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Urbinati indimenticabili

Raffaello Carboni, un mazziniano tra i cercatori d'oro

 

FEBBRE DELL'ORO

Barricate contro gli inglesi

(Gianni Clerici – La Repubblica – 5 agosto 2005-

 

II personaggio da noi è sconosciuto: emigrò quando cadde nel ‘49 la Repubblica romana

 

 

 

Ballarat

Del tutto sconosciuto tra noi, Raffaello Carboni sta raggiungendo in Australia una notorietà invano perseguita nel corso di una vita randagia, spesso misera, trapunta di avventure. 

L'unica foto esistente di Carboni parte della collezione La Trobe, è in pessimo stato, è scattata a Ballarat nel 1855, e ce lo mostra in atteggiamento solenne, quasi nascosto da un fitta barba e da un cappello a larghissima tesa, una mano posata su una balaustra di marmo, l'altra stretta attorno al cilindro di un documento. 

Non c'è dubbio che simile poeta fallito, drammaturgo mai rappresentato, musicista sconosciuto, si sia messo in posa pensando ai posteri, che solo ora sembrano ricordarsi di lui. 

Incentrata su Ballarat, una cittadina a cento chilometri da Melbourne, si sta infatti celebrando con enorme rilievo il centocinquantesimo anniversario della Eureka Stockade, la Barricata di Eureka, uno scontro tra duecento cercatori d'oro e trecento soldati, svoltosi all'alba del tre dicembre 1854, una domenica. 

Sulla scia della corsa all'oro americana del 1848, il golden rush australiano era iniziato un paio di anni avanti, grazie a qualche migliaio di disperati, in maggioranza californiani e irlandesi. 

Nel giro di un decennio la produzione australiana avrebbe toccato il cinquanta per cento di quella mondiale. 

Con un viaggio di tre mesi, Carboni era arrivato quasi contemporaneamente a Garibaldi, che passò da quelle parti, ancorando per un giorno alla Three Hummock Island, tra Melbourne e la Tasmania. 

Era, Raffaello, reduce dalla partecipazione alla Repubblica romana del 1849 e a un successivo esilio che, dalla Germania, l'aveva condotto in Gran Bretagna.  Tutte queste vicende Carboni aveva annotate fedelmente, in opere denominate Buffi e Buffoni, o La Santola, che non avevano trovato mai un guitto disposto a rappresentarle.  Né maggior interesse avevano suscitato nell'animo di una grande attrice, Adelaide Ristori, che mai aveva risposto ai suoi disperati appelli di autore e di innamorato. 

L'emigrato si ritrovò presto in una società che cresceva ferocemente, in una Melbourne che sarebbe passata in pochissimi anni da venticinquemila a cinquantamila abitanti, una città che, nel solo 1852, vide passare nelle sue strade centomila once d'oro. 

Durante le loro visite cittadine, i minatori avrebbero compiuto incredibili stravaganze, accendendo sigari con un biglietto da una sterlina, o addirittura divorando banconote, tra due fette di pane imburrato. 

Finlì, Raffaello si era ritenuto un intellettuale.  Le sue prestazioni, al servizio dei Torlonia, le aveva paragonate a quelle del Parini in casa Serbelloni, o addirittura al più celebre Raffaello, nato come lui a Urbino, per il Papa Giulio II. 

Sulla collina di Ballarat provò ad impugnare il piccone, si munì di una «culla», una specie di setaccio per trattenervi pagliuzze o, addirittura, le pepite d'oro. 

Lo trovò, anche, l'oro, ma la sua natura bizzarra lo spinse ad allontanarsi da quella sorta di città-accampamento, a spingersi per qualche tempo — almeno così ci racconta nel poema Gilburnia — in una comunità di aborigeni, allora considerati una via di mezzo tra il genere umano e gli animali che si andavano importando in Australia: dai cammelli alle volpi, dai conigli alle pecore. 

Ritornato che fu a scavare sabbia aurifera, Carboni si ritrovò nel mezzo di una vicenda che assumeva via via riflessi sindacali, se si può usare questo termine in una società anglosassone di metà Ottocento. 

Il Governatore Charles La Trobe si era reso d'un tratto conto che l'oro apparteneva alla Corona britannica. 

Stabilì dunque che l'attività di cercatore, o se volete minatore, assumesse un risvolto professionale e legale, con l'acquisto di una licenza mensile, stabilita all'inizio in una sterlina e mezzo, e presto raddoppiata. 

Simile decisione incontrò feroci resistenze da parte dei cercatori, che giunsero addirittura ad avanzare l'ipotesi di una Repubblica Australiana. 

Nelle riunioni che condussero all'istituzione di una Lega, Carboni ebbe modo di segnalarsi quale oratore, e per la sua ottima conoscenza di quattro lingue, e per i suoi trascorsi mazziniani. 

Immancabilmente, prese a volgere la vicenda in uno scritto, Gli orecchini di ciliege.  Una congiuntivite e la dissenteria seguite allo stress l'avevano infatti momentaneamente sottratto agli scavi. 

Come vi ritornò, Raffaello si vide costretto a scendere quaranta metri sotto terra, e dichiarò che da un simile inferno sarebbe uscito solo quando fosse stato in grado di inviare alla Banca dei suoi amati Torlonia una somma sufficiente a ritornare in Italia, e dedicarsi esclusivamente alle lettere. 

Dovette tuttavia volgere la sua attenzione a vicende drammatiche e immediate, che, dall'uccisione di un minatore, da un giudizio iniquo del tribunale, addirittura dall'incendio doloso di un hotel, crearono nei campi un clima di furiosa tensione, che finì per riversarsi nuovamente sul contenzioso delle licenze. 

Un nuovo Commissario, Johnston, guidò un controllo della polizia, che fu accolta a sassate.  Non c'era dubbio che i gendarmi sarebbero ritornati in forze, e i minatori si riunirono intorno a una bandiera denominata La Croce del Sud, per giurare che avrebbero difeso i loro diritti. 

Carboni ricevette la proposta di assumere il comando del battaglione che andava formandosi, ma rifiutò saggiamente, in favore di chi era cresciuto in una società anglosassone, l'irlandese Peter Lalor. 

I cercatori si organizzarono alla bell'e meglio, eressero una barricata — la oggi famosa Eureka Stokacie—si armarono.  Le autorità affermarono che questi rivoltosi si preparavano a marciare su Melbourne, e, sotto la direzione del Generale inglese Robert Nickle, spedirono ottocento uomini in assetto di guerra. 

Di questi, un contingente scelto attaccò la barricata alle tre di notte, fu respinto dal fuoco, e infine ritornò vittoriosamente all'attacco contro una difesa ormai priva di munizioni. 

Nella vicenda, Peter Lalor perse un braccio, mentre sembra che Carboni abbia assunto un atteggiamento poco militaresco, forse per redigere le note che gli sarebbero poi servite per compilare, in inglese, The Eureka Stokade.  Questo stesso libro, Raffaello avrebbe personalmente messo in vendita, un anno dopo la battaglia, e la successiva detenzione, sofferta insieme ad altri dodici minatori accusati addirittura di alto tradimento. 

Ma, a schierarsi contro giudici conservatori sino alla faziosità, furono liberi giornali quali il Times di Ballarat, che definì la ribellione «il germe dell'indipendenza australiana».  E, insieme, i cinquemila cittadini di Melbourne che si accalcarono intorno al tribunale il giorno della sentenza. 

E' proprio questa, del dissenso nei riguardi di un lontanissimo colonialismo, l'opinione di chi vorrebbe recidere gli ultimi legami con la Gran Bretagna, dei gruppi che si sono spinti a suggerire che la dilacerata bandiera con la Croce del Sud sostituisca quella simil-britannica ufficiale. 

Sul significato dell'insurrezione è così nato un vivacissimo contrasto tra gli studiosi, alcuni dei quali ritengono la Stockade la pietra miliare della democrazia australiana, mentre altri la declassano a rivolta di una banda di straccioni.  Se, da una parte, è appena uscita una serie di francobolli commemorativi, dall'altra il premier John Howard non ha partecipato alle celebrazioni, come aveva invece fatto un suo predecessore, Gough Whitlam, che negli Anni Settanta trasse da un dimenticato recesso i brandelli del vessillo. 

Trovandomi in Australia durante queste polemiche, non potevo evitare di appassionarmi non soltanto alla vicenda, ma ad un personaggio tanto ambiguo quanto insolito. 

Molto è stato detto e scritto su Raffaello Carboni, ma mi sembra che il libro più affascinante, al termine di una ricerca durata alcuni anni, sia Stages of the Revolution, (Hardie Grant Books- opera di un australiano romanizzato quale Desmond O' Grady, il corrispondente dalla capitale del Sydney Morning Herald e dello Age.  La nostra sparuta memorialistica potrebbe certo

avvantaggiarsi di una traduzione.