VITTORIO SANTINI: Maestro - Direttore / Ispettore Didattico C A S T A S U S A N N A |
Ovvero UNA SPOSA CHE BRUCIA LE TAPPE (Proibito ai minori di sessant’anni)
GIANNINO SOLARI fece, o credette di fare a suo tempo, un matrimonione di interesse sposando una belloccia contadinotta "casta e pura" come diceva la di lei madre e con fior di soldi, come diceva la gente. A conti fatti l’interesse morale e materiale lo fece il nostro Giannino perchè dopo due ore (dico due ore) della cerimonia nuziale egli fu… becco, ma a metà e dopo due giorni lo fu per intero. In quanto ai quattrini della dote di lei, in dieci anni di loro convivenza, li vide sempre alla lontana o centellinati col contagocce… Rendo conto di questi fatti e di come andarono le cose.
SUSANNA CEROLI, la sposa, era figlia di campagnoli possidenti che avevano fatto quattrini in America. Belloccia ho detto, ma di una bellezza piuttosto grossolana; procace nelle forme, tendente alla pinguedine, sebbene, quando si sposò, non avesse che diciotto anni. Il fatidico giorno degli sponsali, di ritorno dalla Chiesa, sposi, parentado, amici e conoscenti si riunirono nella casa paterna di lei per il tradizionale simposio durante il quale si fece gran consumo di liquori, paste e confetti, nonché di rustici brindisi inneggianti alla felicità presente e futura (quest'ultima, beninteso alla discrezione dei coniugi) ecc.ecc. Il rinfresco durò esattamente due ore poi molti degli invitati se ne andarono pei fatti loro, mentre i più intimi si sparpagliarono nell'aia in attesa di essere chiamati alla gran pappatoria che si prometteva, dai relativi preparativi, succulenta ed abbondante. Lo sposo seguì la comitiva all'aperto; la sposa no; emozionata al massimo grado volle raccogliersi sola e in silenzio nella sua cameretta di nubile, forse per vivere ancora qualche momento della sua giovinezza. Uno dei due testimoni delle nozze (i parenti erano indaffarati per la preparazione del banchetto) un giovinotto sfrontato e di bella presenza, un intimissimo di casa Ceroli, segui la sposina dapprima con la coda dell'occhio poi con le proprie gambe, la raggiunse nella stanzetta, chiuse la porta con tutta precauzione e… senza perdersi in discorsi inutili l'abbracciò con gran calore, la strinse ben bene a se, le afferrò il mento con la mano destra mentre con il braccio sinistro le circondava la vita, senza che essa opponesse resistenza, e, con gran confidenza e voluttà, le scocco un bacio così caloroso che la lava de vulcani c'é per nulla.
La sposina non reagì, non protestò, non schiaffeggiò l'impertinente, forse perchè si trattava di un buon conoscente e poteva essere presa la cosa o come uno scherzo o come… un dono di nozze; ma, non permettendo la morale di prendersi un bacio da un uomo, che non era il proprio sposo proprio il giorno delle nozze, la prudente, casta sposina glielo… restituì. Lui fece lo stesso e così di restituzione in restituzione chissà quando la manovra sarebbe finita, e come sarebbe finita, se, proprio in quel momento, non si fossero sentiti "orme di passi spietati" nell'attiguo corridoio che fecero lanciare al maschio un "ti venisse un colpo" tondo tondo e alla femmina una esclamazione di paura; e l'uno e l'altro, infilata una scaletta che da un'altra porta dava sullo scantinato, senza incontrare l'autore dei… passi spietati, raggiunsero nell'aia la comitiva, che aspettava la chiamata al banchetto nuziale. La sposina rossa in viso, si avvicinò allo sposo che per l'appunto in quel momento stava innocentemente confabulando con una giovane contadinotta in bel arnese, (una Ceroli anch'essa cugina della sposa), gli fece la gelosetta, lo chiamò "maritino bello” e,dolcemente, lo rimproverò di averla lasciata in un'ora così soave. Ma in quel momento una voce da castrato o galastrone annuncia: "Gli sposi son serviti" secondo le regole dell'etichetta contadina. Sposi a braccetto seguiti dall'accompagno, voglio dire dalla compagnia degli intimi, giungono nel gran magazzino attrezzato per la bisogna a salone da pranzo, dove un cerimonioso cameriere, all'uopo mobilitato da un albergo del capoluogo, assegna a ciascuno il proprio posto. Gli sposi, si capisce, capo tavola, a fianco di lui il testimonio conoscente di famiglia, quello della stanzetta, a fianco di lei l'altro testimonio che, in seguito conosceremo; gli altri invitati nei posti a scelta e avvenne, per arcana combinazione, che i bevitori si trovarono vicini agli astemi e i mangiatori vicini ai… dietetici. Provvida combinazione! e speculativa anche! Se io sapessi di esser letto da gente digiuna, amerei descrivere la tavola e le dodici, proprio dodici, portate, quattro antipasti, quattro minestre (cappelletti, tagliatelle, passatelli e, per gli stomachi deboli, stracciatella), quattro dinastie di pietanze senza computare frutta, formaggio, caffè e vini, oh! che vini, di tutti i tipi! Basti dire che la compagnia stette a tavola dall'ora meridiana al tramonto. Pranzo e cena senza intervallo e del cibo non avanzarono che ossa per i cani. Quando Dio volle e tutto fu consumato, l'assemblea di magnoni si sciolse e i banchettanti, dopo sviscerati auguri e ringraziamenti se ne ritornavano ben pasciuti alle loro case, mentre la mamma e la nonna della sposa accompagnarono la coppia alla stanza nuziale, provvisoriamente sistemata nel cascinale (niente viaggio di nozze troppo disagevole e, diamine!!, molto dispendioso). Nella camera bene arredata e con biancheria nuova e odorosa, la mamma si credette in dovere di fare le più piagnucolose raccomandazioni allo sposo di trattare la figlia con molta delicatezza e riguardo, perché «E delicata, molto ingenua Susanna e ogni più piccola emozione potrebbe farla cadere in deliquio; insomma, genero caro, raccomando grazia, prudenza, finezza… e tu, adorata mia figlia, non ti scrupolire, non ti spaventare se lui…» La interruppe lo sposo che aveva fretta: «Ma non la mangerò mica vostra figlia, come del resto non vi ha mangiato vostro marito la prima notte che siete andata a letto con lui». «Altri tempi! Allora gli uomini non erano così sfuriati come oggi» «E come lo sapete voi che oggi gli uomini sono così sfuriati?» «La…, la… - interviene la nonna - lasciali soli questi figlioli e vedrai che loro sapranno regolarsi senza i tuoi piagnistei». Le anziane se ne andarono dopo aver baciato i giovani e… finalmente soli! Una volta soli, la sposa recita la commedia della "pudica vergine"; non vorrebbe spogliarsi in presenza di lui… si vergogna… Lui impaziente, tenta di farle capire le buone ragioni che militano in suo favore e alla fine prende con forza mascolina il sopravvento sulla sposa e spara il gran colpo che avrebbe dovuto provocare l'urlo della vergine fatta donna e invece l'urlo lo lancia Giannino perché, nel momento della breccia di… Porta Pia, la sposina caccia i suoi dentini nel mento dello sposo fino a farglielo sanguinare che, come racconterà lui ad un suo amico che conosceremo in seguito, dal dolore provato per quel morsetto gentile, non si accorse nemmeno del momento in cui la mordace sposina cessò di essere, come diceva lei, "vergine". Che peccato! E che fatica sprecata! e che soddisfazione mancata! povero Giannino !
Ed ora faccio qualche passo indietro per esporre i fatti che precedettero questo felice matrimonio. Avrei dovuto raccontarli prima ma tant'é. Giannino Solari era nato in una città dell'Italia centrale dove visse fino a quando ebbe ottenuto un posto di maestro in un paesetto della valle padana dove, come abbiamo sopra veduto, vi prese in moglie Susanna Ceroli. Per le stesse ragioni professionali, viveva in un paesetto poco distante un suo concittadino e, per giunta, ex-compagno di scuola. Costui si chiamava Vittoriano Fantini (Vittorio Santini, ndr). Facile capire come i due giovani concittadini sbalzati dalle rive del Foglia a quelle del Po dovessero trovarsi sempre insieme; tanto più che con dieci minuti di bicicletta o venti a piedi, ciascuno poteva raggiungere il compagno, il che avveniva, si può dire, quasi tutti i giorni. La conformità della loro natura e della loro età e più il trovarsi insieme lontani dalla loro città natale, in un paese dove non c'erano altri giovani della loro condizione e quel continuo parlare della loro città nel loro dialetto, fece sì che l'antica conoscenza, anzi la loro amicizia nata sui banchi della scuola, si rinsaldasse fino a diventar fraterna. Vittoriano era fidanzato con una ragazza della sua città; Giannino invece era ancor libero da ogni vincolo amoroso e andava sempre ripetendo che lui per moglie voleva una donna bella, giovane, ricca e che non avesse amoreggiato con nessuno. Ma giunto al "dunque" modificò le sue modeste pretese come vedremo. Un pomeriggio Giannino si porta come un bolide dal compagno con una notizia lieta dipinta in volto e, senza inutili preamboli, sbotta: «Caro Vito, sono fidanzato e più presto che si potrà mi sposerò». Meraviglia di Vittoriano che chiede all'amico: «Ma scherzi o dici sul serio?» «Scherzare? Ma non leggi nel mio volto la serietà delle mie parole e la gioia che mi si manifesta?» «Lo vedo, lo vedo… ma aspetta; che tu mi fai ammattire; ti sei fidanzato?» «Repentinamente». «Dev'essere andata proprio così, "repentinamente" perchè ieri non mi hai detto nulla e nemmeno avevi la faccia lieta del promesso sposo… L'hai trovata in sogno questa notte la futura moglie?» «Altro che sogno! realtà amico caro; che, se mi ci metto io in tutte le cose, sono sbrigativo…» «Vedo, vedo! Ma come hai fatto così repentinamente?» «Direi quasi all'impensata. Ascoltami: ieri sera alcuni giovani del paese, uno dei quali armato di fisarmonica, ci siamo portati in casa di certi Ceroli possidenti che stanno in una colonia vicina, facoltosi e danarosi come tutti sanno. Siamo stati accolti a festa, io specialmente (onore grande per loro, la visita del maestro del villaggio) ci hanno offerto una cenetta assai gustosa anche se improvvisata, poi abbiamo fatto quattro salti. Durante il ballo io mi sono trovato fra le braccia un bel pezzo di cicciotta, la figlia dei padroni di casa. Tu sai che le donne formose sono la mia predilezione e questa è formosa non solo ma di discreto viso, due bei occhi neri che ti guardano con viva espressione e, per sopramercato con parecchia pecunia. Non ballava bene, a dire il vero, non andava a tempo, ballava, anzi saltava il valzer a suono di polca perciò mi toccava trascinarla, quasi sorreggerla e tuttavia le dissi, a mo' di complimento, che… era una brava ballerina». «Bel spudorato!» «E volevi che le dicessi che in fatto di ballo era una schiappa? Come infatti era! Ma ero suo ospite e dirle la verità in muso non era nè serio a nè cavalleresco, non ti pare? Essa modificò il mio complimento dicendo che era troppo… pesante». «Dolce peso, le dissi io» Essa prese il mio secondo complimento quasi come dichiarazione d’amore e aggiunse: «Non mi faccia diventar rosse le ganasce». «Le ganasce capisci!» «Lei, aggiunsi io, ha due occhi che sono due rubini…» Essa chiuse le palpebre poi le riaprì e fissò i suoi occhi sui miei con fare promettente e lusinghiero. Io la strinsi, lei mi strinse, noi ci stringemmo. «Voi vi stringeste…» continuò l'amico Vittorino. «E durante i lavori dei nostri… torchi le mie labbra si aprirono alla dichiarazione amorosa». «Un po' prestino» osservò l'amico. «Ed è precisamente quel che disse anche lei, tanto è vero non mi diede subito un "si", ma mi avvertì che la cosa era seria e voleva pensarci prima di prendere una decisione. E tanto ci pensò che al ballo successivo a mio reiterato invito, mi fischiò all'orecchio un "si" che sembrò il fischio con cui si chiamano i cani. E per non dilungarmi più del bisogno ti dirò che nell'intervallo fra il secondo e terzo ballo (feci coppia fissa con lei) alla mamma che si era avvicinata a noi, chiesi licenza di parlare con serie intenzioni di fare all'amore con la figlia. Essa nulla trovò in contrario e non esitò a informarmi che la sua Susanna, così si chiama la mia fidanzata, avrebbe avuto una buona dote ma… a "babbo morto" (il padre è paralitico e mi hanno detto che ha poco da vivere; giova sperare) che avrebbe avuto anche un bel corredo, che io non avrei speso nemmeno un quattrino per metter su casa nella quale sarebbe entrato "gratis et amore"; grano, vino, polli, uova, conigli, patate, fagioli, fava (anche la fava), fiori, cavolfiori, e…» «Corni no?» «Quelli li hanno i buoi e le vacche della ben provvista stalla dei Ceroli. Stasera tornerò da loro e forse si fisserà la data del matrimonio e tu mi farai da testimonio vero?» «All'anima tua come corri!» «Che ne dici? Sono o non sono un genio?» «Un genione! ma, come amico mi permetto di chiederti: conosci bene questa Susanna? Bada che sento sempre a dire che lo sposarsi è un affare da non prendersi alla leggera, che si tratta di unirsi e vivere insieme per tutta la vita. E poi conosci bene la famiglia sua? Sei certo insomma di fare un matrimonio conveniente anche dal lato, per dir così, morale? E ti ricordi di quel proverbio che dice: moglie e buoi dei paesi tuoi?» «Una fesseria questo proverbio. Per portarti un esempio: un mio cugino stabilitosi, per ragioni di lavoro, a Milano sposò una donna "dei paesi suoi" e, si capisce,la portò >nella grande metropoli lombarda e dopo nove mesi la donna lo fece…» «Padre; naturalmente…» «No, "becco" poco naturalmente. Non solo gli fece fare una quantità di debiti per i suoi capricci, ma alla fine lo piantò per unirsi con un pompiere. Un altro mio parente sposò a Schio, dove lavorava, una friulana e la sposa. Una virtuosissima donna laboriosa, fedele, lo fece felice coll'essere una buona sposa e una educatrice perfetta dei suoi figli. Questi due casi e sono numerosissimi vuoi nell'uno che nell'altro, ti dimostrano a luce meridiana che quel tal proverbio che mi metti fra i piedi non è precisamente come vorrebbe il podestà manzoniano, la "sapienza del genere umano" io direi quasi la insipienza dello stesso genere… Ad ogni modo e a buon fine, continuo Giannino, ti assicuro che non sono stato, come suol dirsi, con le mani in mano, ho preso lingua da alcuni giovani della comitiva che conoscono bene e la ragazza e la sua famiglia ed ho avuto da essi preziose interessanti notizie; che la famiglia è gente da soldi, coltivatori del podere di loro proprietà, ricco di ogni ben di Dio; che della ragazza non si può dir altro che ha fatto all'amore solamente con cinque uomini, compreso il cugino, che l'ha piantata per andare al Perù, ed un ammogliato con figli… Giudicata un po' leggerina, ma onesta e servizievole…» «Scusa se ti interrompo, hai detto che ha fatto all'amore con un ammogliato con figli?» «Precisamente, ma mi hanno anche spiegato che lei lo credeva giovane, perché era un forestiere, ma quando è venuta a sapere che costui aveva altri impegni…» «Impegni da nulla; moglie e figli!» «… lo ha messo alla porta. Non si è comportata bene forse?» «Meglio?…» «Tutti particolari questi che a me poco o nulla importano; è libera, ha quattrini e per il resto transeat» «Ho capito, commenta Vittoriano, all'idea di quel metallo portentoso onnipossente» «Già - completa Giannino - Un vulcano la mia mente Incomincia a diventar.» E Vito, divertito della dabbenaggine dell'amico e concittadino e anche un po' disgustato, si mise a canticchiare un motivo di una operetta allora in voga:
Il denaro ha un gran poter Dona agli asini il saper Ai villan la gentilezza Alle brutte la bellezza.
«E auguri e figli maschi !…»
E tutto andò secondo i desideri di Giannino. Come ho scritto sopra, il matrimonio, un mese dopo dal fidanzamento, fu celebrato con generale allegria (trascuriamo l'episodio della stanzetta; un disordine a metà e senza seguito) e con una magnata proprio coi fiocchi. Anzi voglio proprio ritornare al banchetto perché non ho detto del comportamento della sposa durante il medesimo che nel racconto ha il suo interesse se non altro per meglio conoscere questa "casta Susanna". Ho detto che l'intraprendente giovane, il testimonio, che fece il tentativo di attentare alle virtù della sposina, era stato messo al fianco dello sposo e il secondo testimonio. che come si è compreso era l'amico Vittoriano, fu messo presso la sposa. Il primo quando aveva la bocca sgombra dei cibi parlò con Giannino della famiglia della sposina che lui, conoscendo da tempo, presentava come ottima sotto ogni rapporto e disse molto bene anche di Susanna, sempre stata una ragazza, servizievole e tutto cuore; e nessuno, meglio di lui, poteva saperlo, che la conosceva… intimamente. Ma perchè non se l'è sposata lui? Non l'ha sposata appunto perchè, come dicevano le male lingue, la conosceva… intimamente! L'altro testimonio, l'amico Vittoriano, parlò con Susanna e con la madre di lei che aveva accanto (quest'ultima una donna quarantenne ancor di giovane presenza e, direi, quasi avvenente e piacente) innalzando al grado superlativo le sue qualità di adulatore del sesso gentile e facendo sperticati, quanto esagerati elogi alle bellezze della madre e della figlia (mica… micco quel Vittoriano!). Ad un certo punto del simposio, invitato dallo sposo e pregato dai presenti, Vito declamò la curiosa poesia "Gosto e Mea" del Guadagnoli:
Un contadin viveva nei tempi andati In un villaggio presso Pontedera Ed in isconto cred'io dei suoi peccati Ebbe in moglie una femmina ciarlerà ecc. ecc.
Non troppo intonata alla circostanza, ma il nostro dicitore la disse così bene, con chiara e brillante dizione da ottenere un gran successo di ilarità nei presenti che lo applaudirono con entusiasmo, anzi dovette anche ripeterla… E quando si sedette si sentì prendere la sua gamba destra fra le ginocchia della sposa e quella sinistra fra quelle della madre… (Questi sì che sono trionfi!) che le donne Ceroli, volendo manifestare la loro ammirazione per il declamatore, non trovarono di meglio fare che aggiungere agli applausi con le palme delle mani, quelli con le gambe che erano per le verità polpose tutte e… quattro. «Non esistono generalmente matrimoni felici disse uno scanzonato anziano, che era incoronato senza parsimonio dalla moglie con l'arma del toro (ma qualche eccezione c'é e speriamo che il vostro sia di questi). Vittoriano sentendo le sue gambe fra quelle della sposa non potè fare a meno di meditare fra sé e sé: «Povero Giannino in che mani sei caduto! Questa contadinotta certo ti ha sposato al solo scopo di fare un matrimonio non "rusticano" ma non certo per amore. Forse per farti fare il paraninfo ai suoi disordini che, se tanto fa il giorno dello sposalizio, figuriamoci quel che farà in seguito! Vorrei sbagliarmi ma la mia gamba destra stretta in sì dolci morse mi dice un mondo di cose. Le gambe della mamma stringono anch'esse, ma di quelle non è il caso preoccuparsi, talis mater talis filias». E Vito non sbagliò, come vedremo or ora e vedremo anche che lui, proprio lui, sarà la cavia delle voglie sessuali di Casta Susanna e della di lei madre… Il giorno dopo Vito andò a Casa Ceroli, ma non trovò gli sposi che erano andati in chiesa. Trovò la mamma di lei che gli fece i più sviscerati complimenti e lo condusse a fargli vedere la camera nuziale ammobiliata a sue spese, anzi volle che il giovane provasse come fosse soffice il letto facendolo sedere sulla sponda e sedendoci anch'essa. Il letto era malleabile davvero ed anche la giovane suocera, tanto è vero che…, ma sorvoliamo su questo particolare. Il giorno appresso Vito tornò ancora a casa Ceroli per salutare l'amico e questa volta ci trovò la sposa, la casta Susanna, che si può dire lo accolse a braccia aperte e non metaforicamente stringendogli le mani fra le sue e premendole contro l'abbondante petto. «Oh! come sono contenta di vederla, gli sussurrò essa accostando il viso a quello di lui, ma salga di sopra che qui c'é troppa confusione che questi garzoni che trasportano sacchi di grano fanno polvere e chiasso». Ed in così dire, tenendolo per mano, lo fece salire al piano di sopra e lo condusse nella stanza nuziale. «L'unica accogliente, avvertì la sposa, che ha mobili nuovi che le altre stanze sono rustici magazzeni di roba vecchia» «Ma, disse lui preso da un certo scrupolo, se Giannino non c'é io, salutata lei, posso andarmene che all'amico lo vedrò un altro giorno». «Cattivo! Andarsene dopo che da due giorni attendevo una sua visita! Anche ieri ogni tanto dicevo a Giannino: ma il tuo amico è in collera con noi che non si e fatto vedere come ci aveva promesso? E tante volte glielo dissi che finì col chiedermi se io ero innamorato di lei, signor Vito». «Signora Susanna, disse Vito…» Lo interruppe la signora: «Come mi piace questa parola "signora" nuova per me e pronunciata da lei con tanta grazia!» «Io non venni il giorno dopo del matrimonio per non far la parte del terzo incomodo nella giornata che seguì la vostra prima notte e l'inizio della vostra luna di miele…» «Altro che luna di miele, disse quasi accorata la sposina, proprio in questi due giorni che seguono il nostro matrimonio Giannino non fa che parlarmi di interessi, di dote, di quattrini che lui avrebbe bisogno per pagare qualche debituccio… Giudichi lei: oggi ha voluto seguire mia madre in città dove c’é da trattare presso un notaio un affaruccio di famiglia, per, dice lui, veder chiaro negli affari di casa mia, onde salvaguardare gli interessi miei che ora sono diventati anche suoi e per questo mi ha piantata sola in casa presso mio padre. Meno male, anzi molto bene che è venuto lei a farmi compagnia. L'amore di lui per il denaro mi urta al sommo grado e, debbo proprio dirlo?, mi disgusta (cominciamo bene, pensava intanto Vittoriano, l'avevo detto io…). Io continuò, con voce languida Susanna, amo sentir parlare di cose belle e raccontarle bene e con la grazia che ha usato ieri l’altro lei a tavola anche quando ci disse di quei due contadini che si bisticciavano per chiudere l'uscio di casa… E' così simpatico lei quando parla, farebbe innamorare! Mi levi una curiosità, signor Fantini, è vero che lei è l'amante della fattoressa Perizzi?» (Alludeva ad una giovane signora moglie di un fattore del paese di Vittoriano). Meravigliato di questa rapida mutazione di stile e di argomento il giovane rispose: «E chi le ha fatto credere una simile fesseria? Sono, è vero, un buon conoscente di quella famiglia che il fattore è tanto gentile di invitarmi qualche volta a far quattro chiacchiere a casa sua». «… sollecitato, si dice, dalla moglie che, a quanto sembra, ci tiene alla di lei compagnia… Si sa del resto che quei due vanno d'accordo solo nel farsi torti a vicenda». «E buon prò faccia loro! Io sono estraneo alla gara». «Ma questa non è l'opinione della gente che vede in lei uno dei favoriti delle intraprendenze e cordialità della signora Perizzi»., «Salute che chiacchieroni ci sono in quel paese!» «Chiacchiere che mi sono arrivate proprio stamane agli orecchi». «… e che lei le ha creduto?» «Vorrei proprio non crederle ma la persona che me le ha riferite è degno di fede ne ho provato e ne provo un dispiacere grande per la simpatia che io ho per lei… che se sapessi che lei fa l'amore con una giovane; io che sono maritata dovrei rassegnarmi, dato che anche lei è un giovane, ma se facesse all'amore con una sposa ci starei male, molto molto male, sarei, debbo proprio dirglielo? Sarei gelosa» E in così dire strinse con maggior forza e passione le mani del giovane… (Molto spiccia e sincera questa "casta Susanna"!) Rispose il giovane per rassicurare la sua ammiratrice (chiamiamola per ora così): «Si quella signora e con me molto gentile ma da questo all'esserne l'amante ci corre! E poi anche fisicamente a me proprio non piace; mi sembra un bastone vestito; troppo alta; troppo magra; senza forme marcate (boia d'un Vittoriano; come la sai mettere bene! pensare che proprio quel giorno eri stato a casa della signora Perizzi e, trovandola sola, non ti eri accontentato dei baci che essa ti dava, come spesso avveniva, beninteso quando eravate a quattr'occhi, ma ti spingesti onde ottenere qualche cosa di più… materiale al che essa oppose un amabile resistenza, amabile sì, ma che ti lasciò a… bocca asciutta e seccato della sconfitta). Ma continuo il dialogo da me interrotto con la parentesi: dice con arte Vito, a me piacciono le donne di regolare statura, come lei, ben fornite di carne (com'era Susanna) e coi capelli neri e occhi profondi com'ha lei mentre la signora di cui si parla sembra abbia dato la carne all'ammasso e i capelli sono rossi che a me fanno quasi ribrezzo (esagerato!)». La neo sposina,contenta di questo panegirico nei confronti di quella che credeva la di lui amante, strinse sempre di più a sé il giovane e dopo qualche titubanza da parte di entrambi suonò nella camera il rumore di un bacio cui altri ne seguirono. I nostri vecchi avrebbero detto: è andato a divertirsi in carriola, prima la madre e dopo la fiola. Consumarono insieme il… gran fatto. Lei dopo due giorni dal suo matrimonio, lui dopo due giorni aver testimoniato nel medesimo. L'altro, Giannino? Oh, lui lontano era preoccupato a prendere conoscenza dei beni della moglie. A consumazione… consumata lei, dopo aver alquanto indugiato di tenere attaccate le sue alle labbra di lui gli chiese: «Che eosa penserai di me? Dirai che sono una… civetta (una civetta!) ma la prima volta te l'assicuro che faccio un disordine simile». E il bacio dato all'altro testimonio il giorno delle nozze nella tua stanzetta? Ah queste civette! queste civette! Lui Vittoriano non trovando parole da opporre a quelle della "casta", o tutto esaltato e meravigliato se la cavò con un secondo e più frenetico assalto che mandò in visibilio la castissima sposina, la quale alla fine di baci sazia di baci e del resto esclamò: «Se lo sapesse Giannino, il tuo amico, che tu mi fai la… corte!» «Ah! perchè questi amplessi tu li chiami far la corte. Guarda, non ci avevo proprio pensato». La conversazione fu interrotta dall'arrivo di Giannino e dalla sua rispettabile suocera, i quali fecero buon viso a Vittoriano, anzi quando seppero che aveva fatto allegra compagnia (quanto allegra) alla solitaria sposina durante la loro assenza gli fecero un sacco di ringraziamenti e lo pregarono di restare a cena con loro, cosa che l'invito accettò di cuore incoraggiato da sguardi significativi e assassini di Susanna. La madre volle mettersi vicina a Vittoriano e durante la cena trovò divertente gioco ripetere le manovre "sottotavola" del pranzo di nozze (ma che fortunato mortale quel Vittoriano!).
Quanto sopra raccontato per dimostrare,come dissi in partenza di questa narrazione, che Giannino Solari fu "becco" a metà due ore dopo il suo matrimonio e per intero due giorni dopo. Ma che sposa, che sposa! questa Susanna e come sa ben bruciare le tappe! E quanto casta! Qualche mese dopo Vittoriano lasciò quel paese chiamato ad esercitare gli stessi uffici nella sua città dove, in seguito, sposò la giovane con la quale era fidanzato e fu marito e padre felice. Naso (???) di Susanna la casta, Giannino invece restò per altri dieci anni nel paese della moglie, la quale moglie, per consolarsi della dipartita del suo amante, riallacciò dapprima la relazione con l'altro testimonio dando, così ragione alle chiacchiere della gente che quel giovinotto che la baciò nella stanzetta il giorno delle nozze, era una sua precedete intima conoscenza; relazione che durò finché costui non prese moglie e si trasferì in città a far parte della "squadra del buon costume", della quale, a lungo andare, divenne comandante zelante e rigido. Dopo di chè la Casta Susanna, per non annoiarsi nella solitudine di questi inopinati abbandoni, nel giro di dieci anni cambiò in alterne vicende parecchi amanti, dicono le istorie del paese mentre il marito si occupava in famiglia degli interessi finanziari della virtuosa sposina, della cui dote però mai venne in possesso, perchè il padre, pur essendo paralizzato, persistette a campare, sia pure alla ben meglio, e la madre a tener stretti i soldi e il resto promesso al genero in sede di fidanzamento e rimangiato in sede di matrimonio. Susanna così si esprimeva con le amiche nei confronti del marito: «Far le corna a un marito è peccato, ma ad un marito come il mio, innamorato fino alla follia dei "baiocchi" che bussa sempre cassa ai miei genitori! e bussa a me quando i miei non soddisfano appieno alle sue pretese quattrini, è peccato non fargliele».
E su questi bei fondamenti la Casta Susanna ebbe come ho detto sopra parecchi amanti. Passò con indifferenza da un medico ad un infermiere, da un maniscalco ad un veterinario, da un farmacista ad un oste, da un contadino ad un perito agrario, da un vecchio di sessant’anni ad un giovane di diciotto e come la "Vispa Teresa di Gandolin"
Per circa due lustri Fu cara a parecchi Tra giovani e vecchi Tra ignoti ed illustri
e come la predetta Teresa,finché durò la sua avvenenza, fu "presa e ripresa e lei s'offriva e soffriva" perchè, come annota Gandolin nella sua scanzonata satirica poesia sopra citata
La donna che s'offre Se apostrofa l'esse Ha tutto interesse Di dire che soffre…
E quando dopo lunghe scorribande sessuali la Casta Susanna sdegnosamente respinse le profferte del campanaro che voleva suonare con lei la campana… grossa e, se le respinse, era per la gobba del proponente, mentre a lei piacevano diritti, beninteso, gli uomini. Costui anima vile e rea, mise una pulce nelle orecchie di Giannino. Giannino che ad altre pulci del genere non aveva mai dato peso sostenendo trattarsi di punture maligne, opera di maligne lingue, che non facevano male nè lasciavano cicatrici, questa volta, trattandosi della voce dei sacri bronzi e per di più tramite un gobbo che, secondo la superstizione, porta fortuna, volle vederci chiaro per la sua riputazione di educatore, magari sperando di trovare la moglie senza colpa e potersi vantare non essere un cittadino di Corneto. Si mise alle velette e dopo molti appostamenti un giorno, fra lusco e brusco riuscì a scoprire la sua virtuosissima sotto le arcate di un solitario viadotto stesa a terra e ben coperta dal corpo di un Tizio che esercitava l'arte di distribuire "numeri buoni buoni al lotto" che proprio in quel momento ed in quella positura sussurrava nella bocca di lei un quaternone secco. «Ah! vil femmina!» sbotta Giannino. I due scattano in piedi sconvolti e stravolti e Giannino, rimessosi in calma, ordinò alla donna di andare subito a casa (non mi sembra di aver detto che i due sposi avevano abbandonata la casa paterna e facevano casa da sè). Mentre la disgraziata si allontanava lui pensò bene di regalare fior di cazzotti all'indovino onde pagarlo per i numeri offerti alla sua metà, l'altro incassò senza pronunciar verbo. Con Susanna Giannino usò altra prassi; le ordinò di fare fagotto delle sue cose che intendeva restituirla a sua madre e disfarsene così di lei. E ciò detto presa una corda da boaro che casualmente gli venne a portata di mano, ne fece un nodo scorsoio col quale avvolse il collo della spaventata adultera e in tal guisa parlò: «Non gridare che non ho la velleità di farti fuori starei fresco! Dovrei pagarti per buona, per bella e per onesta, tutte virtù che tu non hai di certo. Avrei male malanno e l'uscio addosso, in galera per te non penso proprio di andarci. Quindi seguimi tranquilla e non recalcitrare per la strada perchè allora sì che moriresti perchè tu sai bene che i nodi scorsoi tanto più si tirano tanto più serrano e perciò regolati che io la corda non la mollo finché non siamo arrivati a casa tua e finché non avrò consegnato a quella cialtrona e spilorcia che ti ha messo al mondo. E avanti marsc. Ed eccoli per la strada lui avanti tenendo al guinzaglio la sventurata e cantando un motivo di una operetta in voga dallo stesso titolo:
Susanna, Susanna, la casta non c'é più Susanna hai perso il premio della tua virtù…
Se n'é accorto tardi, diceva la gente! Qualcuno avrebbe voluto far da paciere e far cessare quella scena da matti, ma Giannino avvertì: «Affari nostri. Fra moglie e marito nessuno metta il dito!» Giunta la coppia, seguita dalla ragazzaglia e dai curiosi alla casa di lei, Giannino, il marito tradito, consegnò alla suocera che era nella stalla a rifare il letto alle bestie, con gran solennità il capo della corda come un boaro consegnerebbe una bestia al macellaio e in tal guisa parlò: «Un decennio fa, o menzognera suocera, voi mi consegnaste una donna, oggi 10 vi riporto una… vacca. Si tratta di un fenomeno di metempsicosi. Domandatelo al parroco che cosa vuol dire questa dolce parola. Mettete già che siamo alla stalla, questa vacca in mezzo alle altre; è un posto adatto per lei, a meno che non dovessero offendersi le altre bestie alle quali io chiedo scusa» Senza ascoltare rimostranze e proteste degli esterrefatti familiari accorsi, aggiunse: «E a tutti voi moglie… meretrice di tante attenzioni, suocera dei miei… pendenti, babbo paralitico, parenti affini e ficcanasi porgo questo saluto» E in così dire mise il palmo della mano destra sulla bocca e sparò una poderosa pernacchia che provocò un coro di muggiti da parte dei bovini ivi raccolti spaventati da tanto rumore. Dopo di che senza voler sentire rettificazioni, con un salto fu sull'aia e di lì fuggì precipitevolissimevolmente. Il giorno appresso chiuse casa fece recapitare ai Ceroli la chiave (tanto quel che c'era dentro era di loro proprietà) non senza farli avvertiti che il padrone di casa era in credito di parecchie mensilità e che lui, Giannino Geroli, conoscendo le convenienze, lasciava l'onore del saldo alla ragguardevole famiglia della sua fedele sposa con tanti ossequi e rinnovate pernacchie. Lui ritornò nella sua città nativa; in quella della sposa non si fece più vedere. Costei continuò ad essere tale e quale fu col marito accanto e finché "le Veneri il tempo avrà fugate" come si canta nell'opera Traviata. E quando i suoi genitori morirono essa da coltivatrice diretta diventò… bottegaia perchè anche lei come la Vispa Teresa di Gandolin citata sopra:
Giunta ai quaranta - con l'anima stanca Col viso un po' tinto - col resto un po' finto Per torsi d'impaccio - dai prossimi acciacchi Apriva uno spaccio di sali e tabacchi.
E sembra abbia fatto affari anche col… fumo.
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