - Grafica Vadese, 1993. IL DONO DELLA MEMORIA - Editrice QuattroVenti, Urbino, 1995 IL SALE DELIA VITA (Con altri Autori) - Rezzara, Vicenza, 1997 LE MARCHE: I PROVERBI E LE STAGIONI - Editrice Capodarco, Fermo, 1997 - 2a Edizione 1998 I COLORI DELL' AUTUNNO ( Frammenti di memoria per il nuovo secolo) - Edizioni del Punto Grafico, Urbino, 2000.
Ha onorato la nostra collana, V l'arcont in dialett, con La not dle stregh, una memoria sulle antiche credenze popolari.
Quella diabolica mania di evadere di Dino Tiberi E
domani è San Giovanni, dentro il sole, all’apparire, per
vedere nel piatto d’oro Così Gabriele d'Annunzio nella Figlia di Iorio riecheggia la leggenda abruzzese secondo la quale, la mattina del 24 giugno, le giovani ragazze che si volgono a oriente possonocorgere, nel disco del sole nascente, il volto di San Giovanni. Colei che lo avrà visto per prima si sposerà entro l'anno. Leggenda che, come tante altre del resto, lega la narrazione evangelica ad un evento reale che proprio in quel giorno accade nel cielo: il sole, che ha appena raggiunto il solstizio d'estate, comincia a decrescere e a girare, pur impercettibilmente, come volesse piangere il Battista decollato. Un'apertura che
aiuta a capire il senso di questa data che ha fatto versare fiumi di
inchio- % |
% Comunque la si voglia mettere, resta il fatto che la gente, colta o ignorante che fosse, difficilmente riusciva a capire il perché aleggiasse, proprio nella notte di San Giovanni, la presenza inquietante delle streghe che gli antichi romani chiamavano strix (stridore sinistro) e che si presentavano come un uccello simile al gufo, con la testa grossa, il becco e gli artigli da rapace; solite a riempirsi il gozzo con il sangue dei lattanti che rubavano dalle culle. Soltanto nel Medio Evo le striges assunsero volto e fattezze umane, da donne vecchie e repellenti prima e quindi anche da ragazze giovani e belle per le quali sono rimasti proverbiali, anche tra di noi, detti come: l’ha streghiti;guarda che strega; sta atent ma cla stregai. Mi sono dilettato, di recente, con la lettura dei Racconti di Luserna di Josef Bacher, tradotti in cimbro e in italiano da Alfonso Bellotto (libro fuori commercio, gentilmente procuratomi da Lucia Ranzi, colta insegnante trentina e grande appassionata di cavalli) ed ho rafforzato il convincimento che è impossibile trovare un senso logico, uniforme per queste espressioni di fanatismo e di delirio popolare; tanto sono diverse nei riti, nei significati e nelle conseguenze non soltanto a livello di grandi aree del mondo occidentale, ma anche da regione a regione dello stesso paese. E sì vero che i Racconti di Lucerna (isola linguistica di origine germanica nel Trentino) affrontano il discorso delle streghe sottolineando aspetti comuni a tutti, Marche comprese. Basti pensare al parlarne, nelle serate invernali, nelle contrade come nelle più sparse colonie; all'attribuire a questi esseri poteri magici e misteriosi capaci di farli agire da soli o in unione con spiriti malvagi; al loro presentarsi spesso come mendicanti (a Girfalco erano i purett); alle loro sembianze di vecchie dimesse e a volte repellenti (gobbe, guerce, sciancate). Ma, mentre nel Trentino il maleficio delle streghe, raccontate dal Bacher, trova sbocco puntualmente in danni irreparabili quali la morte, le malattie misteriose, la scomparsa di bambini, la presenza di mendicanti vendicativi, i temporali improvvisi, le epidemie ed altro ancora. Nelle Marche, da quanto io ricordo e ho potuto documentare attraverso il racconto di vecchi, la leggenda raramente finisce nel tragico e nel potere pieno del maligno. Vi andavano di mezzo per lo più l'unità della famiglia, i rapporti con i vicini di casa, gli affetti, l'andamento delle colture, la salute, la fortuna. Insomma, magie e cattiverie da accostare alla fattura. E da tener conto, comunque, che nessuno, allora, poteva immaginare che, nell'arco di poco più di mezzo secolo, anche il mito della stregoneria sarebbe stato definitivamente compromesso dalle teorie scientifiche di questi giorni, che hanno dell'incredibile; che intaccano, non soltanto il fascino del sovrannaturale, ma anche il senso del maligno, inteso nella accezione più comune di cattiveria e malvagità cosciente. Infatti, per John Dancer e per altri studiosi, sufficientemente documentati, non vi sono dubbi: la grande epidemia stregonesca. protrattasi pesantemente fino al 1800, altro non era che la materiale conseguenza di una serie di eventi sfavorevoli, l'uno concatenato all'altro: il freddo e la siccità, le carestie che costringevano a fare uso di cereali di scarto anche tossici, il venir meno dei poteri di difesa, le epidemie, l'indebolirsi delle condizioni fisiche e psichiche delle persone più anziane, il turbamento collettivo del quale facevano le spese soprattutto povere donne senza colpa, trasformate in streghe. Non per nulla, sta montando il convincimento che anche la Grande Paura dei contadini francesi del 1789 fosse il frutto di una intossicazione da segala cornuta, capace di produrre (con la muffa Clavicepspurpurea) una potente tossina. E si spiegherebbe così anche il perché regioni centrali come le Marche fossero colpite dalla stregoneria marginalmente rispetto ad aree occidentali della Francia, della Galizia spagnola, della Scozia e dello stesso Trentino, dove per lunghi periodi il fenomeno galoppò di pari passo con le crisi cerealicole. Ma per evitare che il discorso si complichi per una pretesa di conoscenza che va oltre le mie possibilità, mi pare proprio il caso di ritornare nelle campagne di Girfalco, anni Venti. S'érme già arivèti, da più de dó or, diétra i cèpp d'ginestra del vòlt de Che Biondèll, senga artirè el fièt, spavritti com el falch... (eravamo arrivati, da più di due ore dietro i cespugli di ginestra della curva di Ca' Biondello, senza tirare il fiato, impauriti come il falco...). A dare avvio a questa storia era zio Secondo (detto Scondón per la sua esuberante corporatura) e l'accaduto si riferiva alla notte di San Giovanni del 1926, quando aveva ancora vent'anni e non pochi credevano alle streghe, tanto da discuterne con contrastanti interpretazioni e con l'immancabile curiosità dei più piccoli. In verità, nel racconto dello zio questi esseri misteriosi sembravano più determinati a far provare, ai temerari che li sfidavano, il brivido dell'imprevedibile e della paura, che il rischio della vita. Si era tutti convinti che le streghe prendessero possesso, nella notte del Battista, del corpo di buoi, pecore, capre e maiali alloggiati nel buio delle stalle e che abbattessero porte e steccati per una avventura mozzafiato attraverso i sentieri e gli scoscesi più riposti. E così che al quadrivio di Ca' Biondello, quella notte, giunsero, inferocite, quattro vacche che, a parere dei più, erano le maremmane del Sor Fabrini. Avevano gli occhi rossi come lanterne, le corna smisurate, il pelo arruffato (buflutt) e tanta irruenza da spingere Scondón giù per la scarpata nonostante si trovasse in buona posizione di difesa, con un robusto forcóne nelle mani e due scope incrociate sulla strada. Ma nessuno incappava in conseguenze tragiche. Restavano, se mai, stanchezza, incredulità e sospetti attorno ai quali si discuteva a lungo, specie d'inverno, attorno al fuoco. C'era chi giurava di aver riconosciuto l'animale del vicino di casa e chi azzardava addirittura il nome della strega che l'aveva noleggiato, soltanto perché gli risultava che il giorno successivo aveva dato, in famiglia, segni di nervosismo e di stanchezza o perché aveva dormito più a lungo del solito. E gli scherzi messi in atto nel nome e per conto delle streghe? Roba da matti diceva Scondón, sternutendo per l'ennesima presa di tabacco. In realtà i giovani soprattutto, spinti dalla voglia di provare finalmente una qualche emozione proibita, non si davano pace fino alle prime luci dell'alba. Avvolti in sacchi e lenzuola, il viso annerito di fuliggine, corna e coda di cartone, facevano saltare giù dal letto la gente, sfasciando le porte di casa, appendendo alla finestra teschi di zucche illuminati o dando la rugla (rotolare nei pendii) a birocci, carriole, mastelli, tinacci e quanto altro capitava loro tra i piedi. |
... CHIUDA 'I OCCHJ E FÈ FINTA DE DURMÌ Storie e ricordi urbinati di Francesco Saverio Gianotti
autopresentasion di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Ho superat 84 ann e so' grat ma i mi' genitor per avem fatt nascia in Urbin, incomparabil selettiva riservata città splendidament rinascimental, etnicament popolar e non plebea; dov la bellessa dla natura s'arricchisc de particolar luminosità cultural non riservata a poch ma diffusa a tutti; dov l'innata discresion pó a volt mutass in orgoj ducal mai in ostentasion, mai in protervia; dov el progres evolv condisionat da etica ed argusia; dov el nov sostituisc el vecchj sensa cicatric; dov 'i antich valor resten pilastre d'una rasional serenità. Mi' moj é del Montefeltre, i du fiol en nati a Urbin; de pió en so riuscit a fè. Dal 1955 al 1997 ho lavrat all'Istitut d' Idrobiologia e Pescicoltura "G. B. Grassi" dla facoltà de Sciens MM.FF.NN. dl' Università degli Studi de Perugia: assistent incaricat, assistent ordinari, liber docent, titolar de cattedra e direttor. Dal 1960, ann dla fondasion, cur l'edision dla RIVISTA DI IDROBIOLOGIA dl'Ateneo Perugin, unica in Italia, ben nota alla comunità scientifica internasional e anche de questa so' stat direttor responsabil dal 1997 al 2004. Tel 1976 dvent socc fondator dla Società Italiana di Ecologia (S.IT.E.) e tel 2005 vengh nominat socc benemerit. La cinofilia fa part del mi' patrimoni genetich; la curiosità e l'abitudin a cerchè e ricerchè m'hann fatt dventè studios di can sensa pel nè tla testa nè tla lingua, com dighne i mi' amich e confermen i cnoscent. Lesion, conferens, tavol rotond, seminari per facoltà, scol medie superior, enti pubblich, associasion; articol, dibattit, recension in rivist scientifich, in important periodich tel settor "cinologico/venatorio". Libre diversissim tra d' lor, prò tutti sa 1'intent de fè acquisì conoscensa critica ai lettor e non addormentai prima d'arrivè alla fin. 1974 - Cane e cacciatore - Definizione del cacciatore. Origine ed evoluzione delle razze canine. Una antica amicizia: uomo e cane. Addestramento del cane da ferma. Ecologia della caccia. Editoriale Olimpia. Firenze. "... un libro notevole tanto per contenuto che per stile... " "... fraseggio duro, compatto, che non cerca di persuadere, ma, caso mai, come un atto di accusa, mira ad ottenere dall'interlocutore un esame di coscienza, in definitiva uno stile unico nella letteratura venatoria... " (Alberto Maria Simonetta) 1980 - Lo spinone. Un cane per me, per voi, non per tutti. Editoriale Olimpia. Firenze. "Te lo vedi dinanzi, allora, gli occhi penetranti che scandagliano e rifiutano la menzogna in sé e negli altri, la vena di lucido humor che si alterna ad esplosioni di sacrosanto rigore, il desiderio di "imparare", socraticamente sempre imparare insegnando e, soprattutto, la lealtà, quella lealtà che rende ogni discorso culturale o del quotidiano, scientifico o letterario, pedagogico o personale, una esperienza di civiltà" (Fanny Monti). "... quel che credo di dover ripetere é che il suo libro é destinato a rimanere un documento fondamentale in quanto quel che sugli Spinoni non c'è in questo libro non vale la pena di essere saputo" (Alberto Maria Simonetta). 1987 - I1 triangolo della coda di cane - Momento d'estate tra cani e strane persone. Edizioni A.R.C.I. Roma. "Non ho mai avuto un cane, nè da caccia nè da altro (...). Adesso ne vorrei uno, dopo aver letto Il triangolo della coda di cane. Quel professor Gianotti ha qualcosa di diabolico, ma io col diavolo ci vado d'accordo " (Mario Albertarelli). "... 170 pagine sorprendenti, originalissime, intense che l'autore ha battezzato "momento d'estate tra cani e strane persone", in realtà nulla e nessuno é strano: anzi tutto somiglia a ciò che doveva essere il mondo fin dal principio, quando era ancora possibile l'armonia" (Mirella Delfini). "Alla grande precisione della tecnica linguistica, raffinata, fa riscontro una ricchezza poetica sincera e cristallina che in alcune pagine, in particolare, assurge a lirismo puro (...). Il cane si trasforma in simbolo oggettivante d'umanità pura e fiera, priva di inibizioni e pronta ad accogliere la libertà non turbata dall'ipocrisia e per niente disposta a cedere i suoi palpiti al compromesso" (Giuseppe Maradei) 1988 - Lo spinone - Benemerita razza da ferma per cacciatori meritevoli - Editoriale Olimpia - Firenze. 1989 - Il rapporto uomo-cane - Antologia per un sentimento - Quaderni Regione dell'Umbria - Serie istruzione e cultura - Perugia "Gianotti, invece, credo proprio che abbia fatto un'operazione diversa e più stimolante: ha scelto sì fior da fiore, ma questi li ha ordinati per ottenere un reale racconto, un vero libro (...) al fine di comprendere quel magico rapporto, collaborativo, affettivo, che unisce il cane all'uomo. Il che vuol dire, in prima istanza, la comprensione dell'uno e dell'altro, e solo poi delle affinità elettive, dei preadattamenti che hanno portato all'eccezionale fenomeno sociale, all'unica vera, miracolosa, simbiotica amicizia tra due specie diverse" (Danilo Mainardi). 1998 - I Meritevoli - Ovvero tutti i cani e le persone con attiva coscienza - Cerboni Editore - Città Di Castello (Perugia). "È un libro selvaggio, duro, boschivo, crudo (...). Quest'opera sapida di selvatico é nello stesso tempo un trattatello morale (...). I1 pregio più raro di questo libro é l'opulenza di vocabolario, risuonante soprattutto di parole antiche, di nomi di alberi, di fiori, di uccelli, volati via dal lessico moderno, scomparsi dai nostri paesaggi chiassosi (...) e questo provvido libro é un apprezzabile esempio di ripopolamento di biodiversità" (Giuseppe Sermonti).
En el so s'el temp che consum a mo se chiama "terza età" o "quarta" o "quinta"; so che st'ultim pestin che resta dla mi' part è invrucchiat de dolor: in pochi més ho pers el mi' fratell Lindo e du amicch Aldo Annibali e Otello Lucchetti. "Stè fort a la battuta": Farsi coraggio nel momento della disgrazia: m'aiuta ste proverbi nostran segnalat da Dino Tiberi (1993): "... poco conosciuto, sebbene straordinario ed efficace nei suoi significati. Di certo uno dei più belli (...). Metaforicamente allude alla forza d'animo, cioè alla capacità di non arrendersi ai colpi della malasorte". De Aldo, artista e profesor, l'incision ben alocàt ti mur de casa mia, tle pagin de qualch mi' libre, arlucènt, rabonischen, tojen 'i amanch, dànn l'assica de capì anca quel che mai s'è vist. Sa ló condividerò el sepolcre sepùr in mod divers dal sua. Otello, dotor dle bestie, per tutta la vita è gitt via dritt com un fus seguend el giurament d'Ippocrate anche se i su' malat eren animal diversi daj òmin. Fra le tant virtù aveva la "curiosità intelligent": nel periodic ufficial dla Medicina Veterinaria Italiana è pubblicat un su' articol che cmincia dacsé: "Rileggendo nel 1° libro dell'Iliade l'episodio della peste che infierisce nel campo acheo, mi sono chiesto, un po' per curiosità e un po' per abitudine professionale, di quale morbo potesse trattarsi". El mi' fratell ha lasciat scritt (Genova, 1990) che ma ló, burdlin inventor de bravat "per imparare a vincere la paura, la su' nonna, ch'era anca la mia, 'i ha dett: "Non devi mai cercare il pericolo, bimbo. Per essere coraggioso devi soltanto aspettarlo e stringere i denti quando arriva" (...). "La giovinezza me l'hanno rubata: a vent'anni ho fatto la guerra. Tra i miei soldati ero io il più giovane. (...) A vent'anni ho avuto paura di morire, di giorno, di notte, all'alba e al tramonto. A vent'anni ho imparato a chiedere a Dio di darti una mano quando non sai più cosa fare. La giovinezza a me l'hanno rubata. (...) Fìnito il tempo degli aquiloni, finito il tempo delle speranze ansiose, fmito il tempo della fatica quotidiana; ricuciti gli squarci, messi in un fagotto i pochi rimpianti ed in un sacco enorme i bei ricordi, circondato d'affetto, vivo, ormai, l'ultima età. Di tanto in tanto, ad occhi chiusi, vedo la mia traiettoria che si avvicina sempre di più all'inevitabile Impatto e... non ho paura". "Ho sempre diviso tutto con i miei soldati, anche la paura". (Sauze d'Oulx, 2001). "Vorrei che la morte non mi ghermisse. Vorrei poterla riconoscere e guardarla avvicinarsi senza troppa paura" (Sauze d'Oulx, 2001). È per me consolasion e forsa sta sintesi acuta chiara affettuosa com la su' cosciensa, com i su' impuls, com la su' rasionalità: "A mio fratello sono sempre stato legato da un indistruttibile amore contro il quale si sono, ripetutamente, infrante diversità di ideali e divergenze di opinioni. Siamo nati insieme ma la vita ci ha separati molto presto, ancora ragazzi: il 16 marzo 1942. Abbiamo percorso strade diverse con pochi giorni e poche cose in comune. Ma siamo rimasti sempre "gemelli" perché il dolore o la felicità dell'uno erano sempre tormento o gioia per l'altro. Resteremo uniti anche nel regno di Dio". (Sauze d'Oulx,2001). Anca Lindo gìramond, "irragionevole zingaro" com i diceva la prima innamorata, "generale dell'Esercito", aveva nel su' angol segret, la nostra città natal, Urbin.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
I malvon de casa mia: natural, variopint ornament, el prim salut all'amich, a chi amich en è. Accoglien cortesement chi vien in pac, non ipocrit e malign. En so' sicur se sìen Althaea rosea; o spéc affin o incroc; a pochi palm da terra o alti vers el ciel; sboccien anca distes, poch prima de morì.
Ma Gaifa en allignen pregiudissi fisim arzigogol; attacchen, invec, convinsion ben radicat, concett chiar e meditat, progett tenacement cercat; la tolleransa vien da bonomìa innata, da illuminata educasion. Intima allegressa che spess en se mostra. Sfumatur de delisia. Cuntentessa de brev durata. Improvis inaspetat giubil quasi violent. Malinconia sensa mestisia. Dolor sensa disperasion. Com la vita di malvon. Mutando al mej rinverdì ogni primavera; ricreèn nov fors, arpensè tês ipotesi apassit, rinvigorì certess un po' sfibrat, per dilla da sincer: malèrba malefica no davver. Nascen da soli dov vojen lor. Piant isolat o a grupp; larghe le foj; cauli delicat; fior solitari o infiorescens; 'na mucchia de color: bianch, bianch-rosat, violett, ross porpora e ross scur; rifiorì d'altre convinsion. Com la vita di malvon. I malvon de casa mia èn progeni de sem rivati maché naturalment, de voje pueril, de sogn fanciulli, del fior scolpit dal mi' nonn sa 'l bellissim profil dla su' sposa. I malvon de casa mia: sgargiant invit a ritornè per l'ospit tranquil e grat che se congeda: "urbinat se nasc, ma pur se dventa se un é intelligent, bon, civil e criticon, s'en ha paura cultura ironia, de qualch accident.
La casetta sa 'l giardin sol tel mi' sogn é un pestin d'Urbin. Ogni tant ho bsogn da chiuda 'i occhj e fè finta de dormì.
URBIN
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Antichissima Urbin: manch i più brav. com Varrone, Plinio il Vecchio, Procopio, sann qualcosa di abitant precedent l'invasion celtich e l'arriv di Gall Senon quatrecent'ann prima d' Crist. En è quest el su' primat mondial.
Splendida Urbin, piccola città de madón fatti ben sa la terra bona, ben adoprati p'r i mur "colati" [1] per le ripid piolett, minca tinti, ma cotti, solid color particolar inalterat ch' en contrasta sa le pietre bianch sa 'l verd e sa 'l celest. El fascin tippich unica la rend incorrotta; ogni volta ch' la vedi è ognor più bella. En è quest el su' primat mondial.
Esaltant Urbin comunica con tutt le rass uman e quel che ognun percepisc en vien sol dal palass ducal, ma irradia dai quartier, dalle contrad, dai tett, dalle voltacc, dai torrion, dalle port, dai porton, dai murajon. Presios segni del passat ancor ti gesti dle person; ti ton dle voc bass, alt, cansonator, rarament arrogant; dolc inflession dialettal; intonasion per lo pió tranquille, alegre, a volt sever, rassegnat, disprat mai. En è quest el su' primat mondial.
Urbin se trova quasi tel mezz dl' Italia tra Appennin e mar; 'na volta region de transit obligat, da troppi calpestat e quei del post prest hann imparat. a non avé paura, a difendse, a resista ad oltransa. Aglomerat de cas in cima alla collina; villagg sa 'l territori intorn; cittadella fortificata; staterell militar; piccola città tuttora sa 'l palass ducal, ma non sol quell.
El palass, dacsé com'è, en ce saria daver se prima en c' fossa stat tutt el rest, principalment i capoccion, solidali tra lor e sa la gent, ch' hann saput usè anca la guerra per costruì opre de pac, d'art, de cultura.
Dall'intricat storich condision, per intelligensa, abilità, per capacità de scelta e bona sort nasc, sviluppa, diffond "il contributo alla civiltà mondiale" [2] dla piccola Urbin che conquista "un posto speciale e singolare, per ragioni de spazio e di tempo" 5 e "il paragone fra qualità e quantità é stato e rimane vertiginosamente diverso da quello consueto" 5 Quand é mort el ducat el patrimoni intellettual en è sprecat: era già part immortal dl' umanità civil.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
De quel mondial men important, ma degn d' ess' arcordat: per denigrè Urbin ce vol un papa cattollicch apostolicch e roman.
El sor Borghese Camillo com mestier facend Paolo Quinto per tre lustri e un més, un giorn d' "impasienza" 5 definì el ducat d'Urbin "un fondo di scattola" 5.
Un altre giorn era in agitasion e per Galileo Galilei inisiò secolar vessasion.
Un giorn de buon umor, tranquill e sazio, beatificò Di Loyola Ignazio dei gesuiti l'inventor.
'Na volta, per passatemp, costituì l' "Archivio Vaticano Segreto" [3] el nascós dacsé ben da non potell artrovè e non s'arcordava quel ch' aveva mess dentra.
En è favola per i burdlin d'Urbin; è verità provata, é riflession su coerensa umana: l'attaccatissim alla famija é chiamat nepotista e non stimat se le dona "la splendida Villa Borghese sul Pincio a Roma" 6, se nomina cardinal "il nipote Scipione Caffarelli Borghese" 6 "con una rendita di 140 mila ducati annui" 6
Alla stessa persona gloria imperitura, invec, quand scaja vituperi contra un ducat inter se per l'asinin papal villanat la part offesa merita un primat.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Anca in Urbin raffich de tramontana schianten ram, antenne e brombolón; aterren comignol, insegn e le person. Fan corra per la schiena 'na barburana d'ira, d'invidia e d'ambision.
Anca maché el scirocch umid e cald incolla vestit e pell, pell e lensol, sa 'na mistura d'aria trista d'ailant, sa 'l vapor ch'arriva dai tumbin e sa 'l sudor. Per tutt el corp stremuliss e tremor d'accidia, negligensa e d'impostura.
Son venti forestier, comuni a tant, variament chiamati, subiti da tutti e da nessun graditi. El nostre è un venticel local, sensa pretés, estros, irriverent e bonaccion. L'aura urbinat, la bressa o bressolina, con media forsa o debolment vien gió da Petran e Petralata, dai Sassi de Simon, da Pietra Rubbia; va a salutè el mar; scavalca le Cesan; accaressa i cipres de Loret e Bernardin; se disperd per vigol e piolett; fa el gir di torrion e dle piassett; se lancia per le strad e le stradett ruba i petal dle ros in t'i giardin, i fior di pesch, mandorl e cilieg; fa cadé le cann di pundor e fagiolin. El nostre venticel gonfia stendard e gonfalon de cortei e procesion e chi porett ch' èn attaccati porta a strascinon a sbatta contra i mur ed i porton. Spegn candel, ceri, fiaccol e le torc o fa brusciè i veli verginal, i capucc neri de quei dla Bona Mort o chi bianchi del Corpus Domini: fiera tenson fra paura e onor d'incapuciat ed è sempre la prima ad avé la bona sort. Scarpisc dalla testa di pret el caplon rotond ner lucid e dur; a rotolon p'el scalon del Dom e gió gió oltre le mura e quei corren sa la tonica tle man e fan veda i calson e, quand salten i foss, qualcun anca i calsett ross. Alsa le gonn ma le signor, le stend orizontal, l'arbaltica e quelle strillen e par che ballen; en vojen butè via i lor sachett e tenten de cupriss tenend bors e pachett: epica lotta tra sparagn e pudor ed è propri ló, el pudor, sempre sconfitt sensa rispett. Sbuffi, soffi, folatin porten brio, bonarietà, teneressa, un po' d'orgoj pacios, 'na mulichina de ducal fieressa, 'na voja de tranquillità possibilment allegra; porten bonsens civich e moral. velocissimi e stridenti com un gioch selvagg com natural necessità. fors l'eccitasion de stè insiem, fors un incoraggiament. Quell'ali lunghe, appuntite, a falc, e la macchina era ferma; ho fatt 'na figuraccia e sol la risata femminil e la caressa m'hann salvat la faccia. Ho dormit per un second, un sol, mentre guidav 'na cinqucent; ho sdradicat 'na cerqua de trent'ann e ho dormit du més filat, da incoscient. Per brev temp soltant e tropp de rad l'ali ner strett alungat, a mezzaluna me porten p'r aria tra i rondon e dvent cacciator specialisat a catturè al vol parol adatt, a incastonalle insiem per significhè qualco', anche strasi anche rancor, qualco' ch' aiutti me e almen un antre.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
La differensa è propi questa: in tant paes, tle gran città la nebbia fitta ma tutti fa incassà; se scontren fra de lor, ti mur batten la testa... A Urbin, invec, ved anch' i color la gent perchè la nebbia ne sveja l'attension, favorisc total coperasion e ma ciascun ringalussisc la ment.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Con precis appuntament, alti sopr' i torricin, pó intorn alle cuspid e infin radent le bas i stormi fitti de rondon un dietra cl' altre giren mai accostat al corpo, sa battit rigid rapid potent alternat a scivolat rendon aerei sti uccelli neri che posson accoppiass anca voland e volando dormì. En sann pió posars al suol le sampett atrofisat e i ugna guss arvoltati in avanti El lor vers é fort acut penetrant; en sa de dolor ; en sa de rabbia: é uccel social sto rondon; fors espression de vigor, fors l'ebbressa dla velocità,
Io, animalett terren terragn terricol, a volt terreo, ho provat nel sedil posterior
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Adagiat sulla collina, con facilità sol apparent ne segue l'andament el palas ducal de laterizi e pietra local, sensa complicasion struttural, in unic compless d'armonios splendor ben oltr' el schema rinascimental. Equilibrat potent opra monumental, irrobustita glorificata vissuta dalla coscient fiducia popolar tl' autorità sovrana pcina pcina, ma pront' a imparè, rapid' a inventè el bel el bon non sol per sé, ma per el ben de tutti.
A orient, entro la cerchia, la facciata ad ali pianament distesa pacifica serena trionfal, con monofore, bifore, incorniciat finestron porton enorme, atrio d'ingres e la veduta del cortil maggior.
A occident non opprim come barriera, sovrasta per cortes invit la facciata di torricin snelli alti dominator per magnifìcensa non per terror; i pinnacol terminal ricamati acuti com i sguard de tutt i cittadin. Peculiar gioch de dentra e fora, de pien e vot sensa violensa, sensa contrast. En è stereotipat immagin de reggia favolosa; en è miragg; è concret proposit de superior ragionament, de volontà serena e fort. È schiett' architettura, musica eccelsa che se pò tocca, solida ospitalità de poesia sublim. En hann imprigionat la luminosità del ciel, de tutt el paesagg l' hann onorata e convinta a restà primari fondament de bellessa e libertà insiem sa la serena baldansa d'ogni popolan. En hann catturat l'aria marina e i vent montan, hann invitat a entrà folat rafficch soffi aure dla rosa di vent ch' ora vann per scalinat ramp corridoi sale salon sens' angol mort, sensa ristagn. Hann mess insiem volutament el respir del mond circostant piant, animal, l'incorrotta piccola gent. All'inizi era de pochi per tutti ed ha servit tant generasion. Col temp è dventat "de tutti per pochi" e quasi l'hann dimenticat Oggi, se pò sperè, per el progres uman, ch' armanend de tutti, a tutti serva de confort, d'educasion, a viva libertà e speransa. Com tel cimiter se cammina pian entro ste mura; se parla a voc somessa spontaneament nasc el rispett. Maché c'è l'art: espression qualificant la specie. Se guarda attentament s' ammira, ce se stupisc, ce se sgomenta, se palpita, se viv intensament. Se va via legger, de gnent prigionier, consolat consolator, liberat liberator, serenament rammaricat, fiducios e tranquil: è arrivat l'insegnament com lustre sém portat dal vent
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Ho credutt da burdlin, per un po' de temp ma non tant, ch' el protettor d'Urbin fossa Crescentin soldat martir e sant. Non urbinat sola proprietà, ma ben condominial de du città; protesion sensa completament dat che la testa en ha seguitt el corp durant el rapiment. Non molta confidensa, ma 'i onor dovuti: alogg dentra al Dom e 'i attributi: pennacchj stendard e dragon. Poca frequentasion: sotta 'l baldacchin in procesion 'na volta all'ann; davanti banda musical, vergini e cantor, dietra arcivescov, canonnich, monsignor, pret, frat, compagnie d'incapuciat, i vecchj di Capucin, i ragass del discolat e un po' de popolin qua e là racimolat, quel ch' arriva tardi o non arriva en reca dann al rito preparat.
Fin da ragass cnoscev dal ver i paracarr de pietra bianca in angol smussati di canton de case grand e palasson. In t'i libre ho artrovat qualch "protettor" contra carri, caros, brocc e bruccin, ben modellati a fung, a cipolla, sa mensola, conci e ornament; non sol difensor, ma espression dla sensibil elegansa del padron. I protettor de pietra lavorata en nascondne faida e rapina, en celen l'imboscata.
Un sant decapitat, i paracarr armasti pochi e logorati: de "protettor" un grupett pcin e scalcinat. Insiem, prò, finor hann funsionat e la città secolar naviga sui colli, dal tempo rispettata, dal vent accaressata, da fior de macchia profumata. Oltre che protesion forsa vital porta la gioventù che vien da tutt i pol e sempre se rinnova: arriva sperand, con amor va via; conserva nel su' cor la nostalgia.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
In qualch vigulin, in qualch pioletta en bastava sporgia testa e coll dal finestrin per veda del ciel una striscetta tra le du col de front acsé vicin. A primavera striscetta celest/azzurrina, blu/turchina d'estat, per l'autun azzurra/celestina, celest/bigia tl' inverne più spietat. Qualch nuvolon scur sa i orle sfilacciat sopra i tett, a volt da grig e dens strat pioggia fitta, manch 'na saetta sfolgorant, manch un balen; per alleviè disag e pen manch un pestin d'arcobalen. En c'eren crepuscol nè chiaror d'aurora; el sol a nessun'ora; sperè "rosso di sera" en se poteva; manch 'na stella s' arcnosceva; altrov era la luna: immaginalla se doveva. Fora de casa, a chi p'r aria guardava, cacca d'uccel, non ragg de sol, tla faccia 'i arrivava e per consolasion c'era el proverbi che "fortunat" el dichiarava. Contra muff sorc bagaross continua lotta ha cancelat de stambergh, de tuguri lo squallor, ha confinat ti ort talp lombricch e lumacon; sistemat gas, fogn e lampion. Hann fatt piassett, piass e piassal sa siep ed alberon; aule, bibliotech, laboratori hann rigenerat lungo le piole convent, lazaret, palas abbandonati persin l'aiole. Quartieri novi for dle mura èn nati sensa distruggia l'art o profanalla, sensa rovinè natura o rompa el paesagg. En se veden manch dai torricin nascosti com èn da le collin. Non i bov, ma le macchin se lascen al Mercatal: sa gran arcor per om e animal. Anch tel palas ducal hann lavrat, aveva propri bsogn d'essa rinfrescat. Per i urbinat va tutt bnon: nisciun sarà dacsé cojon da vlè bonifichè la voja de sturzè, le risatacc del butacc quand se fa càcco, el rida da chel mod sopra se stess, la flemma, la creansa, el pettegoless, la crescia del panàr sa l'erba cotta, el galnacc a la gusutta, 'na fojetta sa i lupin, briscla, tresett, le bocc sa 'l pallin.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Svanìtti per areclamm indiavlat ingasaritti da la moneta arriven tanti all'ardunaticc specialisat dla "cultura alimentare", del dgiùn, dla "dieta". I còch sa i capplon; gastronom capiscion; quei ch' tenghen tra indic e pollicc el piedistal del calicc e degusten el vin sa la bocca a cul d'galin; rafacan leterat; el cler sgolfanat; i mèddicch del settor; i pió pinsón saputt de tutt'i proffsor. Per l'orgòj dl'imbisios ardun inganscitti de birbarì president consiglier segreterì d'asociasion sodalisi società; sempre present el minister dla sanità. Per sandrón e minutàja magnat a stuff ingonsat a strosc e pó, sploda de foch artifìcial, "seminari, simposi, dibattiti, relazioni", listess de bgiòligh, pàppol, cianc, arvultiloni. De sti fatutt la gran marmaja a strascinon tl' identica brodaja; se sbrodolen tra d' lor, en parlen per la gent, la massa popolar en c'arcapessa gnent.
- Èn bone e belle le tajatelle. - Per marpión e alupitt i boconott rabitt. - Tla testa e tra le gamb el scaruss di caplett lampàt sora 'na tvaja d'luss. - Forne birarost pignatta caldar tegamin: è sempre 'na goduria el sor baghin. - Sa spianata crescia o ti cascion broccol verzèll lischer spargin vitalb e tufiron
-
L'insalata de campagna, caccialepre scarpign rapastei, se capa
quand se magna;
-
Seller e fnocch sa cassimperi e vin, sa poch sal dafne lupin fav
fresch e radicin
- A
bonora, prima d'metta l'abbit dle fest, el poracc scatissa el
foch
Ste sementin cultural sti spiciulin d'ingegn ste mulichin de sturza sti badurlin en arrovellen el cervell arriven tutt d'un bòtt da ciafagna schiribiss prodott; fan ben ma la salut, gingillen el paidì; l'arabatass sens'arabiss aiuta a campè: com stè alla solina anca tel vernì. In pió de quel montefeltresch ducal hann 'i urbinat un stemma popolar: EL CUNDITOR, un oss de prosciutt dipint al natural t'na paranansa bianca de color. Era 'n oss girandulon: più volt in famèja usat spess ai vicin prestat dava saporin ma la minestra, rustich simbol de miseria nera era aprì ma 'l sol 'na finestra la forsa dl'amicisia vera un spiritacc sminchionat consolator per le fatigh de casa e del lavor.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Tant le lapid in Urbin, de pietra bianca resistent all'intemperie, sovrappost ai madon tle faciat de casett e palason. Gli urbinat arcorden celebren glorifichen esalten artisti sommi d'ogni specialità, celebri sciensiat de molti ram, illustri letterat, economisti noti, dotti giuristi, artigian specialisat; 'i urbinat èn fieri e grati. Anch' tel palass dov so' nat io c'è 'na lapid bella grand, ma non per me; pasiensa, sarà per 'n antra volta.
La lapid mia en è de pietra nobbil, nemmen d'arenaria, è de carta, è pagina d'un librett scritt in dialett e l'epitaffi è quest: "Per fè 'l docent all'università de Stat a Perugia so' emigrat En me so' adeguat nè rassegnat, so' armast un fess d' urbinat mo, sia pur in cener, so' artornat.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
- Please. Excuse me: Renaissance Street? - Pardon monsieur. S' il vous plait: Rue de la Renaissance? - Scusi, signore: Via Rinascimento?
- A
Urbin en c'è sta via.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
El cittadin indigen urbinat cnosc da quand' è nat sti precett basilar dla su' passion per le "comet" che sarien 'i aquilon.
1. En
ha da essa bell e funzional 2. Fa ben a corp e sentiment
tiral
de corsa giò per le sces,
3. Se
cad: el vent l' ha rifiutat;
4. Se
sfugg al fil: el vent l'ha portat via.
EL CIRCOL CITTADIN
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
- Se'
pallid, indolent;
- En
sto mal per gnent. - Hè cors dietr' al leprott? - Hè festeggiat el terne al lott?
- Se'
propi incolturat
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
- En leggi el giornal, Iacmòn.
- No,
en me piac - Paghi la quota social, è tu' diritt.
- Va
ben, va ben, ma l'hann lett in tanti.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Un foch de paja, de foj secch,
pacifich, pacifist, paciofil di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
-
Pacifist sarè te, Menghin,
- No.
El pacificch en è amich de tutti,
- El
pacificch en va per strad e piass
- El
pacificch en è bon
- I
pacifist àmen la pac sensa condision - Affari lor, ma tropp facil pei mascalson.
- L'ultim
nom pronunciat
- En
t'ho mai vist, Gigett,
- I'
so' virtuos perch' en so' bon - Impara a concentrat.
- Se
me condens ancora - Fa i nod tel fasolett.
- En
poss - A scopa sè giochè?
- È la
primiera a damm un casot: - È provat a tresett?
- È
peg ancora; en è question
-
Arpassa 'i argoment,
- Mej i solitari ; en vaggh a scola p'el
divertiment;
- Se'
gitt a veda, Tugnin,
- Du
volt ce so statt,
- Sa
t'è suces, Tugnin,
-
Porca dla vacca, el mi' dottor,
È
stat un strangulon de disgust, - Ma com se' riuscitt, Tugnin, sa la tu' ment a sfanghè un ragionament? Porca dla vacca, en ho imparat
a
muscinè i bajocchj
sempre
e tutt le monet, quelle com sia, quelle special. e che fra chjatre ce so anch' i'.
IN FAMIJA
Sem nati in du da cima la salita de San Pol, io per prim mo er pcinin e sensa forsa pareva la mi' vita. Piagnev pianin pianin, en se sentiva; strignev tel pugnin chius e agitat el nom del mi' nonn che me sfuggiva, com'era tradision, riservat al pió robust de chi du fiolin per sperè nel più sicur destin.
Hann scelt per me el sant del giorne, ignot a la mi gent, un missionar stranier sa noialtre gnent in comun propri gnent.
Da burdlin la situasion era un po' dura: er tel mezz de du cartlon un davanti un de dietra a spindulon e me sentiv fora dle mura. Tutti hann capit e mai sillab de tropp hann pronunciat. A scola no, invec ed ovviament, perchè el pió ridiccol, el pió cretin, el pió insensat per sù natura era "regolament".
Du ricorrens t'un giorne sol: 'na fregatura. Sa 'l passè de 'i ann, minca pó tant, cinque en dventate per ventura, per combinasion tutt important.
I nom pió cari m'ha dat la natura; en so' sicur d'avei meritat. Io so soltant che tanti 'i hann portat: sensa rispett e gioia, sensa cura e i' me sent invec privilegiat.
Dventat sio, ho 'vutt la spinta adatta contra l'inersia la paura el nid d'ovatta.
Com padre ho lavorat a testa bassa; ho datt esempi e sentiment; nessun perdona, nessun è perdonat: la colpa en esist, l'error dimenticat. Liberi schietti com i fior del prat; el temp, pió del vent, via é volat.
Me so trovat nonn un po' aciacat, stupìt dall'emosion, dalla voja de gridè sensa clamor, dalle risat mist a lagrimon, dal bsogn de silensi e de tepor de moviment e distension. sti tre ragg de sol per me l'aurora d'un pestin de vita nova, un ornament dalla natura donat benignament. Essa memoria per chi ancor en la pò avé; el present, da lor modellat, insiem godè; aiutè ma 'l futur col sol mezz ver;: essa sempre te stess ti fatt e tel pensier. I lor ricord da soli sceglierann se calco' de me dentra vorrann.
Non sol dal mi' balcon ma dal mi' lett, sa la testa tel cuscin, vedev al natural Catria e Neron i mont che segnen 1'orisont. Un tratt in pian, un vicolett; s'allarga tel pianel e fnisc contra 'na casa; ad angol rett volta a sinistra: 'na rampa sa i madon messi per cortell a favorì la salitta in mezz aj ort.
Tutta la terra coltivata ad art per risparmi per comodità per gust: rosmarin, salvia, basilich e l'erbetta, cavol, ravanel, cetriol e cipollin, l'agliett da magnè fresch e quel da conservè per i sofritt. T' ogni ort c'è un palm de terra per qualca rosa, i garofanin, le violett dle macchj malé vicin.
L'amicisia, la ragassa, el cant del verdon da la gabietta, el prim can, la maturità classica, l' esser patriota, du lauree, i prim lavor: en c'era sol Urbin tel vigulin, c'eren le bas de tutta la mi' vita.
En vedla pió manch da lontan, soffrì sensa rassegnasion: anca per quest me s'è rott el cor e da un po' d'ann vaggh a machinetta; ogni tant me fann la revision e sper che duri per un po', sensa illusion: "inguaribile ancor curabile". Così sia.
La nonna pió che novantenn ma la nipot appena maggiorenn:
- Sè disordinata, burdella mia,
Materni bisbij dalla porta dla camerina:
- En... ri... co
- En...
ri.. co
- En... ri co
- Enrico, vist che se' svej,
La madre chiama el fiol dalla finestra: «Pippo, vien a casa: Pippo, Pippo, vien subbit a casa. Pippo, Pippo, Pippo, fiol de bona donna, vien a casa subbit adess. Vien a casa alla svelta, Pippo fiolacc de donna bona, che se tu' madre en era una de quelle en te faceva».
La madr dic ma la fiolina studentessa de prima elementar:
- Lalla, va a veda se dorm el tu' fratlin.
- Pavlin, dormi? - Non te sent.
Asciuga el su' piant sa lin morbid e bianch; en parlè. Sensa parlè prend per man chi piagn Caminat insiem pianin pianin sa 'l venticel tla faccia; adag adag arrivat al ragg de sol e ve fermat. Caressa chi piagn, abbraccia chi piagn, soregg chi piagn l'hê da tiena in pied; en parlè. Sorrid per consolè. Grida con forsa con rabbia per scota chi piagn: devi sperè che scatti la reasion vital, la devi provochè. En devi piagna. Piagnerè dopp, da sol, soltant s' el dolor sarà rassegnasion, soltant se la pena te vorrà demolì un po' per volta.
En èn "falsi" i fior de vetre: competitor vincenti dla mort lenta, libera scelta contra el putrid marcì. Inalterat i color lucent, intens sempre. Artrovati identich, permanent i profum de bosch de prat de giardìn da chi 'i ha dentra per daver se ha imparat a custodij ben.
Maligna atrocità i maledett occhj de vetre. Un can imbalsamat: dimostrasion dla falsa pietà del biped meschin portator del su' guinzai; testimoniansa dla miseria moral del su' padron; oribbil simbol dl'ossessionant grandigia del tronfi su' conduttor; mediocr tentativ per soffochè rimors bland e tardiv de l'inett su' capobranch.
Tutt i mi' can èn stati inceneritt com sarò io.
Ho incontrat 'n angiol ed era 'n animal fier, elegant, docil e gentil. Mi' fiola ha scelt cla gattina ch' aveva apert 'i occhj allora allora: questa è fatta per mi' padre.
Miagolar armonios, en sapeva gnavlè; era 'na voc somessa, sempr' associata per l'espresion miglior a moviment del corp. Occhi grandi, luminos, sguard' espresiv capiva tutt e se faceva capì. Adocchiament fugitiv e ripetut era garbat invit a caressalla; sguard fiss e tranquill, un miagolè legger legger, un colpettin sa la testa, 'na strisciata sa 'l fianch, la coda ritta: per essa presa in bracc. Leggiadr el gioch, se divertiva e pareva capissa de divertì ma me.
Schiacciata in strada é tornat a casa per morì e propri en el so com' abbia fatt.
La mi' vil paura en l'ha sostituitta; La mi' vil paura s'accontenta dla bella statuina de marm grig venat ch' à méss su la mi' spalla.
Mi moj sùbbit ha dett: mej el dialett.
D'essa maché ve ringrasiam de cor. Non sol p'el temp le noss èn d'or; da bella gent ben ardunata la cener dalla brag via soffiata; arluccichen i occhj arrossat; voja de sturzè anca p'i cocc sbrangat che tutt'arzilli farien le capriol ti prat tle màcchin sa le maiòl.
Metà secol en è in quattre e quattròtt per qualcò nat tutt d' un bott perchè un bell tocch de burdella pitines splendent de vigor, fiera e cortes, tutt'armulitta sa l'abbit scollat aderent per sfissi femminil d'ammirar consent de sodi montalètt el vago tremolar, del dria só e gió el cadensat andar Ha mess ma me un sochè dentra, en so du' è; trasparent legger mai rott mai incrinat mai appassit manch appannat; tèndre morbid tiepid profumat vinc 'nicò; com un ragg de sol un spirell d'aria collinar de rosignol un cant.
Cambien aria acqua terra el foch persin ; cambiam anca noiàtre detti òmin adeguass conformass pasientà: terna vincent per coppia che se cerca verament e sempre se ritrova tun sorris o lacrimon; l'orgòj è brutt mal che rod la comprension.
Per sedess intorne a ste tavlon avem scartat tutt'i sapienton; avem rispettat i grupp già esistent, capit qualch preferensa, de ciascun el sentiment. Vicin a me, marit, c'è 'na consolasion: nonn' anca lia la prima nata dla mi' generasion ogg ce reca mi' fratell gemell su' padre e l'acquisita mi' sorella la su' madre.
De tutta la famija el ver tesor anca più in alt di nostre fiòl èn i bsognos d'amor, i gètt più delicat e fort, i giovne nipot sereni alla lor sort. Auguriam ghirland tutte d'or lucent; che dura sarà terran sempre present.
Onest sa tutti, ma prima sa se stess; a dover compiut tutto va ben: agobass o avé i oss tla pansa stè alla solina o tel vernì la bruscia opuriment el piova ad occhj e croc o da bravon de nott, de giorne, tra lum e scur.
Dura poch st' unica occasion, cresc el mal fin, gonta l'emosion; prest cmincia el gioch dl'ùa: ognun a casa sua. Arcorat' insiem dall'amor, scajat fora ogni timor, archiapat un po' d'baldansa, tranquillament arriva la speransa.
un sprocchj amo' de cinquant'ann Macerata Feltria, 28 settembre 1957 - Chiugiana, 28 settembre 2007
Nipot, fiol, tutti voiàtre sét dla festa l'or. Le noss de cinquant'ann en èn 'na conclusion: gnent è fnitt, gnent è pió com incminciat; è reciproch dafè, è travaj d'adattament; èn 'na soddisfasion, un coronament. El viagg che nó farem en è per dó, prò insiem ce preparam serenament: dat che all'arriv ce rincontrerem sicurament. A ste giorn, hè vòja, se special in tanti mod sém arivati: de corsa, a rampicon, alla saltafoss, a taston, a rugolon, a sguillon, a capriol... Per renda giuliv l’event el mod più natural semplic e vertier: un po' de temp insiem per comunicà qualcò ma tutti, calcos' atre ma ciascun.
I Ho méss le lucciol luccicant tel bicchier de cristal molat e, copert d'un vel, l' ho posat sopra un carton bianc patinat.
Per chel barlum ho scritt una parola sola ch' en ho vist, ch' ho dimenticat.
Mai ho potutt liberè gl' insett; fors en ho credutt, fors eren tropp i mi' difett, fors en er fort, fors eren i sogni tel cassett, fors era davér quella la sort.
II Avev le lucciol tle man unite come coppa, rito, una preghiera; Quand ho vlutt restituille al ciel en hann volat. Una per volta l'ho messe ti capej neri a treccia En èn fiamell gassos vaganti, en èn rimorsi perchè la mi' cosciensa non rinfaccia violasion de regol etiche legali. En èn rimpianti perchè, dolor ormai connaturat, èn armaste tenere memorie. En èn umiliasion perchè spess ho vint o la sconfitta comunq aveva onor e dignità. En èn offes perchè sempre ho rintussat affront, provocasion; sempre ho reagit con forsa sensa perdon sensa rancor.
Ste lucìn ritmate a tratti rompne el buij, rallegren la nott; èn maschiett alat che cerchen chiàmen ècciten 1'attera femmina celata.
Benefica frescura refrigeri tla torrida nott contra l'ira rovent, l'odio che congela, la vendetta che consuma. È forsa vital lucicant vivida speransa intermittent labil fragil vanescent.
IV Quest' èn "lucciol" artificial, scorie de società sbajat, schifosament potentement dominat da deformasion mental e tra quei sciolt a ornè la spalla. Dop temp e temp èn ancor malé accese.
III En se mov 'na frasca, nemen 'na fojolina; le coroll chius pendne, ferme, dai stel; l'ariste sottili lunghe dle spigh erett, infilsat dritt tl' oscurità più fitta.
Stupende l'infinit luc del ciel in compagnia de miti allegorie immaginasion, se ancora senti le nenie le somess parol dla madre tua.
Spaventos algór sideral, nemich d'ogni vita, se t' soregg sol la sciensa astrusa tra la pora gent non diffusa com verità nè consolasion. denominat interess profitt sfrutament, persin progress e libertà.
Sti desolat tetr' animal en campen ti angol dla terra dov stann nascost i primitiv uman.
Tle società religiosament illuminat tecnicament organisat igienicament preparat saggiament governat èn come "ludi circenses" per la pleb cafona, sapid tranquillant per l'irritabil volgh, profumat sugos trastull dl' obés miop dirigent del borghés benpensant bigott.
Le condannen tutti, a parol; qualcun le vol "redima" ma sopravivne perchè vizi e ipocrisia entren al prim respir com' aria fetida che nè scola nè comunità nè predich epistol sermon decret codic concion vojen davver purifichè.
Nè compassion nè carità: almen un, un sol esser uman delicat e gentil baci 'i occhj alla bagascia, asciughi con le labbra una lacrima sua tla su' ganascia.
MIARIN Febrar 2007 - Genar 2008
Alla memoria di Lindo Gianotti
Fratell, t' en è vut sta corona de spin guss longh sottil penetrant, sto compleann sensa capacità manch de sorida.
El bui scansat malagió da un pischìn de chiaror: prima dl'alba vien l'albor El ciel è tutt luc, delicat' ancora: l'alba preced l'aurora. La tinta dorata diffusa: l'aurora prepara el levar del sol. Esploden i color, 'na splendida tempesta, armonia e contrast in festa, el mej d'ogni fulgor. Urbin civil, fiera sensa boria, aggiung un giorn ma la longa storia; rispettos riconoscent orgoglios: "so d'Urbin e facc el brav" e la brètta i' me cav.
Verd el color dle foje dl' erbe vive. Sempre speransa verdognol verdon verdolin; verdastre cmincia a mord'el malfìn.
El vostre ross acsé ha d'essa: carmini' viv dle mariol, scarlatt vivissim, vermigl' acces, rubin scintillant. Godret ganascin colorate dal pudor, canteret per libertà e lavor dietra le bandier de sto color insiem a facc rubicond de compagni veri. Quest ve dic el nonn ch' en è pittor, dla vita d'acqua dolc proffsor sa qualca idea e "sens del color".
Anca se se' un papagnocch tel trenin cittadin, un sprovingol superprogramat tel machinon de luss a st' ora pò capitè de veda 'l ciel feltresch tutt colorat dal sol che prima de sparì se vol divertì. A st' ora impari ch'è più dur el magon sensa manch un lacrimon.
Carnicin, chiappa de porch,
En è acces l'amarant e manca spent, en è benevol o benign o piacevol; el dighen bon per la cura dimagrant.
Bordó archiama 'l vin ch'imbriaca tanta gent; contra 'l malocch: tel pols com curdlin; contra la micrània: scialpina trasparent.
Ho vist l'arcobalen
Èn tant' i barbai dle finestre, Urbin rumitt rupestre ricev serenament la nott ch' l'invrucchia lentament.
Quell'è un papalin dventat nobil
è
acqua rimines
Lisa, en arcoja la bucata anca se sciugata; a momenti un scrullon da Catria e da Neron i darà 'na sdruginata l'odor pulit e 'n imbiancata
Te en se' vecchj, se' malat de vecchiaia: se' più mort te de tutt'i tu' client Se' n pò cambià mestier cambia i pensier.
Se pensi: "en voj morì" dventa 'n ossession, è com se facessi
p'i guadrin, en c'entra gnent sa Urbin. Ha rovinat anca el palass sa tiare mitrie stole chiav pastoral e tutt quell ch' ha utilisat per inventass el stemma; par ch' l'ha mess anca ti pital.
Vó sét
turista?
Artira
i pagn, Betta,
Pensa, invec: « i' voj campà » perché quest' ancora ho da fa' e altre e purr calcò e de pió, perchè 'l sol è cald, l'aria sa de fien d'resina de fior, perchè ce se divert a rompa i bròmbol sa i baston e sotta 'l pergolat giocà el scopon.
Arvèngh alla pagion quand poss, quand so' stuff d' arovelamm el cervell. Maché en digh "pussa via" manch ma 'n savardon manch ma 'l can pur bastard che sia, el digh com ringrasiament ma 'l presid del mi' prim insegnament.
ier, ier l'atre, ann d'là e prim'ancora
M'arcord
la tu' bocca
Guardav 'na massa d' gent
Caminav a zaganella per l'emosion, sapev che m'aspettava tel torrion. Com so' rivat ecch'me innamorat. Per tant'ann com verzulin insiem avem volat per gì a fnì com stracc cascat tle marugh in mezz ai spin.
En
sapev fa altre,
La
vostra vdutta.
En so'
de fora so' com ste conc'
de
pietra bianca
Ancora
en so' vecchj,
Ho
lanciat dal torrion
Ho
pres dal fil spinat
Ho
caminat
Fors
en li farò,
Da
burdell ho imparat:
So' vecchj, è ver, prò en so' rimbarbugìtt: ancora me piac metta la man sotta 'na gonna, gradisch un ragg de sol tla faccia; ascolt el son chiòcch dle campan quand ha bufat, la cansoncina dla moj che muscina la minestra; ammir i passerott che le mulicc d' pan becchen tla finestra.
Giv a ravaston tla macchia e ho trovat i dafne sensa cercai. En 'i avev pió magnat da quand se compraven a massett legati sa 'l vinch Regal d'un vegetal selvatich e gentil ma 'n emigrat poch o gnent civilisat.
Arsentì le parol,
Stamattina ho fatt a temp a non rompa sa la faccia 'na telaragna ricam disegn maravija virtù d'architett minuscol e sensa brevett.
Car ‘l mi giovin amò sapet e mej impareret che tocca gì só a rampicon e spess s' arvien gió a crist e a sguillon, è com sdingulà sensa regol de spinton, el piò dle volt se fnisc a spindulon. Fann ben ma corp e ma cervell salt cors capriol cerquaritt tutt'i arnes dle palestre mo sens' asciatt, benignament; in allegria fatt capì chiarament che zagh zagh, zan-zan, zni o zna, voiàtre set sempre pronti anch 'a rompa ma qualcun i dent.
è com
magnà el pecorin è benedì Urbin.
So'
sciatat scojonat Essa nonn en è sol 'na blessa: insiem o separatament stols, ansc, scompessa, ciafagna trappla permanent, caliggin, stremuliss, trematicc. Dla vita ste special fondricc è stimol misterios: en se' sa quand fnisc, è molt generos: regala, è vera, 'na gluppa d'arcoiticc prò ce mett un regal d'or massicc: el temp da viva intensament sa i nipot, sublim consolasion, fors inconsapevol preparasion.
Ho tnutt tra le mia la man dla Maria lunga sottil elegant tenera fort com tutta lia. Calcun nirà a portalla via, sa calcun vorrà gì lia: ma 'l su' nonn arman l'augurà tutt'el ben e tiena insiem fin alla fin ricord sperans fiducia tel destin.
M'è passata davanti all'improvvis 'na lucertolina scodata: anca tel mi' giardin c'è battaja per campà. En èn regol ordin tradision, én educasion; per dventà vecchj bacucch n' esperiensa che sa evità qualch sofferensa. En intrufolass tra le person a pitocchè compagnia consens guiderdon. Calsà dentra tant ch'en scappen pió el lamentos lunari di malann, dle disgrasie ti ultim trent'ann. Ubdì ma nisciun, dà ment sol ma calcun. Tiena sempre present che l'amicisia è la solina pió calda pió efficient.
El
principal insegnament
el
confront dirett, d'ogni moment,
se' un
scalsacan che tir' avanti rassegnat.
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
Te en se' 'n urbinat: per en rotolà tel foss trovi sempre 'na rama d' agrampà; se s' arvoltica la barca galleggi com un strons.
Te en se' 'n urbinat,
se' un
farabutt scolastic:
Te en
se' 'n urbinat:
Te en se' 'n urbinat, se tropp chiott e smicolos, tutti guardi de sguinc, en strigni le man le tocchi appena, stè sempre tel machion. Per arposat lavori all' uncinel. Poss creda che se brav magistrat, mo en t' arcnosch com urbinat.
Te en se' 'n urbinat : en se' riuscit a trovè 'n amicch manch tra i passer e i pcion, manch tra i bricch.
Te en se' 'n urbinat la tu' casa è 'na butega 'na piassetta n'osteria. Te dov' vè per armana sol?
M'han
dett ch'en so' d'Urbin
di Francesco Saverio Gianotti (Perugia) Pubblicata in Antologia 7-8 Concorso 2008
"Latte e biscottini fan crescer i bambini". "Libro e moschetto balilla perfetto". Facendin dmestich ed anca cerch, nastre e preghiera per piccole italian in camicetta bianca e sottanina nera. La maestra bagaiav' acsé tutta compunta sa le man giunt, sa la cricca unta. "Cicolata e bombolon rinforsen j ormon". "L'imper nó avrem sa i battajon". "Carne al sangue e baccalà eia eia alalà" urlava el ginnicch esaltat, sempre bafutt, sempre sgamblat.
En è che 'l padretern sia dventat fascista slungand dle camisc ner la lista; el su' terren potér, el nostr cap del govern, abilment hann firmat la conciliasion [6]: dl' itala gent le chiav de San Pietre hann apert la dispensa, d'ogni scrupol hann fatt sensa, per lor el tirann è l'om dla providensa. Undic idrovolant in formasion [7] hann traversat l'atlantic meridion; un nostre rioplan [8] com lùzzin arabitt a chiapè el primat mondial è riuscitt. All'epiche gesta dei fasci volatori gloria titoli ed onori; ad esultar sém tutti pront eia eia alala in terra in mar e sopr'i pont. Per fè com sia, granata para, tra la gent
l'ignoransa dventa el mej strument
per tienla sott' al tacch incucutitta inert bagn de boina è robba d'espert; com pe'i roman anticch badurrl' a stroppacerquell per impedì de nascia ma l'idea ribell. El bugatt ribiscin sprovingol marionetta burattin mostricciattol brill'invension del Collodi [9] autobatesat, adatta boiaria, rimedi consijat da ordin precis superior del federal caporion direttor, "rigulìssia sa 'l vlèn", medicinal contra la gioventù normal. Malagió per merit d' Lorenzin, digghen i studios, hann fatt el giron infernal di pinocchios.
Per imparà a leggia le cartolin precett, le citasion del pretor, le lettre da casa, le list del fator, le bolett, le fatur, le mult comunal, le notifica de licensiament, giornal e manifest, la rottura di contratt, 1'intimasion de sfratt. Per imparà a scriva la firma sensa sbaj, terne, quaterne contra tutt'i guai, le richiest ma 'l furier caporal maggior, le dmand ma i superior, i salut ma la famija, le cambial, el testament soltant spiritual. Tla scola seral subbit se capiva che davne pió salut el lèggia e 'l scriva dapertutt non "abasso" ma "evviva". Salut roman sa bracc cor e sa la ment, eia eia alalà sempr' e solament.
De Amicis Edmondo [10] grossolan mugnón sadicament mutav' in lacrimón malann fatiga sogesion stent persin mort e viltà dla minuta gent. Ridarella de burdei malignitt odios dventava 'l ringrasià più dignitos, el tentativ de socialità pur timoros. Da la su' limosina insultati, tutt'i porètt da la su' carità umiliati. Cl' anticaia de scolar fatutt capiscion, infraidat da patern' ambision, rimbambitt paìn d'educasion, dagià del regn senator, dastmò faceva lo scrittor: "Non avevo mai visto come è bella una scuola serale [11]" grandi baffi, tante barbe e barboni, coi capelli infarinati fornai garzoni, con mani bianche di calcina murator, fochisti con la faccia nera, falegnami, de tutt' i mestier se sentiva odor, de vernic, de pec, d'olio, di cuoiami. Per i grand la posision obbligatoria: rattrappìt inamidat tel banch da fiulin, sul pugn el ment, boccaperta, occhi fissi "sensa batter palpebra [12]", ognun "attento che non rifiatava 15". Tra quei de dodic ann o poch de pió qualcun s'addormenta e la testa sul banch i casca gió; el maestre incaricat dla sveja non tentenna "stuzzicandogli un orecchio con la penna15". D'Edmondin tutto CUORE, g'lat fabricator de lacrim rovent, el social apostolat sona chiòcch com un campanacc crettat: tutt' i mestier devn' essa ereditat per el progress, per la specialisasion, per l'ordin sensa confusion. A fiol de falegnam bottega paterna sa 'l legnam. Al macchinista, second specialità, fiol naval, ferrovier o teatral I fiol di casant: schiatta de bracciant. Da murator i muratorin "muso di lepre15" o no, gigant o pcinin. Sovran sarà princip real; nel segg de su' padre la prol senatorial; notar da progenie notaril, medicch da stirpe sanitaria; legal genìa tutt'i magistrat, le banch a casat bancari; i trombon da tutt'i vent, o sni o sna, palón gonfiat; i trombat sempre quei, campen d'aria, paghen gnent, èn i fortunat.
GINNASI, GINNASI SUPERIOR, LICEO CLASSICH
Dentr'al rettangol segnat ma 'l palón rotond sampat calcion cors e testat; ma chî atre giocator spinton e sgomitat: vincem du volt [13] el campionat del mond. Dle camisc azurr sa cle ner l'union ha dimostrat ma tutt le nasion d'en essa pastagnagn e d'avé cervell almen in t'i calcagn.
El nostre re, Vittori Ters Emanuel, sa 'na ventarola smorciava tutt le candel; dop Caporetto dla Patria salvator, savoiard fascista, numismatic de valor. Per su' ambision, per dignità nasional 'i hann modificat brètt scarp e stival. Re d'Albania [14] e d'Etiopia imperator [15] spiciulin per maestos guadrinar intenditor. Un po' d'rusùm, sol scaruss per clatre Superior che dal balcon fatal sa le moss e sa 'l vocion spaventava dla piassa tutt'i pcion; l'agro roman bonificava e a torso nud el gran trebbiava. Fasc, svastich e falang: tossic compost sa la benedision del principal prevost; la prova general: purifichè la cattolica Spagna [16] da l'intemasional canàja, da ogni magagna. Autarchia, oro alla Patria, le sansion, sberleff ma la perfid'Albion. Invec de filosofia etica fascista, ancora en so che mistambròj sia: chiapè e scapè via, alla corsara; mnè tel punt debol en è virtù rara per legionar pugnalator, rabitt in t'i budei, ben foraggiati con sonanti zghei; in tanti contra un è sistema natural, el sann anca le furmich, gnent de special. Ordin per tutti: la religion è materia obbligatoria. El gusùtt staterell politich vertier fa n' ingonsàta sol de tutti nó italian sensa spauriss de sporcass le man. Economia dmestica dla nonna, d'ogg e futura; moderna e de dman "puericultura" per le burdelle, tutt crocerossin sa l'idea "chiappa più mosch un pissichin de succre d' na bott de vin". Ma noiatre hann impost militar cultura
a
rigoj de spirit guerrier sensa paura.
Per l'infinita manzoniana circospesion mej un tantin d'esagerasion d' na mulicca in men d'educasion. Dl'umana rettitudin per signoril diffidensa se convinc che in fond in fond ste Garibaldi en ha bona reputasion: rivoltos, ribaldi; ma 'l papa Roma è pront a rubà, de chiopp un regn inter è bon a regalà. Osservat ascoltat paragonat pensat è ossequient prostrarsi sa rispetto deferent; prima de chiamall "duce" [17] fors era prudent volè pió alt ed invocall più degnament. Nel "Cinque maggio" è esaltat Napoleon Prim defunt, non più insediat tl' alta catassa de mort amassat. Passata la paura, sparit la tremarella beatissim prudent artrova la favella: el "ver storich" [18] en ha tla ment: ne fa sol un redent.
Sbava
Manzoni pe 'l godiment
en po' la
"moltitudine" "erudir" dell'itale genti è di Manzoni Alessandro, prudent dalla longa vista, la più bassa volgar meschina, la più trista definision dla profession "cronista". L'hann mess president dla commission per fè dla lingua italiana l'unificasion. Se pò ben dì, ch' èn poch le pagin sensa corresion per dè ma molt su' parol significat, e potè cambiè quel da ló sbajat. Un par d'esempi più che sufficient per dimostra ch'è tutt da rida com president. Don Rodrigo morente tra i monatti "cadde tutt'a un tratto rifinito e stupido... "[22] "... a veder con gli occhi quella conversazione così animata a sentir con gli orecchi quei racconti... "[23] Incert timid pauros, 'i piacen le parentes fastidios, noiosa singariccia tel cervell, ossessionant, che non se ferm' unvèll. Sempre titubant dubbios per quasi vent'ann è timoros d'essa "IO" o invec "NOI"; en ha decis manca se scriva poi castigo o gastigo ed altr' ancor e se punisc dventand el tribolat tentennator. Predica sempre prudenza, adattament; en capisc el minim popolar coinvolgiment; del piccol tumult fa sol confusion; sol briachi l'offes l'umiliat l'irritat. La sofferensa de chiatre el su' strument per lascià memoria de sè del su' attaccament. Difenda un oppress da un potent per lo è verament "un comprarsi gl'impicci a contanti" [24] "un voler raddrizzar le gambe ai cani" [25]. Un'asion per arcnoscia i galantom: "Quelli che hanno da consegnare una coltellata a uno, lo vanno ad aspettar fuori e lontano dall'osteria" [26]. Sue "sentenze" morali: "Il coraggio uno non se lo può dare" [27] "... e io non saprei cosa dire. la patria è dove si sta bene" [28].
El scriv spontaneament, el grid fortement: vers "sor Lisander", Sandron, Sandrin, Sandracc i' so' convintament completament irriverent.
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A scola so' pasat sensa panscion; m'hann dat el diploma, scrutinat, c'era la guerra [29]: er abil arruolat. L'incub dl'esam segn ha lasciat: anch' ogg, ogni tant, ne pagh la tension. Ho imparat a odià retorica ipocrisia malignità; ho imparat a odià 'na persona sa ste schif de qualità: fràida dentra, el diceva 'l grugn; "che possa gì tl' inferne a roda i ugn": 'i ho scajat adoss tant volt rabbiosament. Adess imprech contra 'l ricord, quand m'artrova, per quella ch'ogni volta sper ultima prova, tel pió malmconc desolat post sa la galaverna anca d'agost.
________________________________________________________________________ [1] Franco Mazzini - I mattoni e le pietre di Urbino - Argalia Editore - Urbino - 1982 - Pag.11. [2] Leonardo Benevolo e Paolo Boninsegna - Le città nella storia d'Italia Urbino - Ed. Laterza - Roma - 1986 - Pagg. 1, 6. [3] Alceste Santini - Dizionario dei Papi e del Papato - ElleU Multimedia - Roma - 2000 - Pagg. 252, 253. [4] Franco Mazzini - I mattoni e le pietre di Urbino - Argalia Editore - Urbino - 1987. Pag. 20. [5] n.r. - Francesco Saverio Gianotti, come altri scrittori dialettali riportati nelle nostre pubblicazioni, dimostra una forte nostalgia del passato. Tuttavia esamina il suo passato con occhio molto critico e prende dura posizione contro i falsi moralismi, i luoghi comuni, l'educazione alla rassegnazione,.... Questa raccolta di poesie del Gianotti, dedicate alla educazione scolastica di oltre mezzo secolo fa, evidenziano appunto come i classici presi a modello nella didattica, quali Collodi, De Amicis, Manzoni, ecc., appartengano al quel mondo antico che secondo l'Autore non solo bisogna dimenticare, ma cancellare dai programmi didattici. Nelle note (qui non pubblicate) del Gianotti a queste sue poesie, si legge che per il Pinocchio del Collodi è valida l'affermazione di Bertold Brecht: "Quando è abbastanza grande, la stupidità diventa invisibile", definendo la fiaba "una sconnessa farneticante forzata esposizione di eventi immaginari; una confusione di banalità, un guazzabuglio di strani esseri simboli di confusi concetti; una mistura di ignoranza presunzione cattiveria superficialità con qualche fallito tentativo buffonesco e alcuni sprazzi di melenso raziocinio, di rimbambito sentimentalismo...". Analogamente Gianotti asserisce che una attenta lettura del libro Cuore fa emergere un autore: "senile, querulo, lacrimoso, eccessivamente dedito al sentimentalismo, rassegnato perenne, melenso, senza reazione...". Sempre secondo Gianotti, il Manzoni rivela la sua assoluta indifferenza per i problemi sociali e vitali del popolo e si serve di “gente meccaniche, e di piccol affare” per lasciare memoria di se stesso e della sua attività storico-letteraria. Manzoni è privo di ogni naturalezza: è quasi sempre un orologiaio che si preoccupa soltanto di sistemare bene ogni rotellina, tutte le piccole viti e le mollettine; ignora completamente il significato ed il valore del tempo preoccupandosi soltanto che l’orologio funzioni bene e alla fine del lavoro gli dia un buon profitto. [6] 1929 [7] 1931 [8] 1933 [9] Collodi.Le avventure di Pinocchio.A.Mondadori.Milano.2002 [10] Edmondo De Amicis.Cuore.Gruppo Ugo Mursia Milano. 1965. [11] id. Pag. 100 [12] id. Pag. 101 [13] 1934 e 1938 [14] 1939 [15] 1936 [16] 1936-39 [17] Indro Montanelli. L'talia del notabili (1861-1900). Rizzoli Editore. Milano. 1973 Pag. 63 [18] Alessandro Manzoni. I Promessi Sposi. EDIPEM. Novara. 1973. Pag. 9. [19] id. Pagg. 8, 9 [20] id. Pag. 18 [21] id. Pag. 81 [22] id. Pag. 407 [23] id. Pag. 461 [24] id. Pag. 29 [25] id. Pag. 29 [26] id. Pag. 97 [27] id. Pag. 314 [28] id. Pag. 469 [29] Dal 10/06/1940
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