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Recensioni contenute nel libro:
preghiera come grido di Angelo Paoluzi fragilità del vivere di Liliana Biondi teatro della sventura di Gastone Mosci terra di passione di Maria Lenti lettera di Fabio M. Serpilli
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preghiera come grido di Angelo Paoluzi
Sentimenti e parole si inerpicano sulle pietre di quel calvario che porta al Golgotha dell'Aquila, città distrutta. Nel petto non ci sono più singhiozzi, nei versi mancano persino le cesure, le pause che una virgola, un punto (po- chissimi, le une e gli altri, a parte quelli finali) possono concedere all'af- fanno del respiro. In un pianto senza lacrime, ma che proprio per questo ti spacca il cuore, vanno lette le dodici sequenze che Mario Narducci ha scritto in memoria della tragedia. Il mistero della vita e della morte è racchiuso in quei venti secondo, ore 3,32 del 6 aprile 2009, in cui è stato scelto chi doveva restare e chi andar- sene. Con tutte le domande che il dramma pone, con i perché senza risposte. Lo scrittore rimane cronista della sofferenza, testimone che cerca sulle macerie i dubbi e le ragioni della propria fede, sperando oltre la dispera- zione: delle bare bianche, dei genitori sopravissuti ai figli, dei giovani sorrisi spenti, della suora che ha fatto, sino al sacrificio, scudo ai bambini con il proprio corpo. Duecentocinquantanove gridi - uno per ogni verso del poema - scanditi sul cammino di una passione che compone a strappi, a flash il quadro del dolore e dello smarrimento in un esodo da case crollate dove regnava la normalità sino a un attimo prima: "La vita un soffio/ Sempre/ Solo un soffio la morte". Eppure dal canto straziato emana la prospettiva dell'attesa, nonostante "Fiumi di sangue/ Dietro ogni dolore". Va letto, il threnos di Narducci, nella sua alternanza di luce e di tenebra, di invocazione e di angoscia; va letto e oso dire salmodiato con il ritmo delle lamentazioni bibliche: "La preghiera sta dura tra i denti/ Dentro le bare è rinchiusa/ Anche l'ultima consola- zione". Così dalle pieghe del risentimento - "I giusti hanno le mani legate/ Pri- gionieri dell'ira" - serpeggiano i lampi di una fede cui ci si aggrappa: "E sopra le lacrime/ L'angelo della ventura/ Annuncerà la pace sperata"; nella lacerazione ("La preghiera era stata grido/ La spada del dolore/ Inutile fe- rita") si costata la fatalità di quanto indelebilmente avvenuto: "Il tempo in- compiuto/ S'è fatto compiuta eternità"; recuperando tuttavia la fatica del futuro con i tre versi conclusivi: "La Pasqua del Risorto/ E' già Natale per quanti/ Conobbero ogni sventura". Come nella visione di un'alba che dovrà venire.
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fragilità del vivere di Liliana Biondi
Mentre nella mia stanza d'albergo -dal cui balcone il mare riverbera una luce di perla- echi di allegri suoni esterni sono vinti da quelli -parole, suoni, immagini- che la Porta a porta televisiva riserba ancora una volta alla città dell'Aquila ferita, deturpata eppure bella nella penombra armoniosa delle diverse linee architettoniche di Piazza Duomo, e, con essa, alle angeliche voci dei suoi giovani morti, alle limpide note delle sue fresche speranze e dei suoi musicisti, ripeto a mente, soave refrain, "La vita un soffio I Sempre I Solo un soffio la morte". Sono alcuni dei toccanti, drammatici versi di Tempo di passione di Mario Narducci, la pregevole silloge nata in sette giorni e ispirata al tragico sisma che alle ore 3,32 del 6 aprile 2009, lunedì santo -il giorno che dopo le Palme apre alla settimana di passione-, ha fla- gellato L'Aquila e la sua provincia, cagionando morte e dispersione dei suoi abitanti. Legati alla concretezza del funesto evento, i dodici componimenti di Narducci lo ripercorrono poeticamente nelle diverse circostanze, dal mo- mento dell'iniziale unanime smarrimento ("randagi divenimmo I cani de- lusi" [I]) alla consapevolezza concreta della rinascita ("È già Natale per quanti /conobbero ogni sventura" [XII]). Una breve, ma robusta e lanci- nante raccolta, quasi un monologo, tutta concisione, forza evocativa d'im- magini rappresentative, delicatezza lirica che nel dolore tocca il sublime. E un percorso drammatico e poetico-narrativo che si apre col senso della provvisorietà, del nomadismo, della fragilità del vivere umano di fronte alla violenza tellurica che come in una cruenta guerra scuote la terra e distrugge ciò che incontra ("Provvisori d'un tratto I Nomadi nel deserto I Di questa vita tenue I La notte che crepita I Raffiche di mitra I La terra I Che scuote le sue viscere" [I]). Ai tragici fragori e allo smarrimento delle prime im- magini, segue la presa di coscienza in relazione al tempo -settimana della passione e dramma umano calcano echi lontani di guerre e persecuzioni ("Scheletri solitari I Croci nude I Infinita maledizione" [II]- e ai principali luoghi sacri aquilani rumorosamente deflagrati "Come latomie house"[lll]. Segue il caos della morte e dei sopravvissuti ospitati in campi profughi "De- lirante Getsemanr[lll], in cui sacro e dissacro sembrano perdere la loro identità: "Nessuno è dissimile tra i simili"[\V]. Nel caos, si configurano, quindi, le singole tragedie: la morte della Badessa delle Clarisse seguita all' ultima compieta l'Sobri estote et vigilate'[W]; la morte dei due fratellini di Onna "Occhi chiari I Sorriso dolce"[W]; il dramma dei feriti acuito da "Lapioggia a notte I Disperante e crudele" [VII]; il trasporto dei morti at- traverso la "Città desolata I Ammutolita città /Che solo ha voce I Per chie- dere perdono''[Vili]; "La distesa delle bare" entro le quali "è rinchiusa /Anche l'ultima consolazione"[IX]; i funerali solenni in cui "Aleggia col- pevole I La coscienza impunita"[X]. Struggente il componimento XI, de- dicato ai "bambini dell'affido" dell'istituto religioso di San Gregorio e alla suora "Nata madre nell'ora della morte" che "S'era stesa con la veste bianca I Su quattro cuccioli per regalare aria I Sconfiggere la polvere I Aggirare il destino "[XU]. "Sette giorni di passione I Come interminabili mesi" scrive, nel XII e ultimo componimento Narducci, poeta del dolore che si apre nuovamente alla speranza umana nel sigillo della fede cristiana: // sigillo di colui I Che rotolando la pietra /Sconfisse la morte " [XII]. Questo è il miracolo dell'arte: saper evocare con pochi versi un tutto. Già poeta della settimana della passione, Narducci, che ha vissuto perso- nalmente e da testimone il dramma del tragico sisma, in questa silloge, rac- chiude gradualmente, poeticamente e con umiltà cristiana, procedendo con un ritmo uguale, lento, marcato, con poche significative assonanze (volto- incorrotto, alzava-beata-navata [V]; figli-gigli [VI]; cuore-dolore [VII], l'universo del dolore umano: lo stupore, lo sgomento, lo sconforto, la presa di coscienza, la rinascita. Nessuna retorica verbale, nessun grido di rimprovero al Dio potente e sofferente. Il poeta, spogliatosi del proprio io a favore di un'identità sfug- gente ma riflessa, pone sullo stesso piano, come di fronte a uno specchio, lettore e autore uniti nel comune sentire, in un monologo impersonale e col- lettivo. Dopo il ripiegamento della ragione non più sicura di sé di fronte ad uno stato del reale completamente rovesciato, ripercorrendo a tappe le vie tangibili del dolore, con criptocitazioni bibliche, letterarie e storiche appena percettibili, si perviene, infine, alla nuova speranza che impone ai soprav- vissuti di ricominciare dal principio. Come non pensare, pur nella diversità dei generi e dei toni, all'altro Tempo di passione. Meditazione per la setti- mana santa di Primo Mazzolari, in prosa, questa volta, prediche; ma che, come in Narducci, sembrano ricapitolare il tragitto della vita.
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teatro della sventura di Gastone Mosci
Questo Tempo di passione di Mario Narducci, che porta la data del giorno della Liberazione nazionale, il 25 aprile, è un canto di strazio e di disperazione. E' un poema di dolore e di tragedia che abbraccia tre setti- mane di sventure, un testo che segna la letteratura della catastrofe, vissuta nel segno di invocazioni bibliche e cristiane. Narducci ha dato un tono di commozione ininterrotta al ritmo della sua composizione, che procede con tensioni sempre più incisive, dodici atti di una rappresentazione di pianto e di sventura, come il lamento antico di Ia- copone da Todi, come la sofferenza collettiva di Ignazio Silone, come la processione della Perdonanza. Il terremoto dell'Aquila è stato altro: ha di- strutto la città, ha ferito la gente d'Abruzzo, ha continuato a imperversare per cento e cento giorni, è diventato la rappresentazione del male e di chi attenta al tuo bene ed al tuo spirito. Questo sorprendente autore aquilano ripropone la tensione ed il rigore del suo grande libro di poesia, // Deserto e i Giorni (L'Arca 2003): il tempo della Quaresima e della Settimana Santa del 1997, aperto all'annuncio della Parola che aiuta ad interrogare il mondo del disseto spirituale e sociale, e a costruire una domanda nuova con la meditazione della strada dell'esodo. In quell'opera si parte dall'invocazione cristiana per poi proporre un di- scorso civile, così nel poemetto d'oggi del Tempo di passione da una do- manda di fede si passa ad una coralità di popolo, di persone colpite alla ricerca di un bene assoluto, l'amore, per superare ogni traversia. Il ritmo però segue il canto di narrazione, il pathos del cantastorie e il gesto del pastore che racconta, una doppia scena, dove domina il giudizio civile ed il cammino della solidarietà, ma né l'idea dell'assedio e della gab- bia né la cultura dell'alienazione: un pungente teatro della parola che urla le fratture della natura e che scruta il disastro, che sillaba i nomi degli amati e piange gli sventurati fra silenzio e preghiera corale, fra silenzio e voci di dolore. In uno struggente monologo che penetra in un vociare collettivo.
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terra di passione di Maria Lenti
Tempo di Passione di Mario Narducci, dodici stanze poetiche sulla canza delle stazioni di una Via Crucis: il Calvario di una di una terra spacta e città o paesi distrutti, di un evento che ha inghiottito, tragicamente e ì o meno metaforicamente, affetti, vite, memorie, il presente e il futuro. Il Calvario di chi vede e sa e soffre. E vive la passione delle perdite, in i il cuore d'improvviso manca e sembra franare l'esistenza ai sopravvisti. E vive, drammaticamente, le coincidenze, inspiegabili ma reali, di una ssione che coincide con l'inizio della settimana della Passione di Cristo, idute e salite, mentre la ripresa che si determina appare sì terribile, ardua, )erò irrinunciabile, perché se la salvezza è possibile lo è solo ricominindo e affidando cristianamente, a chi ha sofferto patimenti e ingiustizie, proprio stato e il proprio costato aperto, prostrato e, in apparenza, vinto. Tempo di Passione: testimoniare il proprio esserci, dire la necessità di e presenza, farsi tramite di comunicazione con la disperazione dell'altro, ;re colleganza con tutti e tutte nella condivisione di una vicenda continnte restituita nello specchio desolato di una desolata nudità, quella delle ;ranze troncate, del tempo interrotto, degli amori (l'amore del sé nel >ndo) sottratti, del bene (a largo raggio) perduto, della serenità svanita, la casa sventrata. Tempo di Passione: sostare forzato e, nel contempo, •mento di ricerca, di fratellanza, di comunione, di aiuto e sostegno. Tempo Passione: la solitudine del non essere soli, la voce che può di nuovo amare a sé, la parola che non tradisce e che, anzi, ti porta all'altro. Mario Narducci, il poeta dal verso caldo, ampio de Le offese stagioni, questo poemetto rinuncia alla cantabilità dell'elegia. Rilascia metri disi, sì che il ritmo segue il ritmo del ritrovamento di sé nelle persone "at•ate" dal sisma, sorprese in un gesto quotidiano o in un'ultima donazione suora che, con il suo, ha protetto, invano, il corpo di alcuni bambini); itmo spezzato della malinconia illacrimata; il ritmo franto della constarne dei tremolii, della scossa, della paura, dei danni, delle crepe, dei Ili. Constatazione ineludibile, non priva di un "perché?" che anche il itiano non può non porsi benché possa avere nel suo intimo o possa cere, pur nell'affanno tutto terreno o nel silenzio del santo senese nel trano della basilica di Collemaggio, intatto e un po' minaccioso il suo indice monitore, una risposta e un alito: la risposta delle responsabilità che nesa autorità, a posteriori, può vanificare recandosi (doverosamente ma pelosamente) nei luoghi del disastro; l'alito di essere nelle mani di chi ha dato la vita per la salvezza di tutti e che, da quelle mani, ha profuso energie e forza perché il colpito si rialzi. Mario Narducci segue, per raggiungerlo ma anche per anticiparlo strofa dopo strofa, il valore degli spostamenti semantici. Rimette in circolo, il poeta, il vento che può trascinare alla perdizione e quello che può trattenere per risillabare gli slanci del cuore. E, nei suoi versi, pianamente, fuori di ogni predicazione e nel desiderio, invece, di sentirsi vivere con gli altri, ferma per sé e per i suoi conterranei - dell'evento sismico come della terrestrità tutta -, il "tempo di Passione" sui due cardini, della interiorità fatta essenza di vita, dell'atterramento e della consolazione del Dio di manzoniana verità: "La Pasqua del Risorto / E' già Natale per quanti / conobbero ogni sventura". L'accaduto emerge a testimonianza e a messaggio, dentro il calore di un afflato poetico, che non nasconde le negligenze umane, dentro un dolore rivissuto dalla creatura nel tempo sincopato della passione.
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lettera di Fabio M. Serpilli
Caro Mario, sono rimasto commosso per ciò che hai scritto e che Gastone mi ha comunicato. Io non trovo parole per questa tragedia che colpendo gli acquilani e colpendo Te (che amo come uomo buono e caro) sento mia. Io posso solo capire quello che tu hai provato e provi tuttora perché nel 1972 Ancona tremò un anno intero pel terremoto che però non fu così distruttore come il vostro. Tu hai trovato parole che sono sgorgate dal profondo (De profundis) del cuore, dal dolore riproponendo a Dio e agli uomini il perché di tanto male... E sei riuscito a varcare la caverna della disperazione per segnali di cristiana speranza. Tu pensa che i tuoi versi hanno consolato me e proprio per questo ti ringrazio. Io, Mario e Mariolina non trovo le parole, ma state certi che tutto il mio essere è con voi. State nel mio cuore. Il caro Gastone, come sempre, mi tiene aggiornato e sento la sua sofferenza per voi che siete suoi amici... Fabio e Raffaella...
Gastone, mi sembrano davvero alti i versi di Mario e io non so cosa farei per renderli pubblici perché sono ispirati e hanno l'intensità biblica di un Giobbe e Qoelet... Sembrano proprio aggiornare le parole del "Servo soferente" del Proto Isaia...
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