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Biografia

VITTORIO SANTINI:   Maestro - Direttore / Ispettore Didattico

Frutti acerbi e fiori olezzanti

 

 

STORIA e LEGGENDA  DELLA MADONNA o VERGINE  DELL'OLMO
(come si legge ora in internet)

 

In Montecchio Emilia esiste un santuario  della Vergine dell'Olmo. La tradizione vuole che un soldato caduto rovinosamente da cavallo fu miracolato dalla Madonna che gli apparve su di un olmo, venerato poi come "olmo sacro". Il miracolo fu il motivo della fondazione, nel 1487, della prima cappella intorno all'Olmo sacro. Cuore del Santuario è la nicchia che contiene la statua in legno della Madonna  con bambino  vestita di broccato e la tradizione vuole che la reliquia su cui é poggiata sia un pezzo dell'olmo sacro su cui apparve la Madonna. La scalinata che porta alla nicchia fu meta di numerosi pellegrinaggi come risulta dai molti ex-voto e ancora oggi é meta della devozione a Maria di gran parte della popolazione di Montecchio Emilia.

Qui inizialmente si installarono i Padri Servi di Maria che fondarono un convento, poi distrutto, nel 1558. Verso la fine del 1600 iniziarono i lavori per la trasformazione in una decorosa Chiesa che si completeranno solo verso la fine del 1800. Dal 1887 le monache Serve di Maria presero definitivamente possesso del monastero, curando anche le sorti dell'adiacente Santuario.

 

Nota. Come e chiaro dalle immagini riportate la descrizione che ne fa il Santini si riferisce all'effige sacra della Madonna presente come affresco nella chiesetta della Madonna dell'Homo allocata in Urbino, città natale del maestro. Si è già osservato che questa confusione di nomi e luoghi (a Montecchio Emilia viene dato il nome di fantasia, Colleverde) è volutamente ricercata dal Santini per motivi di privacy. Così identifica l'originale Cappelletta  dell'Olmo a quella assonante della Madonna dell'Homo in Urbino, fondendone storia e leggende. Afferma il Santini: "Alcuni la denominavano la Cappella della Madonna dell'Olmo dai numerosi olmi che la circondavano, altri la cappella della Madonna dell'Omo da una leggenda che si tramandava da padre in figlio che tanto mi è piaciuta che voglio proprio intercalarla in questo mio povero racconto".

 

 

MADONNA DELL'HOMO DI URBINO

(Copyright © 2021 Provincia di Pesaro e Urbino)
 

STORIA.  La chiesetta della Madonna dell’Homo è sita in via Pacioli (vicino all’ITIS), protetta dagli edifici abitativi costruiti durante la seconda metà del ventesimo secolo nelle vie adiacenti.
Fino al 1557, in base a un documento rilevato nell’archivio del brefotrofio di Urbino, si tratta soltanto di un’edicola posta all’aperto, attorno alla quale venne costruita la cappella a tre arcate con campanile a vela soltanto all’inizio del diciassettesimo secolo.
Nel diciottesimo secolo venne completata con la costruzione della sacrestia.
Perché Madonna dell’Homo? 
Molto probabilmente da Homo di Tuninello, rettore della confraternita della Misericordia e proprietario del sito. 
La chiesetta è appartenuta alla confraternita della Misericordia di Urbino fino al 1962; da questa data è divenuta proprietà dell’amministrazione provinciale di Pesaro-Urbino. Grande rilevanza viene attribuita all’affresco della parete di fondo: al centro la Madonna della Misericordia, ai lati i SS. Nicola, Bartolomeo, Pietro e Paolo, attribuito al pittore eugubino Ottaviano Nelli.
Ottaviano Nelli lavorò in Urbino durante due soggiorni: 1416 e 1430. Quasi sicuramente l’affresco è databile nel secondo periodo ( in base agli studi svolti da Egidio Calzini,Walter Fontana e Bonita Cleri).
La Madonna è raffigurata nel ruolo di protettrice ( il gesto di aprire il mantello e di accogliere qualcuno). 
San Bonaventura nel 1270 fonda la confraternita dei Recommandati virgini: da questo momento le confraternite si diffondono ed eleggono la Madonna a loro protettrice. 
Ottaviano Nelli insieme ai fratelli Salimbeni ( le storie di S. Giovanni battista nell’Oratorio di San Giovanni) portò in Urbino il gotico internazionale cortese (l’uso di colonnine tortili vivacizzate da figurine che si trovano pressoché identiche negli affreschi dell’Oratorio di San Giovanni e nelle cuspidi che racchiudono i 4 santi nella Madonna dell’Homo.

Fonte: http://www.turismo.pesarourbino.it/elenco/luoghi-religiosi/urbino-chiesa-della-madonna-dellhomo.html
 

 

LEGGENDA

La leggenda della Madonna dell'Omo o Olmo secondo Vittorio Santini

 Il Santini confonde o meglio fonde (per le tendenza comune di trovare in altri luoghi angoli e tradizioni della città natale; anche l'assonanza homo e olmo può aver suggerito la fusione) la chiesetta della Madonna dell'Homo di Urbino con il sontuoso Santuario di Montecchio Emilia, che Santini chiama Colleverde (ndr).

Mi fu raccontata con grande enfasi dal campanaro custode della chiesetta (avverto come già detto in precedenza che anch'io soggiornai da giovane per ragioni professionali a Colleverde [nome di fantasia dato dal Santini a Montecchio Emilia] e avevo conosciuto usi e costumi dei suoi abitanti) come segue:

 «Nel tempo dei tempi, mi avvertì il mio narratore con la sicurezza di chi ha coscienza di annunciare verità lapalissiana, la cappelletta non c'era. C'era dalla "notte dei secoli" (una espressione che il campanaro aveva imparato non si sa da chi) in quell'angolo di paradiso un muro piuttosto alto, avanzo di qualche fabbrica che la edacità dei tempi aveva mandata in ruina, nel qual muro un pio affrescatore del buon tempo antico vi dipinse l'immagine della Vergine, che prese per altezza tutta la parete e che sotto il suo grande misericordioso manto raccoglie una folla di oranti (piccole figure di uomini, donne, fanciulli) che a mani giunte guardano in alto il viso divino della Madonna in atto di chi chiede grazie e benedizioni. Avanti questo muro c'era un bel prato smaltato di erbe e di fiori dove nei giorni festivi ci si raccoglievano, dopo la funzione vespertina, i paesani a darsi buon tempo e magari assaporare una merendina all'aperto; gli uomini facevano qualche partita alle bocce che si procuravano da un oste che aveva il suo esercizio poco lungi da quel prato. E proprio durante una di queste partite si verificò il miracolo, meglio i miracoli che or ora narrerò.

In una giornata novembrina ma bella e piena di sole (vicino la nostra Madonnina, mi disse con esultanza il mio narratore, il sole splende e riscalda anche in pieno inverno per virtù di Lei) alcuni uomini stavano disputando una gara bocciofila. La Madonna sembrava li guardasse compiaciuta e benedicesse quell'onesto svago. Ma fra di loro c'era un macellaio rozzo e triviale che avvinazzato com'era ad un tiro di "bocciatura" fallì il colpo e colpì la sua boccia invece di quella dell'avversario. Invece di prendersela con la sua asinità il disgraziato se la prese proprio con la Madonna e tirò una bestemmia orrenda all'indirizzo della Regina del Cielo e lanciò contro l'immagine sacra l'altra boccia che aveva nella mano sinistra. La boccia lanciata con la forza erculea colpì in pieno la fronte del dipinto; l'intonaco del graticcio si screpolò e ne uscì un rivolo di sangue; così dice la leggenda che si ripete da secoli da tutte le genti di Colleverde e paesi limitrofi. L'uomo a tal vista fu assalito da demoniaco terrore e mentre i presenti si gettavano in ginocchio gridando al miracolo e levando preci di espiazione il beccaio fuggiva a precipizio quasi ruggendo come se il demonio si fosse veramente impossessato dell'animaccia sua. Fuggi, fuggi, fuggi per greppi valli e dirupi finì col precipitare in un profondo burrone dove sarebbe certamente perito se egli, vedendo la morte che stava per ghermirlo e le fiamme dell'inferno pronte ad afferrarlo, non avesse in quel terribile momento chiesto perdono e aiuto proprio a Colei che poco prima aveva bestemmiato e colpita a sangue. La Vergine, sempre misericordiosa anche con coloro che la disprezzano operò un secondo miracolo, il miracolo del perdono, facendo arrivare il peccatore sano e salvo nel fondo del precipizio, talché fu facile ad alcuni pastori trarlo di laggiù e riportarlo a rivedere il sole.

La voce di questi miracoli si sparse in un baleno a Collefiorito e in tutte le contrade di questo territorio. Folle di credenti si riversarono in questi luoghi a vedere il viso della Madonna deturpato dalla bocciata e chieder grazie e benedizioni. Imponenti pellegrinaggi si susseguirono nel corso dei secoli e si fanno ancor oggi specie nelle solennità mariane. Quanti! Quanti miracoli! ha operato la nostra Madre Celeste, da quanti pericoli e stata risparmiato Colleverde per Sua intercessione! Quando il colera infierì nella Patrie nostra gli abitanti di qui ne furono risparmiati; quando i terremoti distrussero città e villaggi vicini, Colleverde rimase tutto in piedi. Poi la pietà dei fedeli eresse questa Cappelletta espiatoria meta, come ho già detto, di passeggiate divote e ricreative. Le funzioni festive si celebrano con gran concorso di gente da non può essere contenuta nell'interno che si accontenta di seguirle attraverso quella grande inferriata che permette poter vedere l'interno della chiesa. Veda, continuò il mio narratore, quella scalcinatura sulla fronte della Madonna non fu mai possibile farla sparire e per quanto si sia tentato di farlo ma la mattina dopo si trovavano i calcinacci per terra (il mio narratore mi mostrò un'urna piena di calcinacci che sono qui raccolti senza contare quelli che si conservano nelle case come sacre reliquie, meno che nella casa di "Peppe Puzzone va blaterando che il miracolo della Madonna dell'Olmo è una superstizione inventata e alimentata dai preti per spillar soldi ai gonzi). Ma la ferita nella fronte dell'immagine che lei vede, solo un ubriaco alcolizzato come quel puzzone non può vederla sempre annebbiato dai fumi del vino».