LA FESTA DEL DUCA

TORNEO CAVALLERESCO DELLA CORTEGIANÌA E CORTEO STORICO IN COSTUME

URBINO, 25 Agosto 1985

  

 

 

 

DAME E CAVALIERI FELTRESCHI, TAMBURI, CHIARINE E SBANDIERATORI DI GUBBIO E SAN MARINO CHIARINE DI ASSISI TAMBURI DELLA NOBILISSIMA PARTE DE SOPRA DEL CALENDIMAGGIO DI ASSISI NELLA SPLENDIDA CORNICE DI URBINO RINASCIMENTALE

 

COMITATO D'ONORE

On. Arnaldo Forlani - Vice Presidente Consiglio Ministri

Dep. Fiorenzo Stolfi - Ministro del Turismo della Repubblica di S. Marino

S. E. Mons. Ugo Donato Bianchi - Arcivescovo di Urbino

Dr. Giorgio Londei - Sindaco di Urbino

Sen. Prof. Carlo Bo - Rettore Università degli Studi di Urbino

Sen. Giovanni Venturi

Sen. Paolo Volponi

Prof. Giorgio Cerboni Baiardi - Assessore alla Cultura del Comune di Urbino

Presidente Amministrazione Provinciale

Aw. Nino Baldeschi - Presidente Azienda Soggiorno Urbino

Presidente Consiglio Regionale

Presidente Giunta Regionale 

Dott. Luciano De Matthaeis - Vice Questore

Dott. Adolfo Fischione - Capitano dei Carabinieri

Sindaco del Comune di Cantiano

Sindaco del Comune di Gubbio

Sindaco del Comune di Macerata Feltria

Sindaco del Comune di Montecalvo in Foglia

Sindaco del Comune di Sant'Angelo in Vado

Sindaco del Comune di Sassocorvaro

Sindaco del Comune di Urbania

 

La IV edizione della "Festa del Duca" vuole rievocare quella pagina di storia decisiva per le sorti di Urbino e del suo antico ducato; una pagina di storia che mette in rilievo il contrasto ancora vivo, sentito tra l'aspirazione alla salvaguardia dell'autonomia dei Comuni e lo spirito egemonico delle Signorie; una pagina di storia immersa nell'atmosfera spregiudicata e razionalistica del Rinascimento che allo splendore delle arti, allo sforzo e alla raffinatezza accompagnava un costume di vita segnato da aspetti tragici e disumani.

La stessa sorte di Oddantonio si cala all'interno di questa etica; mentre lo stesso Federico ebbe a sperimentare fin dalla nascita le dolorose conseguenze dei tortuosi equilibrismi dettati dalla "ragion di stato".

 

 

RIFERIMENTO STORICO

Anno 1444

Nella calda mattina del 23 luglio 1444, Federico da Montefeltro alla testa della compagnia di ventura feltresca, giunge in Urbino e prende possesso della Signoria della Città. Poche ore prima, "ad un'ora de notte", un gruppo di congiurati con l'appoggio del popolo ormai stan­co del malgoverno, delle ingiustizie e dei soprusi, aveva ucciso il giova­ne ed ambizioso duca Oddantonio e i suoi più diretti collaboratori. La notizia della morte del fratellastro era pervenuta a Federico nella città di Pesaro. "Montato subito sulle poste in poche ore raggiunse Urbino"; ma a Porta Lavagine trovò precluso l'accesso alla Città. Si trovarono di fronte due protagonisti: un giovane condottiero già noto per la sua audacia e per la sua intelligenza e il popolo urbinate. Da una parte la forza delle armi; dall'altra l'esigenza di difendere e tutelare le riconquistate libertà e le autonomie comunali. Federico è cosciente della volontà degli urbinati; accetta perciò i "capitoli" e giura fedeltà agli Statuti nelle mani del Vescovo Altan. Soltanto allora può entrare in Città dove viene acclamato Signore di Urbino.

 

 

Programma:

 

Mattino:

ore 10,00
Uscita dell'araldo per le vie della Città e lettura del bando. Animazione e movimenti coreografici de "I Ragazzi del Lago" di Leo Amici.

 

Pomeriggio:

ore 16,00
Piazza del Rinascimento: Il Consiglio della Città decide di inviare a Porta Lavagine una delegazione per trattare con Federico da Montefel­tro.

Ore 16,15
Rievocazione della vita di Federico, episodi:
-    1424 Guidantonio sposa Caterina Colonna. Pochi anni dopo nasce Oddantonio e Federico viene allontanato da Corte e affidato a Gio­vanna Alidosi, signora di Sant'Angelo in Vado e Mercatello, quale promesso sposo della figlia Gentile Brancaleoni;
-    1433 -Pace di Ferrara- Il procuratore veneto Andrea Dandolo con­duce a Venezia Federico come ostaggio per garantire la pace. Dopo 15   mesi sarà trasferito a Mantova presso i Gonzaga dove riceverà nella "Casa Gioiosa" l'insegnamento di Vittorino da Feltre;
-    1438 morto Bernardino degli Ubaldini della Carda, Federico a soli 16 anni, prende il comando della compagnia di ventura feltresca;
-    Federico e Sigismondo Pandolfo Malatesti: odio e rivalità tra due giovani e valorosi capitani;
-     L'uomo Federico: momenti dei suoi ardori giovanili.

Ore 17
Federico giunge in Città e giura fedeltà ai capitoli.

Ore 17,30
Torneo cavalleresco della "Cortegianìa".

Ore 19
Corteo storico per le vie della Città.

 

 

Città partecipanti al Torneo

 

URBINO

 

 Ogni anno giungono ad Urbino circa un milione e mezzo di visitatori italiani e stranieri. I suoi inestimabili tesori di arte, il suo grandissimo patrimonio architettonico, il paesaggio estremamente vario e ricco di suggestioni, l'atmosfera riposante senza essere monotona, ne fanno una meta ambita e ricercata da turisti provenienti dai più lontani Paesi del Mondo.

 

 

Una vacanza ad Urbino, o anche una semplice visita, con­sentono di tonificare il corpo, attraverso la possibilità di effettuare passeggiate ed escursioni di ogni genere, e di arricchire lo spirito grazie agli stimoli offerti da monumenti e opere d'arte. Il palazzo Ducale con la Galleria Nazionale, l'ex Convento di S. Chiara, il Duomo con il Museo Albani, l'Oratorio delle grotte con il famoso Cristo Morto, la Casa di Raffaello, gli Oratori di San Giovanni (con gli affreschi dei fratelli Salimbeni) e di San Giuseppe (con il celebre presepe del Brandani), la chiesa di San  Francesco con il campanile trecentesco, la Fortezza Albornoz, la chiesa ed il Convento di San Bernardino (fuori le mura), l'antica Pieve Romanica di San Cassiano (a Cavallino), sono solo alcune, anche se importantissime, tappe di indimenticabili itinerari turistici.

È difficile raccogliere in poche battute, e tanto meno in uno slogan, la malìa sottile e discreta, dolce e seducente di questa città. Urbino è una dama affascinante: da qualunque parte la si guardi, sembra in posa, sulla cresta di due monti e mostra sempre il suo lato migliore. Smaltata ed elegante, raffinata e maestosa, ti appare, se giungi dalla via dell'antica Massa Trabaria, dopo vallate e burroni, boschi e precipizi, come un mitico Eden, ornata di pinnacoli e torri, sinuose e svettanti: è il suo castello certo il monile più pregiato, quasi sospeso tra cielo e terra, miracolo dell'uomo in gara con gli Dei. Se giungi dalla via del mare, sembra in attesa, arguta ed ammiccante; spia il tuo arrivo occhieggiando di tanto in tanto da dietro una curva, dopo una salita, offrendoti le sue più antiche gemme su cui domina il trecentesco campanile di San Francesco.

Se giungi dalla strada di Roma appare distesa, quasi imbronciata, mentre le sue calde forme ambrate sembrano quasi possedute dai maschi bastioni delle mura... e ti è subito amica.

Passeggiando tra i grigi selciati medievali e le luminose piazze rinascimentali ti riserva continue sorprese: ora è un infinito paesaggio di colli che arpeggiano fino all'orizzonte; ora il vicolo delle mura serrate improvvisamente si apre come uno scrigno che ha conservato gelosamente i suoi segreti mostrandoti un campanile danzante, una loggia intatta, un portale maestoso, e ti racconta tutta la sua storia.

Le origini della città affondano le radici nella notte dei tempi ma è abbastanza sicuro che i primi abitatori del territorio furono i liguri, di stirpe mediterranea, successivamente cacciati dagli Umbri, ai quali subentrarono poi i raffinati Etruschi che dovettero a loro volta subire le invasioni Celtiche e dei Galli Senoni. Si giunge quindi alla conquista di Roma e l'"Urbinum Metaurense" divenne Municipio Romano, probabilmente dopo la "lex Julia Municipalis" che Giulio Cesare fece varare nel 46 a. c.

Antichi scrittori, da Varrone a Plinio il Vecchio, da Pomponio Mela a Solino e, più tardi, Stefano da Bisanzio e Procopio da Cesarea, attestano l'antica origine della città. Fin dall'epoca romana, Urbino ebbe il carattere di città fortificata, per la sua importante posizione strategica, e fin da allora fu dotata di solide mura. La decadenza dell'Impero romano d'occidente, e le crudeli invasioni barbariche che seguirono, coinvolsero anche Urbino, provocando l'affermarsi dell'autorità dei Vescovi. Sotto i Bizantini Urbino fu inserita con Fossombrone, Iesi, Cagli e Gubbio nella Pentapoli Annonaria, poi cadde in mano ai Longobardi e lo stesso Liutprando, che soggiornò nella città, dette inizio a varie opere pubbliche, compreso l'ampliamento delle mura di cinta romane. Pare che una misura lineare usata ad Urbino "il piede" sia riferita alla lunghezza del piede dello stesso Liutprando.

La donazione carolingia che Carlo Magno, disceso in Italia e distrutto il Regno Longobardo, fece alla Chiesa, comprendeva anche la città vescovile di Urbino. Ovunque sorsero feudatari e vassalli del Vescovo, il cui potere a questo punto è diventato molto vasto, in aggiunta a quelli creati dall'Imperatore.

Cessate le invasioni barbariche, le popolazioni che si erano rifugiate nelle campagne, sotto la protezione dei castelli, tornarono nelle città e prese il via quel processo di formazione dei Comuni attraverso il ridimensionamento delle prerogative dei Vescovi e la lotta contro i feudatari e i vassalli delle campagne. Tra le famiglie di Feudatari e di signori si distinguevano nei territori intorno ad Urbino, i Carpegna, i Feltrii, i Faggiolani, i Dadei, i Gaborati, gli Olivieri, i Brancaleoni. Dei Feltrii, in particolare, si ha notizia della presenza ad Urbino, come cittadini naturalmente di rango, per il potere che la qualifica di Conti di Montefeltro dava loro e per l'appartenenza alla fazione Ghibellina che del resto fu condivisa da Urbino, a parte qualche periodo di prevalenza del partito guelfo, coinciso con momenti di difficoltà per il Montefeltro.

La famiglia dei Montefeltro deriva dai Conti di Carpegna, antichi feudatari imperiali che potrebbero essere discesi in Italia ai tempi di Odoacre nel 478 o più tardi con i Longobardi.

Verso la fine del dodicesimo secolo i possedimenti della famiglia dei Conti di Carpegna furono divisi fra tre fratelli: il primo ebbe la Signoria del Castello di Carpegna, al secondo fu assegnato quello di Pietrarubbia e il terzo ricevette il Castello di Monte Copiolo. Quest'ultimo e i suoi discendenti allargarono i loro domini al territorio circostante, noto come mons Feretri, da un tempio dedicato a Giove Feretrio, situato nei pressi dell'odierna San Leo. I primi Montefeltro, di cui parla la storia, sono un Conte Antonio che intorno al 1152 avrebbe ottenuto da Federico Barbarossa, disceso in quel periodo in Italia, il titolo di Conte e la carica di Vicario Imperiale, e il figlio Montefeltrano. Nel 1213 Federico Secondo cedette Urbino in feudo a Buonconte e Taddeo di Montefeltro, ma in città si ebbero delle dure reazioni e soltanto nel 1234 i due feltrii riuscirono effettivamente a dare vita alla Signoria di Urbino.

A Buonconte succedettero nel dominio di Urbino, Montefeltrano II e Guido il Vecchio che il Muratori ha definito "il più accorto e valoroso condottiero d'armi di quella età". Quindi fu la volta di Federico che per il suo acceso ghibellinismo fu scomunicato dal Papa e in seguito ucciso dagli urbinati, assieme al figlio maggiore, rivoltatisi contro di lui nel 1323, a causa dell'eccessivo peso delle tasse. Si salvò soltanto il figlio minore Nolfo, che un anno dopo fu acclamato Conte dai cittadini ma, messosi contro il Cardinale Albornoz incaricato dal Papa di mettere ordine nei possedimenti pontifici, fu da questi cacciato da Urbino. A risollevare le sorti della famiglia fu un altro Conte Antonio che riuscì a riprendere Urbino dopo la morte dell'Albornoz e ad allargare i possedimenti fino ad ottenere nel 1390 l'investitura papale. Antonio diede inizio alla tradizione umanistica della casta, coltivando l'amore per le lettere e dando generosa ospitalità ai letterati. Il figlio Guidantonio accrebbe e consolidò, a sua volta, lo Stato e lo portò ad un livello di soddisfacente prosperità. Guidantonio ebbe un figlio naturale, Federico, nato nel 1422 da una donna nubile di Gubbio, ed uno legittimo, Oddantonio, che gli diede, nel 1426, la seconda moglie Caterina Colonna. Fu il secondo a succedere al padre e a ottenere il titolo Ducale dal Pontefice Eugenio IV.

La sua fine tragica a soli 17 anni, a seguito di una congiura di urbinati, portò alla ribalta il fratellastro Federico con il quale ebbe inizio il periodo più fortunato ed anche più noto della storia di Urbino. La città tutta parla dal "vivo" dello splendore di questa epoca ducale che ha tuttora nel Palazzo Ducale la testimonianza irraggiungibile e irripetibile dell'estremo livello di perfezione e di grandezza raggiunto.

Capitano d'armi e diplomatico, mecenate e uomo di cultura, il Signore di Urbino dette il via, nella città e nel ducato, ad una fervida attività edilizia civile e militare resa possibile dalle rilevanti somme che riusciva guadagnare con le condotte militari. Urbino divenne una città nel senso completo della parola e la Corte ospitò artisti, scrittori, poeti, tutti impegnati ad abbellire la città e ad esaltarne le bellezze. Dopo Federico, la Signoria fu assunta dal figlio Guidobaldo che, pur dotato di eccellenti qualità Umane, non aveva probabilmente le doti politico-militari idonee per destreggiarsi nell'aggrovigliata situazione politica italiana e soprattutto non aveva una buona salute, tanto che morì nel 1508 ad appena 35 anni e senza figli. Per gli urbinati Guidobaldo fu tuttavia il modello del principe garbato e del gentiluomo perfetto e, tra l'altro, lasciò alla città due istituzioni che sono ancora oggi motivo di orgoglio e di vanto: nel 1502 istituì infatti il Collegio dei Dottori da cui avrà origine l'Università degli Studi e fondò la Cappella Musicale del SS. Sacramento.

Francesco Maria, nipote di Guidobaldo e da questi adottato e indicato per la successione, diede inizio alla Signoria dei Della Rovere che durerà fino al 1631, allorché, con la morte di Francesco Maria II, il Ducato fu devoluto alla Santa Sede. Con la fine del Ducato innumerevoli opere d'arte di ogni genere presero la via di Firenze e di Roma, dove, tra l'altro, venne trasferita la celeberrima biblioteca di Federico. A questo punto la storia di Urbino si fonde prima con quella dello Stato Pontificio e poi con quella d'Italia.

 

 

Oggi Urbino è impegnata nella riedificazione della sua identità e del suo ruolo. Si sente l'esigenza della salvaguardia delle sue strutture architettoniche; c'è la necessità di tutelare il suo immenso patrimonio artistico; non sfugge l'urgenza di conservare l'ambiente ed il paesaggio. Parallelamente è viva la volontà di promuovere la crescita della città, favorire la rivitalizzazione economica, affinare la vocazione turistica, arricchire la sua presenza culturale.

Soprattutto si è fatta strada la convinzione che Urbino è una realtà intimamente inserita nel contesto territoriale montefeltresco e che soltanto in questa dimensione potrà ridisegnare la sua presenza attiva, "creare le condizioni di un moderno "rinascimento".

 

 

REPUBBLICA DI  SAN MARINO

 

L'antica repubblica del Titano nelle immediate vicinanze di Rimini, nonostante la piccolezza del territorio, mantiene da secoli la sua indipendenza ed autonomia.

Per la sua originalità e bellezza è visitata annualmente da milioni di turisti.

La storia si perde nella leggenda. Si narra di S. Marino, scalpellino proveniente dall'isola di Arbe, Dalmazia, approdato a Rimini nel III secolo dopo Cristo. Di fede cristiana, per sfuggire alle persecuzioni dell'Imperatore Diocleziano, salì sul monte Titano dove guarì il figlio di Felicissima, grande proprietaria di vasti territori.  Per gratitudine la dama gli regalò il Monte, su cui venne costituendo la prima comunità cristiana.  Marino, nominato Diacono dal vescovo di Rimini, si ritiene sia morto nel 336.

Le origini della fondazione della Repubblica si fanno risalire al 301. Il primo documento storico è datato 885 e riguarda una disputa sul territorio, fra l'abate Stefano di San Marino e il Vescovo Deltone di Rimini. In esso si attesta che i terreni in lizza non erano mai stati posseduti da altri che dai Sammarinesi e che pertanto dovevano rimanere di loro proprietà.

Del 1243 sono i primi documenti con i nomi dei due Capitani Reggenti, i Capi dello Stato.

Al 1253 risalgono i primi Statuti che ancor oggi, con le necessarie modifiche, costituiscono la legislazione sammarinese. La Repubblica ebbe riconoscimenti dai grandi: Napoleone Bonaparte nel 1797 riconobbe la sua sovranità e il Congresso di Vienna successivamente, pur modificando l'Europa tracciata dal Còrso, rispettò l'indipendenza di San Marino.

Una definizione molto cara ai Sammarinesi è quella data dal Presidente Abramo Lincoln quando gli venne offerta la cittadinanza onoraria. In una lettera del 7 maggio 1861 scrisse ai Capitani reggenti: "Benché il Vostro dominio sia piccolo, nondimeno il Vostro Stato è uno dei più onorati di tutta la storia...".

Un pensiero che riassume con estrema semplicità ciò che San Marino è e quello che intimamente ha sempre desiderato rimanere: un piccolo Stato alieno da progetti espansionistici, il cui prestigio si riflette all'esterno attraverso una saggia, moderata ma costante politica di pace e di neutralità attiva, sensibile agli avvenimenti internazionali.

 

Balestre e balestrieri

Il documento più antico che riguarda l'uso della balestra nella Repubblica di San Marino risale all'anno 1339.  In questo documento si dispone che ciascuna Reggenza, sotto pena della perdita del salario, debba acquistare a spese pubbliche e consegnare al Massaro del Comune una grossa balestra con le sue munizioni. Tale disposizione faceva parte degli Statuti del 1295-1302 ed è ripetuta quasi alla lettera negli Statuti del 1325-1353. I documenti d'archivio e i verbali delle sedute del Consiglio Grande e Generale tornano sovente sul tema delle balestre nel corso dei secoli XIV, XV e XVI.

Nè con il progressivo affermarsi delle armi da fuoco si volle abbandonare l'uso della balestra. Lo prescrive il primo libro degli statuti del '600 che stabiliva che ogni anno, nel giorno di San Marino, il 3 settembre si celebrasse una gara di tiro con gli archibugi e le balestre. Tale consuetudine è stata conservata sotto il nome di «tiro al palo» e veniva celebrata sul Pianello, di fronte al pubblico Palazzo. Essa viene tutt'ora rispettata con il «palio delle Balestre Grandi» che si svolge ogni anno il 3 settembre nella Cava dei Balestrieri.

 

 

 

GUBBIO

 

Gubbio (m. 529 s.l.m.), si trova nelle vicinanze dell'appennino Umbro-marchigiano, in uno scenario di monti solenni e di severe colline, adagiata alle falde del Monte Igino.

Questa pittoresca e bellissima città medioevale conserva intatto il fascino dei secoli lontani. Fu antichissimo centro religioso umbro, come attestano le famose "Tavole Eugubine" (III/I sec. a.c.), conservate nella Pinacoteca Comunale, ed ebbe una densa storia politica ed artistica durante l'antichità, il medioevo ed il rinascimento. Strinse alleanza con Roma nel 168 a.c. tenne in custodia Genzio, re dell'Illiria; fu molto fiorente negli ultimi anni della Repubblica (la testimonianza è data dal Teatro Romano) e nei primi secoli dell'Impero. Durante le invasioni barbariche, fu distrutta da Totila, e risorse assai presto, ma fu nuovamente rasa al suolo dagli Ungari e dagli Avari nel 917. Ricostruita sul luogo attuale per opera specialmente del Vescovo S. Ubaldo Baldassini, divenne presto libero Comune, prima guelfo e poi ghibellino e come tale favorito dagli imperatori a cominciare da Federico Barbarossa, che le concesse numerose ed importanti privilegi. Nel 1151 respinse l'attacco di ben undici città confederate. In quel tempo Gubbio raggiunse grande floridezza, come confermano i grandiosi edifici pubblici e privati costruiti in quell'epoca. Dopo un lungo periodo di lotte e di rivoluzioni, non potendo più resistere alle armi dei Ghibellini, nel 1387 Gubbio si diede ai Montefeltro, la cui signoria, caratterizzata da un periodo di grande splendore, durò fino al 1508 quando passò ai Della Rovere e quindi, nel 1624, alla Chiesa fino al 1860 quando fu annessa al regno d'Italia.

Centro di eccezionale rilievo storico-architettonico-ambientale; usi e costumi rivivono nella "Festa dei ceri" (15 maggio) e nel "Palio della Balestra" (ultima domenica di maggio). Superbo il complesso urbanistico formato dal palazzo dei Consoli, dalla Piazza Pensile e dal Palazzo Pretorio, risalente all'inizio del sec. XIV; sotto i Montefeltro fu invece realizzato il Palazzo Ducale, attribuito a Francesco di Giorgio Martini.  Di grande interesse anche il Duomo (gotico), Santa Maria Nuova (che conserva il capolavoro pittorico di O. Nelli), S. Agostino, S. Francesco con annesso convento delle "100 celle", S. Giovanni, San Pietro, S. Domenico, la "Casa di S. Ubaldo", il Palazzo del Bargello e quello del Capitano del Popolo.

Tra gli uomini illustri vanno ricordati Oderisi, Mastro Giorgio, Gattapone e O. Nelli.

 

 

CANTIANO

 

Cantiano, antica Luceoli, fu già centro importante ricordato in cento vicende di distruzione operate da Narsete (552) da Liutprando (740) dai Saraceni (840) dagli Ungari (920) e da Ottone III (996).

Ma i Luceolani, che avevano fin dall'anno 840 fortificato i colli di Cantiano e Colmatrano, non abbandonarono la loro terra e ritroviamo agli inizi del secolo XIII un paese fiorente all'ombra del castello dei Conti Gabrielli. Il centro abitato è lambito dalla antica Via Flaminia sulla quale si possono tutt'ora ammirare, nella parte che percorre il territorio comunale, alcuni imponenti manufatti romani quali, procedendo da Sud a Nord, il Ponte Voragine, il Ponte Grosso e successivo muro di sostegno, un cunicolo sotto la strada a Pontedazzo e, infine, un secondo Ponte Grosso alle Foci che attraversa il torrente Burano in due ampie arcate di circa 7 metri luce ed una costruzione particolarmente massiccia per resistere alle piene impetuose del torrente che attraversa. Numerose le opere di interesse storico-artistico conservate a Cantiano tra cui un'autentica "Savonarola" e tele del Damiani, del Perugino, del Caravaggio, di Gentile da Fabriano e di numerosi altri artisti. Degna di attenzione la Via Fiorucci, che serba numerose vestigia di edifici risalenti al secolo XIII ed il portale di pietra della Chiesa di S. Agostino dello stesso periodo.

Cantiano ha anche il merito di conservare intatta la rievocazione di una sacra rappresentazione medievale detta "La Turba", che ha luogo la sera del Venerdì Santo. Sono gli stessi abitanti della cittadina che, per la circostanza, si trasformano in attori e ricreano con viva partecipazione la scena della passione e morte di Cristo. È uno spettacolo suggestivo che si avvale egregiamente delle zone più caratteristiche del paese per la creazione di vari scenari. Inoltre, ogni estate, Cantiano offre un vario e qualificante programma di iniziative culturali.

 

 

MACERATA FELTRIA

 

Macerata Feltria è situata a metri 321 s.l.m., a 50 Km. da Rimini e da Pesaro, a 29 da S Marino a 18 da S. Leo e 35 da Urbino. Dalle rovine del Municipio romano Pitinum Metaurense fondato forse dai Pelassi, mitico popolo venuto dal mare e distrutto prima del 552 dai Goti, comandati da Vitige, nasce sulle pendici del monte Persena, dapprima il nucleo medioevale denominato «Castello» e nel 1500 il «Borgo» cittadino.

Uno dei primi comuni liberi dell'Italia Centrale, si sottomette a Rimini nel 1233 e partecipa, sotto la guida della famiglia Gaboardi, alle guerre tra i Montefeltro e i Malatesta. Nel 1280 fa parte della «Lega Guelfa» tra Carlo d'Angiò, Firenze e i Malatesta: come è ricordato dagli stemmi nel portale del Palazzo del Podestà. Nell'agosto del 1459 il celebre capitano di ventura Giacomo Piccinino, la occupa per conto del duca Federico II, ma lo stesso Sigismondo Malatesta di persona provvede a riprenderla. Comunque nel maggio 1463 avviene la definitiva conquista di Macerata da parte di Federico II. Nel 1506 papa Giulio II della Rovere la visita suscitando grande fervore mistico nella popolazione. Nel 1631 entra a far parte dello Stato della Chiesa, alla quale da due vescovi: Mario Maffei e Bartolomeo Beccali. Più in là nel tempo, il 29 luglio 1849, qui pernottano e vengono aiutati Giuseppe e Anita Garibaldi, nella fuga da Roma verso Ravenna (si conserva nella cittadina il primo monumento d'Italia al Garibaldino Ignoto). Nel periodo infine della prima ricostruzione, al termine della grande guerra, Macerata Feltria viene ricostruita, anche per la sua posizione naturale al centro del Montefeltro, come Comune guida e diventa Capoluogo di mandamento di un comprensorio che raccoglie ben 12 comuni. Vengono potenziati così i servizi, peraltro già esistenti (Ospedale, Ufficio del Registro, Circolo Notarile, Pretura con annesso Carcere) e sorge in onore a un figlio illustre, Angelo Battelli, eminente fisico e deputato al Parlamento d'Italia, un teatro di buona qualità, tuttora l'unico, vero, grande teatro dell'intera zona.

 

 

MONTECALVO IN FOGLIA

 

Si trova su un'ampia collina a 345 m. sul mare a ridosso del fiume Foglia e a circa tre chilometri da un importante incrocio stradale su cui convergono le strade che portano ad Urbino, Pesaro e Macerata Feltria. L'origine del nome deriva probabilmente da Mons Calvorum dovuto alla mancanza di piante di alto fusto sui fianchi della collina. Le prime notizie storiche riferite al Castello di Montecalvo risalgono al 1200: risulta che per riconoscimento dell'Imperatore Onorio III, nel 1224 dipendeva dal Vescovo di Fossombrone.

Nel Medioevo i Duchi di Urbino innalzarono a Montecalvo una magnifica Torre e considerarono il Castello una delle loro residenze favorite. Il Pontefice Clemente IX nominò conte di Montecalvo il nobile condottiero Federico Veterani di Urbino che, nel 1695, morì gloriosamente in Ungheria combattendo contro i Turchi.  Durante la signoria del conte Veterani Montecalvo godette di un pe­riodo di particolare prosperità.

Nella torre medievale si trova ancora una campana del sec. XIII che reca la scritta del suo costruttore: "Magister Manfoino me fecit".

 

 

SANT'ANGELO IN VADO

 

Situato nell'alta Valle del Metauro nel punto in cui il fiume riceve le acque del torrente Morsina, Sant'Angelo in Vado ha una origine molto antica. Fino al VI secolo si chiamava Tifernum Metaurense, e si contrapponeva all'altro centro romano di Tifernum Tiberinum, oggi Città di Castello, situato al di là dell'Appennino lungo la valle del Tevere. Dopo la distruzione da parte dei Goti venne ricostruito e la denominazione attuale in onore di S. Michele Arcangelo, patrono, e detto "in vado" per la presenza di un guado del fiume. In seguito Sant'Angelo divenne capoluogo della Massa Trabaria, un'antichissima regione storica incuneata tra Romagna, Marche, Toscana e Umbria e così chiamata dagli abeti dei suoi monti che fornivano le travi per le basiliche romane.

Fu anche feudo dei Brancaleoni ma nel 1442, con il matrimonio di Gentile Brancaleoni passò a Federico da Montefeltro e seguì da allora le sorti del Ducato di Urbino. Secondo alcuni storici Sant'Angelo fu sede vescovile fin dai tempi del'antico Tifernum e si ha notizia dei Vescovi Eubodio, Mario ed Innocenzo che ressero la Chiesa locale nella seconda metà del V secolo.

Sant'Angelo è ricca di pregevoli costruzioni e di interessanti opere d'arte. La Chiesa di S. Maria dei servi (extra muros) risale al 1331 ma è stata trasformata successivamente; più che per l'architettura va ricor­data per le opere d'arte custodite all'interno. Altri importanti edifici religiosi sono il Duomo (sec. XII) ampliato e rifatto nel sec. XVIII, la chiesetta ottagonale di San Flilppo e la Chiesa di S. Francesco. Tra le costruzioni civili meritano di essere ricordati il Palazzo della Ragione, il Palazzo Comunale, già Fagnani (sec. XVII) ed il Palazzo Ridarelli-Nardini.

Sant'Angelo in Vado ha conservato intatto il suo centro storico. La sua economia è di tipo agricolo-industriale.

 

 

SASSOCORVARO

 

Sentinella del Montefeltro, sulla strada che collega S. Marino e S. Leo a Urbino, Sassocorvaro si affaccia su uno sperone di roccia a dominio della vallata del fiume Foglia. La sua storia ormai millenaria segnata da numerosi assedi, in particolare durante le lotte tra i Montefeltro di Urbino ed i Malatesta di Rimini, testimonia della sua importanza strategica che indusse Ottaviano degli Ubaldini a far costruire nel 1475 per comando di Federico da Montefeltro, la "Rocca Ubaldina" uno dei massimi capolavori di tutta l'architettura militare italiana. La Rocca, opera del senese Francesco di Giorgio Martini, costituisce il primo esempio di fortificazione studiato per opporsi alla terribile arma nuova che stava allora affermandosi, la bombarda. La grandiosità delle strutture esterne si dissolve nell'eleganza delle superfici ricurve e delle linee a raccordo che fanno del monumento un esempio unico nel suo genere. All'interno s'impone il cortile d'onore, su cui s'affacciano le sale, una loggia e la rampa elicoidale che conduce al piano superiore, dove fa spicco un caratteristico teatrino del '700 e ha sede il Museo Civico. Le vecchie case, tutt'attorno, s'aprono su stradine che scendono e rimontano e s'affacciano sempre su squarci di un paesaggio straordinario: sul lago di Mercatale, campo di regate; sul fiume Foglia, le cui acque sono invito agli appassionati della pesca; sulle pittoresche colline del Montefeltro dalle quali si staglia la mole massiccia del monte Carpegna.

 

 

URBANIA - CASTELDURANTE

 

Ubicata nel Medioevo sull'altura col nome di Castel delle Ripe, subì guerre e incendi. In un giorno di mercato del 1227, mentre gli abitanti si erano recati in gran numero a Sant'Angelo in Vado, i ghibellini urbinati, guidati da Galasso conte di Montefeltro, l'assalirono e la distrussero. Gli abitanti si rifugiarono presso la vicina potente Abbazia Benedettina di S. Cristoforo del Ponte e papa Martino IV inviò immediatamente sul luogo il suo Uditore Generale, il francese mons Gu­glielmo Durante, il quale fece ricostruire la città che, inaugurata il primo settembre 1284 da lui prese il nome di Castel Durante. Dapprima governata dagli Abati Benedettini, quindi libero Comune, poi Signoria dei Brancaleoni, nel 1376 venne ammessa alla Massa Trabaria (di cui fu capitale sino al primo Regno d'Italia): nel 1424 riconobbe i Montefeltro e seguì le vicende di Urbino del cui territorio fece parte dal 1429 col titolo di Contea. Con la morte di Federico Maria II Della Rovere tornò alla Chiesa e prese il nome attuale da Papa Urbano Vili quando nel 1636 la elevò a città e diocesi. Nella controversia sulla patria del Bramante, Urbania ne contesta il titolo a Urbino e a Fermignano.

Essa ha dato i natali a Paolo Scirro (sec. XV) architetto militare, a Cipriano Piccolpasso (1524-79), anch'egli architetto militare e primo trattatista dell'arte figulina, a Francesco Amatori detto «Urbino», fedele servitore e collaboratore di Michelangelo, a Tommaso Amantini (1625-1707), pittore e plasticatore, ecc.

Castel Durante fu rinomata per l'industria delle maioliche e contò innumerevoli artisti di valore, fra cui da ricordare: Nicolò Pellipario (n. c. 1457/80), Giorgio Picchi il Vecchio (m. 1545). Cecco del Vasaro, Orazio e Camillo Fontana, ecc.

Nel suo miglior periodo (sec ....) contò fino a 32 fabbriche di «durantine»; i suoi vasai portarono la loro arte in molte parti d'europa e fra essi si distinse la famiglia di Guido di Luca Savini, emigrata nelle Fiandre, in Germania e nella Francia settentrionale.

L'economia della città è oggi basata sull'agricoltura e sulle industrie manifatturiere.

Elemento qualificante di Urbania è anzitutto la sua struttura urbanistica, ben riconoscibile nell'impianto generale quattrocentesco: valori ambientali rimarchevoli sussistono in quartieri e in vie (via Bramante e Ugolini, largo Scirri) Nel tessuto urbano fa spicco il Palazzo Ducale, nella cui vasta costruzione si leggono le impronte lasciate da Francesco di Giorgio Martini e da Girolamo Genga. Sorprendente è la ricchezza del materiale archivistico, bibliografico e artistico che vi è raccolto, a documentazione di secoli di storia della città. Il visitatore troverà poi motivi d'interesse in edifici civili e religiosi, come nei cinquecenteschi palazzi Vescovile e Comunale ma soprattutto in chiese. Queste, più che per architetture alterate da vane trasformazioni sono degne di visita per le numerose opere d'arte che contengono: da notare il complesso monumentale delle Clarisse, riportato dai recenti restauri alle forme originarie medioevali e i piacevoli interni barocchi di S. Francesco e della Cattedrale. Un prezioso documento della pittura trecentesca rimane il Crocefisso su tavola ora custodito nella Cattedrale.

 

 

Così ne parla il Prof. Giorgio Nonni in:

Giorgio Nonni - La Festa del Duca - QuattroVenti - 2006

 

 

La IV Festa del Duca, celebrata il 25 agosto 1985, si arricchisce di un Comitato d'Onore che annovera eminenti personalità istituzionali, dal Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Arnaldo Forlani ai Senatori Giovanni Venturi e Paolo Volponi, al Vescovo Donato Bianchi al Ministro del Turismo della Repubblica di San Marino. La rievocazione riguarda una pagina importante della storia urbinate: la presa di possesso del potere da parte di Federico. Il fratello Oddantonio, il 22 luglio 1444, era stato assassinato in conseguenza di una insurrezione. I cittadini di Urbino, spaventati dall'epilogo delle loro proteste, cercarono di rimediare accordandosi per eleggere come proprio Signore l'eroico Federico, il quale nel frattempo, avuta notizia del tumulto dal Vescovo, era giunto in città dalla vicina Pesaro: "Montato subito sulle poste in poche ore raggiunse Urbino", ove il giorno successivo vennero formalmente patteggiate le condizioni della sua elezione. Lo strumento che contiene le domande del popolo e le relative risposte date da Federico ci forniscono qualche lume per giudicare la portata dei diritti popolari e come essi fossero fatti valere nelle comunità dispotiche italiane di quel tempo: una concessione generale di amnistia per coloro che avevano partecipato alla rivoluzione, una riduzione delle tasse esistenti, l'annullamento di immunità e di privilegi concessi alla nobiltà, la promessa di non imporre nuove tasse, la scelta di un maestro di scuola e di un medico che assistessero la popolazione. Oltre a ciò Federico concesse e confermò alla capitale una costituzione che aveva carattere municipale piuttosto che politico e consisteva in due consigli generali, l'uno composto di trentadue cittadini, l'altro di ventiquattro. Stabiliti questi preliminari, vennero in gran numero da Gubbio e da altri Comuni delegazioni per offrire obbedienza, ed a queste seguirono subito le congratulazioni giunte dagli Stati limitrofi. La rievocazione di questo avvenimento consente agli organizzatori di rendere un doveroso omaggio alla personalità più rappresentativa della storia ducale, quel Federico di cui verranno illustrate le tappe più importanti della sua biografia: dalla nascita al suo soggiorno a Venezia come ostaggio per garantire la Pace di Ferrara, al tempo trascorso a Mantova presso i Gonzaga in quella "Casa Gioiosa" ove fu educato da Vittorino da Feltre; dalle prime esperienze come Capitano di ventura alla rivalità con Sigismondo Pandolfo Malatesta. Conclude la manifestazione il Torneo della Cortegianìa nella suggestiva cornice di Piazza Rinascimento addobbata a festa e presa d'assalto dagli spettatori provenienti da ogni parte d'Italia.