Nacque il 28 maggio 1928 a Ca' Pettino, podere nella parrocchia di Maciolla meglio conosciuto come Ca' Ptin o Che' Ptin, abitato agricolo del Comune di Urbino. Quando ancora aveva 9 anni rimase senza genitori. Lavorava saltuariamente come bracciante e come garzone presso artigiani, come Sgaggi del Tufo e poi Duranti della Strada Rossa. Maturata l'età per il sevizio militare (nel 1949-50), dopo il CAR, venne inviato in Sicilia. Trovatosi in mano un fucile parte da solo per i monti per catturare il Bandito Giuliano. Con il suo fare bonario e sprovveduto chiedeva a tutti quelli che incontrava dove avrebbe potuto trovare il bandito per poterlo arrestare e fare un buon servizio alla Patria. Così, dopo non molto si è ritrovato a bere vino in una frazione di montagna con il bandito in persona. Passati i fumi della sbornia si è risvegliato in caserma senza fucile e in cella di rigore. Nei suoi ricordi Giuliano figurava sempre una gran brava persona. Durante il servizio militare si ammalò seriamente di pleurite. Per questa malattia, che gli aveva lasciato una menomazione permanente, ottenne una piccola pensione. Al ritorno dal militare trovò impiego presso collegi per studenti di scuole medie e superiori, come il Collegio Convitto Raffaello di Urbino, nonché a Fano e Rimini, diretti sempre dal sig. Marchetti. In questi collegi aveva le funzioni di tuttofare: pulizie, cameriere e aiuto cuoco. Durante i mesi estivi, in occasione della chiusura dei collegi, ha fatto spesso il venditore ambulante: vendeva bomboloni e pizzette sulla spiaggia. La fragilità di salute ed altri segni strani, come il tentativo di arrestare il bandito Giuliano, ma soprattutto la mancanza di cure adeguate e di mezzi idonei di sostentamento, come una fissa dimora, lo hanno costretto a curarsi presso la casa di malattie mentali di Imola. Qui, per il suo buon carattere servizievole aveva guadagnato una grande fiducia. Aiutava in cucina e poteva anche uscire. Nelle uscite raccoglieva il cartone. Nella piazza centrale avevano eretto da poco una statua di pietra che non piaceva ai cittadini. Questi che conoscevano bene il Baldelli gli hanno messo un piccone in mano e lo hanno sfidato che non sarebbe riuscito ad abbatter la brutta statua. Dopo aver ricevuto anche la promessa di ottenere una discreta somma, non si fece più problemi e con pochi colpi ben assestati il monumento andò in frantumi. Non ebbe grossi fastidi, perchè la mancanza del monumento ridiede alla piazza l'antico calore. Negli anni 70 (?) con la chiusura dei manicomi, il Baldelli ritornò ad Urbino presso i parenti. Ma il giorno dopo, già dormiva sui cartoni in vari anfratti delle mura della città, dicendo: " Se armangh a casa, me fann dventè matt !". Di giorno gironzolava per la campagna. La vista di una prosperosa contadinotta, dopo la lunga reclusione nella casa di cura, gli accese il cuore e la passione. Da allora spesso ricordava e sospirava: "N' ho fatt sett, sens'arcavall". Dopo questo risveglio alla passione, quando disponeva di somme extra pensione per la vendita di un carico di cartoni, andava in bicicletta ad Urbania a trovare qualche donnetta compiacente, delle quali regolarmente si innamorava. In quel periodo era facile vederlo di fronte all'osteria di Cecconi in cima Valbona uscire con due bottiglioni di vino, caricarli sul cesto della bicicletta e partire allegramente per Urbania dove lo aspettava la bella di turno.
Con il migliorare degli affari prendeva il Taxi e con l'amico Macario andava a Riccione. In queste occasioni era molto generoso e offriva tutto lui: viaggio, divertimento e pranzo. Dopo l'amore consumato frettolosamente a turno in taxi, andavano in un buon ristorante a mangiare pesce. Fu in una di queste sortite che il Macario, tonto e intontito dal vino e dall'amore si dimenticò di togliersi il preservativo. Così, si è visto il personaggio uscire di corsa dal gabinetto del ristorante con il pisello in mano che era diventato un bell pallone che cresceva a vista d'occhio. Spaventato urlava: "Camerier, camerier, sa m' avrà fatt cla puttanaccia !?" Nel bel mezzo della sala il pallone scoppia ... Baldelli ricordava ridendo soddisfatto: "Ce sarann statt ducent person ti tavlin, in cinqu minutt eren sparitti tutti !" La scoperta di una fisarmonica nella spazzatura ha cambiato la sua vita: ancora il mantice soffiava un po' d'aria e qualche nota ne usciva. Dopo aver strimpellato per un po' nei suoi rifugi va in mezzo alla piazza e instancabile senza pause attacca a occhi chiusi note a caso aspirate e soffiate, nenie per le sue orecchie. Un altro miracolo !!! piovono monete, da tutte le parti. E allora il suono che produceva diventava più forte e più duraturo. In poche ore aveva guadagnato di più che in un mese con la raccolta di cartoni. Accarezzava e parlava con la sua fisarmonica, la spolverava, la lucidava. Un giorno gli venne la malaugurata idea di lucidarla con il gasolio, ma questo non si asciugava mai. Fa fuoco con i cartoni e vi avvicina la fisarmonica. Visto che evaporava, la mette più vicino. Di colpo prende a fuoco e sotto il suo sguardo incredulo la fisarmonica sparisce fra le fiamme. Si brucia le mani, la porta alla fontanella ma rimane un triste scheletro di latta fili di ferro e lamierini. Forse passò i giorni più tristi della sua vita senza poter dar sfogo alla grande smania musicale. Inaspettatamente arrivò il giorno più bello: un negoziante di Urbino gli regalò una fisarmonica rossa, nuova fiammante. Ora la sua musica aveva anche nome: 'Serenata celeste', 'Bella ciao', 'Il tango delle capinere' ... anche se il suono che ne usciva era sempre quello. Era diventato persino incurante degli oboli e a occhi chiusi estasiato andava avanti per giornate intere, in mezzo ad un pubblico sempre nuovo e sorridente e pronto ad applaudire e richiedere un altro pezzo. Suonava e ballava, ballava e suonava dal sorgere del sole fino al tramonto. Memorabili erano anche i suoi interventi oratori durante i periodi di propaganda elettorale. Saliva nel palco allestito per gli oratori, raccontava le sue avventure e chiedeva giustizia per i raccoglitori di cartone il cui prezzo calava vertiginosamente di anno in anno. Neanche a dirlo, i suoi comizi avevano un successo fino ad oscurare quelli politici. Chiese ed ottenne di poter dormire durante l'inverno in piazza delle Erbe nel piccolo e umido ripostiglio dei banchi di vendita e dei bidoni della spazzatura. Ripostiglio che d'inverno, veniva stipato anche con i sacchi di sale per il ghiaccio. D'estate non aveva grandi problemi per dormire: bastavano pochi cartoni e un anfratto lungo le mura della città. L'angolo con la fontanella della piazza era il suo bagno: in ogni stagione si metteva a piedi nudi sotto il getto d'acqua per le sommarie abluzioni giornaliere, alla fine delle quali era solito esclamare soddisfatto: "Viva la faccia dla pulisia !" Da Albo, meccanico di moto e cicli, aveva ottenuto in regalo una vecchia bicicletta. Un giorno, deciso di metterla a nuovo, la smonta completamente fino al minimo particolare. Poi vernicia il verniciabile di rosso. Per rimontare le palline dei cuscinetti usa vernice rossa al posto del grasso. Dotato di un certo geniaccio, riesce a rimontarla per bene con un solo inconveniente: sistema a rovescio i cricchetti della ruota libera. Per molti giorni si poteva vedere il Baldelli procedere in bici all'indietro pedalando a rovescio, poiché pedalando normalmente la catena girava a folle. Tuttavia non correva alcun pericolo perché la bici procedeva molto lentamente essendosi indurita la vernice all'interno dei cuscinetti. Una notte, mentre dormiva nel ripostiglio di Piazza delle Erbe, subì un furto con aggressione da parte di noti balordi della città. Durante la rapina lo avevano bloccato con una coperta in testa e poi malmenato per non farlo urlare. Il ricavato, cinque-seicentomila lire, era stato speso subito dagli aggressori per farsi un paio di "pere" ciascuno (iniezioni di eroina). Al processo, il Baldelli, istruito dall'avvocato difensore dei balordi, esordì: «Sor Giudic, è statt sol un schersett tra amicch. M'hann promesso che i soldi prima o poi mi ardann. Iersera avem bevut insiem. Perchè io so' statt sempre un gran compagnon. Quand facev el soldat in Sicilia, er dventat amicch anca del bandito Giuliano ... ». L'avvocato difensore, temendo complicazioni, tenta di fermarlo, ma, il Giudice, da buon urbinate con gli occhi ridenti, lo fece continuare dicendo che tutto era utile per la verità. Così ne sortì la maggior parte delle notizie biografiche sopra riportate. Morì il 27 gennaio 1988 durante l'ennesima notte che trascorreva nel "Lazzaretto" con la compagnia-sostentamento di due bottiglioni di vino.
Il motivetto di fondo è stato tratto dalla seguente canzone:
SAN CRESCENTINO
Dedicata alla memoria di Tino Baldelli Testo e musica di Duccio Alessandro Marchi
Un pess de pissa rossa / Che non s'astrossa Vunto che amassa / T'un questo casso di piassa È scappata la messa / C'è 'n chiass che 'n se passa Passa la cassa grancassa / S'arissa e s'abassa Fa 'n chiass ch 'è 'na blessa / Fossa che ti tempo cambiassa Piovessa e sta ressa affogassa t'la guassa. Ecca Scentin / Sa la su' fisa La tira so / Com'una stiffa Ecca Scentin / Sal brett da coch Apre la stiffa / Scappen le not ... El pess de pissa rossa / M' è armast in t'el goss M'ha fatt 'nì la toss / El Sant che passa in t'la piassa Sta so com un pioss / Sal su' vestit ross Fa cenn com quand se fermassa / Facessa 'na grassia M' ne bastaria mezza, ma ... Un sant de gess en poi essa / Ha da essa all'altessa D'la mi debolessa Ecca Scentin / Sal su' organett Monta malé / T'un chel banchett Tacca a sonè / Guarda da bass I frega 'n cass / De tutt ste chiass Pesca le not / T'el brett da coch Digghen ch'è cott / Digghen ch'è tocch Oh! Crescentino / Giuro su Dio El Sant si tó .../ El matt so io. |
Ricordo del Maestro Carlo Mancini, detto Limone
Crescentino Baldelli con la sua fisarmonica, con in testa un cappello da cuoco è stato uno degli ultimi personaggi di Urbino senza fissa dimora. Raccoglieva il cartone per ricavarne qualche migliaio di lire. Un giorno alcuni scatoloni si erano bagnati, per la pioggia del giorno prima. Allora Baldelli prese altri cartoni asciutti, diede loro fuoco per asciugare quelli bagnati.
Suonava la sua fisarmonica per delle ore, sotto l'orologio della piazza. Le dita scorrevano sulla tastiera a casaccio, per cui la musica che ne traeva non aveva senso alcuno.
È stato trovato morto in via della Stazione al Lazzaretto, in una stanza dove viveva da solo. (.