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 Mario Agnoli            POESIA             Rami divelti

 

 

 

 

 

IV di Copertina

 

MARIO AGNOLI svolge da vari anni attività pubblicistica nei settori dell'economia e del diritto; persegue inoltre una originale ricerca poetica che ha prodotto a più riprese pubblicazioni di liriche isolate, ma che nel 1975 ha raggiunto i suoi momenti più limpidi ed ha colto oc- casioni più diffuse di riflessione e di far poesia nelle raccolte Rami divelti e Poesie.

Il Mercato, che ora esce per i tipi di Rebellato, definisce compiutamente la conoscenza critica e l'afflato poetico dell'Autore, costantemente in lotta (o in discussione?) con tre antagonisti-chiave: angoscia, inquietudine, incertezza. Si tratta di poesia che trae alimento da esperienze concrete e brucianti di vita, che l'A. si è trovato intensamente a dover vivere e dolorosamente superare; sebbene dotata di un'intensa carica di vibrante erotismo e permeata di un vissuto del tutto individuale e travolgente, è pausata da ampi momenti di riflessione e di ricerca, anche formale, dai quali trasudano una profonda umanità e una sommessa professione culturale. E' una versificazione fluida che scaturisce ai limiti di veglia e sonno, di conscio e inconscio; che non concede niente scopertamente all'autobiografismo, se non nella misura in cui mette a nudo esperienze ricorrenti (ma non banali) della vita.

Costanti della poetica di Mario Agnoli appaiono il movimento e il gusto per il colore: entrambi giovano a far riaffiorare e a fissare il desiderio di fermare il tempo, l'ansia per il futuro, il rimpianto per le occasioni trascorse e soggiaciute, malgré lui, al disegno ineluttabile del destino.

Una condizione schumanniana, dunque, che in poesia induce il referente di Montale, non soltanto per l'esperienza e per i germi di quella poetica, che sottendono a queste liriche, ma anche per l'uso della parola che certamente non ripete il simbolo mallarmeiano, il vocabolo che è poesia pura. Il verso, qui, non è frammento disarticolato, non una descrizione supina dei concetti che lo animano, ma un'interiorizzazione della realtà, captata e non raccontata dalle parole.

 

 

INDICE

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  9 L'orrore della morte
10 Ancora la mia terra
11 Mantova
12 Zibaldone
13 Zibaldone per Giovanna
14 Autunno 1979
15 Settembre 1979
16 Epitaffio per la morte di un'amica
17 Un epitaffio per Federico
18 Un altro pensiero
19 Pomeriggio al mare
20 Un sogno
21 Un altro pomeriggio d'estate
 

 

 

 

 

 22 II vicolo antico
 23 La sera
 24 Alcuni pensieri
 26 Appena uno spiraglio di luce.
            Poi le nubi e l'infinito
 27 II mercato
 28 A Garcia Lorca
 30 Un'altra croce
 31 Pensiero
 32 Un'altra terra
 33 Notte di lampi
 34 Giovinezza
 35 Estate
 

 

 

L'ORRORE DELLA MORTE


Dio mio! Questa terra non ha pace:
sono aridi i pascoli
e lento appena un filo d'acqua
confonde le pallide pietre.

Sono selciati spenti
labbra serrate al grido d'orrore,
e suoni, onde e canti eterni
hanno accenti senza patria.

Il tuo galoppo non ha fine
ti aspettano le fonti colorate di rosso
i tratturi segnati dal fuoco:
carcassa di puledra solo per correre
senza meta.

Questa terra non conosce l'amore!
 

 

 

EPITAFFIO PER LA MORTE DI UN'AMICA


Non piangerò la tua morte,
anima bella,
fiorita con il tramonto.
Bacerò le tue labbra
sorella mia
ché non avrò meno amaro il senso della vita.

Verrò a te con l'inquietudine,
amaro torpore e cespo fiorito,
della stessa natura.

La tua vita è stata prigioniera del nulla
ma nessuno ha sciolto corone di fiori all'alba.

La tua vita è stata dissimulata dal male
ma nessuno ha sorriso nel meriggio di fuoco.
 

 

 

UN ALTRO PENSIERO


La tua solitudine m'impegna;
la tua dolcezza m'inquieta.
Ambedue mi lusingano. 
 

 

 

ALCUNI PENSIERI

 

Con il tramonto sento il soffio della vita.
L'alba m'inquieta: essa è incerta sull'inusitato sentiero.

Con te ho il piacere della gioia: domani essa potrebbe essere senza fine.

La mia terra è alta all'orizzonte, con le strutture magiche delle trasparenze.
Le acque d'argento scendono dolci o impetuose:
sembra si costituiscano nel tempo, nel costume
e nell'arida alternativa delle cose.
Sono dolci i declivi sospesi nei vuoti aggraziati
dal verde, o sono violenti entro i dirupi scavati
dal vento.
Questo mutare è nella tua anima.
Io andrò alla ricerca del tempo antico: ora la vita
è legata alle stagioni.
Vorrei con te parlare da fanciullo, di stelle,
di meriggi assolati, di spighe verdi avide di luce.
Vorrei ora che l'indugio è vago, tardo e supi-
no: annidato, cesposo.
Tempo lontano che strappo alla memoria per fingere di camminare.
Vorrei con te i fiori di campo,
verdi e leggeri come il soffio materno,
vicino appena per udire i palpiti del cuore.
Vorrei perché sono stanco.

 

 

 

 

IL MERCATO
 

Sono grottesche le bancarelle seminude
disseminate entro le luci variate:
come lunghe tessere colorate di arcobaleno.

Già il mio disagio è impietrito:
folle giullare muove ignaro tra le bancarelle
rifinite da mani abili all'indugio.

Sembrano pazze di gioia, abuliche
effemeridi del mondo che rapido consuma.
Tornano con le ombre meriggiate

accosto agli umori della stiva degradata:
accartocciate e stipate,
con i simboli dell'inutile.
1980

Inizialmente il disagio dovuto all'ambiente. Poi l'animo del poeta si apre ad una gioia folle. Attenzione! La gioia non ha nulla a che vedere con la società del consumo. Intanto le donne raccolgono le cose acquistate, e percorrono le strade vicine alle mura cittadine per ripararsi dal sole.
 

 

 

A GARCIA LORCA


Tornerò a Granada,
con l'amaro solstizio dell'ultima pioggia,
con le brume cosparse di cenere,
con le carni fiaccate d'attesa,
con l'anima straziata dal fuoco.


Tornerò all'alba,
con l'onda verde;


tornerò al tramonto,
con le grida di sangue;


tornerò nella notte,
con lo spirito della morte.


Sierra Morena,
squarcio di luna,
Guadalajara
pietraia eterna.
Siviglia
gitana disperata.


Dimmi perché piango!

Poesia triste,
luna pallida:
di morte.


Scalfito con l'unghia
nella terra calda:
di fuoco e di sangue
con la polvere rossa:
come grani del verde melagrano.
1980
 

 

 

NOTTE DI LAMPI


All'alba:
ombre confuse
tra le luci ubriache di vento.

Felice a schiudere
i balocchi di rugiada:
soltanto per un fiore.

Nella notte piena di lampi, lo
sgomento riguardava l'impercettibile
anelito.
 

 

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