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Mario Agnoli: la parola e il labirinto
di Giuliana Bonacchi Gazzarrini
 

La poesia, quando non cede ad autocompiacimenti, svolge un lavoro indispensabile. Porta alla superficie le ombre e i significati nascosti. Là dove lo stesso autore non sa o non riesce a motivare, l’occhio scrutatore e la sensibilità spiegano.
In una realtà di fine millennio, in cui le categorie di spazio, gli oggetti, la molteplicità dei linguaggi, tutto sembra spogliato di ogni principio di necessità, anche una voce poetica solitaria e appartata, ignorata dalla critica ufficiale di "palazzo", può concorrere con la sua dialettica malinconica a riprodurre le metafore della temporalità. Dal vento al fuoco, dalla pioggia all’inconscio, dall'anima al sogno, al segno, alle stagioni, sono questi gli aspetti che assunti per dichiarazione dello stesso autore a essenze naturali (/simboli della mia poesia), si sciolgono con maggiore implicazione sentimentale nei testi di Agnoli. Senza cedere alla complicità con la propria materia, a sottolineature sentimentalistiche o a consonanze partecipative, questo poeta cadorino (è una considerazione che si può sfilare) si occupa di una complessità reale fluttuante, estremamente mobile. Si tratta di una poesia, forse, scontrosa all’incontro per il rifiuto di lasciarsi fruire in uno stato d’animo "estetico". Tesa a privilegiare la consapevolezza etica del crollo di verità ferme e impregiudicabili per la mancanza di epifanie ideologiche (anche religiose) o delle sottrazioni esistenziali, per Agnoli, hanno agito le sottrazioni operate dalla società e dal tempo storico. Incide a fondo la consapevolezza di energie dissipate dalla miopia, dalla mancanza di valori etici, civili, religiosi, consunte da una cessione generosa, mai andata a buon fine.

Agnoli è uomo pubblico impegnato nel settore del diritto amministrativo. Di pari passo, per quanto la parola sia trattenuta nell’ambito di una sua riconoscibile semanticità (luce, ombre, stelle, fortuite trasparenze, segrete forme, deserto, fronde ultime, “inducono segrete geometrie” nell’indagine poetica), l’irrequietudine pesca nel magma linguistico postmoderno, tra italiano letterario, parlato, linguaggi tecnici, neoplasmi, contaminati per di più da forzature sintattiche e grammaticali, come “Le ipotesi / che vengono dal profondo / gambizzate da un raggio di sole: / vicine alla terra / sullo stelo divenuto nano”, (A Dario Bellezza). Si tratta di una riappropriazione linguistica all’interno di uno spazio-monodilatato fino a raccogliere tutte le possibili esperienze del soggetto, ma anche bloccato a specchio dei suoi umori e tensioni (“È tutto azzurro / tra i murazzi anneriti. / Ed il verde reclina / dove scomponesi il dettaglio. / Questo instabile di cose / non raccoglie alcun sentiero / sembra stralcio di segni / incomposti / Frammenti dell’indefinito”, Il cielo). Lo sguardo resta vigile, fermo su un contesto che, pur cambiando, amplifica l’eco di acquisti non arricchenti.

Una condizione per cosi dire leopardiana viene aggravata dalle opere dell’uomo, dall’assenza di maestri, da mancanze che non possono essere ignorate (“Dove il mito s’apre agli intervalli / d’antica luce, soglionsi adunare / l’ombre ed il nulla si rifà profondo. // Ma oltre il dosso, che colma il piano / nubi inesperte s’addensano. Freme / anche il passero per quel tenue cielo. // Lasciate all’onda verde / spazi d’immenso / la noia attende”,  I prolegomeni). Sono i segni inequivocabili della tragicità immanente nell’utopia novecentesca condannata ad apparire astorica. L’ultimo argine è affidato alla potenzialità umana del sogno della poesia che attinge alla profondità della coscienza.

In ultima analisi, direi che la poesia rappresenta per Agnoli un impegno quotidiano, senza margine di astuzia, praticato controcorrente, ostinato a ribadire il tasto di pochi affetti, civile in assenza di pronunciamenti politici, illuminato da improvvisi guizzi sulfurei, un banco di prova per capire gli eventi che abbiamo attraversato.

 

Giuliana Bonacchi Gazzarrini
Firenze, 18 marzo 1998
 

 
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INDICE

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13- Le poesie dell’interiorità
15- Questo mio pensiero
16-Ancóra
17- 1 simboli dell’amore
18- Incompiuta del ciclo della madre
19- Gli idoli di sambuco
20- I simboli della mia poesia
21- II dolore
22- Un giorno diverso
23- Fantasia I
24- I miei
25- Impressioni
26- La preghiera
27- Le ragioni dell’essere
28- Un sogno
29- Visioni
30- Le idee
31- L’indagine poetica
32- La rondine
33- L’ultimo giorno dell’anno
34- Rimembranze
35- Anna Maria
36- Morte a Venezia
37- Ritorno a Venezia
38- Il ritorno
39- Le mie zone
40- Il mio amore
41- A Marina
42- Amore

43- L’ispirazione
44- La sera I
45- Mia madre
46- Il fiume
47- Epigramma
48- È così breve il tempo
49- Sulla cognizione del dolore

50- Il perché

51- Il mio fiume
52- Il tempo della noia
53- La strada
54- Le mie origini
55- Le poesie della natura

 


57- Varietà
58- Il poggio
59- Le piante
60- Frammenti
61- L’albero delle magnolie
62- L’attesa
63- Fantasia II
64- Sulla china
65- Dimensione
66- Il primo sguardo
67- Le siepi
68- La quiete
69- La sera II
70- L’isola d’Elba
71- Paesaggio urbinate
72- Settembre
73- La tramontana
74- Marzo siccitoso
75- La pioggia
76- Il cielo
77- Le poesie del rapporto
79- L’Apocalisse
80- A Dario Bellezza
81- I prolegomeni
82- Il ritorno del guerriero
83- La storia
84- Ed ancora
85- Un altro anno
87- ... Scendono le onde di nebbia
88- Andare
89- Divagazione
90- Un uomo senza nome

91- I fili del tempo
92- La poesia dell’essere
93- Il razionale poetico
94- Il verso

95- L’ultimo grido
96- La guerra
97- Altri frammenti
99- Ancora frammenti

100-L’ombra
101-Cristo si è fermato a Sarajevo

 

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ALCUNE  POESIE

 

Isimboli della mia poesia


Il vento, il fuoco, la pioggia,

l’inconscio, l’anima, il sogno,

il segno,

il tempo e le stagioni
si riuniscono nei miei versi. Non riesco a rimuoverli.

Sono ormai essenze naturali.


Questo è forte d’un maestrale

inusitato. Sembra salire dal Metauro

e dall’altre valli sui calanchi

che scendono giù al Foglia

come rituali maestrie

d’ambigue cornacchie.
Ma qui il vento

risucchia, dai grappoli inargentati,

il canto

 

 

 

Il dolore


In quell’ordine cercai il senso

che sostiene la vita, trovai

l pianto in ogni ragione

dell’essere. Rimasi nel mio nulla,

inseguendo. Mi trovai

subito nella noia siderale.
Un urlo d’eterno rispose;

fu la ragione del dolore.
 

 

 

Il perché


Il perché
(della vita che non compresi)

della vita che amai soffrendo

(per quel male)

indefinibile concetto.
E fu un attimo d’eterno:

un soffio di vita s

u finite cose.


È la vicenda degli archi del tempo:

nascondono bastioni d’aria incerta,

rimangono apparenze:

inspiegabilmente.
 

 

 

La storia


Questo oscillare d’ignoto,

raccoglie il senso della storia:

che non è solo mutare.
Vanno gli uomini entro le nicchie,

indistintamente: come greggi.


Ora vi sono altri segni,

di non cure. Di desolazioni.
Si spegne l’idea del divenire.


Prevale il grottesco apparire;

incurabile il dissidio

sospinge alla quiete del nulla.


Ed allora qual è quel senso

che non rivela?
L’uomo senza amore

non si rinnova: muore.
 

 

 

L'ultimo grido

Chini sulla terra

rifiutiamo
conoscenze d’altri spazi.


Trasparenza
d’inconscio
ci riporta all’ultimo grido.


Siamo qui sospinti

dalle apparenze virtuali.


Ritorniamo,

esuli d’altre terre,

lombrichi senza fretta.
 

 

 

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