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Se non avessi
raccolto
NCE / poesia
Proprietà letteraria riservata NCE Via Merenda, 25
Stampato
dalla Grafica Artigiana di Castelbolognese
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Vale la pena di mietere il grano nel tempo incerto anche se della stagione in cui alto si compone il sole? Rimane il vento caldo nelle piogge estive per rimestare le spighe acerbe.
Non è della vita il senso e il premere delle cose e il fastidio dell’umano: rinviene nel dolore la gioia incomposta che non matura innanzi.
Siamo coniugati nell'amore come tronchi di betulla; nascondiamo nei nodi maculati le circostanze del dolore.
Siamo distinti nel segno apparente come foglie dello stesso albero. Ritroviamo il senso dell’umano nel deserto della notte.
Siamo dell'essere profondo aria e terra, d’un volo che anela indistinto finito.
Nel ritorno di questo cammino proveremo a dimenticare per rinnovarci.
Siamo nell’onda cartocci fummo vento dell’acque: questo ricorso delle stagioni trasale percettibile fascino del mutare.
Siamo cartocci anche nel setaccio d’umori terrosi, rappresi: stalattiti nella vicenda dell’acque.
Il balcone s’è fatto meno di luce e l'alte mura sbarre di cemento.
Un tempo l’orizzonte spingeva lo sguardo alla siepe orlata di bianco e dolce sfiorava capelli strecciati l’onda dei pensieri.
Anche il balcone della mia anima s’è fatto mano di dolore, e alti pensieri anelito di pace; vengono alla mente più incerti dell’ombra. Ho scritto di queste cose disperse sul taccuino delle stagioni. A riaprirlo, ricompone segni sbiaditi come sbarre.
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Devo a le la quiete, il generare di pensieri acquiescenti c l’impercettibile struttura del sogno. Su questi riposi il mio volere. Gli spazi si riscoprirono funzione. Il desiderio visse d’infinito. In ciò e nel denso riunire immagini atipiche, atemporali trovai suggello. Rimase ingolfata d’essere la stessa speranza.
Nacqui d’agosto fra terre sbiadite e alveari ricolmi di miele. Quest’agro dolce riportai nel dolore. Amai l'ombre del cielo e le stelle, di cui infinito ebbi il mistero.
Ad esse mi riportai dubitando. Quando rinacqui fra terre ignote ebbi chiaro il tempo delle mele. Il cinguettio mi deluse. Il canto dei grilli fu solo tentazione.
La tua notizia mi distrae per quelle cose fatte di niente, che vai collocando nell’andare vago dei tuoi pensieri.
Forse questo indugiare apparente racchiude il segreto della mia vita: come le rimembranze nel sogno.
Questo continuo tentare m’inquieta, come il divenire oscuro come il percepire.
Solo un’ombra desolata vidi nel profilo disueto divenire rossa di fuoco. Ed era un’ombra del mio sogno, disperso nel nulla: deserto delle idee incorrotte.
L’ombra mi fu amica nella sera e nel giorno arido, e nelle notti spianate dalle stelle più lontane.
Ombra d’essere che rinvieni segno dell’anima dirai delle cose innominate e della ragione di esse. Un fruscio s’illumina.
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