Ercole Bellucci: EDIZIONI |
RECITATIVO D' AUTUNNO di Ercole Bellucci
1957 - 58
DIFFERENZE
Tipografia Bellucci - Urbino - 31 agosto 1958
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Composto di sei parti:
I. Oltre giungendo II. Nell'evoluzione III. Indolenze IV Attraverso il candore della costola V. Sere Passammo VI.Malinconia del vento
La IV parte è ripubblicata in L'affronto della voce, nella sezione "Movimenti per composizioni", senza numero né corsivi.
I e IV sono inclusi in:
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V - SERE PASSAMMO
Sere passammo, nel tumulto Per alterni rovesci, nella carica del tempo Contenuto dal polso, nella tenera oscillazione Quando il cuore mostra adolescenze probabili L'estrema fragilità del desiderio Desta nel sogno parole anonime Spoglie tutte al fine A dissensi- comparazioni, termini Scadenze nel muto ordine del pensiero Destini fermi, vaste inquietudini Quante in noi ebbero illusioni Oltraggi cui non elude ricordo, Sgomenti tra luci e specchi - Sere passammo opachi come vetrate Sere passammo - oh non lontano - Nel solaio complice della prima solitudine rifugio agli incesti dove proferito era il segreto onde riappreso dall'eco -aumentava il coraggio. In collina esuli e colmi d'avventura tra avene smarrite e castità profonde e labbra, trasaliva l'incertezza del giovane sangue come acacie nella sera sul puro costato del grembo. Nell'androne, vigili ai rumori del vento che rumori commossi suggeriva a melanconie d'ombra e di stelle Sere passammo
E venne il tempo del candore e dell'umiliazione Del giardino putrido in attesa della neve - Oh discese anche la neve, ebbe la nostra orma ! E venne il tempo del clamore su labbra silenziose Il tempo del raccolto - si disse - Chi semente aveva dato. Il tempo delle provviste in soffitta, della cotogna su federe in dote Di ombre enormi che il fuoco del camino aumentava sulle travi Della sera già sera nel meriggio Il tempo della madre e del padre Soli e sorpresi in qualche angolo della casa, L'esempio del morto in famiglia L'esempio del lenzuolo putrido di febbre "L'influenza passeggera" - e intanto il sangue non ha sbocco - e la tempia conta E qualcuno parte e ci lascia per una lontananza impossibile.
E non c'è nulla da dire, Da fare - se non te stesso Irrimediabilmente diminuito. Ma noi che il nostro Morto abbiamo Deposto su migliori lenzuola Evitammo l'ultima sua espressione perchè era già nostra Noi seguimmo Ofelia dolente tra cortesi silenzi Sino all'argine della nostra tenebra Nel limite oscuro della coscienza, attendendo
Destituita ogni fermezza. E gigli e istinti prevalsero, nell'assentire superflua ogni convivenza. Ognuno ci allontanammo conserti al proprio rumore Restituiti in profondità - E null'altra amicizia per contrade sole E clacson Era la vita ad aumentare come una nostalgia.
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I - OLTRE GIUNGENDO
Nel tuo sangue che volge remoto l'agosto termina Tra arsure alla mia tempia. L'autunno si compie tra umide noie E nuove assenze che l'ottobre annovera celebrando la sua eternità Tra funebri cortei di conoscenze. Un violino geme Sullo specchio che ti distinse, rimane dell'estate un esangue sopore Distrutti clamori in questo primo anniversario di foglie Tremori che dissolvono ardui al limite dell'ombra Dove una bianca luna vergine sacrifica Caste solitudini e una morte commuove antica Difficile come il silenzio.
Anticipo la tua dissoluzione, dopo La carne, oltre II definitivo silenzio, giungo Al tuo profilo il mio in purità Spirituale - tale è l'incesto, un volo di colombe.
- Oh tu sempre più Lontana, inapprensibile, non vista e presente Alle profonde cadenze del mio dolore.
Anche in Antologia poetica 1957 - 1997 - Istmi - 1998
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