Carla Galli |
Piccola premessa… Difetti pregi stranezze Da un pal a’n frasch La fame il mangiare il bere Spigolando qua e là Salute malattia vecchiaia Parole chiacchiere critiche Nomi soprannomi Amore ingenuità saggezza Freddo caldo stagioni Canzoncine filastrocche Gioco della cavallina Casa festività tradizioni Ingiustizia collera consigli Lavoro pigrizia bugie Brod e acin Il bucato Soldi risparmi avarizia Bambini adolescenti famiglia Abitudini città campagna Mietitura e trebbiatura La sarta Varie
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DETTI URBINATI e RICORDI SPARSI di CARLA GALLI
Nel dialetto urbinate le parole in lingua spesso diventano più corte perché si tralascia qualche lettera. Esempi: PRò = Però, FOIA = Foglia, SPETTA = Aspetta. Nei vocaboli maschili non si pronuncia la vocale finale: PAL = Palo, LETT = Letto, OCCHJ = occhio. Alle stesse parole seguite da una domanda con punto interrogativo, si aggiunge la E finale piuttosto marcata, quasi cantilenante. UN OCCHJ = UN OCCHIE? I GINOCCHJ = I GINOCCHIE? I PUNDOR = I PUNDORE? MO DAVER DAVERE? MANCA = neanche. Oppure voce del verbo mancare, servire. volta è diventata Ó, la A invece è molto larga. Comunemente la Z si pronuncia S. QUANT S’ALSA EL SOL = quando s’alza il sole SOL SAL SAL = solo con il sale L’affermazione SI diventa Sé, e si conferma con ENò quindi ONNò vuol dire NO, proprio NO. “Onnò en vengh sigur” “Onnò cuchin en me cucchi” ovvero: non mi lascio convincere di sicuro. ÓNNA è un’esclamazione di esagerazione, di meraviglia. “Ónna l’è bell, ónna l’è brutt”. ÉNNA ha lo stesso significato di onna più mitigato. Sostituisce anche: uffa. Énna prò, lasci gì? = Uffa però, la smetti? ÓRCA = molto, certo, esclamazione che afferma una condivisione di parere. CHI = Quei. Chi libre = quei libri EL =IL. El pan = il pane Di = DIRE. (Iinfinito del verbo). Voi di = voglio dire. Ditle = ditelo. Le vo’ dì le robb? = le vuoi dire le cose? DIMMLE= dimmelo. Dicétle = ditelo. Dicétmle = ditemelo. SE’L sapevi pudevi dill prima = Se lo sapevi potevi dirlo prima. SA SA = cosa sa. -Mo sa sà ló? en sà propi nient.DI = dei, degli. NÓ o NIATRE = NOI VIEN ÓTRA italianizzato diventa VIENI OLTRE = VIENI QUI Si può anche dire: “Vien otra maché”. CUM = COME. Cum ste? = come stai?. IEZZOMARIA = GESÙ MARIA. Spesso si comincia una frase con Iezzomaria come esclamazione tra paura e meraviglia di un accaduto. “Iezzomaria che lavor, è vist che robba?”. SIT = parte o posto. Da nessun sit = In nessun posto, da nessuna parte. TACCA = comincia. Adess tacca a discorra. TOCCA = Bisogna, devi. Tocca gì avanti = bisogna andare avanti. VALà alla lettera forse sta per Va Via, o Lascia perdere. È un intercalare di chi ascolta l’accaduto di un fatto che lo lascia perplesso, ma che di sicuro corrisponde al vero. Tocca dilli- tocca gilli a dì- Valli a dì te no?- VLÉ = VOLERE VLEM = VOGLIAMO VLÉT = VOLETE VLUT = VOLUTO.
Presente indicativo e Futuro semplice del verbo andare: Io vagh Io vado Io girò Io andrò Te vè Tu vai Te girè Tu andrai Ló va Egli va Ló girà Egli andrà Nó gim Noi andiamo Nó girém Noi andremo Viatre git voi andate Viatre girét Voi andrete Lór vann Loro vanno Lór girann Essi andranno
Non si finirebbe mai di aggiungere parole detti e note grammaticali pensando in vernacolo cioè: tel mi’ dialett, allora, sensa falla tanta lunga la piant maché. Da quando ho cominciato a raccogliere i modi di dire urbinati, molti mihanno detto: -anca te?- Devo dire che poi, negli incontri in piazza, amici e conoscenti sono stati dei collaboratori preziosi. -Mn’è nutt in ment una, l’è scritta questa?- -En m’arcord, dimm’la ch’ la scriv, dop’ vedrò. Dopo la terza estate di ricerche, ho cominciato a radunare gli appunti scrittisu fogli, foglietti, blocchetti e quaderni, li ho messi tutti insieme in questa raccolta, come documento parziale dei ricordi di quanti sono nati intorno agli anni ’40 e anche per non deludere gli urbinati che hanno contribuito con i loro ricordi a ripescare parole, cose, situazioni utili ad allargare l’indagine e realizzare l’idea di questo volumetto.
-Per sa fè girè avanti? ormai ste dialett urbinat l’hann scritt can e porc’?! -Dachsé tant per levam un sfisi. Per me è na sodisfasión, se l’hann fatt anca chiatre en importa, lasc’me fè.
So’ contenta, finalment è nutt alla luc. Vaneggi oppur? - Oppur.
Di proposito, non ho voluto fare distinzioni tra il dialetto della città e quello parlato al di fuori delle mura, perché non mi sembrava necessario anche se poi, per alcune parole, ho scritto le due versioni. Alcune parti del testo non sono tradotte in lingua, ma qualche urbinate potrà sempre divertirsi a farlo e magari anche aggiungere altre parole e situazioni.
Toccando con delicatezza il viso del bambino a cominciare dalla fronte per finire con il naso si diceva: Questa è la piazza grande Questo è l’occhio bello e questo è il suo fratello Questa è la guancia bella e questa la sua sorella Questa è la chiesetta E questo è il campanon che fa din don din don.
Il pollice dice: Ho fame L’indice: Non c’è il pane Il medio: Come faremo? L’anulare: Lo ruberemo Il mignolino: gnicca gnicca chi ruba s’impicca.
Sem gitti via nassicand la testa Beat chi va accident chi resta.
DIFETTI PREGI STRANEZZE
Barbuss = mento. Cia ‘na scucchia = ha un mento molto pronunciato Bisoca falsa = persona che va in chiesa, ma non è vera credente. Bucalón = bocca larga, chiacchierone. Cià tutt i lardell = ha rotoli di grasso. Cià le man lunghe = ladruncolo. So nutta a man longh = sono venuta senza portare niente. Ciccia bomba = modo di prendere in giro gente grassottella. Ciccia bomba trombettiere Manda il treno con le pere Ma lo manda troppo forte Da far tremar tutte le porte-. El Ciaccapdocchj deriva da una storiella il cui protagonista muore piuttosto che smettere di beffeggiare un conoscente con la parola: ciaccapdocchj. L’uomo anche quando è buttato in un pozzo dal suo antagonista offeso, piuttosto che tacere ed essere salvato, insiste nel dirgli: “ciaccapdocchj” anzi, mentre affonda nell’acqua, a braccia alzate con le unghie dei pollici continua a far segno di schiacciare pidocchi fino alla fine. Ciaccapdocchj = schiaccia pidocchi è rimasto sinonimo di testardo, cocciuto. È pegg’ del ciaccapdocchj. Er svegghia, mo so stata gió ghiotta = ero sveglia, ma sono stata giù buona. Mugnón. È un gran mugnón = è uno musone scontroso e di poche parole. Piffre = naso e anche flauto Piffrón = Nasone. Risposta difesiva:- Ogni casa ha il suo bel camino- Strigiol. Un strigiulin è un giovane molto magro Pinsón = uomo piuttosto alto e ciccione. S’è fatt un pinsón ovvero è diventato grasso e pigro. Dai! movte pinsón si può dire anche a chi cammina lentamente. Sactón = persona vestita con calzoni larghi, di forma sgraziata come un sacco. Par un sactón, minca cià nessuna grasia tel vestis? Un surchión è una persona antipatica che non saluta e non parla quasi mai con nessuno. È un gran surchión, en parla né per la bocca nè per el cul. Che birr! Strampalat = strambo. È tutt strampalat, en tocca creda ma quel ch’ dic. È mezz matt se ste a sentì ma ló en te se fa mai giorne. Scialat = rauco, con poca voce a causa di un raffreddamento o per aver cantato a squarciagola. El Scialatin era uno con la voce sempre bassa per natura. Dur’ com un oss = duro da mangiare. È un oss dur = È caparbio, ostinato. Sórd com un banch. Banch è sempre riferito ai banchi di legno della scuola. Dur com un banch o come un sumar = duro nel capire. Dur de comprendonio è più scherzoso, si completa con un cenno del bussare. Un Succón = uno zuccone. Com a vlé tirè fora el sangue da na rapa. Va a la scola per scaldè ‘l banch. Com a parlè sa un banch. È un ciambrott = non tanto bello, tozzo, dai modi piuttosto grossolani. È pió incantat de Tacchi è un modo di dire che tuttora resiste forse perché il signor Tacchi è stato il tonto per eccellenza. Incantat nett o incantata netta = tontolone, di poco senno. Grand gross e coión. -Chi la vanga -Chi la sappa -El più coión -Careggia l’acqua. Trotta trotta gió pel pian che chel rott porta chel san. Locch = sciocco. Forse deriva da allocco e di conseguenza: mamalocch o mamalucch è uno stupido, un incantato. La deduzione è che: Mamalocca è la madre di locch o forse no, ma sentirselo dire era proprio offensivo. En val manca du’ baiocch = non vale niente. Baiocco = moneta di circa un centesimo di lira, degli stati pontifici in uso fino al 1866. Baiucchin = risparmiatore avaro. C’era anche Baioccón. Par un ragg matt si dice di persona sventata, frettolosa e inconcludente. Senti? sa c’è el persciutt tl’urecchie? Cos’hai il prosciutto nelle orecchie? -Testa grossa mandurlón -Ogni pass un cascatón -Ogni gir una scarpetta -Accident ma te e la Betta. En ved manch’un pret tla nev = non vede neanche un prete nella neve. Riferito a quando i preti portavano la tradizionale tonaca nera. Commenti della piazza riferito ai preti: Tant è i òmin anca lore? Per sa fè i farann metta cla gonna longa fin’ai pied?. Dopo la riforma del concilio vaticano II: È vist? adess i pret en s’arcnoscne pió per nient; sensa la chierica, vestiti come chiatre, possen fè quell chi par no? Pff! con alzata di spalla, tant è dachsé, gambia tutt. Ciech com ‘na talpa oppure: En ved da ché e lé = ci vede poco. Cià le gamb stort chi passa un can = ha le gambe storte che gli passa un cane. Gamb a’rchett = gambe storte. Rafacan = forse deriva da arraffare. Persona che per il suo tornaconto briga e prende tutto quello che gli capita. Truffatore. En t’ho sentit, s’entrat com un sprovingol = Non ti ho sentito, sei entrato silenzioso come un fantasma. Peccia = chioccia, oppure orologio o altro marchingegno che funziona male. Che peccia en i lascia mai in pac ma chi burdei. Oppure: Cià ‘na peccia d’urlogg ch’en i va mai ben. Ingnorant com na sappa =ignorante come una zappa. Senza scampo: I purett er’ne sol dj’ingnorant ch’en capivne nient, mei dachsé, almen en pudevne alsè tant la cresta. Se non ti hanno dato la possibilità di studiare quant’era ora, la colpa non è tua, ma la voglia di capire deve essere una costante della vita. En è da chiappattla sal burdell, minca è colpa sua? Tant quest el capirè, no? -Sent da che pulpit vien la predica? Lascia gì cucchina valà ch’è mei. Fa certi discors ch’en ciann nè d’me, nè d’tè nè d’merda secca. Ruzz = rozzo. Ruzz com un spin. Famm na messa cantata è meno volgare di: Famm un mannich mal sighett. La traduzione è: non dire stupidaggini, finiscila. Oh! me vo fe na messa cantata! = la vuoi smettere! Svelt com’ un can legat’ = poco svelto. Svelt com la polvra = svelto come la polvere, ragazzino molto sveglio, veloce nell’apprendere. Svelt com ‘na palla de schiopp poteva avere senso positivo o negativo, dipendeva dal tono e dalla situazione. Schiopp in questo caso è il fucile. Svansica = vanitosa. C’è da fè la svansica tant è blina? Mo valà! Fa rida Mai sass. È vist la smena el cul? Guarda cum mov el bracc? Par semina. Se dà n’aria, chisà chi cred da essa = si dà un’aria, chissà chi crede di essere. Smena l’anca sen’è putana poch i manca. Gaméli = cammello. Par un gaméli, alta com’ un gaméli. Na signorina antica = una persona anziana non sposata. Na gnargnina = molto piccola come una nana Na gnaffa, gnaffina = con naso schiacciato, oppure con lineamenti poco pronunciati, di solito piccola e insignificante. Cià na faccia spianata! Na zitlóna = Una zitellona. Na zitlóna era detto in senso dispregiativo. Bucchre = scarafaggio. Ner com un bucchre. C’era anche la diceria che Gildón da pcin magnava i bucchre, pura invenzione naturalmente, ma ci si divertiva per qualsiasi bizzarra stupidaggine escogitata al momento. Bianch e ross com un bucchre sa du’ occhj tla testa par ch' è viv è la descrizione spiritosa di una persona normale. Languida come la broda di gnocch. Trista impestata = molto cattiva. Trist fraid = molto cattivo. Bagnat fraid = bagnato fradicio. persona falsa, ti sorride compiacente in faccia, poi dice male di te con gli altri. Brutta cóm’ un cólp’ = bruttissima Secca o secch com un usc’ = molto magra o magro Secch’ arplitt o Renga secca si dice di persona molto magra. Saculón, da saccola = caccola, persona sudicia, sporca. Savardón = molto sporco Petriola = imbuto. Fa le petriole o ghiottola = è uno che tartaglia nel parlare Ghiottolón deriva da ghiottola diventava un soprannome come Ghiottolina e Paraghiottolina. Girandolóna! Se tutt’al giorne in gire? Cià ‘na faccia gricitta. Cià la gonna tutta gricitta. Gricitta = spiegazzata o rugosa. Gricitt tla faccia e ti calsón. Smiansa = assomiglianza. C’asmiine o c’asmeine, c’hann le ganasc a spindulón sia el can ch’el su’ padrón = Assomigliano hanno le guance cadenti sia il cane che il suo il padrone. Quattr’occhj e ‘na vetrina = modo per bistrattare chi portava gli occhiali da vista. Bislocchj o bislocchia si diceva a chi aveva gli occhi storti. Scarogna = Scalogna, sfortuna. Che scarogna, me mancava sol che questa adess! De quel ch’en se vria c’è pien el piatt. È com el can tla chiesa, en el pol veda nisciun = è come il cane in chiesa, non lo può vedere nessuno. Cià un cul come Baga = ha una gran fortuna. Cià la scarogna tacata mal cul = è proprio sfortunato. Ciambrocle ha diversi significati da organo genitale maschile a persona tozza. Giamblandana = negligente, disordinata. Ging’lóna = incurante, bighellona. Furcinella o fermessa = molletta per capelli. Se’ sempre tutta scapciata, dat na pettinatina e mett’te qualca furcinella. Cricca = crocchia. La nonna teneva sopra la toeletta una bottiglina con olio e poco aceto, da agitare prima dell’uso, per tenere a posto i bei capelli pettinati a crocchia. Allora si usava la brillantina, soprattutto gli uomini di una certa età hanno continuato a impomatarsi fino all’epoca dei Beattles e oltre. Scarpign = erba di campagna un pò spinosa, ma buona da cuocere. Par un scarpign si dice di persona con capelli che vanno per tutti i versi, o anche per la scelta del modo di vestirsi un pò trascurato. Scapción = spettinato, con i capelli lunghi. S’cifaritt = spettinato, con i capelli in disordine come appena sveglio. Paciott paciott = buono buono, calmo. Lament de Caldari = gran lamentoso. Caldari se persiste come modello di paragone doveva essere lagnoso oltre ogni limite. Che ploia, vo’ lascè gì = che noioso, la vuoi smettere. Cià le gricc mal cul = non gli va mai bene niente. Brontolone lagnoso. Vedrè che quell li leva le gricc mal cul = vedrai che quello lo fa ubbidire, gli fa mettere giudizio. Vrecchj = orecchj = orecchie. Vrecchion o fnocchj = omosessuale. Paracul. En te fidè è un paracul da rida, fa sól i su’ interess. Placcia = pellaccia. Pliccia = pelle grossa e grassa delle galline o anche strato di sporco sulla pelle. Cià na pliccia ch’ toccaria lavall sa la brusca. Scopetta = spazzola. Brusca è la scopetta per i cavalli. Spuntichión = qualcosa che sporge e punge o da fastidio es: barba che ricresce, penne rimaste radicate nella pelle dei polli da cuocere, terreno con erba secca tagliata. La seccia sa tutt chi spuntichión raspava tutt le gamb. Le donne, generalmente, non osavano neanche pensare di potersi mettere i Pantaloni: Sarè matt, me metterò i calson? solo le più “sfrontate” per mietere o per altre rare occasioni, indossavano calzoni che prendevano in prestito da qualche uomo di casa. Seccia =stoppie. La ristoppia = ripiantare nello stesso campo la messe dell’anno precedente. Se matt o se birb? = sei matto o sei furbo? Equivalente al contemporaneo: ci sei o ci fai? La sessola era una cucchiaia di legno, tipo metà cilindro con manico corto, che serviva per prendere gli alimenti da pesare come pasta, zucchero, farina, legumi che allora si tenevano nei cassetti del bancone di vendita, la sessola serviva per mettere sulla bilancia la quantità richiesta. Tle buttegh dupravne la carta de paia o quella oleata e c’era da sceia trala mortadella da pió e quella da mén. I prodotti da pió costavano di più, da mén costavano meno dipendeva dalla qualità è ovvio. Ià dat ‘na sleppa = Gli ha dato una gran sberla, si potrebbe anche dire: na lècca o un gran cinquinón, che è sempre un grosso schiaffo. Cià du’ sessol de man! Se te dà na sleppa te stend = ha certe mani grandi! Se ti dà uno schiaffo ti stende. Cià na sleppa de pied! = ha piedi molto grandi.
Lia el sà quanti gir fa na boccia si diceva di donna brava e di buon senso che sapeva amministrare bene la casa e la famiglia. Lia = lei. È na spirlimplina, vedrè ch’en se fa fè tante legg. Basta na bella gravatta e par na mutta nova. Mutta = vestito da uomo con giacca e calzoni coordinati. Vlut = voluto (participio passato del verbo volere) oppure velluto. C’aveva na bella giacca de vlut. Iè cià vlut un bel pestin per capilla. De chi dett n’ha scritt un cicin da rida = di quei detti ne ha scritto molti. Batroccola o batroccol era uno strumento di legno che si suonava nella settimana santa a campane legate, forse da questo strumento deriva il verbo sbatroccola che significa smuove, trascina, calpesta. Sbatrocolaticc = trambusto. Se sent un sbatrocolaticc, en el sò sigur sa fann tutt’al giorne. Vedrè ste fresch insalatina si dice tra il serio e lo scherzoso a chi probabilmente si troverà in difficoltà. Voia = macchia sulla pelle o voglia di qualcosa. Cià na voia tla schiena o Ciò na voia de gelat. A voia = di sicuro. Si aggiunge al SI di affermazione. Sporch incrudulitt, te vò dè na scrudulitta? Incrudulitt deriva dal verbo incrudire. Tra el corra e ‘l fuggia è un modo per dire che non c’è nessuna differenza. En gambia nient. Com’è en c’è pió le tette? Oppure: dù è mess le tett? Erano battute per prendere in giro le donne con poco seno, alle quali, per abitudine tramandata usava dire: C’è passat San Giusepp sa la piavla. Piavla è il termine ormai in disuso di pialla. Mai saputo il vero nome di una ragazza che chiamavano: zero zero tette. C’la iò, c’la iò spiastrellate si asseriva ridendo, quando si guardava un seno effettivamente piccolo, detto chissà da chi e trasmesso di bocca in bocca nel tempo per far ridere. - Du git Tavletta? -Du me par Cuciatta. Zero carbonella = persona che non vale niente di niente. Giorgio, molto timido con le ragazze, a una festa da ballo finalmente decide di attaccare discorso con la bella che gli sta vicino facendole il seguente complimento: Che begli gli ugni signorina. Il fatto risale a quasi cinquantanni fa, ma i rimasti, ancora ci ridono. Che belle buccoline! = Che begli orecchini! Raghin o raghne = lucertola S’incanta com un raghin. Avem fatt la pansa com i raghne = abbiamo mangiato poco. Putanier = donnaiolo in senso negativo. Alla matina le patat, al giorne le patat, alla sera le patat, Se magna ben sa ste patat. Sta bon ch’t’arcont na Piccia favola. Pien de telaragn = pieno di ragnatele. Sfronchia che bon i va. Sent el ronfa! Ha fatt el paìn no? Il no sta per: è vero? ti sembra?. Bsogna accontentass no? -È già, basta la salut e ‘l pan de gran, sa vò da Dio?. A quattre si usa per esagerare l’idea di molto. -Ha fatt el diavol a quattre, un ov a quattre, ni ha dett quattre vedrè!-. Ni ho dett, mo quant m’na datt! = gliene ho dette, ma quante me ne ha date! La ligaccia o La gluppa era un “fazzoletto della spesa” legato con due nodi incrociati e contenente qualsiasi cosa. Il fazzoletto della spesa è l’antesignano dei sacchetti di plastica di oggi, era molto usato da coloro che arrivavano dalla campagna, spesso uomini, per portare prodotti commestibili di loro produzione, invece per portare cose fragili o delicate si preferiva il canestro che però una volta vuoto era più ingombrante. Gamba stila si dice a chi ha le gambe molto magre. Cul longh. Ansi ch’ha fnit per na prescia = anzi che ha finito per adesso. Prescia = fretta. Io en ciò nisciuna prescia. I mont s’abassne, le person s’incontrne. Lò en c’è mal, mo lia par un tavlón da ott. Sem armasti soli com du’ cuccarin. Queste sarien le ficch del post = Queste sarebbero le belle del luogo. A uno che suonava il contrabbasso: quant el mett sotta la vrecchia?. Vermin = verme, da cui: sei un vermine.Un due tre fante cavall e re.
El mi gattSe strofina, s’arvultilaSe spultraccia tla paia eSe i dè l’assica se sfuna.
DA UN PAL A’N FRASCH Carpinelle = pellicine delle unghie. Spavrit = spaventato. Sa na fava ha pres du’ pción. -Perchè? -Perchè due en fa tre. Malé i affar van ben sé, è propi tla bocca del lup! Anca l’ultim gnocch vien a galla. En me sfagiola tant per nient. -Te chiapassa n’accident cum ste? Oppure:-Mo va a muri scanat, valà! e anche: Oh! ancora en se morte?- Erano modi di dire tra amici non offensivi, un modo brusco-scherzoso per manifestare una certa contentezza nel rivedersi. Ancora oggi noi urbinati non ci lasciamo trasportare da grandi manifestazioni di giubilo e d’affetto, ma è solo un’indifferenza apparente, in verità c’è molto calore umano e sensibilità nei cuori, si capisce soprattutto dai gesti quotidiani e forse bisogna saperlo leggere negli occhi dei pochi veri urbinati rimasti. È stat ‘na gran sciupatura. Ló ce schersa, mo le sciupatur se scont’ne. En schersè sal foch! En spaliè le mulicch dapertutt = non sparpagliare le briciole dappertutto. En smulicchè.I muccichin erano i frutti del tasso di un bel colore rosa-ciclamino. Il sapore era dolce e vischioso, noi li succhiavamo e sputavamo i noccioli lasciandogli attorno una leggera patina, altrimenti diventavano amari. Gim a magnè i muccichin ai viali, abitavamo nei paraggi e gli alberi di tasso si trovavano solo lì. Conoscevamo erbe e fiori di tante qualità, assaggiavamo tutto quello che trovavamo di commestibile: i lupin, i dulcin, le brugnol, le grattacul, i sem dla malva, el fior da caccia e altro. Sachè l’oppi del muscatelle? En è minca facil sa credi?Santa Lucia! en l’ho vist, s’era un can me dava un mors. Cerqua = quercia. La cerqua tocca taialla dal cul. El tirabussón = Il cavatappi. Chi vol che l’amicisia se mantenga -La staccia ha da fè vagh e venga. Bon da buttè tel sciacquató = buono da buttare nel lavandino della cucina. Chi bell vol comparì qualcosa ha da suffrì. Ciò na smania ch’en staggh ben nè in pied nè a seda. Baghin = maiale. Bell baghinin si può dire con affetto anche a un bambino che bisogna lavare. Gran baghinón è un adulto sporco fisicamente o per mentalità. Bregn = trogolo. El bregn del baghin. Tò = tieni. Tò en se dic manca mal baghin. Baghinin tò tò si diceva dando da mangiare ai maiali. EN ÈN = NON SONO. En èn minca gitti via subbit, séé a voia! Me vien la carne pulina, ansi pegg, me s’arcid le carne. Tun che tett era o tun che tett è = In quale tetto era o in quale tetto è. Stè gió moscia, sta só arditta! -La cnosci? risposta: La cnosc sé, l’ho vista a nascia, è nó’ ch’ sem dventati grandi. Quant’è dura a dventè grandi. Sta sitt te port tla gorga. Pió ve avanti e pió è fatiga a campè. Ormai sem da sta part, clatra part en arvien ótra cioè gli anni passati non tornano. A una certa età quel ch’è pres è pres o quel ch’è vutt è vutt. Cosa? -chi sa cosa, la merda plosa. M’ha fatt la gambetta, so’ cascata a bocca all’avanti. Me se spicciat n’ogna. Ogna o ugna = unghiaVa fè du’ fascin sa l’acetta arvulteta dicono verso Fermignano. -En lascè chel pallón fora, tant volt passa chi burdiacc el chiappne só-. Per raccogliere i frutti dall’albero: -En chiappè chi ram fini fini, tira gió el brancón- Tira giù il ramo grosso. Bona tla chiesa, trista a casa. Brutta in fascia, bella in piassa. Tun chel sporch dla mundessa c’è certi sciansción.Sciansción = grosse mosche. Tutt ste polverig o spolverig. Sórta = spessa, grossa. Iè nutt na crosta sórta, prima chi se guarisc! È pres cert aranc sa na buccia sórta. Sgaraticc = marinare la scuola, per estensione non andare a lavorare. Un lisc e buss. Tutt sbifricchj = tutti oggetti da poco prezzo e di poca utilità. -Guarda ch’s’incassa! – Vé farà ló! se s’incassa fa du’ fatigh - Com du fatigh? -Una per incasass e chl’atra per scasass-. Na Babilonia cum adess en s’è mai vista. Un marpión. Du fratei = due fratelli. Tubin e Mezzaluna erne du’ fratei. Ognun cià el su’ sassulin da roda oppure: Dappertutt c’è un sassulin da roda.
LA FAME IL MANGIARE IL BERE = LA FAM’ E’L MAGNé EL BEVA I arvans de quell ch’è mort dalla fam = Gli avanzi di quello che è morto dalla fame. Furcina = forchetta. Cucchiara = cucchiaio. Spandiccre = sbadiglio in attesa di mangiare. Spandiciarella o spandisciarella = sbadigliarella dovuta alla fame. En paidisc = non riesce a digerire. En ha paidit = non ha digerito. Na sfurcinata de taiatelle = una forchettata di tagliatelle. El magnè e’l mormorè stann tutt tl’incominciè = Il mangiare e il chiacchierare stanno tutto nell’incominciare, non finiresti più. Un culacin de pan sal vin. Un toss de pan per fermè el stommoch. Un cuncin = un pezzettino. Un po’di tempo. Damm un cuncin de pan. È un cuncin so’ maché ch’aspett. Me basta na fettarina de pan. -Chiappne anca un filett se’n te basta, no?- Supachiott = pane molto inzuppato, che ha assorbito tutto il latte o qualsiasi altro liquido. Na pagnutina imbutitta = un panino imbottito El pan sciutt, el pan sal sput = Il pane solo, il pane senza niente. El succhre = lo zucchero. Te piac sal succhre? El pan sa l’oli e’l sal = il pane con l’olio e il sale. Pansanella = pane inzuppato con acqua, aceto, sale e olio. Dolc sfraganat = troppo dolce. Termine coniato di recente. En me piac me fa nì i strangulón. Cassinpevre = cassinpep = pinzimonio. Faccia tosta è la metà dla spesa. Cià na faccia com el cul. O fien’ o paia era come dire: quell se magna se magna, basta se magna. Tradotto sarebbe: buono o cattivo basta mangiare qualcosa. Quell ch’en astrossa ingrassa. Bocca vunta en dic mai mal. Mio nonno, la domenica, quando era invitato a mangiare a casa di qualche parente commentava sempre allo stesso modo: Quest en è un pranz è un sposalizi. Tocca tirè la cinta. Na sbobba! par l’intrisa per le galin. O magni ‘sta minestra o salti ‘sta finestra. Amareggia com el tosch = molto amaro. El tosch era un veleno per topi. Com un poss sensa fond = come un pozzo senza fondo, ossia dare qualcosa in continuazione senza finire mai. En se fnisc mai da dè. So’ pien come l’ova. Mnè dat na bigónsa! En m’nè buttè gió pió. Sa so’ un bua? = cosa sono un bue?. Smiccola = mangia poco, sceglie piccoli bocconi, scarta quello che non le piace. Sa smiccoli, magna gió ch’è tutt bon. Se s’impunta en magna manca s’l’ingossi com le och. Una volta, le oche si facevano ingrassare dandogli il mangiare forzatamente. Ingozzare l’oca era un lavoro riservato alla donna che, stando seduta, teneva l’animale fermo con le gambe, con una mano gli apriva il becco e con l’altra gli faceva ingoiare, con le dita fino al gozzo, bocconi di un pasto fatto di ingredienti naturali. Quell passa el convent. A tavola ha pres moi anca un frat. Basta anca ma i frat de San Francesch si diceva quando il mangiare era abbondante e i frati nel convento di S. Francesco erano tanti. Cià de stantij = ha di stantio Scarti grass, s’è vede ch’en è mai patit la fam! Na scodella sa la colmatura = un piatto fondo colmo. Na tigella. Ià v’sutti sal formai = li ha voluti col formaggio. Gussutta = golosa. Ho fatt el cunill alla gussutta. Gussitudin = golosità Valà ch’en sa gabba quant tirà gió da magnè, è un gunfión. Sgulfanat = Mangiare troppo e in fretta. è un gran sgulfanat. Famm i spaghett al dent e la nonna:0 ma me fammi alla gengiva. -Arvenghen tutti ma la greppia, oppure Arvenghen tutti mal bregn- vuol dire che la famiglia al completo ritorna a casa per mangiare, quindi bisogna cucinare per tutti. Pensa solo a sbaghinare lo dicono i figli dei genitori urbinati nati altrove, Rimpisàt = riempito = ha mangiato molto. S’è rimpinsat com un baghin o ha magnat com’ un baghin. Rusighè = rosicchiare. Rusiga sempre = mangia sempre qualcosa. Ariva sempre a pappa fatta, me piaceria anca ma me. El garull dla mela = il torsolo della mela. Me lasci el garull? Tocca sbarzille, o sbalzille, en crederè cle butt via = bisogna mangiarle tutte non crederai che le butti via. Al maschile: tocca sbalzii cioè bisogna finirli. Scroccón = scroccóne. Magna a scrocch = mangia a sbafo. Magna a uffa = mangia a spese degli altri. Magna pan a uffa, sarà ora ch’impari a gil a guadagnè? A gil a guadagnè = andarlo a guadagnare. Una porta, con la serratura a scrocch, basta tirarla e si chiude senza chiave, avrà qualche nesso con scroccóne? Me fa gulin = mi viene voglia Se sgulina = gli viene l’acquolina Se sgulinaria da gicc = gli piacerebbe molto andarci. Modest = moderato. -Magna modest- -magn magn.- Se chiamava Modest. I tien pió i occhj che ne la bocca. Ormai gonta, t’affogasc. Blich = ombelico. Blich d’ai = la parte centrale della piantina d’aglio fresco cioè la più tenera prima che faccia il fiore. La bagiana era un piatto a base di fave fresche. Si lessavano le fave con le bietole, i liscre o i blich d’ai e si condivano con un soffritto di olio e aglio. La carne dura fa i cincigón, en se s’cincicca, fa el masticott. -Li fa passè sotta el nas per fai nì voia sensa dai nient- ha lo stesso significato di: -Prima li sdruggina ti dent e pó en i dà nient del tutt-. Cioè: gli fa vedere bene una cosa da vicino per fargli venir voglia e poi non gliela fa neanche assaggiare. Sdrugìna o sdruggina = strofina. Me se sdruginava tutt adoss. Sa te sdrugini vo’ ste in là! Ho sdruginat tant, mo le macchj en èn gitte via. Magnè, chi magna magna, mo le bevut han da essa pari. C’avet un color vinaccia -anca vo’ en set cott in bianch. Belle! Belle?! -Tutte pagate ficcanas. È gitt gió com un zulin = è andato giù bene, si dice di un bicchiere di liquore o altro, bevuto volentieri. Datme n’antre bicchier de vin che ch’l’atre mla bevut tutt el biscottol. El biscottol o ciambellón era il dolce per eccellenza, si faceva spesso, si portava a cuocere dal fornaio, era buono e si manteneva fresco per più giorni come il pane. La tradizione del ciambellone continua con poche varianti, ora si cuoce in casa e quando non si lievita bene si dice: er’mast tassat se si sbaglia la temperatura del forno: se bruscia o arman incrudulitt. Arculisat = alcolizzato. Par n’arculisat = è detto in termine offensivo. Na sgónsata = un sorso. Cotto duro oppure cotto come na mela. Le bevut en se contne = le bevute non si contano. Ciucca = sbornia. Ha fatt na ciucca o anche: na cuccuma. Cuccuma = caffettiera. Mett só la cuccuma del caffè. Gulla o pan del cucch = escrescenza rotonda che nasce sui rami della quercia. Cià ‘na cuccuma, o cià ‘na gulla = È ubriaco Na sbornia da oli sant. Che mina, burdei, en s’arconta! Le risat da pisciè adoss. Ercole e Bruno vann a Venesia, Picnic va a glen grant. Fa le ciampanelle = barcolla S’ciampanella, en sta pió in pied tocca ‘compagnall a casa. Se uno aveva bevuto troppo la sera, la mattina dopo al bar chiedeva acqua minerale. Commento: L’è fatta bella iersera eh? -risatina ammiccante-: bevi l’acqua sa i bocciol. Schiccheri = Bevi. Maché se schicchera sempre è? ‘Na foietta e ‘na gasosa = mezzo litro e una gassosa. Alcuni amici d’osteria erano: Strawischi, Alcolino Bevucci, Beverani, Abboccato e altri. Vria na motocicletta ch’ facessa sempre: bombo bombo. Ai bambini piccoli (pupini) si parlava con parole adeguate al loro linguaggio. Bombo = vino. Vien dal nonn ch’ te dà da beva el bombo.
Il giovedì prima di Pasqua s’andavano a visitare i “sepólcri” allestiti nella penombra delle chiese. In quel giorno un altare, veniva abbellito in modo particolare, era molto illuminato e decorato con piante e fiori, lì davanti si sostava per una preghiera di raccoglimento. Dovevamo far visita a un numero dispari di chiese (tre o cinque). Scherzando: -Gim a fè i sepólcre- vuol dire: -andiamo a bere da un’osteria all’altra.
Una volta c’erano molte osterie dove gli uomini s’incontravano, mangiavano qualcosa per tenere meglio il vino, giocavano alle carte, fumavano e chiacchieravano. L’osteria era luogo d’incontro anche per chi arrivava dalla campagna. -Arrivaven tl’osteria sa la gluppa, tiravne fora un furmai che camminava dai vermin, bevevne qualche bicchier de vin, ridevne fort, s’arcontavne só qualcosa dle lor bestie e di lor affari, qualca batutta spiritosa na botta tla spalla per salutass e via. Gigin Caretta racconta: In Urbin ancora dop la guerra se contava fina a 25 osterie, ce divertimi a cantè, oh! tropp avem cantat, certi cori. Adess invec en c’né pió nisciuna. Na mulicca = un poco. Datmne giust na mulicca. Na mulichina apena apena, ééh! un cincinin per ‘sagialla!Na mulicca quant un’ogna o quant un segn. Se consideriamo Mulicca come unità di misura Oncia è un po’ di più e Greia è un poco meno. M’navet dat quant un’óncia, mettetne gió nantre dó, só. Plucca benben cl’oss iè lasciat tutt el più bon malé. Dio te mantenga la vista burdell, che la fam en te manca.
SPIGOLANDO QUA E LÀ ovvero “I ARCOITICC” C’era ‘na volta, mo la volta s’è slamata. El pciól = vino di nessun pregio, molto leggero. Dopo l’ultima spremitura dell’uva, se metteva l’acqua ti scart dla bott e quei bulivne no? Da malé niva fora el pciól ch’se beveva tna giornata e mezz, dop dventava trist. -Sa l’inguria s’fa tre us’-S’ magna s’ bev e s’lava el mus. Me vien d’argoita = me vien da rimetta = mi viene da vomitare. M’er nutt só anca i budei = ho vomitato tutto. C’era la carestia de parecchia robba = mancavano molte cose Cià datt la caccia = ci ha rincorso Rigulisia = liquerizia. È ner com na rigulisia. -Sa me guardi?- Se guarda un palass, podrò guardè un pupass!- Al di fuori delle mura era: -perché me guardi?- risposta: -Se pol guardè un cepp d’erba, se podrà guardè ma te, pess de merda!- Tura e stura = tappa e stappa Du vè? –“Per stavolta tel digh: du me par, n’antra volta en mel dmandè per nient-” cioè per questa volta te lo dico: dove mi pare, un’altra volta non me lo chiedere per niente. Va ben achsé? Per tuffas ha dat na spansata. Me so’ rott le scattol o me so’ rott i stival o me so rott i coomber, ch’saria sempre quella. Dio bono che saracca! Saracca = botta forte. Venghen só ben com le cann secche. Fè come don Contucc ch’se ardótt a dì messa sa un copp. Testa vota. Fra Masón. Pensa sa i pied. Te vol sempre metta i pied sopra la testa. En c’è goccia propi de nessuna rassa = non ha voglia di fare proprio niente En tutti caffi sti calsett, minca se trova mai el cumpagn. Ovvero: sono tutti spaiati questi calzini, mica se ne trovano mai due uguali. Schment probabilmente deriva da sgomento, Ha vutt un bell schment = ha avuto un grande spavento. Chi fuma cià un grad pió dla merda. -Anche la m…. fuma no? allora chi en fuma cià un grad de men de quella. Bigulón longh longh. Sono scento propi davanti casa, scento invece di sceso ancora resiste. El Signor manda el fredd second i pagn. SALUTE MALATTIA VECCHIAIA. Anche lo poracc n’ha vist quattre. Bianch com un cenc oppur com un pagn lavat. Capirè, se camparà quant na cotta de taiulin. I taiulin ovvero i tagliolini, come tutte le paste fatte in casa, si buttano giù nell’acqua bollente, in un momento ritornano a galla e sono cotti. Ogg ce sem e dman chisà = oggi ci siamo domani chissà. Tocca fai tutt, custodill e guarnall com ma’n burdell pcin = bisogna fargli tutto, imboccarlo e badarlo come a un bambino piccolo. Catorc = catorcio o chiavistello. È un catorc = è malandato. Sa ste scur chisà cum fè a tirè só el catorc! En se trova el bugh dla chiav. Du crederà da gì sa chel catorc! Cià ‘na salut de ferr, minca è mai stuffa! Cià pió magagn ló dl’asin de Bulgre o anche: Com la cavalla de Bunella, centcinquanta magagn sensa cuntè quella sotta la coda. Valà ch’ha vutt ‘na bella stranitta, en ha pió tanta voia da gì alle git. È fatiga a fatighè, adess so’ stuffa, c’è anca dman ch’en è tocch. È un scioperat = non ha riguardo per la propria salute En ciò la salut da venda, sa credi?. Fa com el mars ma i vecchj = Fa come il marzo ai vecchi, cioé non fa niente. Anche gli anziani, come tutti, con la bella stagione dovrebbero stare meglio invece non hanno nessun miglioramento. En c’hann nessun giovament. Tira el fiat sa i dent. Rinciculitt = rattrappito. S’è rinciculitt tutt in genere si dice del vecchio rimpicciolito per l’età. Rincoionit = rincoglionito. E’ un rinciculitt si dice anche di giovane piuttosto piccolo e magro Tant s’è ardótt blin! si dice di qualcuno malridotto. Tutt le mosch vann dai can magre. Scarnit, tutt’oss da fè paura. È tutt scuncassat. È tutt scuccialat. Vecchj bacucch ch’ sta só per ingegn. Appena fa du’ pass’ spancia. En vria gì a f’nì ti Capucin = non vorrei andare a finire ai Cappuccini. Capucin = Cappuccini ex convento, nato come ricovero dei poveri soli e abbandonati, con gli anni era diventato la casa di riposo dei vecchi in generale. L’anticamera dla mort. Cle infermier c’hann na grasia com el lup a chiappè le passre. Nei ricordi è rimasto sempre un luogo di tristezza e solitudine anche quando era migliorato di molto. Ora gli anziani sono in una struttura nuova, adeguata alle loro esigenze. L’intero colle dei Cappuccini, ricordato dal poeta Giovanni Pascoli nella poesia “L’aquilone” ora fa parte dei college dell’Università, così la tradizionale passeggiata del 15 agosto, molto seguita da sempre, dopo il trasferimento degli anziani, sta perdendo d’interesse. Ce va poca gent, en j importa pió ma nisciun. La festa degli aquiloni invece continua e si rinnova ogni anno con grande entusiasmo da parte di grandi e piccini. È una gara tra le contrade della città, che una volta si faceva alle vigne, dopo alla fortezza Albornoz, adesso l’appuntamento è sempre per la prima domenica di settembre, alle Cesane. Ooh! Fann certi aquilón sempre pió bei. Le espressioni: -Se’n sta ‘tent c’armett le bucc, -Sta a’tentin ch’ ce lasci le penn, -Va ‘fnì ch’ ce lascia le stroppie- significano tutte che non si deve perseverare su cose troppo faticose o troppo rischiose per non morire. Per stavolta l’ho sfangata = per questa volta sono sopravissuta. L’hann arpres per i capei = l’hanno ripreso per i capelli. Sta ‘tent te fenen il detto modernizzato è: -Sta ‘tent te stiren-. Falcnara = falce fienaia. Forse una volta era pericoloso mettersi davanti a un uomo che tagliava il fieno, poi il pericolo si è spostato verso le macchine e l’automatizzazione. Sa scrulli o sgrulli minca so’ n’alber de succin. Va a lett sa le galin = va a dormire presto. I modi di dire: È un sciaparell, È sonat, En c’è tutt, I manca qualche giuvdé sono chiare allusioni riferite a persone considerate non proprio sane di mente. È stupit dalla testa ai pied = è proprio stupido Chiud la stalla quant en c’è pió i bua = chiude la stalla quando non ci sono più i buoi. Come dire che è inutile voler mettere riparo a una cosa avvenuta per negligenza. Bisognava pensarci prima. È arrivat zagh zagh = è arrivato piano piano. Vè zaga com na lumaca, te movi? Chi cià el pan en cià i dent. Seldre = seller = sedano. Ch’l’omcin datme un seldre tendre sinonca en el rósghe, ossia: Quell’uomo datemi un sedano tenero altrimenti non lo rodo. La pignatta sbrangata dura de pió de cla nova si dice per incoraggiare chi ha qualche acciacco: Camparè de pió de chi sta sempre ben. Pignatta = tegame, pentola. La pignattina, piuttosto alta e poco larga, serviva per cuocere i fagioli davanti il fuoco del camino acceso. I fagiol sa la cuddica? -Séé, mo erne boni da rida. Capirè po’ capì c’è i fagiol sensa cundì. Negli anni del dopoguerra si usavano molto i tegami di coccio e quando si rompevano in due o tre pezzi invece di buttarli via, si portavano dal “spranghin o sbranghin” che con un filo di ferro li aggiustava e si continuava a usarli. Era la stessa cosa per i piatti grandi. La cocciara era la donna che vendeva i cocc, ossia articoli in terracotta e ceramica. C’er mast sol i cocc = ci sono rimasti solo i pezzi. È sempre stat un cucciarin = da coccio, è sempre stato di salute delicata.
Lavagine, il Mercatale, san Bartolo, santa Lucia, il Duomo e san Polo sono le contrade più antiche. Urbino era circondata dalle mura e, attraverso le porte si entrava e si usciva dalla città. Attraverso Porta Nuova entravano i carri con le merci e dovevano pagare il dazio. -Tu hai dichiarato solo metà maiale invece è intero- -I del baghin n’avria vlut a massè na pacca, mo en ho pudut-. I =Io. Quant? -ééh chisà quant? quant el lupp metteva i guant. Fa el tont per en paghè el dasi = fa il tonto per non pagare il dazio. Vecchj è i pagn’ io so’ ansiana. Oh! ma me me sa mei vecchia de ansiana. Sgamblat o sgamblét = sgangherato nel camminare, sciancatoTe si giovne, vieni a dmandè i sold ma me? ho bsogn per me ch’ camin tutta sgambléta. Toccarà essa sfaciati un gran bel po’. Te dagh la polpa. Te dagh la strada da corra. S cianchetta s cianchetta, mo purett en ià riesc nient a caminè si dice di qualcuno che fa fatica a camminare. Ardótt un stracc= ridotto maluccio. Ardótt un crin = ridotto male. Chi en cià bona testa cià bone gamb. Poracc se sta consumand com ‘na candela. Porett tant sa i vo’ dì el vedi com’è ardott? Ormai è belle gitt ma’i can. En l’ha ‘fogat el latt dla balia ovvero è morto molto vecchio Ormai ha fatt’ terra per el cec = è morto da un bel pezzo Imbarbugitt = rimbambito. E’ nutt tutt imbarbugitt en par manca pió ló. Stremuliss = brividi di raccapriccio. Me vien i stremuliss sól’ a pensacc. Lasc’le tel su’ brod = lascialo nella sua ignoranza.
A fè ‘l ben ma i sumar se ricev i calc. Me so’ rugolata gió per le scale, me so fatta un mal tel cudirón da non pudem pió mova = mi sono rotolata giù per le scale, mi sono fatta un male nell’osso sacro da non potermi più muovere. È cascat a testa spuntón = è caduto a testa all’in giù. En se sarà fatt tant mal, mo stava mei prima. Ha fatt un gambritt oppure: ha fatt un crist da rida = ha fatto un gran capitombolo. DA RIDA è aggiunto in diverse occasioni per accentuare l’accaduto. Ha dat na succata d’armana dur malé. Brignoccola = bernoccolo Ciò un mal fin tel stommoch e pó en me passa di solito si dice per qualche dispiacere avuto. Ciò un gran magón. Ho sentit un suchè com un gnocch tel stommoch, insomma m’è nutt da piagna. Pappalisagna = sonnolenza e fiacca, M’ha pres na pappalisagna ch’è no voia da fè nient. -Pro purtin = però poverino. -Seé purtin è chi en cià i occhj-. S’è sbucciat ’i ginocchj = s’è scorticato le ginocchia. Ciò na puntura tla schiena = ho un dolore forte nella schiena Ma le galorgne gonfie, toccaria fai i bagnol tl’acqua sal sal. Sal sal = con il sale. Pansa = pancia. Ha mess só na pansulina. Na bella trippa. -Me dol la pansa -Va dalla Costansa -Te dà n’acinin d’ua -Te fa passè la bua. Pantriscia = riferito soprattutto alla pancia di persona molto grassa che dimagrisce troppo in fretta e le rimangono rotoli di pelle molli e cadenti. Sciala Minghin t’ho cott un ov. Cià le lacrim o el piant tle sacocc’ si dice di chi piange facilmente. Gobba d’Varea era detto, senza cattiveria, al ragazzino che stava con le spalle curve, per ricordargli di stare più dritto. Forse a Varea, dove oggi c’è una struttura comunale, c’è vissuto qualcuno gobbo. Cià i calamar fina i ginocchj = Ha grandi occhiaie Cià du occhj com un scattón cioè scalamarati per stanchezza o per malattia. Scodronat = camminare male per un dolore fisico. Ha ‘vut na bella scodronata = s’è fatto molto male. Ha vutt na bella pentita si dice di persona che dopo un malanno è visibilmente sciupata. Ééh! Cià la febbre magnarella! cioè non ha nessuna febbre.
I gaión = i orecchión = la parotite. -Signora ste burdell cià i orecchión- È già, sarè bell te!. I fantiglión = convulsioni. Purtin, ha vutt i fantiglión da pcin. La schiola = il morbillo. I schiopett = La varicella. La tossa convulsa = la pertosse. El grupp = la difterite. -Iè nutt el grupp en c’è stat nient da fè- Un sfógh = arrossamento, allergia. Tocca gì dal specialista dla pell. Par el mal del rasp ch’se chiappa dai gatt cioè una specie di dermatite. Schiafne = piccole lesioni leggermente squamose della pelle secca. Rusum = prurito. Brisciòl = foruncolo. Tutt chi brisciòl i darann rusum. Bugn ciech = grosso foruncolo. È un bugn ciech, i metti un pò de pomata d’ittiòlo per fall nì in cima, vedrè ch’sé scampa da per ló, senò tocca scampall. Materia = pus. Ià fatt tutt la materia, i nirà anca l’infesion se’n sta ‘tent. Ranguscia = raucedine. Ciò un raspin o un rusighin tla gola = mi fa male un pò la gola. Cià na garganella o raganella = respiro affannoso con catarro. Sent che bolza! Te c’è schersi, se fa prest a gì de là. Cià un cimurr! Fument = suffumigi. “Chel catarr s’ha da scioia, fai fè i fument”. La brunchitta = la brunchit = la bronchite. La pleurit, el mal de fegghet, el mal de cor, el mal d’oss. Filosofia di chi si avvicina alla terza età: Se sa che quant se dventa vecchj qualche malarin c’lè sempre, mo se pensi sempre malé en campi pió. Traduzione: Si sa che quando si diventa vecchi, qualche piccolo male ce l’hai sempre, ma se pensi sempre lì non vivi più. Per gli ultra ottantenni la parola senò = altrimenti, sarebbe da sostituire Con la più antica sinonca che ormai viene usata raramente. El mal cadut = Epilessia Un mal trist o un de chi malacc ch’en perdónen = cancro. La malingit = la meningite. È tissigh = è tubercoloso. Stroppia = storpia. Vò aiutè a fè qualcò? Tant en se’ minga stroppia = vuoi aiutare a fare qualcosa? Tanto non sei mica stórpia. Cià la cacarella quando è detto in senso ironico significa: non ha niente. Cacarella = diarrea, dissenteria. Chi chiapassa la cacarella doppia. Sciolta = diarrea dei bambini. Sa cl’influensa ancora so’ mezz troll. El giraditta. Le man crepate. Tutt raspat sa i spin. È cascat tra l’urticca s’è bocciolat tutt le gamb. -Oh Dio stagh mal - Sta sitt so’ stracch vengh da Cerquét Bón- -Oh Dio stagh mal – T’ho dett sta sitt so stracch vengh da Cerquét Bón-. Come dire: Non m’importa se stai male, io sono stanco e voglio dormire. S’è salvat per el rott dla cuffia, ah! Iè gitta ben cum iè gitta. Tars = tartaro. Cià i dent gialli com el tars. Sa le gnocch ti pied = con le nocche ai piedi. Tutt sciancat. Tuttt sfraglat d’arcoia sal cucchiarin. Iè se fatt fastidi = è svenutoEn sarà l’amor del mond, sa vu ch’ sia!. En toccherà murì per campè. M’incend la schiena, en ne poss pió da quant so’ stuffa. Sa la pression alta basta a magnè l’ai, tutt le mattin, s’né butta gió un spicciulin sa la buccia e tutt -Com sa la buccia e tutt? -dachsé en t’arvien só alla vegghia. Traduzione: con la pressione alta è sufficiente mangiare l’aglio, tutte le mattine si ingoia un piccolo spicchio senza sbucciarlo, così non ti ritorna su il sapore, lo digerisci bene. Un spicciol d’ai = uno spicchio di aglio. M’ha pres per asciat è come dire: mi sono lasciato convincere per sfinimento. Bricca bricca sensa cumbinè nient. Va gió ch’ te da lia la sidocca. Te vo fermè na mulicca, se’ sempre tutta scalmanata? Me vien i fum sól a pensacc = mi viene il nervoso solo a pensarci. Ciò i fum = ho le vampate di calore. En se pol tucchè per nient, par ch’è de vetre. Quant se dventa vecchj s’arvà ti pagn o ti pied di burdei. È ‘l fior del bel cantè = ancora è cosa da poco, più avanti sarà molto peggio.
Se tutti portasser i lór guai in piassa, ognun archiapperia i sua. Me sa ch’è propi vera: ognun argirìa a casa sa le su’ gamb.
Singhioss singhioss la rana tel poss la rama tel fich el singhioss è sparit.
PAROLE CHIACCHIERE CRITICHE Ariva la madre badessa, la fatutta, la fatturóna. bagaiè = chiacchierare. Bagaióna = chiacchierona È ‘na gran batenda = è una gran pettegola. Fè ciataia = più persone che parlano di cose futili. Sbraitè = urlare brontolando. Cià sempre da sbraitè per qualcosa. Sgaggia = parla ad alta voce, urla. Cià el vizi de sgaggè. Urla sempre com na stracciara. Stracciar o stracciarol = straccivendolo. Lo straccivendolo passava nelle strade e gridava: Ié stracc donne. Oltre gli stracci prendeva a pochissimo prezzo qualsiasi roba vecchia, anche la pell del cunill. Il coniglio si comprava vivo, come tutto il pollame in genere, in casa poi, dopo averlo ucciso (lavoro da uomo), con precisione e competenza si tirava giù la pelle senza romperla e la si faceva essiccare appesa al rovescio con della paglia dentro, poi si vendeva allo straccivendolo. La pell era di burdei, con il ricavato compravamo il gelato o le golia che costavano una lira l’una. Il coniglio, tirata giù la pelle, se sbarava cioè si toglievano le interiora; si lasciava a bagno in acqua fredda con un po’ d’aceto per tutta la notte, poi si cucinava. Spesso veniva cotto in porchetta col finocchio selvatico. En cià i pel tla lingua o Na lingua ch taia e cusc = lingua lunga. È scopert i altarin = hai scoperto quello che non volevano si sapesse. Me saria dat un mors tla lingua ovvero mi sono accorto subito di aver detto una cosa sbagliata. Me scapat dett, en l’ho fatt aposta, scusat. Ha magnat la foia = ha capito Lia ha da fè sempre la tersina sotta. Fa sempre tutt per dispett. Cià ‘na testa ch’en la rod manca un sórc. C’entra cóm i cavol a merenda = non c’entra proprio niente Sa ‘na scarpa e ‘n socch; oppure: un socch e ‘na ciavatta, si dice quando due cose che non vanno bene insieme . È un Cuntadin arfatt, c’aveva le pess tel cul fin’ a ier, sa vo’ pretenda? Ha da gì a parè le pecor = deve andare a pascere le pecore oppure: Ha da gì a sappè la terra = Deve andare a zappare la terra, sono commenti che si fanno su persone incapaci di fare il proprio mestiere. Sa tutt chi discors te strónca o te schianta ovvero parla troppo. En schianta fila = non smette mai, non finisce mai. N’arconta de tutt i colór. El pió dle volt l’inventa de sana pianta. Quant l’arcónta i fa la giunta = racconta aggiungendo cose inventate. Na arcuntat un sacch e ‘na sporta = ha raccontato di tutto. Scorcia o scórta cla biscia = non esagerare. “Cala!”. Prova a buttalli só, en se sa mai. Vol fè el capisción quant en sa nient. Parla a vanvera. Parla per dè fiat ma la bocca. Parla cóm un libre stracciat. Sfarfuiè = farfugliare. Sfarfuia tutt ch’en se capisc quel dic. Che sólfa = che noia Stóls = sobbalzo. Ho fatt un gran stóls. Cià le cart da matt ovvero è un matto riconosciuto. Ciocc = scarpe di poco valore e molto consumate. Mett sempre certe ciocc! En m’importa nient. Propi men de nient. Vagga el mond tna cesta, chi se ne frega. Stracch svlenit = stanchissimo Un discors tutt arzigogolat = un discorso tortuoso, ingarbugliato. En s’arcorda dal nas alla bocca si dice di chi ha poca memoria. En se slaccia tant i bótón = non dice molto En val un sold bugat = non vale niente Rugn = mugugna. Sa rugni sempre. Strafalción = sbaglio. Vol parlè in italian, mo dic certi strafalción. Tacca butón o botón = persona che ti parla a lungo e non riesci a staccarti En te fermè sa quella, è ‘na tacca botón ch’en f’nisc pió. Na botta e n’armessa. Iezzo l’è lenta, par ch’ha magnat el gioj. Valà ch’en casca all’avanti ossia non ha fretta di arrivare. Sa tutt chi fiol par na cunilla. Orca miseria! sè’ svelta com un gatt de piomb. Miarà = toccherà = bisognerà. Toccherà fè da cla via = bisognerà fare in quel modo. Alé l’avem fatta tonda si dice a conclusione di una mezza giornata trascorsa fuori casa senza pensare alle faccende domestiche. Svoidè = vuotare. Svricchiè = scartare cioé togliere la carta. Me vo’ svricchiè sta caramella? Tl’ho datt per el press del cost cioè te l’ho detta per come me l’hanno raccontata. C’è vol quarantacinque guardie del Papa per cavè na rapa.
Negli anni quaranta si costruiscono le case popolari di via del Popolo, nella zona del Monte. Il monte è la parte più alta della città, allora era tutta da sistemare, in poco tempo si strappano rovi e sterpaglie, si spiana il terreno, si piantano alberi. Nel 1947 la statua di Raffaello viene spostata da piazza Duca Federico al nuovo piazzale di pian del monte abbellito poi con panchine e giardinetti. La balaustra che circondava il monumento viene collocata come parapetto sull’alto di un declivio, da cui si gode un’ariosa visione degli Appennini, con monti, colline e vallate che si stendono giù fino al mare. Della guida che accompagnava i turisti a vedere il paesaggio è passata alla storia la seguente frase: Là San Marinò vedere no perché caliginò.
Sent che scoreggia, me sa ch c’è el lavor per la lavandara. Scurgión = scoreggione Matematica: Cos’è una tangente? Risposta: -‘na staggia a raschión m’an cerchj- Raica de dó = radice di due El batusc = botola sul pavimento comune nelle case di campagna, di solito collegava, con una scala di legno, al piano sottostante dove c’era la stalla. Quant parla tira certe spalinate! Tira tutt chi sput!El boccia era il zagazzino apprendista manovale o di altri lavori in genere. Va a fè el garzon a bottega era più specifico per chi andava a imparare un mestiere da qualche artigiano. È gitt sempre a garzón, mo è un po’ córt, en li fa a imparè nisciun mestier. Arnéga, a occhio e croce, dovrebbe derivare da rinnega. Nel detto popolare: Na pussa ch’arnega significa: una puzza da rinnegare, cioè ripugnante. Alé tombola, Alé anche questa è fatta. Alé precede un’esclamazione di soddisfazione per aver compiuto qualcosa. Alé anche questa è fatta diceva quel ch’ castrava i frat. NOMI SOPRANNOMI I nomi di battesimo erano di tradizione italiana possibilmente ispirati ai Santi. I nóm erne bei mo i storpiaven tutti. Anna = Annetta, Netta, Nina. La Netta Bigarina me sapeva trista, m’ha dat’ tanti de chi schiaffón. Adele = Dela Achille = Chilin.Chilin aveva un’osteria quasi in cima al monte. A un turista che chiedeva dov’era il monumento di Raffaello un uomo rispose: -Lei vagga só sempre dritt’ quant’è da Chilin ‘i ved’ la testa-. Strade e case erano conosciute da chi andava a piedi e da chi doveva dare informazioni. Andando verso Gadana per esempio c’erano: El Piansver, Gentilini, la cerqua bella, el palass dl’orlogg, Fonsecca, Tarulla, I Cipress, I Tirant, La Chiesulina, I Nebbi, Le Logg, le Selve, la Brecciulina, Balsmin, el Gallett, Cella d’pietra, Chi Rosc ecc. ecc. Per andare da qualsiasi parte non si parlava di vie, ma della direzione che si doveva prendere es: Vers i Dunin, dop Biancalana, giri tun chel stradon dop la celletta dla Madunina, el vedi da distant c’è ‘na gran pianta de nóc’. D’altronde ancora oggi a Urbino città, le indicazioni date dalla gente sono: Quant ve só per el Dom, per gì al Ducale, davanti S.Francesch, propi malé dop l’ospedal vecchj e così via. Antonio = Tonino, Tugnin,Toni, Turin. Annunziata = Nunsiata, La Nunsiata del Petricc, la Nunsiatina. Cesare = Cesre. El fiol de Gambin el calsular o calsolar. Crescentino = Scentin. Domenico = Minghin, Mingón. -Sa fè Mingon? -“pisc pisc” -e adess? -“adess el scrull”. Enrico = Ricco. Io e te Ricco sem brutti. Edmondo = Mondo. Emilia = Milia. Ester = Sterina. Evangelina = Vangéla. Gabriele = Brighella. Giacomo = Giacumin o Jachmin.Giovanni = Gianni, Gvann, Gvanna.Giuseppe = Pepp, Pepin, Pepón. Per distinguere una persona con il nome uguale a quello di altri, si aggiungeva il nome di qualche famigliare, del mestiere, della località da cui proveniva o abitava es: Pepin dla Ida. Gvann dla Turdulina ecc. Giuseppina = Peppa, Peppina. Laura = Lavrina. Luigi = Gig, Gigin, Gigión. Il lavoro del Ciaccasassi o Ciaccabreccia consisteva nello spaccare le pietre con un martello riducendole in piccoli sassi, quella era la breccia, che si metteva sulle strade per togliere polvere e fango. Quando si chiedeva com’era la strada e ti dicevano: Se camina bén, c’ hann mess la breccia, en c’è la malta per nient, si andava più volentieri. Se poi aggiungevano: È tutta alla piana era il massimo che si potesse pretendere per una camminata in un paesaggio come il nostro che è tutto greppi e fossi. Gigión dla Gioia da giovane aveva fatto tutti i mestieri anche el ciaccasass, da vecchio quando qualche conoscente lo invitava in casa a bere un bicchiere di vino, accettava, ma aveva paura di disturbare. Sbasufión, brutt e bon com el pan, ripeteva spesso: “Scusat mo en so’ nutt per cimentè, me pudessa squissè el cervell se so’ nutt per cimentè la gent; no, no me chiapassa un sbocch de sangue se so’ nutt per cimentè la gent”. Maria = Marietta, Mariulina, Mariulla o Mariòla. La Mariòla aveva fatto la comparsa in un film girato a Urbino dal titolo: “Due selvaggi a corte” gran boiata e gran risate, perché riconoscevamo un pò tutti, ma il boato ridanciano culminava nella scena in cui lei, per esigenze di copione, si vedeva in primo piano vecchia e sdentata tale e quale era nella realtà. Se c’arpens me sa ch’en c’era manca tant da rida = a ripensarci non credo che ci fosse tanto da ridere. Oreste = Resto. Cla Rosetta ch’ cià la bancarella in piassa, enò la cnosci sé. Raffaello = Raffaell, Rafailin, Rafailon. Stefano = Fanino. Quant en se storpiava el nóm le person se c’noscevne per el sopranóm. Baldiserra. La Baldiserra era conosciuta per il modo trascurato di vivere e la sua sporcizia ed è passata alla storia urbinate per quelle caratteristiche. Insustitta com la Baldiserra, Par la Baldiserra, En fè la Baldiserra.Insustitta = sporca. Par = sembra. En fè = non fare. Pochi anni fa un bambino che stava litigando con la sorellina come massima offesa le disse: “Se’ na gran Baldiserra, ecco cosa sei”. Un turista interessato chiese :”What’s baldiserra?”. Bibin el fornar: El pan de Bibin scroccola. Bersaglier: El Bersaglier aveva masat ma la moi sal scurcell. Brussulóna. La Brussulóna era molto conosciuta, faceva le cart, levava le fattur, era na strolliga, tradotto sarebbe: leggeva le carte, toglieva il malocchio, era un’astrologa, un’indovina. Marangana = Strolliga = strega, astrologa. So gitta tant volt a famm leggia le cart, mo séé, en cè secca mai. En ce secca mai = non ci azzecca mai, non ci indovina. Ciccio el sagrestan, alto circa un metro e quaranta, orecchie a bistecca, a suo modo simpatico, camminava a passi corti e veloci facendo tintinnare un gran mazzo di chiavi. È stato l’ultimo sagrestano del Duomo che fino agli anni sessanta, accompagnava i turisti a vedere l’oratorio delle grotte. Alla cripta del duomo, conosciuta col nome di grotte, si accede dall’esternoa sinistra della facciata. Le grotte in Urbino si potevano visitare solo la domenica e il lunedì di Pasqua. Si scendeva per una scalinata e arrivati nel sotterraneo, c’era tutto un rito religioso da rispettare, ad esempio si dovevano fare tre giri dentro un cunicolo scavato nella roccia (da cui grotte) e facevam el gir del perdon. Camminavamo adagio, toccavamo le tre Croci di legno, una per ogni curva, facendoci il Nome del Padre (segno della croce), poi potevamo fermarci, per una preghiera davanti alle sculture di legno a grandezza naturale, colorate e teatralmente espressive che rappresentavano la Deposizione di Cristo. Infine si passava in altre due stanze costruite sotto la parte absidale del Duomo, breve sosta davanti il famoso Cristo morto in marmo del Giambologna, tre giri intorno a un altare toccando arredamenti e simboli sacri del martirio di Gesù ed era finita la visita, ma per risalire e guadagnare l’uscita, ci si fermava ad ogni scalino per recitare: Pater, Ave e Gloria. Ognuno mormorava, per conto proprio, la preghiera in latino, ma si proseguiva scandendo all’unisono i passi e arrivavamo in cima insieme a quelli con cui avevamo cominciato a salire. Il lunedì di Pasqua era un giorno di devozione, ma anche d’occasione per incontrare persone che si vedevano una volta l’anno. Arrivava molta gente dalla campagna; ci si metteva il vestito nuovo, di solito sempre troppo leggero, ed era l’unico giorno dell’anno in cui il cinema era aperto anche la mattina. Cresciulina: La Cresciulina vendeva le cresciulin, i bombolon, i maritoss o pan nociat, alla scola del libre e in tutte le altre scuole. Móntarina: I dicevne la Móntarina. I dicevne = la chiamavano La napoletana m’nava i fiol sa le tett. Aveva parecchi figli, quando li chiamava dalla finestra di casa elencava una sfilza di nomi e diceva: salit’angopp. Come dire: Nitt só ovvero Venite su. Porcodó, detto anche Girometta, era lo spazzino. Per pulire strade e vicoli usava la granata de bruscol. Granata de bruscol = Scopa di pungitopo. Porcodó tornava a casa con un fascio di pungitopo che gli passava il comune, sceglieva i rami più adatti e, ogni dieci quindici giorni, faceva la granata nuova. Una sturba de fiòl da sfamè = Tanti figli da sfamare. Rustich = rustico. A un uomo che una volta non aveva voluto restare a cena con gli amici, gli dissero: Se’ un gran rustich. Così abbiamo conosciuto El rustich, la moi del rustich, i fiol del rustich, l’Anna del rustich.
Stiff = gabbie per uccelli. Stifón vendeva le stiff da cima Santa Lucia, era un punto di riferimento per lasciare cose da passare a riprendere. Raganaccia. Ancora oggi il riferimento è sempre: Dop el mercatal, Tra dlé, poch dop’ o na mulicca prima la casa dla Raganaccia, anche se lei “è da chel dì ch’en c’è pió”. Rebellant. El Rebellant era sempre in giro per la campagna, dormiva nelle stalle e viveva di quel poco che riusciva a racimolare. Calmo nel parlare e nel muoversi con voce da basso si lamentava perché gli davano le uova, ma non i soldi, diceva: I óv sé, mo i sold enn i dann. Una volta dopo aver bevuto all’osteria, uscendo disse: “segnat” e l’oste: -Mo maché en se segna- “Allora c’avet la memoria bóna”. Ogni giorno nel libretto, (piccolo quaderno), il negoziante segnava la cifra della spesa, alla fine del mese bisognava saldare il conto. Se rimaneva il debito non ti davano più niente, così quando non si riusciva a pagare in contanti si facevano le cambiali. Per le cambiali ci voleva sempre la garanzia di qualcuno con una firma di avallo. Topaceca, stava ma le conc: er ancora un bordlacc e quant arniv dal lavor dla fornac dovev gì a taiè l’erba per i cunill = ero ancora un ragazzino e quando tornavo dal lavoro delle fornaci dovevo andare a tagliare l’erba per i conigli. È solo un esempio di come i ragazzini lavorassero tanto e obbedissero sempre. Episodi sulla guerra o verità anche tristi, erano dette senza astio per nessuno.
Alla fortezza, dove oggi c’è un parco aperto a tutti, fino alla fine degli annicinquanta, c’era l’orto dgli Scalzi lavorato dai ragazzi del riformatorio ovvero da quei del discolat. Il guardiano di quel terreno coltivato era chiamato Fisso, noto per la sua intransigenza e cattiveria, proprio lì c’erano gli alberi da frutta più belli di tutto il circondario. Riuscire a prendere uno di quei frutti per tutti i ragazzini era si, una tentazione, ma soprattutto era una sfida contro un uomo ritenuto crudele e ingiusto. Arrampicarsi e scavalcare il muro di recinzione era una prova di coraggio, solo i più audaci riuscivano ad entrare, ma venivano sempre scoperti, proprio sempre. Nel fuggi fuggi generale per riuscire a salvarsi dal terribile Fisso dovevano saltare il muro di cinta che in alcuni punti era molto alto, il rischio di farsi male era reale, uno di questi “birbanti” di allora, per una mela è diventato Giulio el sopp. Chi veniva preso era duramente malmenato. Set di delinguenti, degli assassini e giù botte. Nomi ormai in disuso sono: Prim o Primin, Scond, la Tersa, Quinto, Sesto, Settimio, Ottavio e anche quelli legati al momento storico di allora come: Benito, Italia, Roma che è diventato Romina e altri.
AMORE INGENUITÀ SAGGEZZAHa ‘rpres moi = ha ripreso moglie I bósch en c’hann l’orecch, mo le mett’ne = i boschi non hanno orecchie, ma le mettono. Anche se non vedi nessuno, qualcuno può sentire. Intruggin = persona pesante noiosa sempre d’intorno. N’intruggin come quell en el vria sigur. Bagiott = fagioli freschi, ancora col baccello. Bagiotta = non più tanto giovane. Se sposa adess, mo è bella bagiotta. Bella sverchia = molto bella. Blina sfonda = molto bellinaBlina blina = bellina bellina. Parla una blina, lia pol stè sól sitta = Ha tanti difetti, che a lei conviene stare solo zitta. E lallera! allora en capisci, sa c’è el cervell d na galina?. Brutt spers = molto brutto Brutt ch’en se guarda = brutto da non poter gurdare. Fa el cascamort. I fa el fil = la corteggia. È stat un foch de paia. Bastava guardare la luna piena e ripetere tre volte senza batter ciglio i seguenti tre versi: -Luna mia bella luna-Fammi dormir sognando-Chi sposerò vivendo. che la notte avresti sognato il tuo futuro sposo. El tien a batecca = lo tiene a bacchetta cioé fa quello che vuole lei. En vol essa sbachettata tant = non vuol essere comandata tanto. En cià nerb = non ha forza di carattere -Bella com el cul dla padella. -El cul dla padella è rotond io so’ la più bella del mond-. Curnut com un cest de lumach. El ters incommod oppure i tien el moccol = Persona in più tra due innamorati. Cè anca el moccol dla candela o e‘l moccol come bestemmia. Su per gió, o gió per só = pressapoco. A occhj e croc. Minca è da chiappè tutt per or’ colat = non credere a tutto quello che ti dicono. Sinonca en va ben = altrimenti non va bene. Tant fè schioppè da rida, podrà essa na robba vera? Se ‘na credulóna, se te digghen che Crist è mort dal fredd te c’è credi. Te vol fè creda che Crist è mort dal fredd invec era el padrón dla legna. Cià na vista bona ch’ved un sisin tla Csana. Sisin è un uccellino molto piccolo, Csana ovvero Cesana è una collina panoramica nei pressi di Urbino. -Vo’ set buffe ? -No, so’ Petrin dla Csana.-Ve digh che vo’ set buff. Voi siete buffo = no, sono Pietrino della Cesana.
N’arciaplata só alla mei = Un’aggiustata alla meglio. -Se’ incinta? -No è l’aria. Dopo qualche mese... -Me vo fè veda sta scoreggina. Rimbusca significa cercare, rovistare, mettere a posto, trovare da fare tante cose tutte dentro casa. Cià sempre da rimbuschè = ha sempre da fare qualcosa. Deriva da rimboscare che era un insieme di cose da fare continuamente per mantenere in buono stato le zone delle nostre montagne appenniniche. Ruspa dapertutt. Na sciorina = un’aria fredda. Bab loffa, Mama loffa, Nó’ lóffam, Dach’sé ce riscaldam. Refne = refolo. Sa chel vent è tutt refne. Na catassa de legna = una catasta di legna. Ch’l’ómne de sulà dop el Tuf m’ha purtat ‘na bella legna secca, taiata corta, tutt bagulett en c’è i pess grossi, per la stuffa è l’ass de briscola. Negli anni cinquanta, all’interno delle case, molti camini vengono sostituiti con la stufa economica che andava a legna, aveva il forno, la caldarina per l’acqua calda, la piastra con i cerchi che si potevano anche togliere per far bollire presto le pentole, cioè le marmitte e i tegamin. Il tubo della stufa, con un buco nella cappa portava il fumo fuori e, se attraversava la cucina era meglio perché scaldava di più. Sa ste fredd tocca scaldè el lett. Sta sera vagh a lett sal pret. A lett sa un madón cald ti pied. Madón = mattone. El pret sa la monnica = servivano per scaldare il letto. Il prete era di legno serviva per tenere alte lenzuola e coperte, la monaca era il contenitore della brace e veniva messa nel prete dentro il letto. La scaldaletta era una specie di scaldino di rame col manico lungo, con dentro il carbone acceso si passava più volte tra le lenzuola per scaldare il letto. Butacc = diga di neve fatta dai ragazzini a metà discesa per fermare l’acqua mista a neve che più in alto si stava sciogliendo. Quant avem fnit el butacc, facem cacco. Cacco era quando si apriva el butacc per far scorrere via tutta l’acqua accumulata. El bragér acces = il bracere acceso.Vacch = mucche oppure macchie rosse temporanee che in genere vengono nella pelle delle gambe se si sta troppo vicino al fuoco. M’è nutt le vacch perchè so statta tropp vicin al foch. L’estat = l’instat = l’estate. Cald = caldo. Sa ste cald ‘na fiacca ch’en me vien dietra le gamb, en se strascina le gamb. Tel schiopp del cald = nel momento più caldo del giorno.
Bagnata suppa, me niva gió el raghinell de sudór tla schiena. Invece: I se vedeva un bel raghinell tra ch’le du’tett non centra niente con quello del sudore en du raghinell diversi. Tutta molla de sudór, bsogna me sciór. Sem stati a giagia o a gegia sotta un paiar = siamo stati sdraiati all’ombra di un pagliaio. Un paluss sotta el paiar. Al mar i purett se brusc’ne, i signor s’abronz’ne. Manca ma le bisc, na robba dachsé. Caldagna, ciafagna = caldo umido fastidioso. È l’aria trista, ‘na caldagna ch’ te strónca. Ciò la ciafagna. ‘Na ciafagna ch’ te manca el fiat. C’è ‘un sol ch’ spacca le pietre. Ciaramiccol = tipo di zanzara delle nostre partiEn è le zanzar è le ciaramiccol. Pistariccia = orme di viavai sul pavimento con scarpe sporche. Tel vernì = la parte fredda di un luogo, dove non batte mai il sole. Tel caldes = la parte calda dove batte sempre il sole. Sbiavit dal sol per i panni colorati. Sbiancat dalla paura per le persone. Sbiancuscit = pallido. En è minca la strada dl’ort. Ma l’anguria fai fè el tassell. Dop Natal i giorne s’allunghne, Per l’ann nov un pass de bov, Per la pasquella un pass de vitella, per sant’Antoni (17 gennaio) un’ora bona. Pasquella = epifania. A mars tutt i vilan vann scals, April villan e gentil. Piscolla = pozzanghera. Sta ‘tent è tutt piscolle. Sa sta grandin s’arvina nicò = con questa grandine si rovina tutto. M’ha pres per el coll = ha insistito tanto da non poter rifiutare Rottacerquelle = molto forte. Ha cors a rottacerquelle una variante che si può dire è: Ha piovut a strosciacerquelle. Toccaria sdrasalla, mo en si fa.È mess un capott bandés. Bandes = grande. Ton = tuono. È sentit che ton? me sa ch’ha da essa cascat poch distant. Ai bambini si diceva: Senti com tona? È ‘l diavol ch’arugola la moi per i scalin. Certe tanacche! De botta e chiopp = all’improvviso. IÒ = gli ho. Iò datt na scandaiata, mo en ho trovat nient. Natal sal sól, Pasqua mal ciocch. È nutt gió un scrocciol d’acqua = è venuto giù uno scroscio d’acqua. A occhj e croc = pressapoco. Picchiapot = pasticcio, groviglio. Hann fatt un gran picchiapot, chen se capisc pió nient. Psin psant = granellini colorati dolci, usati per le torte, che compravamo con poche lire quando non ci bastavano i soldi per le caramelle. In primavera facevamo belle camminate, fino ai fossi, per raccogliere fiori come le viole, i campanacc e le mammol. Durante la quaresima tenevamo in tasca el foraverd foglie di bosso, l’accordo era che dicendoti: Foraverd tiravi fuori il tuo rametto e rispondevi: fora el tua ch’el mia en perd. L’altro gioco simile era: m’arcord ogni volta che ti chiamavano per nome dovevi dire: m’arcord e poi rispondere alla domanda. M’arcord = mi ricordo. Bugattón de mezza quaresima. Ma do? = dove? Cè sempre el temp contat. Schiodte = schiodati cioé spigrisciti. Te vo schiodè? = ti vuoi muovere? Te vò sdulì? = ti vuoi sdolenzire? Sduliscte na mulicca. Spiccet = spicciati, fa presto. Dai tira via. Dai che dalla cipolla dventa l’ai. Sempre ugual, par incartapecorit, en è gambiat per nient. Al gioco delle carte si può giocare anche in due, ma quando si gioca in quattro: due contro due, è più divertente, ci si può sfottere e il giorno dopo fare la rivincita. Detti più comuni che ancora resistono sono: Baston va dai coión, Copp va dai locch, Spada chi la volta la paga, Denari alla pari. Sta ma me so’ de mana. Dai chi facem capott. Tant la prima è di burdei, lascli fè. A scopón en se parla è ‘l gioch di mut. A briscola, si puo dire tutto quello che si vuole cercando anche di bleffare gli avversari. Alcune battute ricorrenti in ordine sparso sono: -Vo un carrich? -C’è na briscultina? -Va lisc me stross -No, en torna adess, en è vestita -È troppa grossa- o -è troppa pcina e così via. Hann fatt centeventi com i svisser.
CANZONCINE FILASTROCCHE GIOCHI e TIRITERELa filastrocca più antica che conosco è la seguente: Nebbia nebbia folta folta Trova le legn per fè la torta La torta la iò fatta Mettla sora ma cla banca La banca era rotta Sotta c’era scritt Ce sta quattre donn da maritt Una taia Una cusc Una fa’ capell de paia Una gussa la curtella Per furè l’urecchj mal cucch.
Lunedì ti pagherò Martedì se ce li avrò Mercoldè en te poss de nient perchè Giuvdé è san Clement Venerdé vien a bonora Sabot a qualunq ora Se dmennica en t’ho pagat Lundé arch’ minciam da cap’.
Pirulin sonava la piffra Tutt le donn correvne a veda Chi in mutand e chi in camiscia Pirulin sonava la piffra.
Chcchirighì le tre formich Chicchirighì du sarann gitt Chicchirighì en gitte al Gall Chicchirighì quant’arnirann Chicchirighì arnirann stasera Chicchirighì en c’è nient da cena Chicchirighì c’è l’insalata Chicchirighì en l’avem capata Chicchirighì la caperem Chicchirighì c’arvedrem.
*Alberto va alla scuola Alla scuola del bubù Buttalo giù giù giù. *(nome del bambino con cui si giocava)
Staccia minaccia Quel bambino va ‘la caccia Va alla caccia del bubù Buttalo giù giù.
Staccia mineta Le donne di Gaeta Che filano la seta La filano per Gesù Buttalo giù giù.
La pera la mela l’ha fatta Bastian pera mela pussa e can.
Un due tre La Peppina fa ‘l caffè Fa il caffè con la cioccolata La Peppina s’è ammalata S’è ammalata di dolor Va chiamè el sor dottor Sor dottor dalle ciabatte Qui mi duole e qui mi batte Qui mi dà una gran puntura Sor dottor dalla testa dura.
A BI e BA La maestra ce le dà ce le dà con la bacchetta Santa croce benedetta. Scartato a te tocca -San-ta-cro-ce- be-ne-det ta, le parole si scandivano bene, chi faceva la conta ad ogni sillaba indicava un bambino che era scartato. Eravamo disposti a cerchio, l’ultimo rimasto stava sotto ossia doveva contare se giocavamo “a cut” o rincorrerci se giocavamo “a caccia”.
Giro giro tondo Casca il mondo Casca la terra Tutti gù per terra Ciiiii
Giro giro tondo Il pane sotto il fondo Quel mazzolin di viole Per darle a chi le vuole Le vuole Alessandrin In ginocchio il più piccin Ciiiii (e tutti a cuvin)
Il giovedì grasso i bambini mascherati cioè abbigliati con i vestiti dei grandi, andavano nelle case a chiedere “el ciccol” tutti davano loro qualcosa. Burdella fatta a canella Burdell fatt a cannet molla tl’acet moll tl’acet fiola d’un pret fiol d’un pret
Gioco della CAVALLINA La bella insalatina L’è fresca e tenerina E’ buona da mangiare La signora ne vuol comprare Ne compra un baiocchetto Ce lo ficco ce lo metto Glielo schaffo (metto) fino al busto La signora ci prende gusto A un’ora la signora apre l’uscio e piscia fora Alle UNA monta la luna Alle DUE monta il bue Alle TRE monta la figlia del re Alle QUATTRO battimano Alle CINQUE raccolta di frumento Alle SEI incrociatura Alle SETTE incornatura Alle OTTO piroletta Alle NOVE fa buon tempo se non piove Alle DIECI pasta e ceci Alle UNDICI accidenti a tutti i sudici Alle DODICI per quattro volte muta Alle TREDICI tirata di capellini Alle QUATTORDICI tirata d’orecchini Alle QUINDICI battuta e culata Alle SEDICI quando passerò il mio pegno lascerò Alle DICIASSETTE ora che son passato il mio pegno ho lasciato Alle DICIOTTO quando ripasserò il mio pegno riprenderò Alle DICIANNOVE ora che son passato il mio pegno ho ripigliato Alle VENTI pasticca lenta e molla battuta e culata Alle VENTUNO pasticca lenta e molla battuta e culata Alle VENTIDUE pasticca lenta e molla battuta e culata Alle VENTITRE pasticca lenta e molla battuta e culata Alle VENTIQUATTRO pasticca lenta e molla battuta e culata.
GIOCO DELLA CAVALLINA o Cavalletta in versione ridotta UNA alla luna DUE al bue TRE monta a cavallo la figlia del re QUATTRO battimano CINQUE raccolta di frumento SEI pacatina SETTE saltatore OTTO piruletta (otto il mio tacco si è rotto, invenzione personale di Gigin) NOVE fa buon tempo se non piove DIECI pasta e ceci UNDICI accidenti a tutti i sudici DODICI battuta e culata.
Con delle variazioni si giocava anche a “SCARICA BOTT” Un ragazzino, con la schiena appoggiata al muro teneva le braccia lunghe con le dita delle mani incrociate per sorreggere la testa del primo che stava sotto, cioè rimaneva curvo tenendosi con le mani sulle ginocchia, tutti gli altri della sua squadra, stavano giù nella stessa posizione. I ragazzini della seconda squadra, saltando uno per volta, dovevano rimanere tutti in bilico sopra la schiena di chi era sotto finchè l’ultimo a saltare diceva: Uno due tre quattre cinque sei sett ott scarica bott!. Bastava che uno solo sbagliasse non rimanendo su, che cambiava il ruolo di tutta la squadra. Si cercava sempre di scegliere i compagni migliori, naturalmente.
Il gioco dello zoccolo si faceva in spiaggia quant’eravamo in colonia. Seduti in cerchio ognuno con uno zoccolo in mano tutti insieme lo passavamo al vicino scandendo le parole della seguente canzoncina: Allo scalo di Rò Si gioca al casinò Giocherò e giocheremo Allo zigolo zigolo lò Allo zigolo zigolo là. Andavamo a ritmo prendevamo da sinistra per dare a destra, arrivati agli ultimi due versi si teneva lo zoccolo in mano si faceva battere da una parte e dall’altra davanti a sé e si ricominciava. Chi sbagliava veniva scartato.
Lumaca lumaca caccia fora i corne e l’aca L’aca e le spille Lumaca dall’inguille. Era riservato soprattutto alle bambine, i maschi giocavano a calcio. Poter giocare con un pallone vero e proprio era una fortuna. Tirando la palla sul muro, prima di riprenderla si eseguivano le mosse rispettive alle parole che si dicevano. Muovermi si tirava la palla e si riprendeva Senza muovermi si tirava e si riprendeva senza muovere i piedi Senza ridere non si doveva ridere Senza piangere non si doveva piangere Con una mano si prendeva la palla con una sola mano Con l’altra mano si prendeva con l’altra mano Con un
piede si alzava un piede A da battere si battevano le mani Zigo Zago si battevano le mani davanti e dietro Violino si facevano girare le mani davanti Un bacino si mandava un bacio Tocco terra si toccava terra con una mano La ritocco si toccava di nuovo Cuore si toccava il cuore Angelo s’incrociavano le mani sul petto Paradiso si toccava la fronte
Palla pallina Che va dalla nonnina Che salta Che balla Che gioca alla palla Che sta sull’attenti Che fa i complimenti Che dice bongiorno Girandosi attorno Gira rigira La testa mi gira Che non ne posso più Pallina casca in terra e poi ritorna sù.
Palla pallina Dove sei stata Dalla nonnina Cosa hai mangiato Pane e formaggio Cosa hai bevuto Acqua di mare Buttala via che ti fa male.
Rinoceronte Che passa sott’il ponte Che canta che balla Che gioca alla palla Che sta sull’attenti Che fa i complimenti Che dice buongiorno Girandosi attorno Gira rigira la testa mi gira che non ne posso più pallina cadi in terra e poi ritorna su.
Eravamo molti bambini, giocavamo sempre fuori: “a cut, a caccia, alle palin”, a palla avvelenata alle belle statuine, ai quattro cantoni, alla catena, alla corda, è arrivato l’ambasciatore, le recite, i gran girotondi, costruivamo le capanne, ci arrampicavamo dappertutto, “ce rugolavam”, ci divertivamo con niente. Il nostro territorio era il monte, con i giochi non s’interferiva “sa i burdei” degli altri rioni, erano estranei e nelle scorribande sempre nemici.
Nel gioco della catena la canzoncina era la seguente: Io son quel bel gobbetto chiamato Gelsomino Padron della mia gobba padron del mio giardino Tre soldi per la pipa quattro per il tabacco Sebben che sono bacco io son da rispettar Col mio gobbetto indosso io faccio quel che posso E quando non ne posso più piglio la gobba e la butto giù Se tutti ce l’avessero sarebbe una gelosia A BI CI DI E EFFE GI ACCA I ELLE EMME ENNE O PI QU ERRE ESSE GI TI U VU ZETA. Due file di bambini affiancati si tengono per mano con le braccia aperte (il secondo dà la mano al primo e al terzo, il terzo dà la mano al secondo e al quarto, il quarto al terzo e al quinto ecc.) Una fila per volta si avvicina all’altra posizionata di fronte, fa l’inchino e torna a posto indietreggiando. La fila che si muove canta: 1° É arrivato l’ambasciatore sui monti e sulle valli è arrivato l’ambasciatore oilì oilì oilà 2° Ma da dove voi venite sui monti e sulle valli ma da dove voi venite oilì oilì oilà 1° Noi veniamo dalla Cina sui monti e sulle valli Noi veniamo dalla Cina oilì oilì oilà 2° Ma una che cosa voi volete sui monti e sulle valli ma che cosa voi volete oilì oilì oilà 1° Noi vogliamo una principessa ecc. ecc. Continuava con: come la vestirete, come la pettinerete, cosa le darete da mangiare e altre domande ancora finchè potevano scegliere il personaggio richiesto.
MADAMA DORÈ. Oh quante belle figlie madama Dorè Oh quante belle figlie Il re ne domanda una madama Dorè Il re ne domanda una Che cosa ne vuol fare madama Dorè Che cosa ne vuol fare La vuole maritare madama Dorè La vuole maritare Entrate nel mio castello madama Dorè Entrate nel mio castello Nel castello ci son gia entrata madama Dorè Nel castello ci son già entrata Scegliete la più bella Madama Dorè Scegliete la più bella La più bella me la son già scelta madama Dorè La più bella me la son già scelta.
Le ciliege le milanese Le vanno a cogliere Col panierino Questo è il frutto del mio giardino Vorrei ballar con te Vorrei ballar con te. CUCCHIAIN O CUCCHIAIÓN ( invece di cucchiain e cucchiaión si può far scegliere tra il nome di due fiori o di due frutti ecc.) Maria e Anna, una di fronte all’altra, fanno un ponte tenendosi per mano con le braccia alzate, gli altri bambini in fila passano sotto, mentre insieme cantano: “le porte sono aperte per chi vuol passeggiar, l’ultimo deve restar” L’ultimo viene fermato con l’abbassamento delle braccia e gli si chiede: -cucchiain o cucchiaión? – se la risposta è -cucchiain- dietro Maria se è -cucchiaión- dietro Anna. Le due bambine rappresentano una il paradiso e l’altra l’inferno, (si sono messe d’accordo prima dell’inizio del gioco) così alla fine si dirà inferno, inferno, facendo le corna a chi ha sbagliato a scegliere.
GIOCO DEL FORNAIO Ci si mette in cerchio, dandosi la mano, il cerchio si apre tra Mario, (cliente) e Beppe, (fornaio), i due si trovano uno di fronte all’altro, Mario chiede: -Fornaio è cotto il pane? Risposta:-È un po’ bruciato -Di chi è la colpa? Risposta:-Di Tizio (nome del bambino che dà la mano a Beppe) Mario e gli altri bambini passando in fila sotto le braccia di Beppe e Tizio tutti insieme cantano: -Povero Tizio messo in catene tra le sue pene gli toccherà morir Fri fri fri-. Passano facendo il giro per ricomporre il cerchio Tizio rimane con le braccia incrociate e il viso rivolto verso l’esterno. Si continua con il nome del bambino vicino a Tizio, tutti passano sotto le loro braccia e così via finchè tutti rimangono imprigionati.
CENTOCINQUANTA Il gallo canta Risponde la gallina La donna meneghina S’affaccia alla finestra Con tre corone in testa Passan tre fanti Con tre cavalli bianchi Bianca la sella Bianca la guarnella Bianco è il girasole Gesù ci mandi il sole.
Calzolaio birbaccione Fa le scarpe di cartone La signora non ci bada Perde il tacco per la strada
Gennaio mette ai monti la parrucca……… Genar mett mai mont la parucca Febbraio grandi e piccoli imbacucca Febrar grandi e pcin imbacucca April di bei color orna la via April orna de fiór vigol e cantón Maggio vive tra musiche d’uccelli Magg campa tra le musich di uccell Giugno ama i frutti appesi ai ramoscelli Giugn cià i frutt taccati ti ramoscell Luglio falcia le messi al solleone Luij arcoi ‘l gran sal solleon Agosto avaro ansando le ripone Agost spilorc tirand el fiat l’arpón Settembre i dolci grappoli arrubina Settembre bianca o nera l’ua matura Ottobre di vendemmia empie la tina Ottobre fa el vin e la bott piena tura Novembre raccoglie aride foglie in terra Novembre arcoi le foi secche per terra Dicembre ammazza l’anno e lo sotterra. Dicembre massa l’ann e ‘l butta sotta terra (L’ann vecchj è gitt, tutti pronti per archmincè chel nov.)
Oh che bell castello diron diron dirondello Oh che bel castello diron diron dirondà È più bello il nostro diron diron dirondello È più bello il nostro diron diron dirondà Lo distruggeremo diron diron dirondello Lo distruggeremo diron diron dirondà Come farete diron diron dirondello Come farete diron diron dirondà Prenderemo una pietra diron diron dirondella Prenderemo una pietra diron diron dirondà Qual’è questa pietra diron diron dirondella Qual’è questa pietra diron diron dirondà. Si sceglieva una bambina e ricominciava il gioco.
Piove piove la gatta non si muove Si accende la candela si dice buonasera. Piove piove La Madonna raccoglie un fiore Lo raccoglie per Gesù Finalmente non piove più.
RECITA -Ma dù se stat Martin sangue de micurbin Ma dù se stat Martine? -Sò stat alla fiera Marianna sangue de micurbin Sò stat alla fiera Marianna. Sa me preparat da magnè sangue de micurbin Sa me preparat da magnè? -La pulenta è sopra el foch sangue de micurbin La pulenta è sopra el foche. -La pulenta en me piac sangue de michurbin La pulenta en me piace. (fa segno di dare un calcio alla polenta) Sa la pulenta c’è vol un bichier de vin sangue de micurbin Sa la pulenta ce vol un bichier de vine. -Sa m’er purtat de bell sangue de micurbin Sa m’er purtat de belle? -T’ho arpurtat un bel caplin sangue de micurbin T’ho arpurtat un bel capline. -Facem le pac Marianna sangue de micurbin Facem le pac Marianna -Facem un bel balett Martin sangue de micurbin Facem’un bel balette. (ballano insieme).
Cantarola cantarola chiappa el libre e va alla scola. cantarola = maggiolino. Preso il maggiolino lo facevamo camminare in mano ripetendo le stesse parole finchè prendeva il volo.
Chi fa l’ov tla paia? -la gallina- Merda in bocca a chi c’indvina. RECITA Chi bussa alla mia porta Chi bussa al mio porton? Chi bussa alla mia porta chi bussa al mio porton. -So’ il capitan dei mori -Con la sua servitù -So il capitan dei mori con la sua servitù. -Dov’è vostro figliolo -dov’è vostro figliol? -Dov’è vostro figliolo dov’è vostro figliol. Il mio figliolo è in guerra Non potesse più tornar Il mio figliolo è in guerra non potesse più tornar Il pane che lui mangia Lo potesse astrozzar Il pane che lui mangia lo potesse astrozzar Il vino che lui beve lo potesse avvelenar il vino che lui beve lo potesse avvelenar. -Io son vostro figliolo -Io son vostro figliol -Io son vostro figliolo io son vostro figliol. Perdon perdon figliolo Non lo farò mai più Perdon perdon figliolo non lo farò mai più. -Io non perdono donne -che dicon mal di me -Io non perdono donne che dicon mal di me. La spada tirò fuori la testa le tagliò La spada tirò fuori la testa le tagliò.
Lucciola lucciola vien da me ti darò il pan del re il pan del re della regina lucciola lucciola lucciolina
Angelo bell’angelo vieni qui da me? -Non posso venire c’è il diavolo che mi piglia -Alza le ali e vola -Lupo ci sei? -Sono nel letto -Lupo ci sei? -Metto la camicia…si continua a chiedere “lupo ci sei” – metto i calzoni- si va avanti finchè finito di vestirsi risponde: -Apro la porta e vengo a mangiare tutte le tue galline ….e subito comincia a correre per prendere almeno un partecipante al gioco per fargli fare il lupo.
Susanna si fa i ricci, i ricci Susanna si fa i ricci i ricci per ballar Ma quando fu al ballo nessuno nessuno Ma quando fu al ballo al ballo nessuno la invitò. Soltanto il fiol del conte tre giri tre giri Soltanto il fiol del conte tre giri la portò Per fare il terzo giro un bacio un bacio Per fare il terzo giro un bacio le donò. Oh Susanna come ti senti -Male dei denti male dei denti Oh Susanna come ti senti -Male dei denti in verità. Corri presto a chiamare il dottore -oh che dolore oh che dolore Corri presto a chiamare il dottore -oh che dolore in verità. Ecco il dottore che sale le scale -mamma sto male mamma sto male. Ecco il dottore che bussa alla porta -mamma son morta mamma son morta. Il dottore ecco che arriva -mamma son viva mamma son viva Il dottore ecco che arriva -mamma son viva in verità.
Gobbo il padre, gobba la madre, gobba la figlia della sorella, era gobba pure quella era gobba pure quella (ripetere la strofa) la famiglia dei gobbon. E dopo nove mesi è nato un bel bambino, anche lui col suo gobbino, anche lui col suo gobbino (ripetere la strofa) la famiglia dei gobbon. (ricominciare dall’inizio e ripetere la 1° strofa)
Mana rotta mana rotta Dà na schiaffa ma la tu’ bocca.
Chi fa la spia non è figlio di Maria Non è figlio di Gesù quando muore va laggiù Giù giù giù.
Io son contadinella Della campagna bella Se fossi una regina Sarei incoronata Ma son ‘na contadina Mi tocca lavorar. E suonan suonan le campane (2 volte) Sai tu dirmi che cos’è E tira e molla e molla e tira E tira e molla e molla e tira E tira e molla e lascia andar. E son trecento cavalieri Con la testa incoronata Con la fronte insanguinata Sai tu dirmi che cos’è E tira e molla e molla e tira E tira e molla e molla e tira E tira e molla e lascia andar. Era un girotondo, nel ritornello: tira e molla le bambine si giravano a due a due, una di fronte all’altra e tenendosi con le mani facevano il tira e molla allungando e piegando l’uno e l’altro braccio.
Indovinelli: Tutt el giorne magna magna Quant’è la sera se copre sa la su merda. (Risoluzione: Il fuoco)
Longh longh com un budell Tond tond com un crivell. E la Rosina bella la va al mercà La va al mercà quel dì di lune La va al mercà a comprar la fune Lune la fune e fine non avrà e non avrà E la Rosina bella la va al mercà (due volte) La va al mercà quel dì di marte La va al mercà a comprar le scarpe Marte le scarpe Lune la fune E fine non avrà e non avrà E la Rosina bella la va al mercà (due volte) La va al mercà quel dì di mercole La va al mercà a comprar le nespole Mercole le nespole Marte le scarpe Lune la fune E fine non avrà e non avrà E la Rosina bella la va al mercà (due volte) La va al mercà quel dì di giove La va al mercà a comprar le ove Giove le ove Mercole le nespole Marte le scarpe Lune la fune E fine non avrà e non avrà E la Rosina bella la va al mercà (due volte) La va al mercà quel dì di venere La va al mercà a comprar la cenere Venere la cenere Giove le ove Mercole le nespole Marte le scarpe Lune la fune E fine non avrà e non avrà E la Rosina bella la va al mercà (due volte) La va al mercà quel dì di sabato La va al mercà a comprare l’abito Sabato l’abito Venere la cenere Giove le ove Mercole le nespole Marte le scarpe Lune la fune E fine non avrà e non avrà E la Rosina bella la va al mercà (due volte) La va al mercà quel dì di festa la va al mercà comprar la vesta Festa la vesta Sabato l’abito Venere la cenere Giove le ove Mercole le nespole Marte le scarpe Lune la fune E fine non avrà e non avrà E la Rosina bella la va al mercà e la Rosina bella la va al mercà.
Nel bosco c’è la legna zibin nel bosco c’è la legna zibón nel bosco c’è la legna la bella baión zibin zibón la ciumba lallà Nel bosco c’è la legna. Vogliam veder la legna zibin Vogliam veder la legna zibón Vogliam veder la legna La bella baión zibin zibón la ciumba lallà Vogliam veder la legna. -Con il ritmo delle prime due strofe e il zibin zibón continuava: Il fuoco l’ha bruciata zibin ecc Vogliam vedere il fuoco L’acqua l’ha già spento Vogliam vedere l’acqua Il bue l’ha bevuta Vogliam vedere il bue L’uomo l’ha l’ha ucciso Vogliam vedere l’uomo La morte già preso Vogliam veder la morte La morte non si vede La storia è già finita zibin La storia è già finita zibón La storia è già finita La bella baión zibin zibón la ciumba lallà.
Facem el gioch dl’ua, ognun a casa sua.
Due bambini girati di spalle si tenevano forte con le braccia piegate l’uno alzava l’altro da terra dicendo: -Pulcia pulcia quant s’è alta? -Alta alta (rispondeva quello su) -Casca in terra e fann’ un’altra. (rimesso coi piedi a terra sollevava a sua volta il compagno alternandosi uno sù uno giù)
Alla larga Alla stretta Pinocchio in bicicletta Alla bì alla bò Pinocchio se ne andò.
Muccichin passava el fium E la moi i tneva el lum El lum s’è smurciat Muccichin s’è fogat
Gioco che si faceva intorno al fuoco del camino in inverno in campagna: Tutti i bambini seduti, solo uno in piedi passando davanti a ognuno mostrava uno straccetto bagnato sporcato con un po’ di cenere e diceva: - Riderai, sgrignerai, el cinciulin a mollo bacerai. - Io non riderò, non sgrignerò e ‘l cinciulino a mollo non bacerò. “Se ridevi, te sbatteva el cicnciulin bagnat tla bocca toh!” Errida ! = Il ridere!
-Regina Reginella Quanti passi mi fai fare per arrivare al tuo castello Con la fune, con l’anello e con il fiore nell’occhiello?- Risposta: un passo da formica, un passo da leone, un passo da gambero ecc.
Spia spia del palass Porta el libre sotta el bracc Portne un’ portne dó Spia spia del cacató
Longa longagna Trapassa la montagna Porta el foch tla bocca Sachè? (El fucil)
Fossombron è ‘na città accidenti chi ce sta C’è sta la mi’ sia accidenti anca ma lia Ce sta la mi’ nonna i cascassa tutt la gonna Ce sta i mi’ parent i cascassa tutt i dent.
Larga è la foglia stretta la via Dite la vostra che ho detto la mia.
Orié Che tamurè Sorrì Tappo Tippete tappo Con un piè Con l’altro piè Con una mano Con l’altra mano Cuore Angelo Paradiso.
Punta parentempintenpà Tappe tapperugia Punta parentempintenpà Tappe tappenghin.
Qui di seguito si ritrovano dei versi già sentiti, ciò dimostra che spesso le filastrocche venivano inventate, rielaborate e adattate al proprio territorio. Staccia mineta Le donne di Gaeta Che filano la seta La seta ed il bombagio A me non mi piace Mi piaccion le castagne Che batte san Giovanni Le batte troppo forte Da far tremar le porte Le porte son d’argento Che valgon cinquecento Centocinquanta la gallina canta Canta la gallina Risponde la pulcina La pulcina sta in finestra Con tre corone in testa Passan tre fanti Con tre cavalli bianchi Bianca è la sella La mia morosa è bella Un piatt de taiulin Un piatt de cicerchin Butta via ma chel più pcin. “Dai facem el cerchie e giocam a Rosa rosetta” Velocissima, alzando la mano: “Io sto tel mezz” -Io vlev stè tel mezz- “No l’ho dett prima io”.
Rosa rosetta La rosa è già fiorita Bianca è la rosa In mezzo ai fior Fate la riverenza A chi volete voi La signora va in giardino Passeggiando un pochettino Passeggiando un altro poco La signora perde il posto Falla ballar falla saltar Se non ti piace lasciala andar.
An din don Tre gallin e tre capon Che andavan a la cappella Cera na ragassa bella Che sonava le ventitre Un due tre Scartata e ma te tocca.
Sotto la cappa del mio camino C’era un vecchio cappuccino Che suonava la chitarra Uno due tre sbarra.
Gli ultimi indovinelli di una semplicità disarmante come tutte le storielle più antiche: Sta sempre dentra, quant s’adopra ha d’armana affaciat tla finestra. (Il bottone). Pió s’allarga e pió dventa pegg. (il buco nella stoffa).
M’ha pres alla cuiona no? Cioè: m’ha preso in giro.
Oh! Menelicche licche licche Battete le man le man le man La vita è bella e l’amore si fa. E licche licche……. Sono andato a piazza Castello Non avevo il cappello Mio fratello che fa il colonnello È andato a piazza Castello Con il cappello.
Dindolón della catenaDì ma babo ch’venga a cena Venga a cena dalla tu mamma Bimbo bello fa la nanna.
Sotto la cappa del mio camino C’era un vecchio cappuccino Che suonava la chitarra Uno due tre sbarra.
Bi a ba, Bi a bebè, bi u buba bebè bibì a bà bebì bibò Ci a cià, ci a cecè, ci u ciucia cecè ci a cìà cicì ciciò Di a da, di a dedè, di u dua dedè di a da didì didò (si continuava così con tutte le lettere dell’afabeto)
Qualche aggiunta: El poch è com el tropp, arvansa. Tocca avé occhj e gamb. Troppe toccherà a scontanne, prima da murì. Vaggh a fè un gocc d’acqua. -Du vè? -dietra el nas. M’ha butat i pió, mo ho fatt finta de nient. Purtina d’ora, cuchina santa, vo el ditin tla bocca? Tocca fatighè fina ch’en se tira le gamb. Loppa. Le lopp se s’ingarbugliaven ti capei, per districalle se fatigava, gira e argira sa le lopp niva via anca parecchi ciuff de capei.
CASA FESTIVITÀ TRADIZIONI Tra ló e la moi hann fatt el diavle e pegg. N’arcumudata alla mei o N’arciaplata só, en c’è bsogn da fè ‘na robba tanta de fin = Un’aggiustata alla meglio, una cosa rimediata, non c’è bisogno di fare un lavoro troppo raffinato. Duvria bacè du camina sa tutt quell ch’ià fatt. Purtalla in palma de man = portarla in palma di mano. Eccle, chel fracanappa! Frac de scgnat = tante bastonate. La casa nascond, mo en ruba. Arivne sempre a pappa fatta o a pappa pronta. Certe scagnarat! Cagnarol che’n se atre, se’ sempre te ch’inchminci. Longa com la messa di gobb = lunga come la messa dei gobbi, cioè molto lunga. I gobb sono anche i cardi, che con i gobbi non c’entrano niente. Cià tutt, i manca sol el latt de galina = Ha tutto, gli manca solo il latte di gallina, cioè niente. I portarìa anca l’acqua sa le orecchj = gli porterebbe anche l’acqua con le orecchie come dire che lo accontenta in tutti i modi possibili. Fa i sprocchj = pastrocchia = pasticcia È tutt sprocchj cioè cosettine fatte a mano non importanti. È tutt batanai = è tutta roba che non serve a niente, di poco conto. Com el bussarell d’na porta ‘nticca. I ranguian o raguian del poi = le frattaglie del pollo. Ho fatt el cundit sa na bella battutina de lard, i ranguian del poi e i pundor fatti in casa è nut na pastasciutta sai fiocch, buonissima. -Adess sa facc? -Farè com i antich -Sa facevne i antich? -Scendevne dal pér e muntavne tel fich. Sta gió alla vegghia ch’arbevem = Stai ancora alla veglia che ribeviamo. Cassetta = cassapanca. Cià na cassetta piena de truscèll. Me lega le man = non riesco a fare le cose. C’avev un gran da fè, lia stava malé a guardè e m’ha dett: « La devo aiutare a fare qualcosa signora? » Risposta: « Se gissa via me faria un gran piacer senò me lega le man ». En avè l’acqua dentra casa par te lega le man, en se pol fè nient.
La donna incinta oppure che aveva parturit da poch era trattata con un certo riguardo. Fino al tempo della seconda guerra mondiale si partoriva in casa e quando cominciavano le doglie il marito andava a piedi o in bicicletta a chiamare la levatrice: gli uomini non assistevano mai al parto, erano faccende da donne. Madre e bambino durante la nascita rischiavano la vita. Io sono nata al Topo, casa della nonna paterna, una mattina presto, c’era la neve e la levatrice Vignoli è arrivata giusto in tempo per legarmi l’ombelico. A partorì fa un gran mal, quant en li fè pió e credi da murì, nasc. La nascita di un bambino è un vero miracolo, rimane sempre la più grande emozione esistente. È pregna = è incinta. Ha fiat = ha partorito. Sono due espressioni riferite agli animali. Da quant’è che non si confessa? Da quant ha fiat la baghina. El lavor dla festa va tutt per la finestra. Era scur, toccava gì a tastón. Tra lum e scur oppure: Tra l’imbra e l’ambra. Mei na passera presa che cent da chiapanne è come dire: Meglio un uovo oggi che una gallina domani. Se sent na pussa de brusciaticc, sa chè brusciat? = Si sente un odore di bruciacchiato, cos’hai bruciato? Che tédi! Sempre tra i pied en se sopporta. È dapertutt com la gramigna. Me cunsum a stè maché sensa fe nient che a casa ciò tant da fè cioè: Mi consumo a stare qui senza fare niente che a casa ho tanto da fare. Partecipazioni sentite e argomenti da discutere di certi avvenimenti rimangono irripetibili come l’arrivo del nuovo arcivescovo monsignor Cazzaniga nel 1953: c’era tutt Urbin a incontrall. Il giro d’Italia con Coppi e Bartali: passat tla strada del sillos. ll circo al mercatale: quant a nì só per Valbona vedevi na fiumana de gent. L’ultim dl’ann al veglión del teatre. I trasport cioè i funerali a piedi fino al mulino, se non fino alla Croce. Quant al cinema c’era sempre: el pienón. Cla volta giva ben dachsé, adess va ben dachsà. INGIUSTIZIE COLLERA CONSIGLI La rabbia o nervoso o collera faceva dire cattiverie con esagerazioni primordiali molto violente quanto improbabili. Le espressioni: Te tirarìa gió la pell oppure: Te levaria ‘i occhj e pó te farìa corra sono minacce di una violenza impressionante, ma erano solo parole dette da persona arrabbiata e impotente sul da farsi. Le bestemmie arnuvolaven l’aria. El castigh è pr’aria. El nervos me porta via. Ciò un diavol per capei. Sò’ verd dalla rabbia o dalla tigna. Te fa veda i sorc verdi. Na rabbia ch’me magna i budei. È rabit ti budei. En dij nient ch’ s’arabisc com un can, en el fè rabì. L’ha pres per la colotta = tradotto alla lettera sarebbe l’ha preso per la collottola, ma è come dire: l’ha pres per el grovatin, cioè: con decisione e severità lo ha obbligato a fare quello che doveva. L’ha pres per el grovattin e l’ha sbatutt tel mur. Iè saltat ti occhj. S’è arvultat com na biscia. En sa pió ma che sant argirass. Fa nì el nervos anca ma i sant. -L’infilsaria sa ‘na furcina, -Saria mei sal furcón. Na bagolata tra cap e coll. Ambè ansi vè per le spicc è il commento di chi ascolta propositi di vendetta davvero esagerati. Ma certa gent toccaria ‘taccalla só tel mur. M’le tiri fora dalla bocca = mi fai dire quello che non vorrei.M’ha tirat fora la parola dalla bocca = ho detto quello che forse era meglio non dire. Ormai el sbai l’ha fatt, sa fè, el vò massè? Anca te le vè a cerchè sal lumicin prò. Basta dai un ditta ch te chiappa el bracc. E c’hann tutt le rutelle a post, el pió san de cla famiglia parla da per ló. En dà fastidi manca ma le mosch. Dorme in pied. En metta becch = non intrometterti. Quant ho pensat per me so’ stracca e sudata. S’è fatt tirè dalla su’ part = l’ha convinto a dargli ragione. Hann fatt comunella = si sono messi d’accordo tra di loro. Vo’ lascè gì fina che la strada è sciutta = vuoi smetterla prima che succeda qualcosa di peggio. Vlem gì fina che la strada è sciutta si dice quando conviene andare via subito, prima che le cose si mettano male. Partit in tromba = ha subito reagito, è partito di corsa. È com un can sciolt. En armagnè le parole = Non negare quello che hai detto. En n’imbrocca una = non ne indovina una. En ne fa una per el vers giust = non ne fa una giusta. Bassica = frequenta. Bassica certa gent da metta paura. En c’arcav le gamb. En arcapess nient. I vann tutte storte, avrà pisciat tel battesim. Se rod e feghet per sensa nient. Te chiapp per n’urecchia. Te dò na botta tel cepp d’nurecchia. Ià chius la bocca = l’ha fatto star zitto. I dagh un calc tel cul sa la rincórsa. Sel chiapp i facc le bucc ovvero: Se lo prendo gli faccio le bucce. T’ariva ‘na sciavardata tla schina oppur t’ariva ‘na botta tla schiena. Tocca tienla bona senò en se combatte!Tiri un sput tla faccia. Te facc papa è detto tra il serio e il faceto: Ti spoglio completamente. M’er ‘mast tel goss = non l’ho digerito, mi dispiace di non aver reagito subito come andava fatto. Ancora c’l’ho tel goss. Ha da gì a fè ‘l suldat, amò per un pess en l’arvedi. Amò = ormai O dent o ganascia = o znì o znà tocca falli per forsa. En fè el scarica baril = non fare lo scarica barile. En cià bocca = non ci abbocca = non ci crede. Amomenti = tra poco. Amomenti è ora d’ar gì via, Quant parti? Cepp d’ambroll, cepp d’insalata, cepp d’nurecchia. Finalment l’ho sbolognata, mo è stat un lavór da rida. Aparecchj = aeroplano. La cicogna era l’aparecchj di alleat, sa quella en c’era d’avé paura. Pió per scott che per atre = più per scotto o irritazione che per altro. El rann vergin si otteneva in questo modo: si prendeva dell’acqua bollente e la si faceva passare attraverso un panno che conteneva cenere. Un gran arplìtt. Un arplìtt ch’en daria manca l’oss’ mal can. Arplìt = avaro Nud’ com un vermin o nud brill = nudo completamente. Nud e crud = senza più niente. Come S. Gvann a bagn.Rumit deriva da eremita, significa non voler spendere. Che rumitti ragassi! en è da creda. En è minca un psign, ló ha d’avé come chiatre = non è mica un figlio di nessuno, lui deve avere come gli altri. I sold fann gì l’acqua a damont oppure: I sold’ fann’ i sold’. Pòl piscè tel lett’ e di’ ch’ha sudat. Risparmia per la canella butta via per el chiucón. E’ un gran rosp’ = è un grande avaro. Brutt com un rosp = molto brutto. Tropp i rosp ha mandat gió = Troppe cose ha dovuto sopportare. È ‘na robba de pió. Na robba ch’se pol fè a men. En da’ manca el curtell mal boia. Par chi levi el pan dalla bocca. Par chi manca sempre la terra sott’i pied. ‘I tien’ pió ì occhj che ne la bocca Valà ch’en trema dal fredd. Casca sempre in pied’ Fnirà anca ma ló. E’ fnit le nóc ma Bacucch ch’ c n’aveva sett solar e ne magnava una al giorne. A forsa de spenda e spanda. Sparagna = Risparmia. Chi sparagna el gatt li magna. Se chiud’ na porta se apre un portón. Se la carta en dic’ tocca magnè pan e radic. Chi gioca e spera da vincia, scappa dai stracc entra ti cincia. Pidocchiós o arplitt = spilorcio, taccagno. Le man bugate = mani bucate En val ‘na cicca, en val un sold bugat. Muccicón = moccioso. Va via brutt mucicón. Magna muccich. Sbudlat. Mett’te a post cla camiscia se’ tutt sbudlat si dice in senso bonario per far migliorare l’ordine nel modo di vestire. Se tutt sbudlat, fatt veda ch’ te mett ‘na mulicca a post, si può dire anche a un bambino, tirandogli su i calzini o allacciandogli dei bottoni. Invece: È un gran sbudlat diventa un commento ostile. Sostituire l’aggettivo “tutt” con “gran” e riferirsi ad un adulto non presente assume un significato negativo. S’è tutta smucichitta o è una gran smucichitta ha un senso molto diverso. M’ha dat un sciropp sarà per la tossa oppurimento per rinforsillo. Bavarola = bavaglino. Ià m’nat sa la cintura ià lasciat le tegh = L’ha menato con la cinghia gli ha lasciato i segni, i lividi. Tega = baccello oppure segno lasciato da una bastonata. Ià lasciat na tega, vedrè ch’ s’arcorda per un bel pestin. Mustacción = ceffone. Te daggh un mustacción tla bocca, sa la mana all’arversa. Lazzarón quant te chiapp vicin tne daggh sensa fin, vedrè te, tant el matt fugg mo la casa en fugge? Piscialett ragazzino che e interviene nei discorsi non adatti alla sua età Parla quant piscia le gallin = sta sempre zitto. Sachè = Cos’è. Sa chè fatt? = cos’hai fatto? Sa ch’è fatt? -Ho magnat la minestra e ho rott el piatt oppure: ho magnat le nóc e ho stracciat el sacch. En li è da dè sempre de vinta = non gliela devi dare sempre vinta En iè da fe fè tutt quell vol = non devi fargli fare tutto quello che vuole. Al cinema s’andava poco, da bambina ricordo giusto “Bernadette”, ma negli anni cinquanta, ragazzi e adulti, andavamo tutti a piangere con i film di Amedeo Nazzari e Ivonne Sanson. Nei giorni feriali appena possibile entravam a bughetta, uno di noi faceva i biglietti per cinque mentre in sette otto s’infilavano dentro, oppure la scusa più comune era sempre la stessa: vagh gió na mulicca a veda se c’è un mi’ amich arvengh só subit. Scarnicchia era el padrón del cinema annuiva e stava zitto, faceva sempre finta di non accorgersi di niente. Vezzeggiativi per bambini molto piccoli: che bella fiulina, cum cresc ben, eeh l’è blina! Guarda cum sta! par ‘na ranucchina, gioia santa, oh! che bella pacchiarotta, cicciulina, stellina, passarina, patatina, squissarina e tutti i diminutivi di qualunque cosa diventano complimenti. Cià tutt i capiulin, le belle gambotte, la faccia tonda e ai genitori: avet fatt le cos propi benben eh? Appena piange: pora cocca sa t’hann fatt? te fann piagna sempre? Quando non stanno bene: -en magna nient, pora gioia, par un stracciulin, oppure: -ogg en ha ‘na gran voia è moscia moscia. Tutti adoss, va fnì ch’la svegghj’ne!Oh! Che bell burdell gross! subito la madre: e pó adess ha calat. INVIG = invec = invece. In Svissera el mi marit fa el palista -Com el palista? -Sé, invigio del badile dopra la pala ‘lettrica. Sa troppi gall a cantè en se fa mai giorne. Spara tun tutt i passer in genere si riferisce a un qualche ente amministrativo in difficoltà finanziarie che cerca di recuperare soldi da ogni parte possibile. Sa sta bruscia spara anca ti sisin. Viddica = tipo di vimini diversi dai vinch che sbucciati e fatti seccare al sole diventavano bianchi, servivano per fare i canestri. I’arluccica i occhj dalla cuntentessa. Lascia gì = lascia andare. “Lassa gì” era una variante scherzosa. Cidiós deriva da accidia. È cidiós da quant è antipatich. Era pulitta da rida, tneva la pulenta tel cass’tin di pettin. Par scannen el baghin sa chi j urle. Sa urli m’è inciurlit. Fa straveda da quant ne dic. Sta sa i pied per terra oppure: scend dal fich. Scancella tutt nicò = cancella tutto. Cià ‘na sia = ha una susta = ha una gran sporcizia. Cià ‘na sia che’n arvien cristian = È troppo sporco che non ritorna pulito. Ha tirat gió quattre madonn = ha bestemmiato. Se stima tutta = si guarda compiaciuta. Vedi com se stima i par da essa bella! È tutta impeperitta da rida. Na s’ciavattata tel mus. Sa na botta tla spalla: -oh! Ció cum stè- El can sotta el birocc non è chiappabile. Melott o pertichè = aratre cioè aratro. Metull = palo del pagliaio. De ogni paia fa un paiar o paiè = di ogni paglia ne fa un pagliaio cioè esagera tutto quello che racconta. En c’è terra per fè palotta = non c’è nessun modo per concludere. Na volta qualcosina stava a sentì, mo adess en se governa pió dice il genitore quando non riesce più a farsi ubbidire dal figlio. Vol fè sempre quell chi par ma ló. Erne du bei dó = erano molti. M’è fann tutt le legg = mi comandano tutti in pratica mi fanno fare quello che vogliono loro. Du ce sta el tant ce sta anch’el pochToccava murì da un colp dalla fatiga. Caschi a fagiol. Non c’erano tanti detersivi: gli unici contenitori all’uopo erano tre barattoli bianchi in bella vista nella cucina con scritto: sale, soda, sapone. Le buttiglie se lavavne sa la cocciola dl’ova e l’erba murella. Da min chel Chiocch fina maché, “Da min o min da” era per dire da lassù o da laggiù, ma in modo specifico si usava per dire: da quel luogo chiamato… perché era sempre seguito dal nome proprio della località, quasi a sottolineare un lungo tragitto di solito fatto a piedi. Cla volta nivne min da la Pit Cagna fina Urbin, tutta a pied che significa: L’infilsetta, el sopraman, el sottpunt, l’imbastitura sono tipi di cuciture. Qualche difettin se spiana sal ferr, se dic’ a posta chel ferr è ‘l rufian dla sarta. El bavre o el baver = il bavero o colletto. Piccichin = piccolo lavoro di cucito più impegnativo del previsto. Armisùrla, che quant è taiata è taiata = Rimisurala, che quando è tagliata è tagliata. Cento misure un taglio solo. Na gonna ch’va ben per gì a venda i ov in piassa = vestito brutto, adatto a una contadina che vende uova in piazza. Di solito si cercava di rimediare in tutti i modi agli inconvenienti dell’usura dei capi di vestiario, ma certe volte non si poteva proprio: L’arversina del lensol sa le fudarett erne ricamate de fin! Le nonne avevano lenzuola e federe ricamate a mano con grande raffinatezza. Col punto pieno si facevano le iniziali del proprio nome o le scritte tipo: Sonni lieti, Buon riposo e simili, ma la più emblematica del tempo che fu, cioè dei primi ‘900, rimane la seguente: “Non lo fo per piacer mio ma per far piacer Iddio”. O d’abet o de noc ognun cià la su’ croc. Se tel digh vol dì ch’è vera, ma me en m’arvien nient. Sa lia en ciò nient da spartì. Strascinata = poco di buono. Stroventa = scaraventa. Te spela viv a gì tun chel negosi, è vist che prezzi? È roba da matti. Se cià la luna per travers è mei ch’i ste alla larga. Ha chius baracca e burattin. Guassa = brina. Pdocchj arfatt, nì vagh a dì subbit quattre, en me tien pió manca le catén. N’accident te spacca. Sé e un te sbrega. En fa in temp a dè el rest = ha sempre molto da fare. El cavaocchj è un insetto simile a grossa vespa. Fratina = frangetta. Te par ‘na cosa blina la riga mal cul sa la fratina? Tuffirón = grosso schiaffo. Sitt e mosca se’n le vo chiapalle. M’ha smanat tutt i casett = mi ha messo in disordine tutti i cassetti. Tutt un bullirón per sensa nient = Grandi chiacchiere e agitazione per nulla. Sacch de loff, pansa d’lana, sacch de pula.. Gabbia de matt. Calma e gesso ch’ gli avem guasi fatta. Oh! Porca madosca. En vrè fè el gioch di bussolott. È vergogna vituperia. El butt alla grappa chi el chiappa el chiappa significa: lo butto in aria chi lo prende lo prende. Alla grappa = alla presa. Per esempio nei veglioni di carnevale buttavano alla grappa le caramelle. En riscot fiat = parla molto senza mai fermarsi. Iè sempre datt ótr ótra = gli hai sempre dato in continuazione. Tant cocca i tocca stacc’ ma chi i capita, ah! Per forsa. Tocca chiappè quel manda Gesù Crist. La società è bella dispari non più di due. Gignala = simpatica. È propi gignala ch’ dà gust a stacc insiem. In accezione negativa diventa: Ambè tant è gignala oppure: séé, è gignala da rida. En i dè corda. Lasc’le perda. Le scalanch sono i sobbalzi che si fanno quando si viaggia con un mezzo a ruote su strada con buche. Na strada propi brutta, sent machè? È tutt scalanch. Due donne non più giovani vissute nei dintorni, stavano parlando tra di loro, sedute vicino a me, più continuavano nella loro conversazione fatta di ricordi, più destavano la mia meraviglia per la loro lucidità mentale nel raccontarsi. Con naturalezza e curiosità sono entrata nei loro discorsi di vite trascorse nel loro duro lavoro quotidiano e nella grande disuguaglianza sociale. Tornando indietro nel tempo la gente comune faticava di più e aveva molto poco da mangiare: en c’era propi nient del tutt erano abituati ad avere soggezione e reverenza nei confronti dei ricchi, che da parte loro si facevano servire in cambio di qualche promessa o per pochi spiccioli. No’ facevne la bucata ma i signor d’Urbin- el lundé gimi a chiappè i pagn, el martedé se faceva la bucata, se giva per chi foss ar sciacquè, se facevne sciuttè, se piegavne, el venerdì s’arpurtavne. La sera per arpusass gimne in cinqu o séi a chiappè l’orc dl’acqua ovvero: La sera, per riposarci, andavamo in cinque o sei per farci compagnia a prendere l’orcio di acqua. Così ho saputo che nel campo di lino “de Che Grillón” c’era sempre uno spaventapasseri molto originale, poi ho imparato i nomi dei poderi vicini a dove abitavano loro da giovani. Dopo il cimitero più sopra c’era: El Palass, Cancellier, Montarin, Chel Casin, Che Corona. De sotta sopra la galleria vicin alle Cónc: Scarpuccia, Che Pucc, Che Gulin. Caroni era tla strada maestra sotta el pont dla ferrovia. El Tassón, El Curcell tla strada rossa. Da statra part dop el tira segn, c’era: la casa de Puntlin, Vasari, Ca Palotta, Balducc, Munchett e così via. Che soddisfazione aver scorazzato in tempi andati! Sono salita nella giostra della memoria ho fatto un viaggio tra parole e profumi di una realtà ormai diventata sogno. Sono tornata senza rimpianti né malinconia tenendo stretti insegnamenti positivi per andare avanti.
· Carla Galli · Via Sotto le Stallacce, 12 · 61029 Urbino Tel. 0722 350080
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