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Mario Agnoli             RACCONTI

La Macchia        

 

NARRATIVA DEI SOCI 

 

Pubblichiamo un racconto postumo del compianto Mario Agnoli, che vi stupirà per l’insolita vena fantastica dello scrittore, che ci aveva abituato ad una sua narrativa impegnatissima nella forma e nei contenuti. In questo caso, invece, il narratore si è divertito nella costruzione di una trama thrilling (nel più illustre ambiente bibliotecario di Pistoia), con tanto di bombarolo e narrazione in prima persona, come se fosse un adolescente con il linguaggio odierno dei ragazzi, mentre lui viaggiava per i suoi 93 anni! E’ stato ritrovato casualmente esplorando gli ultimi appunti nel suo PC in Word, applicazione senza data base. Il testo potrebbe forse ispirare una trascrizione per un divertente sketch teatrale, ulteriore strumento per mantenere la memoria del nostro carissimo amico Mario.  (V.I.)

 

La macchia

(un racconto di Mario Agnoli †)

 

-E ora, ragazzi, vi mostro il gioiello della Biblioteca Forteguerriana: l’intera Divina Commedia trascritta su questo foglio incorniciato! -ci dice con visibile orgoglio l’anziana impiegata della biblioteca nel corso di una lezione sulla storia della scrittura e del libro.

 -Scusi, che ha detto?- domandiamo tutti in coro, improvvisamente interessati alle sue parole.

 -Sì, avete sentito bene! Su questo foglio 70x50 potete leggere 14.233 versi, cioè 96.000 parole, ovvero 400.000 lettere!

 -Ma… io però…non ci leggo nulla!- commenta Francesco ridacchiando.

 -Naturalmente! Questo che vedete è un testo microcalligrafico, trascritto utilizzando un capello intinto nell’inchiostro ed è quindi illeggibile a occhio nudo! - risponde impassibile lei.

- Guardate, ragazzi, -continua la bibliotecaria - la trascrizione è così perfetta da sembrare stampata. Ammirate queste colonnine, simmetriche e regolari. Ciascuna corrisponde a un canto. Non è fantastico?

 -Sì, fantastico… se si potesse leggere davvero!- afferma scetticamente Virginia.

  Nicolò accenna ad una risata di scherno, subito fulminato dallo sguardo di disapprovazione della nostra prof. di lettere. 

 - Secondo me, quella ci sta raccontando delle favole… Figuriamoci se un pazzo può aver ricopiato tutta la Divina Commedia su un foglio! – sussurro a Giuliano, il quale annuisce trattenendo a stento una risata.

 -Ora vi consegno una lente d’ingrandimento e così ciascuno di voi potrà verificare- dice la signora, affidando il cristallo oculare proprio a me.

 Spetta al sottoscritto, dunque, l’onore di sbugiardarla! Con fare nascostamente canzonatorio vado proprio alla prima colonna e…con grande stupore, attraverso la lente, leggo l’incipit del più grande capolavoro della nostra letteratura. Poi faccio scorrere come un matto il mio “occhio” alla ricerca dei passi imparati a memoria l’anno scorso, in seconda media, e ogni volta lancio gridolini di meraviglia.

 -Ora tocca me!- urla minaccioso Alessandro.

 -Mollala! - gli fanno eco tutti gli altri, impazienti.

Lascio a malincuore la lente d’ingrandimento, proprio mentre sto guardando incuriosito una macchiolina posta a lato del XXV canto dell’Inferno.

 -Scusi, signora, che cos’ è quella macchia?- chiedo timidamente, mentre i miei compagni si accalcano intorno al tavolo dove è appoggiato il foglio.

 -Quale macchia, caro?

 -Quella che ho visto vicino al passo di Vanni Fucci, proprio dove Dante lancia un’invettiva terribile contro la nostra città! -Ah! Quella? È uno schizzo d’inchiostro! D’altronde, all’autore di questo capolavoro di microcalligrafia si può ben perdonare una piccola imperfezione! No? -mi risponde gentilmente la bibliotecaria.

Questa spiegazione non mi convince. Mi sembra strano che un genio, come io reputo che sia l’autore di questa trascrizione, non abbia posto rimedio ad uno schizzo sfuggitogli involontariamente. Se c’è una cosa in cui brillo è la cocciutaggine e poi Dante e tutto quello che lo riguarda mi hanno sempre appassionato. Decido perciò di mettere in atto un piano.  Devo scoprire che cosa si celi dietro quella macchia! Ma come posso fare? Certamente non è possibile trafugare il foglio e nemmeno chiederlo in prestito per osservarlo con tutta calma a casa mia.

 -Senti, Alessio, cerca di distrarre la bibliotecaria. Devo fare una cosa senza che lei mi veda. 

Il mio compagno, allora, comincia a fare domande su domande alla nostra paziente guida, anche le più strampalate, e intanto io tiro fuori la mia macchina fotografica digitale e velocemente    scatto qualche foto.

La bibliotecaria ci mostra poi altre opere particolari presenti in Forteguerriana, ma le sue parole rappresentano per me un indistinto insieme di suoni che scivolano via, perché la mia mente rimane tutta concentrata altrove. Mi accorgo che la lezione è finita solo quando sento il rumore assordante dei miei chiassosi compagni che si alzano tirando un sospiro di sollievo perché è quasi l’una e avvertono un certo languorino (…si sa, nello stomaco di noi quattordicenni la fame avanza galoppando… !)

 -Arrivederci ragazzi, al prossimo incontro! Quando ritornerete vi farò vedere le altre sale della biblioteca e le preziose opere in esse contenute.

Tutti si avviano verso l’uscita, salutando festosamente. Soltanto io resto impalato, come in trance, appoggiato allo schienale della sedia.

 La prof.  scuote la testa e dice: -Sei sempre il solito! Ti vuoi muovere?

Visto che è l’ora dell’uscita, ognuno di noi ha il permesso di ritornare direttamente a casa propria, meno male!

Mentre cammino, il mio pensiero è sempre fisso: scoprire se quella macchia sia involontaria oppure no. Appena arrivo a casa, mi metto a tavola e ingurgito tutto con incredibile velocità, perché non vedo l’ora di andare a caricare le foto sul computer. Ingrandisco al massimo proprio quel particolare e con mio grande stupore riesco a leggere la serie numerica 090909.

-Sì! -un grido di soddisfazione prorompe nella stanza.

Non era una mia impressione, c’era davvero qualcosa di strano in “quello schizzo”! Ma chi è stato a scrivere queste cifre e, soprattutto, che cosa significano? Potrebbe essere la combinazione di una cassaforte, un numero di bancomat, un codice segreto di vattelappesca… 

Mi formulo da solo tutte queste ipotesi, che puntualmente scarto ad una ad una.… 

Ma perché tanti zeri?

È una data?… Sì…! Perché non ci ho pensato prima? Giorno, mese ed anno in successione, due cifre per ciascun elemento. 

Nove settembre del duemilanove: ecco cosa significano quei numeri! 

Qualcuno, non so chi e non so perché, ha scritto una data su quel foglio. Non mi resta altro che navigare sul computer, mio inseparabile amico.

Per prima cosa digito il nome Vanni Fucci (ci sarà un motivo per cui la serie numerica sia stata messa proprio lì!).

Non ci posso credere! Guarda guarda: fra gli odierni cittadini pistoiesi c’è proprio il bis bis bis nipote nientedimeno che del famigerato personaggio dantesco: un certo Jacopo Fucci, esimio docente universitario, critico letterario, abitante in Vicolo della Sapienza al numero 1, proprio all’inizio della stradina che costeggia di lato la biblioteca.

Sento che il mistero s’infittisce e non sto più nella pelle.

 -Arriverò alla soluzione- dico a me stesso a voce alta.

“Dare un senso a ciò che non ha senso, perché tutto ha un senso”. Chi ha detto questa bellissima frase? Non lo so, ma fa proprio al caso mio!

Vado sul sito de” La Nazione”, nella cronaca locale, con la speranza di trovare qualcosa che riguardi la Forteguerriana. 

 “Strano furto alla biblioteca comunale: misteriosamente scompare e ricompare un trascritto microcalligrafico”.

Non può essere che la riproduzione dell’intera Divina Commedia che la bibliotecaria ci ha mostrato nel corso della nostra visita.

Vado su un motore di ricerca, intenzionato a saperne di più. Oltre ai titoli di tutti i suoi scritti, il sito mi dà una breve biografia di Jacopo Fucci: nato a Pistoia il 9 settembre del 1940, ex docente di letteratura all’Università degli Studi di Firenze, autore di antologie e di molti saggi critici, soprattutto su Dante Alighieri. 

Ci sono due indizi a suo carico: il 9 settembre è il giorno del suo compleanno (sarà uno fissato con la numerologia!) e poi ha scritto molti saggi su Dante. Non può essere che lui l’artefice della macchia! 

Ma come smascherarlo e, soprattutto, come scoprire il mistero della data? 

Nel pomeriggio, quando la Forteguerriana rimane chiusa, vado in Vicolo della Sapienza. Mi apposto dietro a una colonna del loggiato della biblioteca e di tanto in tanto sbircio in direzione della porta.

La strada è deserta: bene! 

All’improvviso però compare dal nulla un tizio su una Vespa. Senza spegnere il motore, scende e lascia un pacchetto sulla soglia, poi parte a tutta birra. 

 -Ma cosa ci sarà là dentro? –domando a me stesso sottovoce.

Con circospezione esco dal nascondiglio e mi avvicino alla porta. Dopo tutto sto o non sto indagando su Fucci Jacopo e sul mistero dello scritto microcalligrafico? 

Faccio in tempo a prendere il pacchetto tra le mani e a leggere il mittente, quando un colpo alla nuca mi fa vedere tutto nero e perdo i sensi.

 Allorché riapro gli occhi, mi trovo in una grande sala in penombra, stracolma di libri e dal soffitto così alto che non se ne vede distintamente la fine. Mi guardo intorno cercando di capire in che posto sono capitato. Quasi quasi mi sembra di trovarmi nel salone principale della Forteguerriana. Il profumo dei libri antichi conferma il mio sospetto. 

Sì, sono proprio nella prestigiosa biblioteca cittadina.

 -Perché sbirciavi verso la mia porta? E perché hai preso in mano il mio pacchetto?- mi chiede un tizio comparso dal nulla. 

Lo guardo bene: è un ometto calvo, con occhi torvi nascosti da occhiali tondi e antiquati, una pancetta prominente, le spalle curve, un sorriso beffardo. Sembra un folletto delle fiabe e da lui traspare un’aria di mistero che m’incuriosisce più che spaventarmi.

 - Ho visto il mittente del pacchetto! A cosa le serve quell’esplosivo? - gli domando io, senza lasciarmi intimidire dalle sue domande (nei momenti di pericolo la migliore difesa è l’attacco!)

 -Se proprio lo vuoi sapere, ragazzino ficcanaso, voglio distruggere la biblioteca!

 -E perché? 

-Perché? Il perché non è affar tuo!

 -Perché?- insisto.

 - Beh, te lo posso anche dire! Tanto non avrai modo di raccontarlo a nessuno! Me l’ha ordinato lui di distruggere la biblioteca -urla mettendomi le mani alla gola.

  -Lui chi? -giro gli occhi tutt’intorno per vedere se c’è un complice.

Niente, nel salone siamo soli.

 -Chi è questo lui? È forse Vanni Fucci?

Non so come mi sia venuta quest’intuizione, ma fatto sta che all’improvviso il tizio molla la morsa e si siede accanto a me, con la testa fra le mani. Vista la sua reazione, deduco di aver indovinato e perciò comincio a tempestarlo di domande.

-Ma perché ce l’ha così tanto con la biblioteca?

-Non ce l’ho con la biblioteca! Ce l’ho con Dante e con la Divina Commedia!

 -Ah! E per quale motivo?

 - E me lo domandi? Non sai come mi chiamo? Il mio nome è Jacopo Fucci! È da quando facevo le medie che questo cognome mi ossessiona. Tutti mi chiedevano se avessi niente a che fare col Vanni Fucci della Divina Commedia, così ho cominciato a odiare Dante e la sua opera. Per colpa sua io, i miei avi, la mia città siamo additati da tutti come ladri e sacrileghi. 

-E come intende rimediare a questa cattiva fama?

-Qui dentro esiste un manoscritto che inchioda il mio antenato, però non sono ancora riuscito a trovarlo. 

-Ma a che cosa le serve?

-Sei proprio lento a capire! Quel documento è l’unica prova a nostro carico e perciò devo distruggerlo.

 - Ma lei cosa ci guadagna?

 -Non capisci proprio niente! Quando non esisterà più quel documento, non esisterà più la prova della nostra colpevolezza!

-E dopo che l’avrà distrutto, che farà?

 -Lo sai o no che io sono un critico letterario? 

 -Sì, lo so, ma che c’entra?

 -C’entra! Dopo scriverò un saggio rivoluzionario su Dante.

 -Cioè?

 -Dirò a tutto il mondo che era un gran bugiardo, poiché ha infangato il nostro nome senza alcun fondamento storico. 

-Ma, allora, perché vuole distruggere la biblioteca intera? Se proprio ci tiene, elimini quel documento!

-Purtroppo, non sono ancora riuscito a trovarlo. È tanto tempo che lo sto cercando, anche di notte.

-Ma di notte la biblioteca è chiusa!

-Non per me!

-Come sarebbe? Ha le chiavi?

-Non ho bisogno di chiavi! La mia casa possiede un passaggio segreto che mi porta in Forteguerriana: m’infilo in biblioteca attraverso un cunicolo sotterraneo e così con tutta calma frugo dappertutto. Una notte, proprio in questo salone, è apparso il mio antenato implorandomi di trovare il documento e di distruggerlo, o di far esplodere la biblioteca se non fossi riuscito a trovarlo.

-Un momento! Ho letto sul giornale che l’anno scorso c’è stato uno strano furto. È lei che ha trafugato il trascritto microcalligrafico, misteriosamente scomparso e ricomparso? 

-Certo!

-Ma perché l’aveva portato via?

-Me l’ha detto il mio antenato.

-E per quale scopo?

-Per apporvi la data! 

-Che data?

-La data dell’esplosione: il 9 settembre del 2009, il giorno del mio genetliaco.

Guardo esterrefatto gli occhi allucinati del professore e sono sempre più convinto che devo fare qualcosa. 

Ma cosa? 

Lui però mi afferra di nuovo. Sento le sue mani stringere sempre più forte. All’improvviso mi squilla il cellulare. L’uomo ha una reazione inaspettata, molla la presa e m’intima di consegnarglielo.

 -È la polizia che mi sta chiamando. Prima di venire qui, l’avevo avvertita. Sta per arrivare. Non sente la sirena? 

Naturalmente sto bluffando! La sirena non è quella della polizia, ma l’allarme di un’automobile provvidenzialmente entrato in funzione proprio in questo momento. 

Jacopo Fucci si guarda intorno, smuove una mattonella dell’impiantito in tutto e per tutto uguale alle altre e, come uno scoiattolo, s’infila nel cunicolo segreto scomparendo alla mia vista. 

Lì per lì decido di inseguirlo attraverso il passaggio segreto, ma poi abbandono l’idea, non prima di aver messo al suo posto la mattonella. Non mi resta che nascondermi, aspettare l’indomani e sgattaiolare fuori. Col cellulare avverto mia madre che dormo a casa di Claudio, un mio compagno di classe, e poi mi preparo a passare la nottata in biblioteca.

Il giorno dopo, alle 7 e mezza in punto, sento girare la chiave nella toppa, mi nascondo nel magazzino dietro una catasta di libri e, non appena l’impiegato va nel locale adiacente, esco dalla stanza, infilo la porta e mi trovo nella strada. Cammino velocemente, perché devo arrivare a scuola prima che suoni la campanella. Intanto mille pensieri si affollano nella mia mente, il più importante dei quali è come fare a fermare quel matto.

Non mi resta che agire d’astuzia!

 Nessuno mi crederebbe se andassi a raccontare che lo spettro di Vanni Fucci ha scritto su quel testo microcalligrafico la data del giorno in cui la biblioteca esploderà per mano di un suo bis bis bis nipote, fra l’altro stimato docente universitario e famoso critico letterario. 

Ho letto da qualche parte che a volte la realtà supera di gran lunga la fantasia in quanto a stranezza, ma questa mia scoperta è troppo inverosimile per essere presa in considerazione da un commissario di polizia, senza destare un fondato sospetto di follia su chi gliela va a raccontare. 

Sto pensando a tutte queste cose, quando varco la soglia della scuola ed entro in classe. Al banco non riesco a stare attento alle lezioni e meno male che la mattinata si conclude senza intoppi (interrogazioni, verifiche e cose simili…) e finalmente posso tornare a casa.

Dopo cena ritorno al computer e sfruttando tutte le mie doti di navigatore, trovo un’altra notizia che mi lascia perplesso: “Prove certe della colpevolezza di Vanni Fucci: un documento attestante il furto e l’autore custodito nella cattedrale di Pistoia…”

 Allora Jacopo Fucci  sta cercando nel posto sbagliato! Ma che razza di studioso è? Il mistero s’infittisce: o quello è uno sprovveduto o non mi ha detto la verità. 

-Ehi, vuoi spegnere quel computer e andare a dormire? Domani cosa racconti ai professori?- urla mia madre.

Borbotto qualcosa e spengo, non senza aver salvato tra i “preferiti” l’ultimo sito visitato. 

Mia madre non sa che la scuola è l’ultimo dei miei pensieri. Per la verità se ne sarebbe dovuta accorgere dalle sfilze di 4 che prendo in tutte le materie, fuorché in letteratura e informatica! Dante poi è sempre stato il mio idolo, perciò devo salvare la sua reputazione.

 La mattina dopo, a scuola, è la solita tortura: prendo una nota perché non ho portato il materiale occorrente, la prof. di matematica m’interroga e mi dà 4 e… colmo dei colmi, anche quella d’italiano mi fa un’annotazione sul registro di classe per colpa della mia distrazione. Vorrei dirle che questa volta ho dei buoni motivi per essere distratto: sto pensando a cosa fare per impedire che qualcuno danneggi la reputazione del Sommo Poeta e a come salvare la Forteguerriana.

 Il pomeriggio mi armo di un miniregistratore e vado a bussare alla porta del numero 1 del Vicolo della Sapienza. Sono intenzionato a ostacolare il crimine che il professore si appresta a commettere facendolo parlare e registrando la sua confessione. 

La porta però è socchiusa, m’infilo dentro senza pensare che potrei andare incontro a dei guai. 

Uno strano silenzio regna nell’appartamento, guardo in tutte le stanze, ma dell’uomo neanche l’ombra! In camera, però, ci sono segni di colluttazione e ne deduco che Jacopo Fucci è stato vittima di un’aggressione. 

Non è il caso che avverta la polizia, ci sarebbero troppe domande a cui dovrei rispondere. 

Sembra che il professore si sia dileguato e non per sua volontà.

 Escludo subito che nella faccenda ci sia il fantasma del suo antenato… sono un ragazzo dell’era tecnologica, perciò non credo a queste presenze occulte. Anzi, sono sempre più persuaso che la mente di Jacopo Fucci sia ottenebrata dall’ossessione del proprio cognome e che questo fatto l’abbia condotto alla pazzia. 

L’autore di quella macchia è lui stesso, che in una notte ha creduto di vedere il suo famigerato capostipite. 

Ma ora dov’è? Già che ci sono, mi metto a frugare qua e là, può darsi che la fortuna mi assista. Ad un certo punto vedo la segreteria telefonica e decido di ascoltarne i messaggi. 

 -Contrordine! Se non ci sbrighiamo, quel moccioso che hai incontrato in biblioteca va a spifferare tutto alla polizia. La bomba va messa stanotte!

Alludono a me! E di chi è quella voce? E, soprattutto, dov’è il professore? Forse all’ultimo momento si è pentito?

 Decido di frugare ancora nella casa, ma non trovo niente. C’è una sola cosa da fare: andare alla polizia e sperare di trovare qualcuno che mi creda.

 Esco dall’appartamento per recarmi al commissariato e stranamente, mentre spiego tutto al poliziotto di guardia, non sento nessuna risata di scherno. Anzi, l’agente compone un numero interno e accorre subito il questore in persona, accompagnato dal… professore.

In poche parole, mi spiegano che la persona rapita non è il vero Jacopo Fucci, ma un suo sosia.

-Questo signore è il vero Jacopo Fucci o no?

-Sì, è lui! L’abbiamo portato qui, al sicuro.

-Ma è un criminale!

-Ti sbagli, ragazzo! Il professore non è un delinquente!

-Non capisco! 

-Lui stava cercando, è vero, quel documento, ma naturalmente per scopi non criminosi. Ed è per questo motivo che era stato contattato dall’organizzazione. 

-Quale organizzazione?

-Una organizzazione criminale che vuole distruggere gli edifici dei centri storici per costruirne altri al loro posto.

-E il professore che ha fatto?

-Ha fatto finta di essere d’accordo, anzi, si è mostrato interessato al progetto!

-Comincio a capire…

-Per esempio, non ha battuto ciglio quando uno della banda gli ha detto che il fantasma del suo antenato aveva scritto la data dell’esplosione. Lo stratagemma della macchia era il loro “pezzo forte”, con quella pensavano di aver messo k.o. il professore e il suo equilibrio mentale. Naturalmente era stato ingaggiato allo scopo un esperto in microcalligrafia che ha scritto quella serie numerica in maniera che risultasse invisibile ad una normale lente d’ingrandimento…

-Ma non è sfuggita alla mia macchina fotografica ad altissima definizione!

-Già!

-E questi criminali che volevano da lei? –chiedo sempre più stupito al professore.

-Volevano farmi il lavaggio del cervello e indurmi a commettere un crimine! 

-E invece lei che ha fatto? 

-Siccome li assecondavo in tutto, quelli della banda hanno creduto che fossi diventato matto davvero. Non avevano alcun sospetto che io, al contrario, avessi avvertito subito la polizia. Per farli arrestare tutti, ho fatto finta di incoraggiare i loro piani criminosi, ma, quando la situazione stava per sfuggirmi di mano, ho cominciato a dubitare delle mie doti di “attore”.

-E che ha fatto allora?

-Ho confessato alla polizia che non ce la facevo più a continuare. Tanto più che avevo paura per te!

-E allora?

Allora mi hanno sostituito con un sosia, che è ben addestrato e che ora si trova nelle mani della banda al posto mio.

-E non potevano mettere subito questo sosia al posto suo?

-No, lui mi somiglia moltissimo, ma soltanto io so delle cose tecniche riguardanti Dante e la biblioteca, perciò solo io ero in grado di farli cadere in trappola facendo finta di assecondarli.

-E quando è successo lo scambio?

-Ieri ho ricevuto una telefonata in cui mi s’imponeva di anticipare l’esplosione, perché un ragazzino curioso stava per mandare tutto a monte. Perciò ho riferito subito questi ultimi sviluppi alla polizia, poi ho telefonato alla banda dicendo, d’accordo con il commissario, che non volevo più saperne di tutta la faccenda. Loro ci sono cascati e mi hanno detto che sarebbero venuti a casa mia per convincermi con le buone o con le cattive. 

-E poi?

-E poi sono venuti, ma io non c’ero più perché nel frattempo la polizia aveva provveduto allo scambio. A proposito, ma come hai fatto a uscire dalla biblioteca?

-Semplice! Ho dormito lì e poi al mattino me la sono svignata!

-Ma come hai a fatto a scoprire la data… e tutte le altre cose sul mio conto?

-Modestamente ho dell’intuito, ho una grande passione per Dante e un po’ di dimestichezza con i computer… ma perché, quando ho parlato con lei nella sala della Forteguerriana, non mi ha svelato tutto? Anzi, mi stava strozzando?

-Perché sapevo che c’erano dei microfoni nascosti e non potevo rischiare che l’organizzazione scoprisse che io stessi facendo il doppio gioco.

-E come è avvenuto tecnicamente lo scambio?

-Questo è un segreto che non ti possiamo svelare- mi dice il questore -ma sappi che la situazione è sotto controllo e che senza di te ce la saremmo cavata ugualmente- conclude ridacchiando, non senza una vena di ironia nei miei confronti.

-Però…! Forse ti dobbiamo ringraziare, perché la tua presenza ha accelerato i tempi –ammette poi.

-Ma perché quest’organizzazione criminale ha bisogno di distruggere i palazzi?

-Perché vuole costruire proprio nel Centro storico!

-Ma è da pazzi! Come si può pensare di buttar giù un edificio antico?

-Parli bene, tu, ragazzino del Duemila! Ora c’è il Ministero dei Beni culturali che tutela il nostro patrimonio storico-artistico; ma in passato sapessi quanti scempi sono stati fatti per costruire fabbricati moderni al posto di quelli antichi!- mi dice affranto l’anziano professore.

-È vero! Per esempio, proprio qui a Pistoia, in epoca fascista buttarono giù impunemente la rinascimentale “Loggia dei Mercanti” per costruire l’attuale palazzo delle Poste Centrali (che fra l’altro è proprio brutto!). Ce l’ha detto la nostra prof. di lettere, facendoci vedere una foto di quella bellissima costruzione!

-Come vedi, bisogna stare sempre in allerta! Oggi lo Stato non permette queste efferatezze: ecco perché bisogna tenere gli occhi ben aperti ancora di più. La criminalità agisce aggirando la legge, è ovvio, ed è così astuta da far passare i crimini o dovuti a fatti accidentali o all’azione di un folle, come in questo caso- mi spiega il questore.

-Però, c’è una cosa che non mi torna!

-Che cosa?

-Il Ministero dei Beni culturali farebbe costruire l’edificio tale e quale a quello preesistente, senza alcuna aggiunta o modifica.

-E allora?

-E allora non capisco bene cosa ci guadagnino quei delinquenti a fare una cosa che esiste già.

-I criminali, si sa, sono dei pazzi, ma seguono una certa logica. È vero! Il ministero impedirebbe di costruire edifici moderni al posto di quelli antichi, ma anche così loro ci guadagnano. -E come?

-È facile! Eseguendo lavori nel Centro storico, la ditta ad essi affiliata non solo acquisterebbe prestigio e quindi maggiore quotazione nel settore edilizio e immobiliare, ma soprattutto avrebbe introiti milionari, vista l’importanza della costruzione.

Squilla il telefono. 

-È tutto a posto, professore! Il suo sosia ha fatto bene il proprio lavoro! Quei criminali non la tormenteranno più! -annuncia raggiante il questore quando abbassa la cornetta.

-E tu, ragazzino, in futuro, non t’immischiare! Questa volta ti è andata bene, ma non si sa mai!-continua poi, rivolto a me.

-Un momento, c’è ancora una cosa che non mi torna!

-Cosa?-chiedono tutti all’unisono.

-Professore, per quale motivo non sapeva che il documento non si trova in biblioteca, ma in Duomo?

-Ma certo che lo sapevo!  Ho preferito però far credere a quelli della banda che si trovava in Forteguerriana, perché lì potevo essere a mio agio (ricordi il passaggio segreto?) e guadagnare tempo. Tutto qui!

-Forte! Lei è proprio un genio, professore!

-Anche tu, ragazzino! In bocca al lupo per tuoi studi e… mi raccomando, cerca di stare alla larga dai misteri!

-Grazie per l’augurio… ma quanto alle raccomandazioni non le prometto niente…perché il mistero è il succo della vita! No?

Mario Agnoli †