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Mario Agnoli             ROMANZI      L'ombrellone

Inizio pag. Introduzione dell'Autore Postfazione di G.B. Gazzarrini La Vita: Note
di L. Soldatii
Indice
del libro
Presentaz.
a Pistoia
Presentaz a
Urbino
 

 

© Giraldi Editore, 2017

commerciale@giraldieditore.it

info@giraldieditore.it

www.giraldieditore.it

ISBN 978-88-6155-704-8

 

 

 

INDICE

 

Introduzione dell’autore

3

Parte I - Alla ricerca di un simbolo

7

Prolegomeni

9

      1 .La lunga estate

10

Tentativo di aprire un varco nella storia (10.8-25-8.1858)

10

Divagazioni religiose

13

Uno stralcio di riflessione

16

Entro la cronaca deU’ombrellone

18

Il ritorno all’albergo

27

     2. L’autunno 1958

33

La condanna (20.12.1958)

  33

La prigione e la ricerca di una maggiore tutela dei diritti dei detenuti

  36

Il matrimonio di Elisa e Giovanni (5.8.1959)

  43

Il seguito non scontato

  47

La storia ha le sue regole

  50

I cicli non hanno memoria

  51

      3. Resurrezione

  53

La fuga

  53

Il ritorno dell’ombrellone (10.8-25.8.1962)

  54

Le tessere del mosaico corrispondono al disegno (ottobre 1962)

  59

      4. L’ineluttabile ragione
                                        dell’essere

61

La revisione del processo

61

La tragedia (luglio 1963)

62

       5. La restaurazione (1964)

68

La solitudine

68

La cognizione del dovere

70

Dalla solitudine alla ricerca

71

Ilfortuito diviene dimensione del pensiero dominante

72

La riflessione e la cautela

74

Il ritorno della fuga

74

La stabilizzazione dei ricordi

76

L’incontro (giugno 1964)

78

       6. L’interruzione

81

L’amicizia

82

La scuola

85

La saggistica e i luoghi del sapere

87

L’ambiguità di alcune scelte

89

Il Circolo culturale

92

Il giornale

93

Inviato speciale

96

L’Editore

        101

La casa, la piccola casa

        103

LI successo di Luigi

        104

      7. La betulla

        105

L’amore

        106

La poesia

        111

Amore, arte, poesia e bellezza

        113

Cucire e ricucire

       117

Parte II - La transizione

145

Padre Pacifico - Il profumo di Dio

123

L’Editore — L’idolatria delle incombenze

125

L’albergatore — la memoria delle i occasioni instabili

128

Li vago senso dell’essere

129

L’oblio

135

Le ombre di ripiego

136

I semi delle rimanenze

139

Anche il tempo si mette in ciclo

140

La morte di padre Pacifico

142

Parte III - I luoghi delle convergenze

145

Le relazioni sociali

147

Spazi alternativi

151

Le opportunità convenzionali

152

Le vocazioni sapienziali

153

Le stabilizzazioni sentimentali

154

Le strane acquiescenze

156

Verità, giustizia, amore e speranza

163

Amore

166

Il riscatto dalla cenere

Postfazione - Note di lettura per L’Ombrellone

170

173

 

LaVita, 17 Sett 2017  n°32
 

UN ROMANZO DI MARIO AGNOLI

"L’Ombrellone”

A conclusione della Trilogia della riconquista  di Leonardo Soldati

 

Ultimo romanzo di Mario Agnoli, “L’Ombrellone” di Giraldi editore, appassionato autore scomparso il 6 agosto scorso che vogliamo ricordare come bravo narratore e delicato poeta oltre che come prestigioso esperto di diritto amministrativo. L’opera fa parte della trilogia della riconquista, con i volumi “La Fuga” Giraldi 2012 e “La Croda Rossa” Giraldi 2015 accomunati da tensioni forti per la ricerca di un riscatto personale, espresso nelle parole e nelle sensazioni che sprigionano.

In questo romanzo, al centro i ricordi: «Il passato è una componente essenziale della mia narrativa - scrive infatti l’autore, nell’introduzione al libro - in cui la fuga non riesce in alcun modo ad essere indenne dal continuo ripristino del vissuto». La storia raccontata si sviluppa nel corso di sette anni, dal 1958 al 1965, periodo cruciale per lo     sviluppo economico-sociale dell’Italia postbellica, nonostante la guerra fredda. Come negli altri due volumi, protagonista è la sofferenza dell’individuo che si declina in vari contesti storico-sociali. Luigi soffre per le intollerabili ingiustizie alle quali si trova sottoposto, dovute alla perfidia altrui e rafforzate dai limiti del contesto sociale, fino a condurlo alla soglia dell’autoannientamento al quale però riesce a sottrarsi attingendo alle proprie risorse culturali, affettive, spirituali. Coprotagonista è Elisa, con una storia umana che si sviluppa in un amore apparentemente contrastato, in una combinazione di fatti alteranti la verità, nell’accettazione di una pena ingiusta quale espiazione di colpe comunque presenti nell’uomo in un’ottica religiosa, nella ricerca di valori positivi in un ambito sociale degradato quale può essere il carcere, nella solitudine e nei sogni in cui stemperare il dolore e nella conseguente “fuga” dalla vita, infine nella resurrezione interiore, anche attraverso un’intensa ricerca culturale, e nell’amore fra coloro che hanno ingiustamente sofferto. L’ombrellone in questo libro è simbolo «di uno squarcio di cielo ceduto alla sabbia; di un raccoglitore di ombre; di personaggi al riparo dal sole che attendono a uno schema scenografico preordinato per diventare attori occasionali di una commedia priva di autore; di un “raggio che raggiunge le profondità dell’essere e del pensiero”» scrive Mario Agnoli nel Prolegomeni del volume.

Alla fine l’uomo riconquista, seppur con estrema fatica, la propria pienezza identitaria ma anche la capacità di sognare, «ed è subito, d’incanto, come in un sogno, la visione di una spiaggia con un ombrellone grande come un angolo di cielo» si legge nel romanzo.

Tra le opere pubblicate dall’autore, cadorino di nascita ma da anni abitante a Pistoia, numerosi volumi di tecnica giuridica e saggi su riviste specializzate di settore, saggi ed articoli in ambito letterario oppure di storia e critica dell’arte contemporanea, riflessioni su questioni storico-sociali del nostro tempo con una forte connotazione civile ed etica. Otto invece le raccolte poetiche dal 1972 ad oggi, l'ultima “Esperia” Giraldi editore 2010. Condoglianze alla moglie Marina ed ai familiari, per l’improvvisa scomparsa di una squisita persona qual’era Mario Agnoli.

Leonardo Soldati

 

IV di Copertina

In questo romanzo, come nei precedenti dell’autore, protagonista è la sofferenza dell’individuo, sofferenza che si declina in diversi contesti storico-sociali. In questa opera il protagonista, Luigi, soffre per le intollerabili ingiustizie che lo colpiscono, ingiustizie causate dalla perfidia altrui e favorite dai limiti del contesto sociale. Gli effetti devastanti dell’ingiustizia conducono Luigi alle soglie dell’autoannientamento, a cui si sottrae attingendo alle proprie risorse profonde, intellettuali, culturali, affettive, spirituali: “Luigi pensa, ripensa, poi improvvisamente si avvita al ramo della ragione, come un tralcio d’edera sulla mansarda del palazzo delle illusioni, così vicino al cielo da sembrare una pertinenza di nube”.

L’uomo riconquista con fatica, oltre alla propria pienezza identitaria, la capacità di sognare: “...ed è subito, d’incanto, come in un sogno, la visione di una spiaggia con un ombrel­lone grande come un angolo di cielo”.

 

 

Introduzione dell’autore

 

Il romanzo L’Ombrellone fa parte della Trilogia della riconquista, composta da: La Fuga, La Croda Rossa e L’Ombrellone stesso.

Gli elementi comuni della costruzione narrativa, già sperimentati negli altri due romanzi, sono presenti anche in questo romanzo, soprattutto sotto il profilo stilistico.

I   tre romanzi rivelano la presenza di tensioni forti per la ricerca di un riscatto personale, espresso nelle sensazioni, nelle parole, nelle espressioni.

Nel romanzo L’Ombrellone sono evidenziati in particola­re i ricordi. Il passato è una componente essenziale della mia narrativa in cui la fuga non riesce in alcun modo ad essere indenne dal continuo ripristino del vissuto.

II romanzo si sviluppa in un contesto storico di sette anni, dal 1958 al 1965, anni cruciali per lo sviluppo delle politiche economiche e sociali dell’Italia e degli altri Paesi del mondo dopo la seconda guerra mondiale, nonostante il peso della guerra fredda e lo scoppio del grave conflitto armato nel Vietnam.

I   protagonisti principali del romanzo sono Luigi e Elisa, in una storia umana che si sviluppa:

-   in un amore in apparenza contro e contrastato;

-  in una combinazione di fatti preordinati ad alterare la verità e danneggiare gravemente uno dei protagonisti;

-  nell’accettazione di una pena ingiusta, intesa come espiazione di colpe comunque presenti neH’uomo, in una chiave di lettura di carattere religioso;

- nella ricerca di valori positivi in ambiti sociali degradati (quale il carcere);

- nella solitudine, nei pensieri, nei sogni in cui stemperare il dolore;

- nella fuga dalla vita di colui che ha praticato realmente l’ingiustizia;

- nella resurrezione interiore, anche attraverso un’ampia e intensa ricerca culturale, e nell’amore fra coloro che hanno sofferto ingiustamente.

Mario Agnoli

 

 

Postfazione e Note di lettura per L'Ombrellone

 

Più del simbolo, meno suggestivo della eroda rossa, tranne per l’immagine sognata alla fine dell’ombrellone, “grande come un angolo di cielo”, il nuovo romanzo, che conclude la Trilogia della riconquista, rivela la centralità di un Dio disposto all’ascolto, a perdonare e consolare gli esseri umani immersi nel dibattito tra bene e male. L’etica in cui si tormentano i personaggi del romanzo, Luigi, Elisa, Giovanni geloso del loro rapporto, la stessa Mary, è tradizionale. Parla di tolleranza, carità e speranza per i buoni, di senso di colpa per chi sbaglia e non riesce a redimersi. “E la morale che promuove la funzione radicale in cui Giovanni si integra e vede l’alternativa manichea del giudice e dell’imputato”.

In questa ottica, la struttura narrativa, perfettamente calibrata, si avvale di una tripartizione scandita da numerose sezioni sottotitolate in modo illuminante, con tanto di prologo (Introduzione dell’autore) e di un epilogo (Postfazione). La prima parte, Alla ricerca di un simbolo, consta di sette capitoli, ciascuno distinto in sezioni dai titoli-guida significativi. Penso alla Resurrezione del capitolo 3, a L’ineluttabile ragione dell’essere del 4, alla Restaurazione del 5.

La seconda parte dedicata alla Transizione, la terza ai Luoghi delle convergenze, con la frammentazione consueta dei sottotitoli a indicare la soglia della svolta, il capovolgimento di prospettiva, salvo restando l’importanza costante dei dialoghi. Si tratta di un congegno narrativo unitario dove tutto corrisponde in modo speculare per simmetrie, oppure per opposizioni e spostamenti continui. Tra il soggetto che ricorda, scrive, descrive con cura puntigliosa, perentoria, e i personaggi principali di una storia vissuta fino all’ultima dogana, si instaura un rapporto dialettico in grado di offrire la formula efficace e suggestiva per esprimere gli incantesimi favolosi, sia i giudizi morali.

A imbastire la trama narrativa concorre “un amore controverso e contrastato” (Introduzione). Agnoli canta le “pene d’amor perdute” di Elisa e Luigi, la riconquista di un rapporto profondo dopo aver sofferto inganno, ingiustizia, tragedia, guerra e inondazione. A volte il melodramma (più di Casta diva che da “vissi d’arte, vissi d’amore”, nonostante l’assunzione in proprio, da parte del protagonista, del trampolino di amore, arte, poesia e bellezza) diviene un “trattatello d’amore” quasi da barthésiani Frammenti di un discorso amoroso. Tuttavia alle “ebrezze dell’amore” lo scrittore affianca sempre le “ebrezze della ragione”, in un controcanto che va oltre la realtà restando ancorato all’etica. Di sicuro, appare capace di sovrapporre alla cronaca spicciola del trattatelo d’amore e di una provincia fantomatica, come Coriola, Lusinia o Rezia, una dimensione più vasta, universale. Oserei tentare un paragone, forse eccessivo, chiamando in causa l’esempio dei “grandi visionari” del Novecento, Calvino, Parise o la stessa Ginzburg.

A complicare l’intreccio del romanzo incide la polivalenza culturale dell’autore, gran commis e docente di diritto, poeta e narratore, credente di sicura fede cristiana. Si comprende, allora, il ricorso alla “provvida sventura”, di manzoniana memoria, per interpretare le vicende personali, soprattutto di un personaggio autobiografico come Luigi, che accetta di scontare una pena ingiusta in quanto espiazione di colpe umane. E qui ci troviamo di fronte a un’altra zona di fermentazione umanitaria, legata alla “ricerca di valori in ambiti sociali degradati, quale il carcere” (Introduzione). Non a caso, l'exscursus dell’innocente Luigi, che invece di rassegnarsi all’apatia opera attivamente per migliorare le condizioni di vita dei carcerati, assurge a parabola e antidoto alla dolorosa caducità del mondo. Se la figura-icona di padre Pacifico si fa portatrice della misericordia divina e della rassegnazione nei confronti di un disegno troppo alto per la comprensione umana, ad acuire la sensibilità dell’autore per il problema del male, esistenziale e storico, contribuisce la memoria del passato. A questo proposito, il contesto storico abbraccia un settennio dal 1958 al 1965. Secondo Agnoli, sono anni cruciali per lo sviluppo delle politiche economiche e sociali, non solo italiane, nonostante la “guerra fredda” e lo scontro armato in Vietnam. Felice è la definizione della memoria del passato affidata, nel romanzo, alla fantasia del poeta:


 -   il passato è come un animale in agguato: al momento opportuno
 -   si colloca all’interno della storia dell’uomo, può aggredire in ogni istante con la forza del ricordo.

 

Meno insistito risulta il rapporto del protagonista, da inviato speciale in Vietnam, con la tragedia bellica che ha segnato gli anni Sessanta del Novecento. Ma non basta: nelle meditazioni di Luigi assumono ampio spazio i particolari interessi filosofici, letterari, interculturali di un autore curioso e sensibile per lo scandaglio della psiche umana alla ricerca della verità e della giustizia. Se gli interessi letterari dello scrittore, oltre a condizionare i rapporti e l’esistenza dei personaggi del romanzo, informano veri e propri inserti metanarrativi, i miei si sono indirizzati verso la trattazione dell’utopia nell’incontro/scontro con la libertà e la presenza del numinoso nelle cose e nella natura.

All’improvviso la narrazione si sposta nello spazio magico del regno naturale edenico per innalzarsi a fermentazione poetica di luoghi fisici e metafisici, stagioni, oggetti, spazi nascosti tra mari e monti. E questo l’aspetto che prediligo nella scrittura di Agnoli. Soddisfa un’attività critica concepita, alla Curtius, “come atto di libertà creatrice dello spirito”.

Nel processo di mitizzazione poetica “l’immagine del dolore ritorna alla sua icona per rileggere il tempo”:

e la sabbia di Torre Marina si distende sulla piana adagio, riprende le piccole dune fuggite con il vento.

A sua volta,

L’autunno è combinazione tra l’effimero e il contingente. I colori di stagione sono forti, affrettati dal secco radente. Può essere l’autunno delle inerzie, delle attese, dei sospiri, in ogni caso è l’autunno delle ombre slacciate dalla luce dei paradossi come lingue di fuoco, di uomini riciclati intenti a non morire di dolore.

In ultima analisi, se la vera protagonista del romanzo “è la sofferenza dell’individuo”, come ribadisce l’autore, all’uomo non resta altra scelta che “avvitarsi”

al ramo della ragione come un tralcio d’edera sulla mansarda del palazzo delle illusioni così vicino al cielo da sembrare una pertinenza di nube...

per riconquistare, sia pure con fatica la “propria pienezza identitaria, la capacità di sognare”.


Giuliana Bonacchi Gazzarrini
Firenze, 8 maggio 2016

 

 

Presentazione a Pistoia

 

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In memoria di Mario Agnoli †

Nei mesi scorsi si sono tenute a Pistoia e Firenze due presentazioni del romanzo postumo “L’OMBRELLONE”, di Mario Agnoli, che hanno coinciso con la commemorazione della scomparsa dello scrittore, nostro indimenticabile amico, attivo socio collaboratore e soprattutto figura letteraria di primo piano del panorama italiano. Ne diamo testimonianza con la pubblicazione delle due  calorose e pregnanti relazioni presentate sia alla Saletta dell’Assessorato alla cultura in Via S .Andrea a Pistoia, sia al salotto “Giubbe Rosse” di Firenze da due noti, eccellenti operatori culturali che animano la vita culturale di Pistoia e del territorio, ossia i Dr. Proff. Marco Massimiliano Lenzi e Carlo Vannini.

 

PER MARIO AGNOLI

Una testimonianza di Marco Massimiliano Lenzi

Dagli incontri, dalle conversazioni avute con Mario Agnoli  e  leggendo alcuni dei suoi lavori, mi sono reso conto di trovarmi di fronte ad una personalità complessa e sottilmente articolata: studioso di diritto amministrativo ad altissimo livello, saggista, docente, impegnato in ambito politico-amministrativo (ambito in cui aveva ricoperto importanti cariche), poeta, scrittore, critico interessato a tutti gli aspetti dell’arte.  E, mi preme sottolinearlo, uomo di fede; ma di una religiosità non esibita. Tuttavia, cosa rara, questi aspetti presentavano un’intima coesione. Uso il termine coesione e non semplicemente coerenza, perché quest’ultima implica comunque una certo sforzo, mentre in Agnoli era ben individuabile la  naturalezza, la gratuità con cui ciò si esprimeva. -Potrei qualificare Mario Agnoli come un uomo di cultura, un autentico intellettuale a tutto tondo, cosa estremamente rara da riscontrare. Perché rara? Perché Agnoli era veramente al servizio della cultura in tutte le manifestazioni che ho indicato e non poneva certo la cultura al proprio servizio, ai fini di un’affermazione personale. Inoltre, in lui era ben evidente (ed è ciò che

contraddistingue il vero intellettuale) fino all’ultimo il desiderio di conoscere e di imparare, direi quasi il dovere di farlo. Così come il genuino interesse  per il lavoro intellettuale degli altri.

-Se dovessi sintetizzare in una cifra simbolica l’esperienza esistenziale di Agnoli,  a partire dalla sua produzione letteraria e poetica, ma non solo,  la qualificherei come: “lucidità appassionata”. Il che può quasi apparire una contraddizione in termini, un ossimoro. Ma non è così.

-L’attenta presenza esistenziale di Agnoli è contraddistinta (e questo emerge particolarmente dall’opera narrativa) da un rigoroso impianto logico-analitico, uno sforzo continuo di oggettivazione  per acquisire  una sempre più profonda presa di coscienza.  Questa lucida, spesso dolorosa disamina investe, con dovizia di dettagli, la realtà sociale, storica e storico-culturale, mai intesa come separata dalle vicende delle esistenze individuali e dalle dinamiche dei rapporti interpersonali. Ciò emerge dalla messa in scena di personaggi, vicende e situazioni appartenenti a questo suo ultimo romanzo  L’ombrellone.  E’ soltanto all’interno di questa tessitura narrativa che può emergere con maggior chiarezza quella «successione degli stati dell’essere» (così si esprime Agnoli nelle pagine de L’ombrellone) che è  il punto caldo di convergenza  della sua analisi. Stati che implicano la simultaneità della componente riflessiva e di quella emotiva, dei sentimenti, della dimensione individuale e di quella sociale.

-Potremmo dire allora che l’istanza fondamentale di Agnoli è quella della conoscenza, intesa però non come accumulo di nozioni, bensì come ricerca appassionata di consapevolezza. In questo processo la razionalità, l’ingiunzione logico-analitica, vengono spinte all’ estremo mostrando così il proprio, invalicabile limite.  E’ qui, a mio avviso, che si rivela il vero protagonista dei romanzi e della poesia di Agnoli:  il senso del Mistero; il sentimento di un’altra trama dell’esistenza, solo in parte e per frammenti accessibile: quella tessuta dall’Invisibile, dall’imponderabile, decisa da un Potere superiore, di ordine trascendente

-E’ qui che la religiosità di Agnoli si mostra come Fede sì radicata, ma non facilmente assertiva, bensì fortemente interlocutoria, costantemente incalzata dalle esigenze della ragione, dal confronto umano e metafisico insieme del Bene e del Male, della giustizia e del sopruso, del diritto e della prevaricazione, della facile menzogna e della difficile verità da cercare; senza soluzione di continuità tra dimensione individuale e dimensione storico-sociale.

-E’ su questo arduo crinale che si mette alla prova l’uomo, l’intellettuale, il poeta. Come? Accettando la sfida di “abitare”  questo confronto, di non rifiutare o rimuovere la presenza immanente del Mistero, dell’imponderabile ripiegandosi su una individualismo esasperato e pessimista, su una quotidianità sfibrata, su una autoreferenzialità elevata a norma assoluta, come purtroppo è di gran parte della narrativa e della poesia contemporanee. 

- Per evidenziare il senso di questa sfida, accettata da Agnoli, vorrei soffermarmi un momento sulla sua poesia. Infatti, come sottolinea la moglie Marina, in un toccante ricordo, è all’anelito alla poesia che soprattutto Agnoli ha affidato la sua traccia nel mondo. E, aggiungerei, senza conoscere la poesia di Agnoli non si può penetrare compiutamente la sua opera narrativa.

-Quello che, a mio avviso, contraddistingue la poesia di Agnoli è il tentativo di giungere a quello che può essere definito come pensiero poetante o poesia pensante. Mi spiego semplificando al massimo. La poesia non è qui intesa come mera espressione di stati d’animo, sentimenti cui si accompagna una qualche forma di riflessione; bensì è il farsi stesso della poesia che muove, genera una particolare forma di pensiero, insieme simbolica e discorsiva. Vale a dire che la poesia, a questo livello, rivela tutta la propria  valenza  conoscitiva, confrontandosi costantemente con il Silenzio da cui si origina, ossia con ciò che è indicibile e che pure è intensamente presente. Da questo Silenzio proviene la parola poetica e ad esso riconduce. 

-Da qui, la estrema sensibilità linguistica mostrata da Agnoli, l’equilibrata formazione delle immagini poetiche in cui la forza evocativa del simbolo non può prescindere da un’alta, affilata consapevolezza linguistica. La stessa che, per altro, ritroviamo nei romanzi sebbene regolata da altre esigenze stilistiche.

-Vorrei, per concludere, portare brevemente l’attenzione su un ultimo, ma fondamentale elemento che attraversa,  come un circuito interno, la figura e l’opera di Agnoli: la cognizione del bene.  Questo, non è assolutamente da intendersi nella prospettiva propria al relativismo, poiché esso  per Agnoli  si origina nella Trascendenza, nel Divino; né, tantomeno, è assoggettabile a mere istanze individualistiche. 

-Ritengo, inoltre, che per Agnoli il bene non sia qualcosa di già compiutamente dato: quando da parte

dell’uomo vi è la scelta del bene e non del male, allora e soltanto allora il bene esiste veramente. Bisogna poi sottolineare che la concezione del bene  implica, in sé, quella di verità, di bellezza di giustizia, nel solco della nostra tradizione umanistica. Questa però, in una prospettiva pienamente cristiana, ha come fulcro la Redenzione, il che comporta la determinante presenza del libero arbitrio, l’imprescindibilità della scelta.

-La passività dunque, il non scegliere, la rinuncia è il male, quel male che conduce inevitabilmente alla nullificazione dell’esistenza. Scrive Agnoli: «Il male non è un’avvisaglia dello sgomento, un insabbiamento dell’essere, è rinuncia». 

-A ben vedere,  Luigi, il protagonista di questo romanzo (e in buona parte alter-ego del narratore)  nel proprio rovello esistenziale ed artistico  cerca costantemente di perseguire il bene (con tutte le implicazioni che ho detto) al di là della contingenza, dell’illusorietà delle apparenze, delle incertezze, del proprio tornaconto, fino all’autosacrificio. Fino all’accettazione di una condanna e di una reclusione del tutto ingiuste, trasformandole in una occasione per cambiare in meglio la vita degli altri detenuti. Anche la continua elaborazione del proprio stile, i dubbi, gli interrogativi, le trasformazioni da parte del protagonista del romanzo, cercano di rispondere ad un’esigenza di verità per porsi adeguatamente dentro (e non semplicemente di fronte) alle mutevoli condizioni socio-culturali, per ricercare un difficile orientamento condivisibile. Anche questo è il compito dell’intellettuale, dello scrittore.

-Agnoli con ciò, sembra volerci ricordare che solo il bene, inteso in tutta la sua complessità, può dare realmente un senso alla nostra esistenza, quel senso che, antropologicamente, è bisogno primario dell’uomo in quanto tale e che soltanto può condurre ad un progetto reale, indirizzare la vita di ognuno e della collettività illuminando la contingenza, la quotidianità con una luce  diversa, perenne, perché di origine non umana. 

Soltanto attraverso ciò l’uomo può aprirsi alla propria dimensione totale, affacciandosi sull’Infinito.

Scrive Agnoli (da Dove cresce il cipresso) nella poesia “Il diritto come morale”:

«Tutto è del nulla ove prevalga il non senso Pure l’indugio è fuga dell’essere Solo la cognizione del bene è profumo d’eterno».

Marco Massimiliano Lenzi

 

 

 

Mario Agnoli uomo e scrittore d’élite

 Una testimonianza di  Carlo Vannini

 

Uomo splendido, Mario Agnoli, che ha vissuto intensamente, a cominciare dall' esperienza della seconda guerra mondiale passata, come antifascista, fra dolori, tribolazioni e traumi indelebili come una fucilazione evitata solo all'ultimo istante per un contrordine ed una fuga rocambolesca dalla prigionia che lo costrinse a stenti e privazioni tali da condurlo a pesare, alto oltre 1,80 cm, appena 40 chili. Uomo della Resistenza Mario Agnoli ed espressione genuina di quei valori. D'altra parte su di lui non potevano non esercitare un'influenza politica ed umana forte e duratura sia il padre deputato socialista nel dopoguerra, sia la madre cattolico cristiana fervente alla quale per tutta la vita sarà sempre legato intensamente. "Ti prego mamma, aiutami a sperare..." scriveva significativamente in una poesia del '46 che esprime il desiderio intimo di superare il male della guerra con le sue drammatiche conseguenze su donne, uomini e cose.

Laureatosi a pieni voti nell'immediato dopoguerra, è stato fra i più giovani e forse il più giovane Segretario Comunale d'Italia in un paesino, Zoppe' di Cadore, essendo contemporaneamente reggente in altri Comuni del Cadore, prima di approdare a Feltre, lasciando ovunque un'impronta, che non si è cancellata nel tempo, di funzionario capace e pronto a dare risposte sia sul piano tecnico amministrativo, sia sul piano della disponibilità umana e sociale. Mario Agnoli è già in questo primo percorso nel quale unisce all'applicazione e gestione del diritto amministrativo il sentimento di partecipazione e condivisione dei problemi dell'individuo e della comunità.  Dava già allora dimostrazione di quel felice intreccio fra ius conditum e ius condendum che sarà alla base del suo Ufficio, nel quale l'inesauribile conoscenza giuridica viene cristallinamente volta e "piegata" alla soluzione di esigenze sociali ed economiche e presuppone sempre un dover essere, un' idealità,  la traduzione in una giustizia maggiore. 

Mai arido cultore di leggi e regolamenti Agnoli, il Segretario Comunale per eccellenza, anche nella città di  Pistoia, dove è stato un maestro di soluzioni empiriche improntate alla  concretezza, al buon governo, all'etica: un servitore dello Stato di altissimo valore che, senza mai apparire, in modo riservato, ha profuso pareri, orientamenti e indicazioni, anche una volta andato in pensione, a Comuni, Provincie e Regioni d'Italia nel ruolo primario svolto nell'ufficio di consulenza dell' ANCI, l'Associazione dei Comuni d'Italia, collaborando altresì a riviste le più importanti del diritto amministrativo e insegnando anche all'Università. 

La scienza di quest'uomo era e rimane semplicemente 'spaventosa', la mente lucida e aperta costantemente a nuovi saperi: una mente leonardiana che nel diritto amministrativo aveva il suo ubi consistam, ma traeva la sua origine da un'esigenza culturale più profonda: il rispetto, la valorizzazione, l'esaltazione di tutto  ciò che nella vita è bello, giusto e saggio e, insieme, l'impellenza sottesa di accostare i misteri ultimi dell'esistenza.  Al fondo, forse traendo sempre origine dalla cultura del padre e dalla sensibilità della madre, Mario ha sempre coltivato in ogni suo atto, un innato umanesimo, regalandoci uno stile di vita ispirato ai più alti valori, che ha come rinvigorito e rinnovato godendo di quel felice incontro che è stato conoscere, amare e camminare insieme a Marina, sua moglie.

Certo è che, volgendo lo sguardo sul suo lungo cammino, si può veramente affermare che egli ha fatto fruttare tutti i suoi talleri, le sue doti.  Poliedrico, si è interessato e ha scritto di storia, filosofia, sociologia, arte, religione e...letteratura: romanzi e, in particolare,  poesie. Si, Mario è stato ed è fondamentalmente un poeta, un grande poeta nel senso più alto e onnicomprensivo del termine, nel significato greco di "creatore", capace di darci continuamente cose nuove, originali e originarie. È in  questa  prospettiva che prende forma compiuta il senso della sua incessante attività : Mario creatore di diritto amministrativo ( si pensi al suo ruolo nella realizzazione del Mercuriale o del Museo Marino Marini a Pistoia ), ma anche Mario oceanico scrittore di qualsivoglia aspetto dello scibile umano, critico letterario,  componente e presidente di giurie e premi importanti come il "La Pira". Sempre alla ricerca di cose nuove. Si potrebbe dire che " non si è fatto mancare nulla": sacrifici, dolori ma anche gioie, come si è visto, e su tutte le vicende vissute una necessità di riflettere e ricordare per restituirci un messaggio, un contributo, un'emozione e, forse, guardando più lontano, il senso stesso della vita.

E quale forma dell'essere, quale parola che fonda e crea, heiddegerianamente parlando, è più adatta a tal fine della poesia e delle lettere? Come ha sottolineato Giuliana Bonacchi Gazzarrini, per scoprire l'identità segreta di Mario Agnoli occorre riandare provocatoriamente all'ammonimento di Hoerderlin : "...un dio è l'uomo quando sogna, un mendico quando riflette". Si,  apparentemente incredibile, ma è così.  Qui, nella poesia e nel racconto, in una straordinaria applicazione dell'immaginazione di kantiana memoria, il grande esperto del diritto, finalmente libero da ogni vincolo contingente,  esprime se stesso, la sua anima e svela il proprio io: il tratto gentile e l'eterna giovinezza del suo essere, il sentire profondo, la tensione morale verso una società rinnovata Basta venire al romanzo " L'ombrellone ", l'ultimo di una trilogia della quale fanno parte anche "La fuga" e "La croda rossa". Ci sono pagine significative al riguardo. Per esempio quelle dedicate al dopoguerra, con l'aspirazione ad una società più equa, ovvero i ritorni costanti al tema dell'utopia, sul quale si sofferma il protagonista Luigi Neri.

Qui c'è Mario e il suo sentimento di quel mondo migliore per il quale è vissuto e si è speso, aiutando il prossimo e la comunità,  come fa lo stesso Luigi nella sua esperienza carceraria e nel momento tragico dell'inondazione che colpisce la sua terra: Agnoli stesso, lo sappiamo, si è direttamente interessato dei carcerati, sviluppando la lezione di Cesare Beccaria. Volendo, si potrebbe dire che molti dei temi e soggetti del Nostro rimandano a tracce più o meno intense ed importanti della sua vita, della sua biografia. In questo aveva un riferimento assoluto in un grande poeta del Novecento: Mario Luzi e la sua celebrazione drammatica dell'autobiografia, con in risalto il conflitto fra un io portato per le cose sublimi e i riscontri terreni. Per contro si veda quanto scrive il protagonista del romanzo, alias Agnoli, intorno alla sua produzione poetica e letteraria,  alla quale si dedica al di là della sua professione di giornalista: "...è legata alle stagioni della vita, con i relativi accosti, le connotazioni temporali, le tribolazioni, le inquietudini, i nuovi sentieri, i frammenti, le ombre sulle proiezioni luminose". La relazione fra lo scrittore e il protagonista è talora talmente forte che questi, in altro passo del racconto, allude ad una nuova futura trilogia di romanzi da dare alle stampe, proprio come era intenzione di Mario Agnoli per il prossimo futuro... Ad adiuvandum.

Nella Prefazione al primo romanzo, ovvero "La fuga", egli stesso parla della sua narrazione come " adesione allo sviluppo sistematico degli avvenimenti storici che corrisponde ad un'esigenza storica senza tuttavia impedire alla fantasia di costruire situazioni oltre il piano personale " e ci dice espressamente di " voler ricostruire" e " far rivivere con i suoi personaggi buona parte delle vicende storiche del primo dopoguerra sino agli anni '80, riprendendo aspetti fantastici e vissuti sofferti e gioiosi dell'autore". Non solo. Nella stessa Prefazione, che è come un'introduzione all'intera trilogia, scrive: "Alcuni fatti sono sorretti dalla ricerca spirituale, con ampi spazi riservati al dialogo", come a confermare che le vicende narrate diventano anche occasione di riflessione, approfondimento e direi sublimazione di vita vissuta in carne e ossa . E infine, nella Presentazione de "L'ombrellone", sottolinea che in esso "sono evidenziati in particolare i ricordi. Il passato è una componente essenziale della mia narrativa in cui la fuga non riesce in alcun modo ad essere indenne dal continuo ripristino del vissuto".  La lotta continua, che i suoi personaggi, come Luigi ne "L'ombrellone", hanno sostenuto prima e dopo la guerra, è contemporaneamente autobiografica e universale: in essa ciascuno può riconoscersi come uomo.  Le  esperienze vissute dall'Agnoli, uomini ambienti cose, divengono materia per rappresentare realtà e vicende dense di significati, " a volte scandagliati nel loro simbolismo concettuale, - come ha scritto Fabio Flego -, a volte volutamente oscuri, per un bisogno forte di continuare a pensare sulle cose rimaste in sospeso", sui dubbi, sui silenzi dell'essere. I protagonisti, in particolare, si muovono su più piani e con diversi interessi e fini, ma in tutti è presente l'Autore come narratore, confessore, giudice, critico, intellettuale impegnato, uomo che si sofferma, infine, cristianamente e laicamente sui grandi architravi della storia: il bene e il male.

Il tutto in forme e storie apparentemente " leggere " o " lievi". "L'ombrellone",  per esempio, si presenta come una "pièce teatrale" nella quale si svolge una narrazione di accadimenti e scene fra loro concatenate, dove entrano ed escono figure cui spetta la funzione di 'spalla'  dei veri protagonisti, Luigi ed Elisa, con il loro amore sofferto e contrastato che costituisce il leit motiv dell'opera. In essa si fondono due cifre stilistiche e relativi piani narrativi: le vicende delle persone e quelle storiche del secondo dopoguerra ( la ricostruzione delle città,  il boom economico, il '68 ) arricchite da un piccolo e autentico giallo, ossia un furto di gioielli. Tale scenario, insieme ad un ombrellone di una spiaggia immaginaria in quel di Torre marina e all'albergo detto Delle Palme, costituisce lo sfondo sul quale si sviluppa il romanzo. La ricostruzione del dopoguerra è affidata alla rappresentazione di città 'allusive',  Coriola e Lusinia, ( l'una più industriale l'altra  più volta ai servizi ), e alla nascita di circoli culturali, mentre il '68 viene adombrato nella discussione sulla scuola fra Elisa e la sua amica Mary, entrambe insegnanti. È una ricostruzione lucida, per certi aspetti anche analitica, con accenni all'urbanistica, alla gestione amministrativa della cosa pubblica, al fervore culturale del tempo, ma persiste sempre una tendenza sui generis a dare agli eventi un significato metaforico e analogico. Lo stesso titolo del romanzo rimanda ad un'immagine, l'ombrellone, sotto il quale si raccolgono e si raccontano le persone, le relazioni umane, i sogni, le cose futili, la vita. In realtà in ogni pagina si dispiega quel "pensiero poetante" che è il segno costante della sua opera letteraria dove, come nello Zibaldone leopardiano, confluiscono  pensieri e riflessioni allo stato puro. Contemporaneamente, all'interno stesso del lungo  percorso creativo che va dalle prime alle ultime poesie,  si è venuto affermando ed affinando nel Nostro un lirismo coinvolgente ed emozionante, nel quale una delicata sensibilità si accompagna ad un uso sempre più felice della tecnica espressiva, dove confluisce  la lezione dei classici, del Foscolo, del Leopardi, del Pascoli e dei moderni come Montale, Ungaretti e, per venire più vicino ai nostri giorni,  come Giorgio Caproni con quella sua raffinata perizia metrico stilistica unita a immediatezza e chiarezza di sentimenti. Quel lirismo è presente anche qui ne "L'ombrellone" dove, ancora una volta, Mario Agnoli affida alla poesia, alle poesie ivi presenti, la funzione di cogliere ed esprimere gli stati d'animo più profondi, i moti che si manifestano nel nostro inconscio,  discoprendo più o meno velatamente e  misteriosamente le nostre angosce, speranze, gioie: in modo impalpabile,  come se alla poesia affidasse rispetto alla narrazione, il compito di esprimere intimamente la sua visione della vita e del creato. Ma, rispetto agli altri romanzi, in questo la stessa componente narrativa acquista ancora più forza e profondità espressiva, fondendo nel racconto, in una prosa originale e complessa, categorie dello spirito e universi diversi come il sentimento e la ragione, l'arte, la filosofia, la sociologia e la psicologia, con una componente-dominante a se che non possiamo non sottolineare: la rappresentazione potente, volta a volta dolce, triste o gioiosa della natura che, come interiorizzata, diventa paradigma dell'animo umano. Sarebbe bello e interessante avviare uno studio sulla cosmogonia del Nostro, sulla centralità del vento, per esempio, che è come l'avemos greco, lo spirito vitale; o quello degli orizzonti aperti o stellati, le montagne, le valli, i fiumi, le stagioni, le albe, i tramonti; o quello di alcuni fiori, piante, alberi...in primis la betulla, che si erge fiera della fierezza e leggiadria con la quale ha vissuto Mario. Il nostro nella natura sembra vedere proprio  un luogo privilegiato dove il mutare ciclico del tempo acquista senso e significato. Quel senso e significato che spesso sembra sfuggire nella vita dei suoi personaggi, anche in questo racconto, travolti da eventi repentini e oscuri, sempre alla ricerca del perché delle cose, in bilico fra il bene e il male, la salvezza e la perdizione. 

Per Mario Agnoli, infatti, l'esistere è sofferenza, dolore, ingiustizia,  ma anche volontà e aspirazione ad altro. Con una Weltanschauung che richiama il pessimismo romantico eroico di Leopardi e non decadente di Schopenhauer, sulle orme di Dostoevskij, egli indica infine nella bellezza un possibile riscatto dal dolore, dal male e dall' ingiustizia dell'uomo. Una bellezza, in verità, non solo estetica, ma umana, piena di giustizia sociale e di intima felicità individuale: ancora una volta quel connubio fra reale e ideale che costituisce l'essenza più autentica di un intellettuale ancora 'impegnato' e volitivo ( nonostante l'età ) nel perseguire la purezza del sentire con la profonda aspirazione ad una palingenesi spirituale dal 'male di vivere' di montaliana memoria.

Ed è proprio nella consapevole esistenza di questa spiritualità che, sulle orme di Kierkegaard, è presente costantemente nelle sue opere, e quindi anche ne "L'ombrellone", l' angoscia e la tensione di chi scopre che tutto è possibile e nulla è possibile, la vertigine di scegliere infine fra il bene e il male, con un libero arbitrio che diventa possibilità assoluta. Anche di espiare per delitti non commessi senza difendersi poiché, scrive, " siamo maschere alla ricerca di un'identità" dove "i riscontri della nostra quotidianità", per tornare ad un tema già accennato, " sono solo convenzioni sociali". C'è negli "attori", nelle figure descritte, nei loro drammi e contraddizioni, molto del grande Feodor Dostoevskij, con gli amori e le passioni contrastate, la presenza diabolica del male, la perversione e il tradimento e , insieme, la "resurrezione". Volendo si potrebbe affermare che nelle sue opere c'è specificamente molto dei fratelli Karamazov con i loro diversi stili di vita. Ma...se è vero questo è pure vero che, anche in quest'ultima opera, nelle parole di Luigi Neri espresse nel suo incontro con Padre Pacifico, emerge con chiarezza  come in Mario Agnoli la bellezza, in quanto finalità dell'uomo, è e deve sempre essere accompagnata dalla speranza, dall'amore, dalla verità e dalla giustizia.

Questo, sembra dirci, è l'asse sul quale dipanare il nostro sentiero, il nostro impegno ( di vita ), essendo  comunque consapevoli che esistenzialmente : " non esiste la regola del divenire, soltanto un filo di seta dove si appendono le speranze" e all'uomo non resta altra scelta che "avvitarsi al ramo della ragione come un tralcio d'edera alla mansarda delle illusioni così vicino al cielo da sembrare una pertinenza di nube". Qui,  come egli scrive, in questo stato, che è il punto più alto della razionalità e laicità nel quale tenersi, il poeta è come se si trovasse in sospensione e avvertisse che comunque manca qualcosa all'uomo Prometeo -"colui che riflette prima"- per rubare il fuoco agli dei e conservarlo per sempre. 

In questo scarto, in questo vuoto che si crea nel pensiero pensante di Mario Agnoli, si affaccia un'ultima categoria dello spirito, rimasta sempre nascosta sotto la cenere, ovvero presente solo nei brevi colloqui di Luigi Neri con Padre Pacifico: qui, ne "L'ombrellone", e nelle figure religiose presenti negli altri romanzi, si profilo lo scopo della preghiera,  della fede. A fronte di Luigi che sottolinea come " l'uomo è attratto dai beni materiali ", il teologo risponde: "...questo ha senso in un mondo di uomini indifferenti, la fede fornisce gli strumenti di conoscenza e alcuni di questi sono riposti nella preghiera". Sotto la cenere, come nella sua vita, dove Mario non ha mai esposto il suo credo, come fanno in molti farisaicamente, appare l'uomo religioso e si scopre un'altra faccia o valenza della sua opera. Una valenza fondamentale perché,  ancorché sotto traccia, nascosta, coltivata in modo interiore, quella fiamma, la fede, conosciuta sin da piccolo, è rimasta sempre accesa e ha illuminato e come 'indorato' le sue opere squisitamente laiche, la sua scienza e conoscenza ed ha inverato i valori morali con i quali, testimoniandoli, ha vissuto. Da qui quella ricerca costante, sempre presente, anche nei protagonisti Luigi, Elisa, ma anche Giovanni,de "L'ombrellone", a scandagliare i moti più segreti dell'anima, interrogando la propria coscienza, come in un dialogo con il proprio io che richiama quel "redi in te ipsum" di S. Agostino che, a parer nostro e più di quanto non sembri a prima vista, sottosta alla poetica del Nostro, come fondamento ultimo di qualsivoglia catarsi; tale catarsi può sfociare nell'affermazione  come nell'annientamento della vita, quella autentica, come avviene nel romanzo anche in Luigi e Giovanni con due opposti esiti. Piace allora pensare che in ultimo, proprio con quella fede che lo accompagnava, guardando Dio faccia a faccia, Mario Agnoli ci abbia lasciato le ultime parole di questo romanzo dove, parlando dell'indugiare dell'uomo, aggiunge: "  vorrei dove il muro ritaglia i silenzi nell'ultima ora del giorno che muore". Un'infinita malinconia accompagna queste parole che tradiscono, oltre le fatiche della vita, l'ansia di scoprire l'ultimo confine per guardare oltre. È una malinconia,  quella del silenzio, delle ombre della sera, spesso presente.

Un'intera sua raccolta di poesie porta il titolo"Esperia", dove la parola per un verso afferisce alla speranza, ma anche ad Espero, la stella della sera  con la nostalgia delle persone perdute e delle esperienze vissute. Ricordo che egli aggiunse un ultimo rimando, quello alle "Esperidi", al giardino interiore dove, sono parole sue , " l'albero dei pomi d'oro della poesia risplende nella luce viva dei sentimenti e dell'appartenenza umana". Ecco, è riandando a queste parole che la malinconia,   pervasiva e travolgente nel finale del suo ultimo romanzo, si scioglie nella certezza che la sua opera umana e poetica in senso lato, i suoi "pomi d'oro", continueranno non solo ad essere presenti, a confortarci e illuminarci nei nostri indugi, nelle nostre incertezze e  nei nostri interrogativi di vita, ma anche ad accompagnarci nell'aspirazione a costruire un mondo e uomini migliori. Si tratta di un fine per il quale le lettere possono concorrere in forma intima, ma in modo determinante e duraturo, per ricondurci a quella "Riconquista dell'essere" alla quale Mario Agnoli ha dedicato e emblematicamente intitolato la sua trilogia.

Quelle stesse lettere, la poesia come la narrativa, per le quali , intese e vissute in questa funzione, Mario ha ha dato tanto e per le quali siamo convinti meriti un sempre più ampio e dovuto riconoscimento dal mondo della critica letteraria italiana.

Carlo Vannini

Inizio pag. Introduzione dell'Autore Postfazione di G.B. Gazzarrini La Vita: Note
di L. Soldatii
Indice
del libro
Presentaz.
a Pistoia
Presentaz a
Urbino