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MARIA
LENTI
La
Senzanome
…filo di stelo tre foglie
in un coccio di terra renosa
centocinquanta per due il balcone ….
Nottivago seme dell’autunno (o predecessorio?)
s’è avvoltolato nella pelletta incalorito
per darsi all’aria post inv-f-ernale.
I fiori da bulbi coltivati,
le gazzarie resistenti, le gerbere irridenti,
l’erba dei tetti gramolata
ironico il bavero corollato
stendono sulla Senzanome.
Alzo il vaso a solatìo
isolati gli invidiosi sistemati
i protervi sempreverdi.
Lo sfilo dagli aruspici mediatici
dalle leggi ad usum delphini.
Lo nutro di sguardi fini
d’acqua in gocce senza cloro
di parole quelle vere.
Lo sottraggo al gatto ruspante,
lo proteggo da venti sibilanti,
da lusinghe e da promesse
da false comitisse.
Prendo a voto la piantina e la porto
Dentro l’urna e poi, oltre, nella casa,
nella strada, in assemblea
ed ancora nella piazza
ché l’ascoltino di fino
fino a trarne il sentimento
ad estenderne segreti di vigore
in spandimento.
(Maria Lenti, inedito, Urbino, 9 marzo 2006)
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