ZEPPI GIUSEPPE - ZEPPI ENZO - SAVINI GINO |
I fatti
(pag. 35)
Il 17 giugno 1944 tre militari, non potuti individuare, dipendenti dal presidio tedesco di Urbino comandato dal maggiore Majer, con il pretesto di essere austriaci, stanchi della guerra e che avevano intenzione di disertare, venivano da colono Savini Gino, addetto alle terre del fattore Giuseppe, invitati a casa sua e rifocillati dalla di lui moglie, Mazzoli Marianna. Con tale pretesto i tre militari riuscirono a prendere contatto con il partigiano Bernini Enrico, che, rivelando ad essi tali sue qualità, promise di accompagnarli al suo comando per metterli al sicuro da eventuali ricerche dei loro superiori.
Dopo poco si udirono alcuni colpi di fucile sparati da altri militari tedeschi sopraggiunti e che circondarono l'abitazione del Savini, unendosi poi ai tre militari sopra menzionati ed armando anch'essi di fucile.
Il Bernini, scoperto il trucco, si dava alla fuga per le campagne dopo aver scavalcato la camera da letto del Savini, ma, inseguito dai militari tedeschi, veniva ucciso con raffiche di mitraglia. Successivamente i tedeschi accompagnarono al loro comando il Savini Gino, lo Zeppi Giuseppe e Zeppi Enzo, figlio di quest'ultimo, ove il maggiore Majer dette l'ordine di fucilarli e di saccheggiare e incendiare le loro case.
I tre suddetti individui vennero uccisi poco dopo nei pressi della stazione ferroviaria e il giorno successivo vennero saccheggiate e incendiate le loro case, dalle quali i tedeschi asportarono biancheria, oggetti di valore e bestiame, arrecando alle famiglie degli uccisi anche un enorme danno patrimoniale.
Da quanto precede si rileva che i tre militari tedeschi, entrati per primi nella casa del Savini, non erano austriaci e tanto meno disertori e che erano ricorsi ad uno stratagemma per impossessarsi dei tre cittadini italiani, sospetti di aiutare i partigiani.