GERMANA DUCA RUGGERI:
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angoli della terra |
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GLI ANGOLI DELLA TERRA
Sull'ultimo libro di poesia di Germana Duca Ruggeri
di Alessio Brandolini
Gli angoli della terra è il titolo del nuovo libro di Germana
Duca Ruggeri che, nata ad Ancona, da tempo vive a Urbino. Di lei avevo
apprezzato il libro di racconti Tessere (Manni, 2004), per
l’eleganza dello stile e la profonda e partecipe curiosità dello
sguardo, caratteristiche agevolmente rintracciabili in questa raccolta
poetica costruita su due ampie sezioni, due blocchi, che si
fronteggiano, si contrappongono in un dialogo tanto pacato quando
coinvolgente: “Materiali” e “Immateriali”. Decisamente molto bella la prima parte, più lirica e densa della seconda, che passa attraverso splendide poesie (tutte rigorosamente senza titolo) assemblando “materiali” della vita riflessi però nel Tempo (precisa l’osservazione di Sandro Montalto nella prefazione al libro, lì dove sottolinea che il tempo è “la coordinata più importante nello svolgersi, letterario ma anche psichico ed emozionale, della poesia di Germana Duca Ruggeri”). Leggendo la seconda parte si ha l’impressione che essa raccolga “materiali” ancora non ben definiti, da catalogare, da sistemare, riflessioni e immagini allo stato embrionale raccolte negli angoli della terra, cronache di vita o di sogni, che solo il tempo (forse) potrà rielaborare, chiarire; che poi - a ben vedere - è anche un modo per accedere al laboratorio poetico dell’artista, nelle sue emozioni che si trasformano, si evolvono giorno dopo giorno e facendosi inconsapevolmente poesia, costruiscono una visione, innalzano ponti, tracciano percorsi e delineano una compattezza poetica costruita su piccoli tasselli. E qui torna il tema delle “tessere” (come schede, immagini, tasselli, appunto, cronache - e Tessere s’intitola il libro di racconti) che formano le nostre giornate, gli anni, la nostra vita. Forse per questo, poi, nella prima parte de Gli angoli della terra tutto è così fluido e i “materiali” raccolti e poi elaborati sono luminosi, rifiniti e ricorrente è l’immagine di un lago, che certo sarà concreto e reale, ma che qui si fa metafora dello specchio che riflette e insieme deforma e, a volte, crea illusioni: quello che si vede è solo la superficie, al di là c’è dell’altro, come in fondo a un lago può esserci un relitto con i suoi morti o, al contrario, con i suoi tesori. Allora si prova a spingere le radici nella propria carne (padre, figli, nipoti e compagno di vita), a ricollegarsi a se stessa, alla madre, alle origini della nascita: l’ultima poesia della prima parte si ricollega al testo iniziale, in un cerchio perfetto, in un passaggio generazionale che per sfondo ha il solito lago: un circolo, uno scorrere di vita che lambisce tutti gli angoli della Terra e si richiude abbracciando gli altri (significativo l’uso persistente e percussivo del “noi”), i vivi e i morti, i luoghi amati (Ancona, Urbino...). Gli angoli della terra è un libro di poesia che si torna a rileggere volentieri per la sua tenera (e terrestre) bellezza, aggrovigliata ai nostri giorni, al bene e al buono della vita ma anche alle indifferenze, “agli sguardi che si ignorano”, alle guerre e ai conflitti dei nostri tempi (non a caso l’unica dedica presente nel libro è a Paolo Volponi, così attento alle dinamiche e alle distorsioni sociali), a una “realtà senza sosta” vissuta con coraggio e gratitudine, con umana partecipazione. In un continuo vagabondare per paesaggi e passaggi, tunnel e cunicoli dove si apprende dal vivo, percorrendola a piedi nudi, “la fragilità della terra”.
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