CENTO ANNI DI VITA DELL'ISTITUTO D'ARTE DI URBINO CAPITOLO SECONDO - DAL 1925 AL 1945
Durante una seduta - che per la storia dell'Istituto di Urbino dovette essere memorabile -, il 14 gennaio 1924, il comm. Luigi Renzetti Presidente, aveva parlato ai componenti del Corpo Accademico, - professori Angelo Agrestini, Fortunato e Giuseppe Busignani, Diomede Catalucci e Vincenzo Iollo, dott. Angelo Coen, Avv. Comm. Pietro Fonti e Cav. Uff. Antonio Vecchietti rappresentante del Sindaco - in termini tali da far sentire inevitabile la trasformazione dell'Istituto: tramontata la possibilità - per il radicale cambiamento della compagine ministeriale - di ottenere la regificazione, l'attività del Presidente era stata svolta allo scopo «di conservare per Urbino un Istituto tale da non venir meno alle sue grandi tradizioni, e rispondente tuttavia ai nuovi criteri che animavano la riforma governativa, impegnando il Ministero alla sua formazione e conservazione». Raccontò allora il Renzetti agli intervenuti come ad assecondarlo si fossero prodigati sia il Sovrintendente prof. Luigi Serra intermediario presso il Direttore Generale Arduino Colasanti sia un altro nobiluomo urbinate il comm. Pompeo Ligi (nepote ai Conti Gherardi che tanto avevano vigilato sulle sorti di Urbino e dell'Istituto) interponendo la sua opera presso il Ministro della Pubblica Istruzione: al Ligi, Urbino doveva essere «sommamente grata». Una «memoria» sull'arte del libro e della stampa nei secoli decorsi era stata inviata al Ministro; il Ministero aveva espresso il parere di istituire in Urbino un vero e proprio «Istituto Nazionale del Libro», unico nel suo genere in Italia; e a questo progetto il Ministero stesso intendeva dare forma concreta nel più breve tempo possibile, giacché proprio in quei giorni era stata deliberata la riforma dell'insegnamento artistico; gli Istituti di Belle Arti sarebbero stati ridotti a sette od otto in tutto, nei principali centri, ma, Istituti Superiori per le Industrie Artistiche, sarebbero stati creati, e bisognava invocare per Urbino la formazione d'un Istituto Superiore perché il Ministero era assai ben disposto; occorreva «ottenerne l'istituzione per l'anno venturo con gli aiuti per le spese dell'impianto e della conservazione, non solo, ma anche con la completa regificazione ; l'Istituto avrebbe non già carattere locale, ma nazionale». E tale era stato l'entusiasmo operante del Presidente Renzetti che nell'adunata del 27 Maggio dello stesso anno - resa ancor più valida dalla presenza, oltre i citati componenti del Corpo Accademico - del prof. Carlo Ruggeri, del rappresentante della Provincia Avv. Michele Frasca, e di una cara nobilissima figura in qualità di Segretario e rappresentante del Municipio, il rag. Mario Giunchi (che di lì a poco doveva rivestire l'abito francescano) fu solennemente deliberato che la città avrebbe concesso in massima al Ministero tutto il suo appoggio per la progettata creazione dell'Istituto Superiore del Libro» il quale «rivestendo carattere prevalentemente artistico doveva: 1) - Sorgere e mantenersi principalmente a carico dello Stato; 2) - possedere una completa regificazione; 3) - rivestire non già importanza locale, ma nazionale ed essere di natura tale da corrispondere adeguatamente al nome e alla tradizione dell'Istituto di Belle Arti delle Marche di cui viene a tener luogo ...». «L'Assemblea, affida alla Presidenza e a quei membri che essa crederà più opportuno d'aggregarsi, l'incarico di condurre le pratiche con il Ministero per una tale istituzione e conoscerne i particolari e la vera importanza e natura, non appena il Ministero e i suoi incaricati giudicheranno di darne comunicazione all'Istituto e per esso al suo Presidente, onde prendere una deliberazione non più di massima, ma definitiva; plaude all'opera di S.E. il Ministro Gentile, al Direttore Generale per le Antichità e Belle Arti, Comm. Arduino Colasanti e degli altri egregi incaricati, e in particolar modo al concittadino Comm. Ligi che con tanto zelo e premura si è occupato e si occupa del nostro Istituto e della sua trasformazione». Nel documento ci si augura anche «che elementi insegnanti locali - possano venire usati nella nuova formazione»; ed altro è scritto, di minore interesse, che non conviene riportare. Ma subito dopo, dovettero sorgere ostacoli e crearsi restrizioni. Nella seduta del 18 Luglio 1924 tessuto l'elogio del defunto Direttore Scorrano, il Presidente Renzetti prese a riparlare delle sorti dell'Istituto e della prossima trasformazione. «L'Istituto - ebbe a dire - non è soppresso o sciolto né di diritto né di fatto; alla sua esistenza nessuno attenta, né il Ministero né Direzione Generale delle Belle Arti, né tanto meno Provincia o Comune, e lo si vuole mantenere nel migliore dei modi. Modifiche nell'insegnamento, sì, con l'introduzione dell'Arte applicata, ma mantenimento del suo carattere, secondo le tavole di sua fondazione e il Decreto Valerio, che vuole ad Urbino un Ente per la cultura e la formazione artistica della gioventù. Questo nuovo Istituto prenderà il nome di «Istituto di Belle Arti per la composizione e la illustrazione del Libro». Purtroppo il grandioso progetto di cui s'era parlato altre volte, troppo vasto, non si potrà per ora seguire, ma le linee primitive pur essendo ridotte, verranno conservate e restano così importanti da dare al nuovo insegnamento di Arte applicata un vero carattere universitario. La parte preponderante è data all'insegnamento artistico con personale specializzato, ma non manca la parte pratica con gli appositi laboratori». E qui il Presidente s'era fermato a lungo esponendo la condizione finanziaria in cui l'Istituto si trovava, gli aiuti sui quali poteva contare, e quello, problematico, promesso dal Governo. «Se non potessimo ottenere l'aiuto dello Stato - continua nella sua perorazione - dovremmo accontentarci e ricorrere ad una nuova riduzione del progetto; rimanere cioè soltanto alla «composizione, illustrazione e rilegatura del libro» ritenendo che tale insegnamento sia quello, fra le arti applicate, che di più corrisponde ai caratteri e alle necessità del nostro Istituto. Conviene ad ogni modo accettare, perché gli Istituti di Belle Arti sono aboliti e quelli che restano in piedi dovranno vivere con mezzi propri, su risorse ingenti e straordinarie che noi non abbiamo!». E poiché alcuni dei componenti il Corpo Accademico rimanevano tuttora dubbiosi, ecco il Comm. Pietro Fonti allora divenuto Sindaco della città, riferire quanto aveva appresa in una recentissima sua gita a Roma: «Una apposita commissione stava studiando la possibilità di una formazione in Urbino della «Università del Libro» la quale avrebbe dovuto accogliere giovani già provetti provenienti dalle varie scuole del libro e avrebbe dovuto avere per specializzazione lo studio dei caratteri e della rilegatura ... Il Ministero delle Finanze era disposto a dare largo contributo e però chiedeva un concorso locale per le spese d'impianto... E se non fosse possibile raggiungere questa condizione ci si doveva contentare di quanto era dato attuare, con la sicurezza che in seguito e con piccola spesa si sarebbe creato un apposito corso di perfezionamento per i giovani studiosi. Ed egli era certo, accettando, che il lato morale per la città, rimaneva in tal modo assicurato». Qualcuno - il prof. Catalucci - aveva osservato che altre città maggiori, avrebbero aspirato ad avere un simile Istituto e che quindi ne ostacolerebbero l'attuazione, al chè il Presidente aveva risposto «.che lo sapeva già» ma non avrebbe receduto dal suo intento. In una terza seduta del 24 Settembre dello stesso 1924 in cui si era giunti a discutere sulla riapertura dell'Istituto, ecco il Presidente chiarire «Non possiamo per ora attuare che la parte strettamente artistica con quella limitata applicazione che le nostre limitatissime sostanze permettono». La stesura del progetto doveva pervenire all'Istituto dal pittore Vittorio Grassi che insieme all'insigne studioso prof. Giuseppe Fumagalli e allo stesso Renzetti aveva collaborato alla stesura del primo grande piano per l'Istituto ma poiché la relazione del Grassi tardava, il Renzetti rivoltosi ad «altre fonti» ne aveva preparato una minore le cui linee rientravano però in quelle della trasformazione generale e completa «Si trattava intanto di gettare le basi, elevare le prime strutture, segnare i termini entro il quale poi sarebbe stato elevato l'edificio nuovo». Il progetto comprendeva tre parti: 1) La organizzazione dei corsi, la loro durata e i programmi di studio; 2) l'orario e le attribuzioni degli insegnanti; 3) il Finanziamento (un bilancio cioè basato sul reddito di cui si poteva disporre). Naturalmente anche per una realizzazione a carattere minimo le difficoltà non sarebbero mancate: la scelta degli insegnanti e l'iscrizione di un congruo numero di alunni, ad esempio».
E l'Istituto si attuò, poiché il 5 gennaio 1925 ne apparve l'annunzio sul manifesto murale. Se vi sembra ch'io mi sia attardato troppo a lungo sul suo concretarsi, dirò subito che l'ho fatto di proposito. Dalle relazioni sopra riportate appaiono chiare le condizioni in cui l'Istituto nacque, i modi che dovette dapprima seguire, e quindi i difetti di impostazione, ma nello stesso tempo si può considerare la portata del bel sogno che aveva presieduto al suo sorgere. Un sogno, per divenire fatto reale, operante e durevole, necessita di tempo, di fatica, di travaglio e di amore umano; né mai a mia modesta esperienza si attua per improvvisi sobbalzi o spinte dall'esterno, ma per intimi, lentissimi moti ed assestamenti. Chi lo sognò ebbe fede: accogliendo umilmente quanto la sorte gli proponeva affidò un seme al terreno e poiché esso era buono e molti lo coltivarono, la pianta crebbe e fiorì. Sia reso omaggio a chi coraggiosamente compì l'atto di fede. E ancora mi sia permessa una constatazione: nell'atmosfera della provincia, ove i mezzi materiali difettino, quanto duro sia il muoversi, e quanto meritevole l'opera di coloro che pur fra molte difficoltà e adattamenti si arrogano il peso di non abbandonare le posizioni e di insistere in un proposito.
Quale pensiero aveva guidato il Renzetti e chi insieme con lui a richiedere per Urbino un Istituto del genere? Troppe volte se ne è scritto ed egregiamente [1] e non è necessario ripeterlo. La famosa biblioteca del Duca umanista è magnificata dal libraio fiorentino Vespasiano da Bisticci che contribuì a formarla e da altri testimoni del tempo, e, racchiusa altrove, si impone come meraviglia ogni qual volta la buona occasione ci permetta di ammirarne i saggi. La sua ricchezza e bellezza si precisano ognora di più da studi recenti sui miniaturisti che vi collaborarono e sulle rilegature alle quali si riconosce addirittura un aspetto di originalità [2]. Importante e famosa ebbe ad essere, se anche Michele di Montaigne nel suo «Viaggio» con la sosta ad Urbino, aveva desiderato vederla; ma non se ne era trovata quel giorno la chiave. E non solo la biblioteca dei preziosi codici manoscritti e miniati di cui vivente il secondo Francesco Maria della Rovere non s'era ancora spenta la brama, ma anche è da ricordare una ininterrotta - se pur non eccellente - produzione di libri stampati nel territorio di Urbino, con nomi di tipografi di cui il solerte bibliotecario dell'Università, è ora intento a rintracciare l'opera; da Arrigo da Colonia ad Olivo Cesano dai fratelli Ragusii al Mazzantini, fino alle edizioni già citate come esemplari della settecentesca tipografia della Cappella curate dal Fantauzzi e da Gerolamo Mainardi.
Aleardo Terzi, Illustrazione (xilografia), II figlio Dino (disegno) e Ragazza (litografia)
Aleardo Terzi. (Palermo 1870 - Milano 1945). Iniziò gli studi nella città natale ma li seguì per brevissimo tempo. Soggiornò lungamente a Roma, Milano, Londra, svolgendo una inesauribile attività di disegnatore ; come pittore lo si dovrà ricercare nel gruppo della " Secessione Romana ", ali' incirca dal 1912 al 1916.
Fu di certo quello del Renzetti un felice pensiero che dal libro si collegava a tutta l'atmosfera di chiara cultura aleggiante nella piccola città e mai dissolta, e che in un momento propizio come l'attuale, si concentra intorno alla Università degli Studi e ne riceve nuovo alto significato. Dunque l'Istituto d'Arte cominciò a funzionare nel mese di febbraio del 1925 con la denominazione definitivamente concretata di «Istituto d'Arte per la decorazione e la illustrazione del Libro». Non conosco da chi e in qual modo risultassero proposti i suoi primi insegnanti. Fallite le trattative con Adolfo De Carolis, un altro artista pittore e disegnatore di fama, ma per educazione e gusto al tutto diverso, venne invitato a condurne le sorti: il siciliano Aleardo Terzi, che con la eleganza del suo segno aveva per molti anni affigurato - sulle pagine de «La Lettura», la rivista mensile del «Corriere della Sera» - racconti e novelle dei narratori più in voga all'inizio del secolo, in una inconfondibile cifra efficace e svelta, misurata e garbatissima a volte leggermente ironica, in fondo romantica.
Tarquinio Bignozzi: Operai Catalani, (acquaforte)
Gli anziani quali io sono non avranno dimenticato la finezza del cartello murale che allora era citato ad esempio, eseguito dal Terzi per la casa «Borsalino». La «bombetta», i guanti, la fine canna da passeggio poggiati sulla poltrona gialla: una armonia squisita di colori chiari fermati dalla nota centrale del cappello scuro. Venne il Terzi e per alcuni anni condusse i primi passi della Scuola; una persona di distintissimo gentiluomo ch'io ricordo con commozione devota, che mi sostenne e mi incoraggiò: al quale devo non tanto l'avvio ad insegnare, quanto preziosi consigli ed indirizzi di esperienze pratiche sulle incisioni e sulla stampa, sui caratteri e la scrittura e la impaginazione. Gli fu vicino un pittore e incisore d'acqueforti, il romano Tarquinio Bignozzi - tempra rude ma di onestissimo uomo - ch'io conobbi più tardi e a cui molto deve l'Istituto di Urbino - e terzo, in qualità di xilografo un allievo caro al De Carolis, giovane immaturamente schiantato da una morte insidiosa, il romagnolo Antonello Moroni; e per la sua scelta, dovrei di certo pensare che la indicazione fosse partita dal De Carolis stesso.
Antonello Moroni: Copertina di libro
Quando avrò detto che Aleardo Terzi oltre la direzione ebbe l'incarico di insegnare il disegno e lo stile dei caratteri, il Bignozzi la incisione calcografica, il Moroni la xilografia e avrò elencato i nomi degli altri docenti: professori Carlo Celimi per la Matematica, Alberto Dinucci per l'Italiano, Pietro D'Ambrosio per la Storia e la Geografia, Ciro Pavisa per l'Architettura e la Prospettiva, Vincenzo Illuminati per la Tecnologia e inoltre un maestro d'Arte per la incisione ed uno per la Legatoria nelle persone del piemontese Lorenzo Bertorello e del lombardo Giuseppe Del Vitto e un aiuto-compositore tipografo in quella dell'urbinate Domenico Foglietta; e avrò aggiunto che il Segretario è ancora l'Avv. Pirro Marchetti e che all'insegnamento della Storia dell'Arte (in assenza del prof. Serra che per disposizioni Ministeriali s'era trasferito con gli uffici della Sovrintendenza ad Ancona - dopo aver riordinato il Palazzo e arricchita coraggiosamente la Pinacoteca dei suoi capolavori) provvedette lo stesso Presidente Renzetti - avrò prospettato il quadro dei primi dirigenti del rinnovato Istituto. All'infuori dei tre artisti specializzati e dei tre tecnici gli altri insegnanti erano incaricati, o appartenenti ai ruoli dell'Istituto Magistrale o del Ginnasio, o, come il Pavisa e l'Illuminati, della Scuola d'Arte [3]. In quanto agli alunni, essi furono all'esordio esattamente quattordici, dodici suddivisi nelle tre classi del Corso Inferiore (e tre o quattro di essi li rintracciammo fra quelli del vecchio Istituto) e due alla prima classe del Corso Superiore, ambedue di Matelica (Macerata) Francesco Acqualagna e Fulberto Pettinelli. Non affermerei - non già dal ricordo - ma dalle frequenti accuse di svogliatezza specialmente per le materie culturali - emerse dai resoconti del Consiglio insegnante, che essi fossero alunni esemplari e però dirò subito quale sia stata la strada da essi percorsa: il primo dopo lunga e varia esperienza in Torino, lo so ora - sebbene di se stesso mai più abbia dato notizia - a ricoprire un ruolo importante di impaginatore presso la Casa Editrice Mondadori; il secondo, incisore xilografo di efficace respiro, per molti anni condusse la Sezione di Arti Grafiche all'Istituto d'Arte di Siena, e fu esperto collaboratore della «Electa» Editrice; da alcuni anni dirige all'Istituto Statale d'Arte di Napoli la Sezione di Arti Grafiche con fine intuito e larga cultura acquisita, ed ha conservato relazioni strette con la Scuola da cui era partito.
Ora mi avvedo di aver raggiunto un punto assai delicato della storia: il ritorno mio nella scuola in qualità di insegnante; e parlare di se stesso è sempre un poco imbarazzante; prima, quando v'ero apparso come studente me la sono cavata con qualche frasetta ricordativa, ma ora l'affare è diverso, mi toccherà presentarmi in regola. Nella seduta tenuta dal Corpo Accademico il 14 luglio del 1925, - presente il Vice-Sindaco della Città Cav. Prof. Augusto Del Vecchio, dopo aver preso accordi per il Manifesto dell'Istituto e aver stabilito come gli insegnanti avessero dovuto assumere stabile residenza ad Urbino, il Presidente Renzetti aveva pur detto: «Una domanda è stata rivolta al Direttore dal prof. Francesco Carnevali di Pesaro, geniale illustratore, già alunno di questo Istituto il quale si offre come insegnante. Il Corpo Accademico sarebbe lieto di accoglierlo però non sa come potrà essere ripartito l'insegnamento nel prossimo anno». Infatti durante l'Agosto il Carnevali ricorda come un pomeriggio, dalla spiaggia, fosse stato chiamato in città perché qualcuno venuto da Urbino voleva parlargli. Ed era il Presidente Renzetti che gli offriva un posto di insegnante di «disegno ornamentale e geometrico per il Corso Inferiore» e naturalmente, con entusiasmo Carnevali accettò.
Ed ora converrà pur dire chi fosse allora Francesco Carnevali, e come avesse scritto al Direttore dell'Istituto senza conoscerlo, e chi potesse averlo presentato al Presidente. Professore non era davvero. Egli aveva trentadue anni compiuti, e s'era sposato da uno - ma era pur sempre lo svagato sognatore, timido e impacciato con impennate e improvvisi scatti d'ira e di orgoglio, quale era stato da ragazzo, e quale si ritrova ad essere tuttora. Aveva al suo attivo alcune partecipazioni a mostre con disegni acquarellati - una personale nell'inverno precedente in Milano a «Bottega di Poesia» e la collaborazione assidua al «Giornalino della Domenica» diretto da Vamba (l'incontro con Luigi Bertelli era stato per lui «essenziale»), la illustrazione di «Ginevra degli Amieri» edita da Raffaello Bertieri, quella per il «Sole di Occhiverdi» la fiaba teatrale di Giuseppe Fanciulli edita dai Treves, figurine per altri volumi, acquerelli rimasti inediti e dispersi per una commedia di Giacinto Benavente («il Principe che imparò tutto dai libri») - per le Pascoliane «Mirycae»; era insomma - eccezion fatta dell'ultimo tentativo - un illustratore per libri di ragazzi che però aspirava a qualcosa di più. Nella Scuola di Urbino gli erano nati superiori pensieri di cui le limitate sue forze non permettevano la realizzazione: e uscitone, dopo la parentesi lunga e triste della malattia contratta in guerra, aveva intrapreso umilmente, ma ostinatamente, ad esprimersi con un linguaggio infantile. Dalle lezioni di Urbino erano rimaste non già i velleitari propositi della pittura ad olio ricca d'impasti, ma la lezione incomparabilmente chiara impartita da Lionello Venturi di fronte agli affreschi dei Salimbeni nell'oratorio di San Giovanni, e i fiabeschi racconti della Predella di Paolo Uccello o di certi scomparti di un polittico di Scuola Marchigiana : e rimuginava in mente se fosse possibile esprimere in quegli stessi linguaggi cose di oggi da lui vedute; e tentava; e questo avveniva quando fatti simili si svolgevano intorno a lui, naturalmente con forze di gran lunga maggiori, dopo le suggestioni Dannunziane e Prerafaellite - che tale era stato in sostanza il clima in cui anche senza volerlo la sua educazione letteraria s'era formata.
Francesco Carnevali: La processione (1923), Roma, Raccolta privata.
Allora egli cercava un suo dimesso parlare, come il bambino che scopre meraviglie dovunque, e disegnò il sasso, il filo d'erba, le linee di colli e di strade e quelle delle onde nel mare. Gli aveva suggerito di scrivere la lettera al Direttore dell'Istituto di Urbino, il suo protettore amico Francesco Sapori - sotto la cui guida durante gli anni di convalescenza aveva collaborato ad un giornaletto di trincea - incontrato a Roma per caso, in istrada il Giovedì Santo. «Torno da Urbino - ove sono stato a commemorare l'annuale di Raffaello - gli aveva detto - Aprono una scuola per illustratori del libro - sarebbe un posto adatto per te, prova a scrivere a Terzi» - e la lettera dopo molte incertezze, trascorsi forse due mesi, era stata scritta. Chi poi lo avesse raccomandato all'attenzione del Presidente è facile immaginare: Luigi Serra che si era occupato di lui per il volume della Ginevra e per certi acquerelli esposti a mostre regionali. Mi sia permesso un riconoscente tributo d'affetto, e sia pure in brevissimi termini, per una persona cui tutta la regione Marchigiana dovrà serbare memoria, giacché egli ebbe a esplorarla borgo per borgo e ne indicò i dimenticati tesori : e non solo per questo ma anche per avere guardato con benevolo occhio a quanto in essa si agitava di vivo fosse piccolo o grande. Un animatore sebbene in compassata apparenza, un uomo di altissime qualità morali e umanità cordiale, sotto rigido aspetto.
La lunga parentesi può essere chiusa e di Carnevali cercheremo di non parlar più. In settembre egli veniva dunque chiamato a far parte del consesso insegnante e fu per alcuni mesi solo con il suo Direttore, perché il Bignozzi e il Moroni non v'erano più ritornati. Il 15 Dicembre una prima Commissione Ministeriale composta dal Comm. Francesco Fedele, da Duilio Cambellotti e Vittorio Grassi, venne ad Urbino per determinare le varie cattedre, i programmi e gli orari per il nuovo Istituto. All'insegnamento della Storia dell'Arte per designazione ministeriale fu preposto il bolognese Emilio Ravaglia; a insegnare xilografia Bruno Marsili da Osimio, l'autodidatta infaticabile che definì se stesso discepolo di Adolfo De Carolis senza esserlo in verità mai stato, la cui fecondità non ancora si arresta; del quale le più felici incisioni a carattere decorativo, mondo fra ingenuo e prezioso, hanno pregi da resistere al tempo, pur rimanendo chiuse in un clima e in un limite.
Bruno Marsili da Osimo: Il leggio di Santa Chiara – (xilografia)
Passarono brevi mesi e nell'Aprile del 1926 intorno alla Pasqua apparve, atteso e già celebrato, Ettore Di Giorgio per insegnare litografia. E la venuta di quest'uomo di temperamento acceso, possessore di sbalorditive possibilità tecniche, di raffinatissimo gusto, portò un fervore di vita, un'ansia di emulazione e diciamolo pure, uno sconvolgimento, nell'ambiente timido e sonnacchioso. Il Presidente Renzetti veniva confermato alla Presidenza e la distribuzione degli insegnamenti, equa ed equilibrata costituì il primo modello di pianta organica dell'Istituto. Così il Direttore Terzi si ebbe l'insegnamento dei caratteri e della illustrazione, Marsili quello della xilografia e dei fregi, Di Giorgio quello della litografia e decorazione, Carnevali il disegno ornamentale, geometrico e prospettico per il Corso Inferiore, il Ravaglia quello della Storia dell'Arte e la vigilanza sulla biblioteca, l'Illuminati la Matematica e la Tecnologia, il prof. Agostino Fattori - un altro non dimenticato amico assai presto scomparso ch'era valentissimo titolare di lettere al Liceo - ebbe l'insegnamento dell'Italiano per alcuni corsi, mentre il bravo maestro Giuseppe Antonelli fu incaricato di avviare allo studio le prime classi. A completare poi il quadro degli insegnanti tecnici era stato aggiunto fin dall'inverno un eccellente stampatore tipografo torinese Giorgio Arena.
Copertina, incisa da Aleardo Terzi
Gli alunni raggiunsero il numero di ventisette nel 1925 - 26, di trentadue nel 1926 - 27 e l'Istituto compì dunque i suoi primi passi e attuò le esperienze preliminari pur in mezzo a incertezze, confusioni e sovrapposizioni : ci si avvide subito come la copia da stampe o da gessi fosse poco giovevole, e si tentarono i primi studi di oggetti, di foglie, di fiori; si cominciò anche a pensare ad una produzione editoriale cui però avrebbero dovuto porre mano gli artisti insegnanti. Il Direttore incise alcuni ritratti per pagine scelte dal «Cortegiano» di Baldassar Castiglione, Bruno da Osimo condusse a termine la sua raccolta di «Aquile Feltresche» dai motivi ornamentali del Palazzo, i progetti degli altri due, per diverse ragioni, rimasero tali. In una riunione che risultò segreta del 20 Luglio 1927 - ch'io ritrovo registrata agli Atti - alla quale avevano partecipato il Sindaco Del Vecchio, il Segretario Politico Alberto Giombini, il Conte Vincenzo Petrangolini, l'Avvocato Frasca e il maestro Antonelli, in assenza del Segretario (ch'era stato durante l'anno un giovane romano il Rag. Angelo Belardetti) i convenuti, dopo essersi rallegrati con il Presidente per il felice esito della Mostra dell'antico libro Urbinate (vi figurarono anche i Codici miniati del Museo del Duomo) e dei saggi degli alunni, che erano state allestite nella biblioteca e in altre sale dell'Istituto - e avevano riscosso ammirazione dei visitatori - parlano con lui di dissensi avvenuti nel Corpo Insegnante, accennano ad una lettera del Terzi, ma i motivi delle controversie non risultano trascritti. Con l'anno scolastico nuovo, a Bruno Marsili, maestro elementare di ruolo nelle Scuole di Ancona, non può essere concesso il comando per l'Istituto di Urbino; anche lo stampatore tipografo Arena ha rassegnato le dimissioni e subentra in suo luogo il Capo d'Arte Arturo Poggioli: il Segretario Belardetti non è più ritornato ; nel mese di Gennaio il Comm. Renzetti viene confermato alla Presidenza, il Corpo Accademico è per nuove disposizioni abolito; in maggio si partecipa ad una mostra del Libro in Firenze. Al termine degli esami il Direttore Terzi annunzia la sua partenza : lo si chiama a Roma a dirigere la parte illustrativa e la impaginazione della Enciclopedia Treccani e la notizia porta un generale turbamento. Segue un tristissimo anno ch'era pur cominciato con l'annunzio trionfale da parte del Presidente Renzetti della ottenuta Regificazione dell'Istituto e dell'organico pubblicato.
Ettore di Giorgio: Ritratto d’uomo (xilografia). Firenze, Gabinetto delle Stampe.
Colpi traversi, ire, diffidenze, disordine pieno lo caratterizzano. Alla direzione dell'Istituto è stato preposto un artista veneziano di mezza età, Gian Luciano Sormani, uomo dagli umori bizzarri, sicché riesce difficile seguirne intenzioni e principi didattici; dice e disdice e si producono reciproche incomprensioni e un generale disorientamento. Gli alunni diffidano degli insegnanti, non li seguono più, si ripetono casi di indisciplina che determinano punizioni, interminabili discussioni si generano e rancori si accumulano d'ogni lato. Non si sa che cosa pensare e in chi credere, da quale parte stiano torto o ragione, lealtà o infingimento. Allo scrutinio finale si scatena una violentissima diatriba fra il Direttore ed Ettore di Giorgio. A ristabilire equilibrio, a rintracciare la verità dei fatti - scritte offensive sui muri, assenze ingiustificate a catena - viene mandato dal Ministero in veste di giudice Luigi Serra, e la fiducia ritorna. L'anno è concluso ma l'Istituto nascente ha ricevuto tal colpo da traballare. Il Presidente Renzetti è dimissionario. Il Ministero durante l'agosto investe Taquinio Bignozzi d'un mandato particolare: egli ritorna quale Commissario, interroga scruta forse riesce a comprendere quanto fosse accaduto e a ristabilire l'ordine che s'era franto; incoraggia, lascia sperare vita migliore per l'Istituto purché ritornino in esso operosità e disciplina. «L'Istituto godrà di nuove concessioni ministeriali; si provvederà all'impianto di un nuovo reparto tecnico «la fotoincisione»; accresciute le macchine della tipografia e aumentata la dotazione dei caratteri, verrà affidata all'Istituto la stampa di una rivista per l'Istruzione Artistica che la Direzione delle Belle Arti vagheggia. Studiamola insieme» (Mi rivedo in tipografia per mezze giornate a sorvegliare la stampa di prova d'una copertina nei più svariati colori). Ma questo non basta, bisogna aiutare gli allievi bocciati a causa della confusione, a superare le prove della riparazione, perché essi sono pochi, disertano. E di certo questo timore della mancanza d'alunni fu la più forte ragione che consigliò al Commissario Bignozzi e ai responsabili della Città di attuare la fusione dei corsi inferiori dell'Istituto con quelli di pari grado della Scuola d'Arte e Mestieri.
Estratto dalla Gazzetta Ufficiale del regno d’Italia
Si ammette che anche altre ragioni la consigliassero, ma - siamo sinceri! - la prima e principale fu questa e al momento si dimostrò saggia anche se a volte dell'unione un po' ibrida si avvertisse il peso. Con il passare degli anni la divisione tornò a riproporsi da sola, quando cioè il numero degli iscritti alle varie classi del Corso Inferiore fu tale, da richiedere sdoppiamenti. Dal provvedimento si ottenne anche - e dobbiamo riconoscerlo - una maggiore unità di intenti, un reciproco appoggio in contingenze difficoltose ed essendo accresciuto il numero degli insegnanti ne risultarono apporti di influssi più vari. Il decreto attesta il provvedimento, e l'organico nuovo venne pubblicato l'anno seguente 1931; e non solo! Il Ministero provvide a cinque borse di studio da assegnare per concorso a giovani che si presentassero a frequentare il Corso Superiore; ed erano, in quegli anni, di tale entità che un ragazzo, in Urbino, quasi poteva viverci. L'Istituto era salvo, e ancora un anno si resse con la Direzione di Aleardo Terzi ch'era stato sollecitato a un ritorno. Nacque la «Rassegna della Istruzione Artistica» e la pubblicazione di un periodico portò fervore, richiese nuovi studi e pratica di impaginazione e di stampa; il reparto di fotoincisione, dopo le incertezze di un primo esperimento ebbe tecnici esperti, il potenziale della tipografia si accrebbe di caratteri e macchine. E però il Direttore Terzi per sopravvenute condizioni familiari che lo richiamavano altrove dovette abbandonare Urbino e l'insegnamento, e fu dolorosa partenza.
Nell'anno 1930 - 31 un nuovo insegnante di materie artistiche venne indicato dal Ministero a coprire quel vuoto : il giovane, intraprendente, vivace, irrequieto Luigi Servolini anch'egli xilografo e solerte studioso d'arte grafica e di incisione. La Direzione fu assegnata ad Ettore Di Giorgio insieme con l'insegnamento della xilografia e della litografia, la parte del disegno e stile dei caratteri cui presiedeva il Terzi, al Servolini; rimase al Carnevali l'insegnamento del «disegno e figura con elementi di anatomia disegno architettonico e ornamentale e della illustrazione del libro» cattedra che risultò definita in tal modo nell'organico nuovo; a quella di calcografia fu chiamato un giovane maceratese Giuseppe Mainini, accurato incisore, il quale per altro rimase ad Urbino per un solo anno; e poiché l'organico nuovo comportava l'insegnamento di una lingua estera, nuovi incaricati tolti ai ruoli del «Liceo Classico» furono aggiunti al Fattori : Luigi Calderoni per la lingua tedesca, Gino Franceschini per la Storia dell'Arte e un giovanissimo venne da Fano per le lezioni di cultura del Corso Inferiore, Giorgio Spinaci, ch'era insieme professore di lettere e vivace disegnatore - e qui viene ricordato non solo per amicizia ma perché oggi è divenuto uno dei più sensibili artisti della Regione.
Aleardo Terzi : II manifesto dell'Istituto per il 1929-30 (incisione su linoleum)
Il biennio di Perfezionamento fu istituito con specializzazioni e diploma abilitante per ciascuna delle materie insegnate nella Scuola : Calcografia, Litografia, Xilografia e Composizione Illustrativa; a completare la cultura dei frequentanti il Biennio, fu iniziato un corso di «Storia dell'Incisione» cui attese il Servolini, e occorrerà notare che in quell'anno alla Scuola d'Arte insegnavano due allievi del vecchio Istituto di Belle Arti, Mario Massioni e il ceramista Carlo Polidori (i loro nomi figurano da un verbale d'adunanza del 27 Dicembre 1931). La pubblicazione di un numero della «Rassegna della Istruzione Artistica» tutto dedicato all'Istituto - a riguardarlo ora pletorico e pesante - ha valore documentario su le esperienze dei primi sei anni e può avere interesse per le riproduzioni dei saggi - moltissimi invero da ripudiare ! - ma di più per il pulsare di certi articoletti fervidi di entusiasmi. Un fatto d'importanza maggiore v'è qui da registrare, quali ne fossero i risultati : proprio in quell'anno e con cinque alunni del primo corso di Perfezionamento - i cui nomi devo fermare : Vittorio Altucci (che in breve fu troncato da inesorabile male), Hedda Celani, Maria Ciccotti, Anna Maraviglia, Enrico Porati, furono tentate le prime esperienze del libro completo illustrato dai giovani. Naturalmente anche se per alcuni si trattò di novelle a poche pagine, se essi «libri» risultano squilibrati e pretenziosi, ciò non toglie che una nuova proficua esperienza fosse da questo punto cominciata. Invero ci incontrammo in ragazzi e ragazze diligentissimi, capaci di resistere all'impegno delle otto ore giornaliere di lavoro, come l'orario allora imponeva, e ci assecondarono tutti gli insegnanti tecnici della Scuola.
Ai primi libri ne seguirono altri, sia degli alunni già nominati, sia di giovani che s'avvicendavano nelle classi del Perfezionamento; e fra questi almeno due nomi dovrò segnalare, che divennero valenti insegnanti: Luigi Morena e Umberto Franci; il secondo è tuttora con noi, appartiene alla nostra famiglia.
Nell'autunno fu tenuta una Mostra scolastica inaugurata dal Capo Divisione alla Direzione Generale delle Belle Arti Comm. Guido Ruberti, che s'era rivelato sincero sostenitore delle sorti dell'Istituto. La «Rassegna della Istruzione Artistica» era diretta da lui : passò poi alle mani di Pietro Tricarico secondo gli avvicendamenti ministeriali nel 1935, e ancora, nel 1938 - ultimo anno di vita - a Marino Lazzari; e ne furono redattori rispettivamente in tre diversi periodi Tarquinio Bignozzi, Giuseppe Mastropasqua, Giulio Carlo Argan. Ritornando ai saggi pubblicati che risentono del resto tutti del clima del tempo e sono - ohimè - null'altro che incisioni di ragazzi principianti, in pompose vesti e caratteri aulici con un controsenso a volte grottesco, devo dire che alcune paginette qua e là potrebbero ancora resistere. Per allora ad ogni volume compiuto era per noi una festa. I mezzi concessi dal Ministero dobbiamo dirlo, non scarseggiavano, anzi furono larghi; la scelta dei testi fu molto spesso consigliata dagli amici letterati del Liceo Classico «I sei dialoghi» dalle «Operette morali» di Giacomo Leopardi, «La novella di Andreuccio da Perugia» dal «Decame-rone», le «Descrizioni Geografiche» dalla «Geografia trasportata al morale» di Daniello Bartoli; altre furono offerte da amici, altre proposte da simpatie e letture degli stessi insegnanti di materie grafiche ed incisorie; Luigi Servolini addirittura tradusse egli stesso «La leggenda del Bel Pecopino e della Bella Baldura» da «Il Reno» di Victor Hugo. Così fra alterni entusiasmi e disillusioni si muoveva la prima fertile stagione dell'Istituto guidata da Ettore Di Giorgio, e a lui si deve riconoscere oltre il dinamico incitamento a produrre, la rigorosa disciplina di metodo e il rispetto della materia - che, da esecutore raffinato e prestigioso, istillava agli alunni nell'insegnare litografia e xilografia, e rimase come punto fermo nella loro educazione e per tradizione non s'è mai perduta. Conviene pure dire come alla terza tecnica incisoria (da calcografia» provvide da par suo Leonardo Castellani che dal novembre 1932 entrò a far parte del gruppo insegnante ed è con noi tuttora, onestissimo artista, vigile e via via ammodernato pur rimanendo esemplarmente se stesso, esperto maestro a una schiera di incisori che sta diventando cospicua; sicché i saggi degli alunni recarono non solo litografie e xilografie originali in nero e a colori, a decorazione del testo, ma anche acqueforti : e le tavole eseguite da Angelo Rossi per il «Racconto di Natale» di Carlo Dickens e quelle di Salvatore Fiume per la «Secchia rapita» sono ancora fra le più felici di questo primo periodo di vita completa dell'Istituto di Urbino.
Leonardo Castellani: "Seconda acquaforte", 1928
Nuovi insegnanti si alternarono in quegli anni - la brava ex alunna eccellente fra i premiati del vecchio Istituto di Belle Arti, signorina Amalia Caligini, fu assunta per il Disegno Geometrico - ; e per la prima volta il Ministero provvide ad indire un concorso apposito per i maggiori insegnamenti di cultura - le lettere e le scienze : che furono vinti da Francesco Valli faentino e dall'ingegnere Sante Galanti ascolano. Ricordo come ora in una seduta del settembre 1933 in cui si scelsero testi da illustrare per gli alunni, le indicazioni di Francesco Valli sensibilissimo indagatore dei nativi umori dei giovani, come aiutasse e scegliesse definendo l'estroso talento di Salvatore Fiume, o l'intima malinconia di Arnoldo Ciarrocchi, e la chiara intelligenza di Angelo Rossi; e fosse egli a spingermi a tentare la bellissima fiaba di Anatole France «Apina» che poi fu allestita più tardi con la collaborazione di molti. E non dimenticherò la sua gioia nel mostrarmi un giorno l'abbozzo di una novella ch'egli aveva carpito a Salvatore Fiume in cui attraverso irregolarità grammaticali ed errori ortografici si liberavano immagini accese e trasfiguratrici. E infatti Fiume oltre a dipingere e disegnare ha poi scritto un romanzo vivacissimo con un finale di accorata poesia.
Gian Carlo Polidori : Grande piatto di ceramica. Urbino, Residenza Comunale
Carlo Polidori, nato a Urbino il 26 Novembre 1895, vive a Pesaro ed è il Direttore del Museo Civico. Sovrintende e dedica le sue cure alla preziosa raccolta Mazza divenuta per lui fonte di studio attentissimo. Della sua attività di ceramista citerò i grandi piatti da muro e i pannelli eseguiti nel tempo in cui presiedette la fabbrica ascolana del Matricardi; ottenne premi in mostre a carattere nazionale nel 1921, nel 1924 e nel 1928, e il premio Ballardini a Faenza nel 1931. Importante è la sua attività di studioso : citerò quattro saggi raccolti in «Studi Artistici Urbinati», vol. II su Mastro Giorgio e Niccolo Pellipario -, pubblicati a cura dell'Accademia «Raffaello», Urbino, Istituto d'Arte 1953; molti altri scritti intorno alla ceramica Durantina ed Urbinate in riviste d'arte; e il volume «Mostra dell'Antica Ceramica Abruzzese», Arti Grafiche di Mauro, Cava Dei Tirreni 1955.
I modi dell'insegnamento via via si fondevano sempre meglio e furono sperimentati nuovi procedimenti tecnici, assecondati nelle ricerche da tutti i maestri dei vari reparti. Presiedeva ancora all'Istituto in quegli anni il Del Vecchio e n'era segretario l'avvocato Giuseppe La Capria; ma un nuovo rovesciarsi di fortuna, una serie di situazioni equivoche portarono al mutamento della Direzione; in luogo di Ettore Di Giorgio assegnato all'Istituto di Napoli, pervenne al nostro, il sardo Mario Delitala, altro temperamento ricco ed esuberante, più ingenuo nelle sue espressioni sia di insegnante che di incisore, anch'egli egregio cultore d'ogni tipo di stampa e di pittura - ma congenialmente legato alla espressione xilografica di cui aveva dato e ancora diede efficacissime prove. Mutamento di direzione e di Presidenza naturalmente - (in luogo di Augusto Del Vecchio il Comm. Ugo Mancinelli urbinate esponente dell'alta magistratura) - e nell'insegnamento della ceramica alla Scuola d'Arte, per cui al Polidori succedette Federico Melis : e questo accadde durante l'anno scolastico 1934 - 35. La Direzione del Delitala nuovo fervore apportò all'Istituto in un modo curioso, in una disciplina insieme più rigorosa e familiare, paternalistica. Ne potrebbero dare misura le minuziose norme disciplinari contenute in un libretto che il direttore fece stampare e distribuire a ciascuno degli alunni per le giustificazioni: e di più lo scopriremmo dagli Atti del Consiglio Insegnanti o dal libro degli Ordini del Giorno, dove non una volta, mancano ammaestramenti, richiami, precisazioni per assegnazioni d'incarichi e di lavoro ... In questo senso, presentando il Delitala mi sono permesso di usare l'aggettivo «ingenuo» ! Lavoro assiduo il suo e in certo qual modo rivoluzionario; perché l'insegnamento delle tecniche fu inteso con libertà maggiore: che era - dicevo - la sua, una natura più spontanea, meno controllata.
Mario Delitala: La predicazione (xilografia). Urbino, Istituto d'Arte
Per la verità vorrei annotare come il libro, almeno nei primi anni un poco soffrisse a concretarsi, ma risultò aperta la via all'incisione fine a se stessa; legni a sgorbiate più ardimentose, in composizioni più grandi che i tempi anche richiedevano, in tono retorico. Cambiamenti nel corpo insegnante, permanenze più o meno lunghe, come sempre vi furono : Francesco Valli e il Galanti vincitori di concorsi impegnativi, partirono; subentrò alla cattedra di cultura scientifica un altro buon amico urbinate l'ingegner Ferruccio Benedetti; per breve tempo sostarono come insegnanti di disegno per i corsi inferiori il giovanissimo pittore pesarese Luigi Bazzali e in qualità di assistente per la litografia l'ex alunna Hedda Celani. Riforme salutari nell'ordinamento didattico furono attuate, nuovi criteri per le prove d'esame di licenza : in luogo dei tre soggetti diversi a tradurre, un unico bozzetto compositivo da trasporre nelle tre diverse tecniche (era un mettere a prova l'intelligenza del ragazzo sulle possibilità consentite da ciascuna tecnica incisoria - ma compito arduo che avrebbe richiesto una maturità ed esperienza non raggiungibile entro tre anni di studio!); l'esame dei «fregi e caratteri» coordinato in un unico tema - (e questo fu perfetto criterio, l'inscindibilità di due parti - titolo e figurazione); per essere ammessi al perfezionamento occorreva ottenere gli otto decimi nella composizione e in almeno una delle tecniche incisorie, e i sette decimi per l'Italiano e la Storia dell'Arte.
Mario Delitala: Notturno Pastorale (xilografia)
Veniva così gradualmente a proporsi una cernita degli alunni migliori : e molti uscirono da quel corso di cui poi si sentirà parlare, ma la guerra allora li portò via tutti in un turbine ed è per questo forse che mi avviene di ricordarli insieme confondendo gli anni della loro sosta nella scuola in un periodo unico : sicché trascriverò i loro nomi senza distinzione di anno, oltre Fiume e Rossi e Ciarrocchi già ricordati, Pietro Vicenzi e Biagio Brancato, Remo Brindisi e Renato Bruscaglia, Pietro Sanchini e Luigi Mariano, Carlo Ceci e Nunzio Gulino, i fratelli Fioravanti ed Angelo Peluso, ed Ermanno Tomassetti, Emanuele De Giorgio e Giuseppe Paolini così come Cecilia Picciola, Amelia Gambini e Vanda Radi; fossero essi emiliani o veneti, siciliani o marchigiani, abruzzesi, pugliesi o molisani, - fino all'egiziano Abdel Salam Ali Nour - mai dimenticati nei loro aspetti; perché ci studiavamo di capirne i disparati caratteri sia pure con qualche presunzione, ma non senza affetto: e non dimenticherò quelli che la morte si portò via o durante la guerra o per subdole malattie, come Rodolfo Ridolfi di San Severino, o Elpino Sabbatini di Falconara, o Gerardo Colaiuda dell'Aquila, o il giovane siciliano tutto delicato fervore Emanuele Jacono, o l'onestissimo mantovano Egidio Pecorari, o il disordinato ingegnaccio di Luigi Diana, o quello che appariva robustissimo temperamento sanguigno Marcello Diotallevi di Fano, o il povero Luigi Porcellacchia, che appena dimessa la divisa di soldato, riattinta la casa, fu colpito all'improvviso da mortale malore; o la mente per sempre offuscata del candido Dante Domenicucci. E quanti altri approdati al piccolo porto dell'insegnamento o ad un modesto ordinato lavoro, il cui nome qui non trascrivo per non rendere noiosa la pagina ma non ho dimenticato. Ogni tanto alcun d'essi riappare «Si ricorda di me?» ed è sposato e padre a più figli. Ritornerò invece alla vicenda degli insegnanti e dei dirigenti che si mutarono ancora: Antonio Aiuti per le lettere, e a segretario il Dott. Alfio Gamba. Vennero gli anni dell'impresa Etiopica con le restrizioni in aumento via via e la propaganda dentro la Scuola e addirittura la cessione di tutte le aule della Scuola d'Arte per la sede delle Associazioni Premilitari e i continui ordini contrastanti da un lato, e dall'altro l'impegnativo giuoco dei «Littoriali» cui non si doveva mancare e la cui preparazione impegnava quasi metà dell'anno scolastico (tanto che ad un certo momento in una seduta del Novembre 1939 il Direttore stabiliva che la preparazione per i «Littoriali» non doveva intralciare lo svolgimento regolare dei programmi di studio; che da ora in avanti sarebbe agli alunni permesso di concorrere soltanto alle gare di bianco e nero (si sa ! Tutti i ragazzi in un batter d'occhio si erano improvvisati pittori e a volte in quali dimensioni !); che i temi dei «Littoriali» fossero considerati come materia scolastica e quindi fosse necessario preparare artisticamente e politicamente gli alunni «in modo che essi si addentrassero con entusiasmo nella vita attuale e dessero affidamento per una vittoria». E però qualche vittoria venne davvero, con premiazioni a competizioni nazionali, e la più gradita la ricorderò sempre - perché più genuina, senza infingimenti, la gara in Roma in cui due alunni assai giovani risultarono «Juveniles» nelle gare nazionali maschili e femminili per il disegno (una semplice interpretazione del vero) rispettivamente Nello Gastaldi e Amelia Gambini. Il Direttore li elogia «è orgoglioso, porge loro il saluto più affettuoso e riconoscente».
Il numero degli alunni era sempre in aumento : da 45 a 50 nell'Istituto e da 23 a 45 nella Scuola d'Arte circa il 1936, ai 73 nell'Istituto e 42 nella Scuola d'Arte intorno al 1940; raggiungerà un massimo di 153 fra le due scuole nel 1942. Conseguentemente il numero degli insegnanti tecnici si era accresciuto; a Lorenzo Bertorello, che ora conduceva insieme il Reparto di Lito e quello della Fotoincisione, furono concessi due aiuti nelle persone di Alessandro Rossi e Domenico Moroni; i compositori tipografi divennero due : il Foglietta promosso a Capo reparto, Gino Pianosi il secondo; così come due furono gli impressori il Poggioli e Giuseppe Scatassa : si era anche reso necessario uno stampatore calcografo : Vincenzo Zanchi; v'era un apprendista alla legatoria, Arnaldo Donzelli. Nel 1937 era divenuto Presidente dell'Istituto l'Avv. Antonio Santini una delle figure di professionista e di uomo più stimate e rappresentative della città - giacché il Comm. Mancinelli era stato inviato in uno dei territori Coloniali Africani. A Vice-direttore della Scuola d'Arte dava la sua opera Castellani; Umberto Franci era entrato in qualità di assistente per la Xilografia; per un anno sostò, quale insegnante di lettere Pietro Zampetti, da poco laureato, con un incarico per i Corsi Superiori; si presentò, in qualità di privatista alla licenza del corso superiore, Nino Caffè. Nel 1939 la Presidenza è all'Avv. Carlo Carganico (l'Avv. Antonio Santini è stato colpito da una tristissima sciagura familiare). V'è una importante Mostra degli Istituti di Istruzione Artistica a Roma e la produzione della nostra scuola viene esposta in una grande vetrina. Come Vice Direttore per la Scuola d'Arte e insegnante è entrato Dante Masetti di Pesaro - ex alunno anch'egli del vecchio Istituto. Luigi Servolini ha vinto il concorso a bibliotecario della Comunale di Forlì ed ha lasciato la scuola ed Urbino; in suo luogo la signorina Cangini assume l'insegnamento dei caratteri; in funzione di Segretario appare più d'una volta il nome di Dante Seraghiti Fraternale la cui attività in molteplici modi resta legata all'Istituto per molti anni. Nel 1940 la chiusura dell'anno scolastico è improvvisamente anticipata e vengono diramate norme per la promozione con il solo scrutinio; si raccomanda quindi la massima equità e il Direttore parla agli insegnanti di alcuni ragazzi il cui stato di salute non è pienamente efficiente. Le circolari ministeriali si sono fatte severe e si ingiunge agli alunni di non mancare alle lezioni per nessun motivo che non risulti giustificato da cause maggiori. In ottobre ne giungono altre ancor più severe sull'oscuramento, e gli orari di scuola vengono anticipati e contratti. Gli insegnanti si succedono con permanenze brevissime, i più giovani assistenti assunti da poco, il Franci e Giuseppe Paolini, sono richiamati alle armi e li sostituiscono Maria Ciccotti e Pietro Vicenzi. anche l'insegnamento si svolge a ritmo così accelerato che ora appare convulso; il Delitala «provvede a tutto con scattante destrezza; il numero delle materie di studio aumenta : «Cultura militare e Pronto soccorso»; si formano squadre antincendio; i Laboratori dell'Istituto e dell'annessa Scuola d'Arte si aprono agli alunni del Liceo Classico e delle Magistrali per corsi di lavoro manuale; vengono indetti convegni a carattere didattico nella città e altrove.
Pagine per " Quattro racconti " di Edgard Allan Pòe. Saggio dell'anno scolastico 1936-7 illustrato da Pietro Vicenzi "77 crollo della casa Usher".
Pietro Vicenzi : Finale Emilia 1909. Si era licenziato dall' Istituto nel 1937; nel '39 vi ritornò a insegnare Litografia invitato da Mario Delitala e vi rimase fino al febbraio del '43, data del richiamo alle armi quale ufficiale degli Alpini. Dall' ottobre del '43 diede vita in Fabriano, con altri, ad uno stabilimento Tipolitografico U.C.I. e lo diresse per qualche anno. Ora presso le Cartiere Miliani dirige il reparto pubblicità e confezioni.
Leonardo Castellani: "Seconda acquaforte", 1928
Ma il più assillante problema era pur sempre l'avvenire dei giovani : e molto, pur fra doverose incombenze, il Delitala se ne preoccupava. Ecco quanto egli scriveva in una relazione presentata alle Autorità superiori il 10 Ottobre del 1941: «... Tempo addietro ho proposto ufficialmente che nel futuro assetto dell'Istituto di Urbino siano separate le sezioni ora accomunate: illustrazione, incisione, tipografia, legatoria, fotoincisione e ciò in considerazione che in ciascuna di esse v'è tanta materia e tanto interesse di lavoro produttivo e nazionale che un alunno avrebbe da riempire con tutta la sua giornata di studio e di esercitazioni. I giovani che escono licenziati dal nostro Istituto come tecnici di Laboratorio non sono niente di più che amatori; ciò è sufficiente agli illustratori veri; ma il giovane che non è arrivato ad un alto gradino dell'arte non può vantarsi d'essere un tecnico della riproduzione grafica perché non ha avuto né il tempo né l'insegnamento per diventarlo; rimane uno spostato o un illuso. Si potrebbe evitare questo equivoco qualora il Ministero permettesse che a partire dal primo anno superiore alcuni giovani o dietro loro domanda o per giudizio dei professori, potessero frequentare una scuola di incisione con il solo laboratorio annesso più confacente al loro temperamento e che alla fine del Corso Superiore potesse ottenere un diploma con il titolo di Maestro d'Arte non con l'aggiunta di " Ornatore del Libro ", ma con la specificazione di " in tipografia, in legatoria, in litografia, in fotoincisione ...» « ... si potrebbe anche permettere, a titolo di maggiori studi tecnici, a qualcuno dei licenziati da una di queste quattro sezioni o a qualche altro alunno delle attuali seconda e terza classe superiore, che non avesse spiccate doti di illustratore o di artista incisore, di frequentare il Biennio di Perfezionamento come se questo costituisse già l'ottavo anno del futuro assetto dell'Istituto d'Arte; e questo sarebbe un compenso per chi non potesse iscriversi al promesso Magistero di Arti Grafiche ...». Questa relazione, pur attraverso una esposizione non del tutto chiara, contiene apertamente il nocciolo di quanto via via nella ripresa del dopo guerra l'Istituto sarà costretto a fare per rispondere alle necessità della vita; ed ho voluto che il brano non conosciuto da me e rintracciato or ora - figurasse qui per dimostrare come quanto si sia attuato di poi sia pur sempre nato dalle intuizioni e dal pensiero di molti; e come ciascuno degli uomini che passarono dalla Scuola di Urbino abbia portato alla costruzione dell'Istituto la propria pietra, piccola o grande che sia.
Gisberto Ceracchini : Studio per un quadro (disegno a carbone). Urbino, Istituto d'Arte.
II Ceracchini partendo nel giugno del 1942 da Urbino, aveva lasciato alcuni disegni preparatori per affreschi, distesi su telai, in uno stanzone all'ultimo piano che la Scuola gli aveva ceduto ad uso di studio; i disegni rimasero ivi ad aspettare il suo ritorno; ma nel 1943 la strada da Roma ad Urbino risultò impedita. Durante l'ultimo periodo della ritirata Germanica e del passaggio degli alleati, ogni luogo disponibile fu occupato da truppe. Per quanto i telai fossero stati accostati in un angolo della stanza e protetti con panche non furono rispettati. Si salvò questo solo disegno perché, non intelaiato e arrotolato. Fu ritrovato in un riordinamento e gelosamente custodito come ricordo del passaggio del pittore nella Scuola.
Il 13 Gennaio del 1940 per la prima volta è apparso nel libro delle adunanze, un nome di uomo carissimo a noi: uno di quelli cui l'Istituto deve parte della propria vita, che in momenti cruciali provvide a tutelarlo e lo ricondusse a fiorire. Come la consuetudine richiedeva, il Sovrintendente alle Gallerie, Pasquale Rotondi, divenne nell'anno 1940-41 insegnante di Storia dell'Arte.
Il 4 Maggio si celebrò nella Scuola per volere delle Autorità superiori la «Giornata della Tecnica» : e naturalmente in Urbino il nostro Istituto era quello da poter maggiormente figurare. Il Direttore lo preparò con minuziosissima cura: ogni settore dovette presentarsi in attività, gli alunni furono distribuiti al lavoro, le alunne a guidare i visitatori; tutto risultò disposto e attrezzato in modo da produrre il massimo effetto e il successo cittadino fu vivissimo. Gli alunni della Calcografia stamparono tanto, e tanto si prodigarono in pratiche esemplificazioni, che li prese una sete grande; e tanto bevettero che sul far della sera Brindisi Remo si profuse in sì affettuose espansioni da divenire quasi pericoloso.
1942 : nuovo mutamento fra gli insegnanti : è entrato alla Scuola d'Arte proveniente da quella di Penne, il fiorentino Giuseppe Piombanti Ammannati; come insegnante di materie letterarie, il Ginnasio ha prestato la signorina Giuseppina Poeti e il prof. Virgilio Gentilini; per i «Fregi» ci è giunto dalla sua Galatina, il piccolo (non si offenda!) Luigi Mariano (così fragile, sembrava uno scolarino, e del resto fino a due anni addietro era stato allievo); e un pittore di larghissima fama ci fu inviato dal Ministero per ricoprire una cattedra di nuova istituzione Gisberto Ceracchini e dal Direttore gli venne affidato l'insegnamento della «figura» e si dimostrò collega cordiale; rimase un anno ad Urbino. In maggio due feste: la seconda giornata della tecnica e l'inaugurazione della Ferrovia Metaurense : Palazzo Ducale spogliato dei suoi tesori offre le sale agli insegnanti dell'Istituto affinchè vi dispongano opere; ad essi s'è aggiunto qualche allievo che pure essendosi licenziato da poco, già s'è fatto notare, Piero Sanchini ad esempio, partecipante e premiato ad una mostra degli «artisti in arme» alla Biennale.
Sopra un registro quasi alla medesima data ho letto un arcigno provvedimento disciplinare: «Durante la ricreazione, rottura di un vetro grande ad una finestra dell'aula affacciata alla terrazza del Gallo, poiché il colpevole non si è rivelato, proibito per una settimana a tutta la scolaresca l'intrattenersi sulla terrazza». Era maggio e lo stare rinchiusi fu penitenza grave.
Chiusura affrettata delle lezioni, promozioni per scrutinio; il solo alunno che dimostri qualità tali da essere accolto al Perfezionamento è Ninetto Andreoli di Fano. Il 12 Luglio in una adunata solenne presieduta dal prof. Rotondi ora in veste di Commissario Governativo, vengono abilitati all'insegnamento otto giovani : fra essi i due «Juveniles» citati, la Gambini e il Gastaldi, insieme a Loris Gualazzi e Nunzio Gulino, Vanda Radi e Biagio Brancato, Mario Pasquinelli e Pietro Vecchione ... ; e dopo qualche giorno si presenta trafelato a sostenere la prova - perché negli ultimi mesi è stato soldato - ma anch'egli, ad una Sindacale Abruzzese, esponendo due stampe, è stato premiato! - Gherardo Colajuda. Nel settembre in una seduta vengono assegnate ai più meritevoli le borse di studio per l'anno scolastico che si inizierà fra poco : Nino Andreoli e Arnaldo Battistoni di Fano, e Mario Serra di Galatina; un sussidio a Wilma Giaccaglia. Ma quando al principio d'ottobre l'Istituto si riapre, come un colpo di scena, il Direttore Delitala è richiesto a Perugia per un incarico di fiducia e lo sostituirà Carnevali. Castellani è richiamato alle armi, ne è invece ritornato Paolini; partirà nel dicembre Vicenzi, v'è tuttora Mariano; Segretaria Lea Garibaldi. Così, mentre la bufera si avvicinava e si viveva secondo il vento! E se ripenso al periodo lungo di cui vi ho finora parlato, m'avvedo di stringere un tumultuoso vago ricordo e poco di più. Nel Novembre mi accinsi a guidare la Scuola insieme ai colleghi e mi sostenne il Commissario Rotondi nell'intricato maneggio di pratiche amministrative - delle quali nulla di nulla capivo - e in quanto altro lo richiedessi. Il quarantatrè ebbe inizio con una forzata vacanza invernale perché non v'erano legna e carbone per riscaldare le scuole ; ma avremmo dovuto assistere gli scolari ugualmente accogliendoli per un'ora o due, tre volte la settimana e assegnando loro compiti da svolgere a casa.
Pagina con illustrazione per "L'Isola Disabitata" di Pietro Metastasio. Incisione sulla pietra litografica di Amelia G ambini Rossano - Anno scolastico 1941-42.
Durante quei mesi, gennaio e febbraio, approfittai per sistemare la biblioteca dove ora si trova, accanto alla Direzione, sottraendola all'aula scolastica in cui era stata anni addietro da un umidissimo luogo portata; e fu proprio in quella occasione che mi avvenne di aprire volume dopo volume e di rintracciare gli antichi esemplari dei quali poi ci avvalemmo allo studio, e così nacque la prima idea di impartire lezioni sullo stile della stampa e del libro. Isolammo le poche opere di stampatori famosi e con il solo materiale che ci trovammo fra mano riuscimmo a comprendere anche le sottili variazioni di gusto nel progredire d'un secolo, perché a volte sono proprio le trascurabili e anonime particelle a indicare la via d'una evoluzione. Fu scoperta d'un materiale prezioso, fino allora ignorato che ci diede gran gioia.
Nino Caffè: Prima Comunione (circa il 1940)
Ho parlato al plurale perché all'opera non fui solo : mi aiutarono alla ricognizione, al trasporto e financo alla pulizia e alla nuova collocazione quattro insegnanti : Giuseppe Paolini, Umberto Franci, Maria Ciccotti, Amalia Cangini. Ho ritrovato i loro nomi non solo nella mia memoria, ma anche esattamente annotati sopra il registro delle adunanze consiliari di certo per debito di riconoscenza. Ed erano ben lo ricordo fulgenti giornate di sole e si stava sulla terrazza per togliere dai volumi la polvere come se fosse la primavera. Quell'anno insegnò Storia dell'Arte una recluta nuova : la signorina Egle Tarantini e si aggregò a noi per tre mesi profugo dalla Capitale l'allegro e avventuroso pittore Sante Monachesi a insegnare paesaggio e figura. Si lavorò quanto più si poteva pur con ridottissimi orari e furono condotti a termine con il valido aiuto dei Maestri di tecnica alcuni saggi di libro degli ultimi anni, degni di qualche rilievo, fra cui gli «Intermezzi» di Michele Cervantes, il melodramma Metastasiano in un atto «L'Isola disabitata» e il ponderoso «Catalogo dei Caratteri», quasi dovesse restare a ricordo di un capitale che fu distrutto.
In verità i caratteri erano molti e alcuni assai belli acquistati via via con i sussidi Ministeriali. Avevamo per un certo periodo stampato i volumi celebrativi delle Regioni italiane.
Gli alunni delle due Scuole insieme erano tuttora centoventotto. Nell'ottobre a Luigi Mariano dalla Puglia era impedito il ritorno, ma a noi fu dato avvalerci di Piero Sanchini che dopo un periglioso peregrinare dal confine francese aveva raggiunto sconcertato e avvilito la casa paterna. E venne il quarantaquattro fortunoso anno. Antonio Aiuti chiamato alle armi - gli altri ai posti loro assegnati; docente di Storia dell'Arte il prof. Chiodi; a insegnare figura, Nino Caffè, pittore, fin da allora ben noto nella regione, profugo da Pesaro, rifugiato in casa di amici; gli alunni frequentanti cinquantanove; ma fra interruzioni continue di allarmi aerei e di altre cause più vili, l'insegnamento fu reso presso che nullo. Le cinque grandi aule del piano terreno furono requisite dalla Banca d'Italia, così come tre al piano superiore dal Genio Civile, l'uno e l'altra trasferiti da Pesaro; rimasero alla Scuola presso che i soli laboratori, e d'ogni ambiente, anche del salone d'ingresso, si fece aula per disegnare. Gli alunni della Scuola d'Arte furono ospitati nella sede dell'U.N.P.A. per cortese interessamento dell'ingegner Benedetti che n'era il delegato, dopo che il luogo era stato mutato in caserma. Ho preciso ricordo che nell'affrettato affastellamento di mobili e cose, molti oggetti sparirono, e ci si mise in allarme. In una adunanza fu detto : «Ora che si può quasi con certezza individuare l'elemento sospetto si apprende che esso abbandonerà la scuola perché chiamato ad un dovere militare». Il 4 Maggio si chiuse l'anno scolastico senza esami naturalmente e si respinsero soltanto «quegli alunni che per il numero stragrande delle assenze non davano affidamento delle proprie qualità; anche i mediocri, in considerazione delle attuali contingenze tutt'altro che propizie ad uno studio ordinato e raccolto, vennero promossi ». Così sta scritto a verbale; ma chi v'era rimasto? Assai pochi: molti alle armi o fuggiaschi; chi abitava in paesi lontani non s'arrischiò a ritornare.
Salvatore Fiume : Bozzetto di scena per la " Vita breve " di De Falla - Teatro alla Scala.
Fiume: E' nato a Comiso (Ragusa) nel 1915, e si è licenziato dall'Istituto di Urbino nel 1936, dopo aver seguito il corso di studio nella sezione di Calcografia. D'una straordinaria versatilità, ha eseguito illustrazioni di libro per vari editori; ne segnaliamo soltanto quelle per «Bernardette» di Franz Werfel (Mondadori «II Ponte») e quelle recentissime per la edizione di «Quo Vadis?» dello Sienkiewics a cura del The Limited Editions Club di New York. Ha eseguito scene e costumi per la «Vita breve» di De Falla «La fiamma» di Respighi, «Norma» di Bellini, «Medea» del Cherubini, per il Teatro «Alla Scala»; quelle di «Aida» per il Covent Garden di Londra, quelle di «Montecchi e Capuleti» di Bellini, per il «Massimo» di Palermo. Ha decorato le navi «Andrea Doria» e «Giulio Cesare». Per un certo periodo ha sfornato ceramiche; dipinge quadri che espone in Mostre personali in Italia e all'Estero (Germania, Francia, Stati Uniti d'America) e grandi decorazioni murali (recentissime quelle per la sala di riunioni nella sede delle Riviste «Time» e «Life» a New York. Ha scritto un romanzo «Viva Gioconda» (Milano, Bianchi e Giovini) e molti racconti.
Fulberto Pettinelli: Frammento (acquaforte).
Pettinelli è nato a Matelica (Macerata) nel 1907. Ha conseguito presso l'Istituto d'Arte di Urbino l'abilitazione all'insegnamento della Xilografìa nel 1931. Per alcuni anni assistente di Ferruccio Ferrazzi all'Accademia di Roma, dopo la guerra, ha insegnato all'Istituto di Siena dando vita ad una Sezione di Arti Grafiche. Vincitore di concorso è ora Direttore della Sezione d'Arti Grafiche dell'Istituto d'Arte di Napoli. Xilografo e pittore, ha restaurato importanti cicli di affreschi in varie città della Toscana. E' stato esperto collaboratore della Casa Editrice Electa.
Arnoldo Ciarrocchi è nato a Civitanova Marche nel 1916 e si è diplomato nella Sezione di Calcografia dell'Istituto d'Arte di Urbino nel 1936. Ora è insegnante titolare di incisione all'Accademia di Belle Arti di Napoli. Ampia e ricca la sua vita di artista : quale pittore e di più quale incisore è stato presente fin dal 1939-40 alle più importanti Mostre tenute in Italia e all'Estero. Nella prefazione alla Mostra completa delle sue acqueforti ordinata or sono due mesi a Venezia nelle sale dell'Ala Napoleonica di Piazza San Marco, a cura della Direzione delle Belle Arti, traccia egli stesso i punti salienti del proprio cammino, con simpatie, influenze, amicizie, e parla di sé con garbata misura, come già aveva fatto in altri suoi scritti: un piglio insieme svagato e sottile, a volte ironicamente sentimentale, a volte bonariamente pungente.
Remo Brindisi: Solitudine di Claretto Petacci e Mussolini prima della fucilazione – 1961
Di origine abruzzese Remo Brindisi è nato a Roma nel 1918. Abilitato all'Istituto di Urbino nel 1940 all'insegnamento della Calcografia, ha poi vissuto per breve tempo in vari luoghi (Firenze, Venezia, Roma e in Abruzzo) stabilendosi definitivamente a Milano nel 1946. Negli anni 1948-50-52-54 è stato presente alle Biennali Veneziane; ora partecipa attivamente alle Quadriennali Romane e ad importanti manifestazioni artistiche italiane. Ha presentato Mostre personali in Italia (Milano, Venezia, Roma, Torino, Bologna, Cortina, L'Aquila) e all'Estero: Zurigo, Friburgo, Vienna, Locarno, New York, e figura in mostre collettive d'Arte Italiana (Madrid, Boston, Goteborg, Friburgo, Praga, Parigi, Monaco, il Cairo). Ha dipinto affreschi in due Chiese della Lombardia (Legnano, Arcunaggia). Ha eseguito pannelli di ceramica e illustrazioni di libro. Sue pitture sono state acquistate per Gallerie d'Arte Moderna Italiane (Roma, Milano, Perugia, Venezia, L'Aquila) ed Estere (Vienna, Salisburgo, Caracas).
L'8 Maggio venne abilitato all'insegnamento Ninetto Andreoli di Fano che aveva presentato una relazione dal titolo: «Dagli incisori del Settecento veneziano ad una rappresentazione Goldoniana del "Ventaglio"». Trascriviamo il giudizio della Commissione: «In essa (relazione) sono riassunte le esperienze del giovane che quale tema di illustrazione negli ultimi anni aveva dovuto allestire una edizione del "Ventaglio", figurata con acqueforti. Ma, né il giovane appare interamente soddisfatto del proprio lavoro che presenta lacune e incertezze, né la Commissione può elogiarlo senza riserve, pur tenendo conto del suo coscienzioso lavoro e della costante assiduità allo studio». Eppure vorrei rivedere quelle figurette ! Alcune di piacevole nitidezza - ma diseguali. Oggi Andreoli insegna e dipinge. In una adunanza del 16 Maggio ancora presieduta dal Rotondi si discute «sui programmi di materie culturali che così come sono concepiti ed attuati non rispondono affatto ai fini scolastici; troppo vasti e pretenziosi nel Corso Inferiore, ingombri di ripetizioni e troppo ardui nel Corso Superiore, incerti e inorganici nel Perfezionamento. Necessita riprenderli in esame, non foggiarli affatto secondo i programmi di scuola media o di avviamento, ma farli scaturire dalla compagine stessa della Scuola, aderenti al mestiere, atti a risvegliare sensibilità nei ragazzi senza aver la pretesa di esaurire in sé uno studio, poiché le materie di profondo studio sono per la nostra Scuola precisamente quelle di mestiere; la più importante questione essendo proprio l'apprendimento del mestiere come base per una qualsiasi aspirazione all'Arte ...». Parole ch'io trovo registrate: Di chi? Di tutti? Belle intenzioni, ma difficili ad attuare. Non vi siamo riusciti nemmeno ora. Quel giorno s'erano anche prese in esame alcune bozze lasciate dal Delitala contenenti un vasto progetto di riforma iniziato dal Ministero per tutto l'insegnamento artistico, pensando che da quelle si sarebbe potuto procedere per un tentativo di revisione nell'intero complesso didattico del nostro Istituto; ma il concetto informatore di creare fin dalla prima classe del Corso Inferiore tre sezioni distinte «incisori, tipografi, legatori» non appagò nessuno. «Le obiezioni - sta scritto -sono molte ed ovvie, pienamente condivise dallo stesso Direttore» (Vedete infatti quanto una tale disposizione sia lontana dall'orientamento didattico odierno - che vorrebbe una istruzione di base presso che comune per tutti fino all'età in cui certe attitudini si palesino nei ragazzi con evidenza maggiore ed essi stessi ne abbiano consapevolezza). Il prof. Castellani propose invece una più semplice divisione di carattere del tutto interno, richiamandosi a due gradi di possibilità degli alunni: Decorazione e illustrazione - quale punto d'arrivo per alcuni - oppure Incisione di più ampio respiro, per altri. Pensava inoltre ad una possibilità di scelta di una sola tecnica incisoria fin dalla seconda classe del Corso Superiore - «per dar modo agli allievi, dopo un assaggio di tutte, di approfondire, ma realmente, la conoscenza di mestiere di una». Il principio era apparso giusto e si stabilì che esso avrebbe formato il punto di orientamento per le prossime riunioni. Vi dico che fu un atto di fede. Ancora un episodietto che nel ricordo assume valore di fiducioso augurio: era venuto a trovarmi alla scuola un ragazzo intelligentissimo, studente di Liceo, figlio di amici; gli mostravo le antiche edizioni e i saggi dei nostri alunni; uscì in questa frase: «Peccato che fra poco tutto questo si perderà !» «No, no - mi ribellai - non si perderà, e lavoreremo ancora». Per consiglio saggissimo del Commissario Rotondi con i primi giorni di luglio ogni attività dentro l'Istituto era venuta a cessare, rimaneva aperta in alcune ore la sola Segreteria. Dirò chi ad essa accudisse: un giovane sensibilissimo studente di lettere e musicista, il dott. Mario Severini che fu compagno a molti dei nostri insegnanti e intelligente amico gentile diede l'opera sua alla Scuola fin verso il 1950; e la morte, da poco, ha rapito; a lui, era collega di lavoro, il fedele Seraghiti. Dunque la Scuola fu chiusa; e ci capitò la razzia dei tedeschi. Il 2 Agosto s'era presentato in ricognizione un ufficiale germanico, informatissimo, «per vedere la Scuola», soprattutto (d'attrezzatura di cui era fornita la tipografia»; con sotterfugi mostrai soltanto quanto non si poteva nascondere; feci che nei laboratori di incisione e in legatoria non entrasse..... Rotondi, sopraggiunto, con garbo gli aveva chiesto perché e per conto di chi facesse quell'ispezione e la risposta dell'ufficiale era stata evasiva. Impressionati, tanto più che subito si venne a sapere come le due altre tipografie della città fossero state visitate allo stesso modo, subito Rotondi, con la prontezza, la generosità, l'avvedutezza che lo distinguono, fece aprire per noi alcuni sotterranei del Palazzo Ducale affinchè ne usassimo a modo di nascondiglio, sicuro che coloro si sarebbero ripresentati ! Nell'impossibilità di rimuovere le macchine grandi, sia per le difficoltà di smontarle - e il tempo che ci era ignoto! - sia per il dubbio che l'occultamento avesse a suscitare rappresaglie più gravi, insieme ad alcuni fedeli appartenenti alla Scuola togliemmo in segreto ogni materiale indispensabile al funzionamento di ciascun reparto: da quello di Lito il migliore dei torchi e ugualmente dalla Calcografia; dalla Fotoincisione, retini, obbiettivi, lampade ad arco; quattro banconi completi di caratteri, dalla tipografia; furono trasportati anche in Palazzo e racchiusi in cassapanche all'ultimo piano le edizioni dell'Istituto e le scorte del magazzino; questo facemmo per nove giorni, accelerando il ritmo, finché l'11 Agosto precisamente venne in nuova visita un Signor Maggiore della Feldgendarmeria a richiedere me, Direttore; dopo brevi parole mi annunziò come nella giornata avrebbe mandato i suoi uomini per ritirare tutti i caratteri tipografici della Scuola, e volle lo accompagnassi al reparto. Calcolò ad occhio il quantitativo delle tonnellate - dalle cinque alle sei - e sebbene tentassi di muovere in lui un senso di comprensione per le necessità d'una scuola che in tal modo sarebbe stata troncata, mi guardò un poco in silenzio - e aveva onestissimo volto - rispose «ch'era guerra» ed egli «obbediva a dovere». Volle gli mostrassi alcuni libri e stampe, saggi degli scolari, e li guardò attentamente. Appena fu uscito, mi colse l'ambascia, qualcosa dovevo pur fare: chiusa la Segreteria, incontrai nella piazza Gino Pianosi compositore e lo pregai d'aiutarmi. Lo trassi con me perché mi desse mano ad occultare qualcosa; nascondemmo tutte le forme di pagine per una edizione ch'era ancora in piedi, in un ripostiglio, sotto ritagli di carta; sopraggiunto poi - se non erro - anche il Capo d'Arte Foglietta cominciammo a togliere da un bancone le casse, e le trasportammo qua e là per i sotterranei ch'erano adibiti a rifugi antiaerei; il bancone vuotato lo cacciammo in un corridoio; ci ingegnammo di sporcare il muro, nello spazio rimasto vuoto, affinchè la differenza di colore non si notasse; pinze marginature forbici in piccoli pacchi, andammo a ficcare sotto l'ammattonato rimosso del Giardino Pensile. Alle 3 del pomeriggio un sergente con due soldati vennero a caricare i caratteri, ed io solo assistetti allo scempio (perché ciascun uomo provvedeva a nascondersi per non essere rastrellato). Ma solo, veramente, non fui : v'erano alcuni operai cittadini che i tedeschi avevano prelevato ad aiuto: i caratteri accumulati - tre quattro casse in una - venivano poi rovesciati sul camion che attendeva all'ingresso del laboratorio sul Pincio : sicché tutto il percorso e la scala in breve furono ricoperti di piccoli piombi calpestati. Con quegli uomini ch'io conoscevo di vista, bastò ad un certo momento un'occhiata d'intesa : ogni qualvolta i tedeschi si discostassero sottraevamo qualche cassa piena coprendola con le vuote; e per fortuna non se n'avvidero. Un niente - direte - eppure anche una cassa di caratteri in più, ebbe valore nella povertà in cui ci ritrovammo. Non bastò questo prelevamento, che nei giorni seguenti i germanici ritornarono : il 16, un ufficiale con l'interprete a controllare arrogantemente se «tutto era stato portato via da quella tipografia» e il 22 il noto sergente per ritirare anche i motori delle macchine tipografiche : risultarono inutili le mie proteste.
Il 28 Agosto le truppe degli alleati raggiunsero Urbino e quelle tedesche battevano in ritirata verso la Romagna. Quanto, in quei mesi dell'autunno e del primo inverno fino al 5 Gennaio, in cui ci fu dato raccogliere gli insegnanti presenti per fissare una data agli «esami di riparazione», sarebbe da ricordare giorno per giorno! Ma esorbiterebbe dai limiti giusti. Perché furono giorni - pur nella povertà - felici; oltre il sollievo della tempesta passata, la gioia del ricominciare e dell'industriarsi; e fu quello il vero lavoro che ti fa sentire utile al prossimo, diretto ad un fine concreto e ti dà sicurezza. Dovrò dire quanto Rotondi Commissario si adoperasse presso i Comandi Alleati appunto perché in qualche modo uno stipendio ci fosse corrisposto e non tardasse di troppo; e dovrei raccontare che - essendosi anche nei dintorni e dagli stessi alleati risaputo come le attrezzature dei laboratori e scorte di carta fossero state salvate, molto lavoro di prima necessità da più parti alla Scuola venisse sollecitato; e i Capi d'Arte, in più modi, concordi, manualmente si prodigassero a soddisfare richieste, (mancavano luce e forza motrice - ed acqua). Primi furono gli stessi ufficiali dei comandi alleati a farci preparare i tradizionali biglietti figurati per gli auguri del Santo Natale - su cui vollero, non solo il Presepio italiano, ma anche vedute di Ancona e di Urbino. Renato Bruscaglia ricorderà bene come sopra la pietra li disegnassimo insieme mentre il sergentone inglese ci guardava ammirato. Ci disse entusiasta: «Ecco che cosa gli Italiani dovrebbero fare sempre» e dai suoi ricordi di infanzia ci confidò come la maestra lo castigasse per la sua scarsissima abilità nel disegno. Il Comando Alleato, perché la macchina litografica fosse in grado di funzionare, provvide ad innestarvi addirittura una motocicletta.
Che poi lo stesso Rotondi dimostrasse grande affettuosa premura alla Scuola, e cominciando dalla grandiosa esposizione autunnale dell'Istituto e dei suoi insegnanti in Palazzo Ducale, e dalla concessione di nuovi locali, via via procedesse a procurare la pavimentazione delle due grandi soffitte abbandonate per trarne aule, sicché col tempo si resero possibili mutamenti essenziali; così come per sue premure il Genio Civile attendesse ad una ripulitura dignitosa della Scuola d'Arte, povera abbandonata in condizioni pietose, sono fatti notissimi. Ma ritornando finalmente all'intima storia dell'Istituto diremo anche quanto in ogni piccola intrapresa il Presidente ci consigliasse: nella scelta degli insegnanti, nei rapporti con il Ministero e nella revisione di finalità e di programmi scolastici; e questo a cominciare dalla prima seduta plenaria, del 15 Febbraio 1945, in cui ci ritrovammo tutti e può considerarsi la data iniziale della ripresa. Egli parlò ai convenuti della necessità di un riordinamento completo della compagine della Scuola per cui si sarebbero studiate regole e norme; e della dignità maggiore da conferire all'esame di Abilitazione - presenti anche i nuovi insegnanti - e ciascuno quasi al posto che occupa ora od occupò lungamente - Castellani, Benedetti, Franci, Paolini, Sanchini, Ceci, Bruscaglia, Don Ceccarini, la signorina Cangini (meno quelli di cultura che saranno ancora soggetti alle solite mutazioni); e ancora ne riparlò nella seconda seduta del 15 Marzo, in cui furono assegnate le borse di studio a Battistoni e a Giuliano Rabini. La discussione ricadde sopra le modalità per l'esame di Abilitazione. E il di lui intervento mise noi tutti di fronte ad un preciso dovere e quelle deliberazioni prese all'inizio, divennero norma al nostro lavoro.
[1] Vedi: Rotondi, opera citata (1)[2] Vedi: Paolo D'Ancona e Ehhard Aeschlimann, «Dictionnaire des Miniaturistes du Moyen àge et de la Renaissance dans le différentes contrées de l'Europe», Milano, Hoepli, 1949; Mario Salmi, «La Miniatura Italiana», Milano, Electa Editrice, 1956; Tammaro De Marinis, «La legatura artistica in Italia nei secoli XV e XVI», voi. I, cap.III, Firenze, Alinari, 1960.
[3] Chiamare agli insegnamenti culturali professori di ruolo da altri tipi di Scuole, era consuetudine in uso nel vecchio Istituto. Tutti gli insegnanti di Storia dell'Arte, ad esempio, o furono illustri lettorati del Liceo Classico, Vanzolini, Lip-parini, Marigo, o come Lionello Venturi e Luigi Serra, i Sovrintendenti alle Arti della Regione. Questa è la copia N. 11
continua --->
|