Il Museo Fondazione Luciana Matalon è lieto di ospitare dal 5 al 28 febbraio
2009 la mostra antologica Leonardo
Castellani o la poesia dell’infinito, a cura di Floriano De Santi.
Incisore di grande maestria, ceramista e scrittore, pittore e scultore,
Castellani si cimenta in molteplici iniziative, e nel
terreno fecondo dell’Europa del Novecento, la sua arte ne è tanto informata
quanto ricercatrice indipendente. Da questa
matrice comune e contaminata, Castellani non solo riassume lo spirito della
contemporaneità nelle sue opere, ma lo
rinnova e alimenta. Nelle parole del curatore De Santi: “Se nella ricerca di
Castellani ha grande importanza il tempo, è
perché ogni verità è verità nel tempo. Ma per lui la ricerca, in primis quella
incisoria, è anzitutto ricerca della verità che si
concede, si tradisce; non si comunica, s’interpreta; non è voluta, ma
involontaria”.
Nel concorso con il segno in verticale e in orizzontale che solo impiegavano
nelle prime prove Luigi Bartolini e Giorgio
Morandi, il segno spiovente che il Maestro urbinate colse nel Canaletto e in
Marco Ricci rappresenta un oggettivo
arricchimento della lignée incisoria, tanto che un Valsecchi poté non senza
motivi parlare di una grafica settecentesca
trasferita nelle pieghe del linguaggio moderno e novecentesco.
In oltre settant’anni di attività artistica, Castellani ha dato vita e respiro a
un mondo di immagini, frammenti sublimi di una
realtà sentimentale ed estetica di grandissima varietà e fecondità lirica. Opere
a volte isolate, autonome, folgoranti; a volte
sequenze di variazioni; altre ancora sono veli sommessi, movimenti appena
percettibili di uno spirito intenso, sprofondato,
malinconico. Questo universo - ricorda De Santi nel catalogo dell’attuale mostra
- e la maniera con cui la visione viene
catturata, invischiata nel lampo oscuro della conoscenza, resta testimone e
partecipe di una rêverie cosmica nella quale
ragione e sentimento non potrebbero ormai più differenziarsi: si regge su
un’invenzione di linguaggio che, facendo
retrocedere quasi in una sorta di preistoria gli inizi cézanniani, futuristi e
neoquattrocenteschi, esplode improvvisa e
splendente, a determinare l’azzurrina levità dei luoghi dell’anima e la trama
sottile dei suoi rapporti all’interno della pittura.
Leonardo Castellani (Faenza, 1896 – Urbino, 1984) frequenta l’Accademia di
Belle Arti di Firenze, nella sezione di
scultura, e negli anni ’20 soggiorna a Roma, dove segue le esperienze del gruppo
futurista stringendo amicizia
soprattutto con Balla. A seguito della partecipazione alla III Biennale romana e
alla Biennale Internazionale di Venezia,
tiene la prima personale già nel 1927.
Nel 1930 è chiamato ad Urbino a ricoprire la cattedra di calcografia presso la
Scuola del Libro, in cui sotto la sua guida si
sono diplomati – tra l’altro – incisori del calibro di Salvatore Fiume, Nunzio
Gulino, Giorgio Bompadre, Walter Piacesi e
Arnoldo Ciarrocchi. La terrà per trentotto anni, producendo nella cittadina
marchigiana la quasi totalità della sua opera
incisa (oltre 1500 lastre). Leonardo Sciascia scopre Castellani non attraverso
l’incisione ma grazie alle prose che questi
pubblica su “Il Mondo” di Pannunzio. Seguono la corrispondenza prima e un
sincero sodalizio poi, su un doppio filo
letterario e incisorio.
Castellani ha una feconda attività espositiva: sono quasi cento le mostre
personali e oltre duecentocinquanta quelle
collettive, con una significativa partecipazione, dal 1926 al 1956, a nove
Biennali veneziane (tra cui quella del 1956 con
una sala personale) così come alle mostre promosse dalla Calcografia Nazionale
di Roma.
Tra le antologiche più importanti segnaliamo quelle di Urbino (Aula Magna del
Collegio Raffaello nel 1976; Sale del
Castellare del Palazzo Ducale nel 1986), di Faenza (Palazzo delle Esposizioni
nel 1978; Palazzo del Podestà del 1985),
di Klagenfurt (Galerie in Stadthaus nel 1991), di Milano (Sala della Castellanza
del Castello Sforzesco nel 1995), di
Roma (Galleria Nazionale d’Arte Moderna nel 1996), di San Marino (Monastero di
Santa Chiara nel 1997), di Melbourne
(Victorian Arts Centre nel 1995).
Catalogo in Fondazione
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Dal martedì al sabato: ore 10-19
domenica e lunedì chiuso