Attilio Fini POESIE IN DIALETTO & INDAGINI DI COSTUME |
Mare, sole e tintarella La festa dell'aquilone
Tutt'è bon la raffa e 'l ditta Per accaparrarsi più palline possibile, quando il "tiro " era ad una distanza minore di 20 cm, si doveva pronunciare la seguente frase: "Tutt'è bon la raffa e el ditta ". Ciò significa che le palline posizionate potevano essere mosse oltre che con il "tiro " anche con le dita. Si riusciva in questo modo, tranne rari casi, a vincerle tutte.
Mare, sole e tintarella Erano circa le otto di una bella mattinata di luglio, avevo appena vinto 16 palline con la "Raffa e el ditta" quando sentì il rumore del motorscooter Iso 125 di mio padre, che assieme a mio fratello e mia sorella minore, era venuto a prelevarmi quale quarto occupante del motomezzo, per una gita al mare tra Pesaro e Fano. Lasciai gli amici e mi infilai davanti al sedile assieme a mio fratello, i due posti regolari erano occupati da mio padre che era alla guida, e da mia sorella, che aveva l'onere di sostenere anche un sacco pieno di asciugamani e altre cose necessarie alla gita. Si partì con la preventiva raccomandazione di mio babbo, a me e a mio fratello, di scendere velocemente se in lontananza si intravedeva una pattuglia di polizia. Io e mio fratello comprendendo quali difficoltà avrebbe potuto creare una eventuale multa, gli assicurammo giusto adempimento. Arrivati in spiaggia infilammo (coperti dagli asciugamani) i nostri costumi con tiranti ai lati e subito in acqua. Mentre sguazzavo felice vidi galleggiare tra un'onda e l'altra alcuni pacchetti di sigarette di marca straniera, cominciai a raccoglierli, anche se sapevo che mio babbo fumava le Sport senza filtro. Le sigarette erano un residuo di un carico buttato a mare da contrabbandieri inseguiti dalla Guardia di Finanza. La concentrazione nella ricerca delle sigarette era tanta che rischiai di perdermi, ma a fine giornata contai 23 pacchetti fra asciutti e bagnati. Al ritorno caricammo mia sorella dell'ulteriore pacco contenente le sigarette, pregandola di sacrificarsi per l'infelice posizione che occupava. Giunti a casa stendemmo tutte le sigarette bagnate sul davanzale dell'unica finestra illuminata a lungo dal sole. L'essicazione fu perfetta, tanto che, per circa una settimana i fumatori del vicolo abbandonarono Nazionali semplici, Esportazioni, sigarette che andavano per la maggiore assieme alle Sport senza filtro per godersi il dolce fumo delle bionde americane. Nei rarissimi e complicati viaggi al mare, la più penalizzata era mia sorella maggiore, perché la situazione logistica dell'Iso 125 non permetteva il trasporto di adulti. Cercava quindi di assicurarsi una tintarella alternativa, assieme a due carissime amiche con le quali conversava spesso di abiti e abitini, e non si perdeva un film con il giovane Frank Sinatra. All'ultimo piano del palazzo di una delle amiche vi era un passaggio che portava direttamente sui tetti. Nelle ore più calde del pomeriggio si riunivano in pantaloncini corti, in un angusto spazio tra due comignoli, e si sdraiavano prendendo comodamente il sole tra una fila di coppi (tegole caratteristiche) e l'altra, leggendo le storie amorose dei loro beniamini cinematografici, immaginando di trascorrere assieme a loro vacanze indimenticabili. I coetanei di mia sorella avevano scoperto questo loro posto al sole, si organizzavano furtivamente per osservare le rarissime immagini dal vivo di gambe scoperte. L'appostamento fu ricavato nel tetto del palazzo di fronte, si saliva su quel tetto attraversando una vecchia scala di legno che portava ad una soffitta, dal lucernaio della quale i piccoli guardoni raggiungevano la loro posizione. La soffitta era conosciuta perfettamente da Arcadio, avendo ascoltato più volte-la storia di quel luogo; che serviva da nascondiglio per gli uomini, che, durante il periodo bellico erano frequentemente soggetti a rastrellamenti da parte di tedeschi e fascisti.
La festa dell'aquilone Nel mese di settembre il gioco delle palline, scadeva di tono, la ferma era necessaria, perché quel periodo era dedicato alla preparazione della festa dell'aquilone. Festa molto sentita da tutti i bambini del rione. Avevo ancora in tasca 35 lire, provento per la vendita delle ultime 16 palline, questa piccola cifra, mi permise di acquistare due fogli di carta velina bianca, colore del rione del duomo, di cui io facevo parte. Le canne di fosso,venivano solitamente "prelevate" nell'orto detto di Ligi annesso a palazzo Passionei (ora sede della biblioteca donata ala città da Carlo Bo) che confinava con il torrione di Santa Chiara in via delle mura. Rimediato tutto il necessario per la costruzione dell'aquilone, mi impegnai al massimo per ottenere una bella e buona "cometa", soprattutto perché speravo di vincere il premio per l'aquilone più lontano; il premio in palio era un orologio. Avevo circa 10 anni, e come regalo per la mia prima comunione, avevo ricevuto un piccolo libro di fiabe, e un paio di calzini di colore blu. Molti miei amici dopo il sacramento si presentavano con una stupenda cipolla al polso, di solito "made in swisse", con 17 rubins incastonati negli ingranaggi. L'orologio per me era una specie di sogno, in famiglia non avevamo nemmeno una sveglia, ci affidavamo ai rintocchi del campanone del duomo, o in casi più urgenti si saliva al terzo piano del palazzo a chiedere l'ora alla famiglia Valenti, che possedeva un vecchio ma preciso orologio da taschino, appeso nella vetrinetta della cucina in mezzo a due bicchieri bordati in oro con la "N" di napoleone contornata di alloro. L'orologio era quindi l'obiettivo per una positiva partecipazione alla festa dell'aquilone. Con impegno e passione costruii un bellissimo aquilone bianco al centro del quale con carta più scura, spiccava uno splendido profilo del duca di Urbino con il suo naso inconfondibile. Il giorno della festa portavo con orgoglio lo splendido aquilone, che suscitava qualche invidia da parte di alcuni miei amici, in possesso di normali aquiloni per la gara. Ci recammo in massa al pendio delle "vigne", la gara iniziò, il mio pensiero andò subito all'orologio in palio; l'aquilone fu subito rapito da un vento impetuoso, mi rimase in mano il pezzo di manico di scopa, in cui era avvolto il filo; dell'aquilone persi ogni traccia. Finché la giuria al momento della premiazione pronunciò il mio nome per la conquista dell'agognato orologio. Non so ancora come la giuria sia riuscita a classificare il mio aquilone al posto più lontano, non era certo mio interesse indagare. Un piccolo sospetto mi è passato per la mente, visto che i componenti della giuria conoscevano bene me, sia le condizioni della mia famiglia, credo abbiano deciso di farmi il regalo della prima comunione. Ostentai per lungo tempo sul mio polso sinistro l'orologio svizzero marca "Lorenz" che tanto avevo desiderato. L'aquilone con il profilo del duca rimase un ricordo indelebile, determinando un attaccamento all'oggetto volante che è tutt'ora fortemente vivo nella mia mente e nel mio cuore. . |