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GERMANA DUCA RUGGERI: Hanno scritto sull'intera opera

  Giorgio Nonni

Guido Garufi   Luciano Marasca   Lucilla Niccolini

 

 

Il tempo (tempestas che rivela inquietudine e/o temperantia come virtù che miscela gli eccessi?) si fa iterato totem salvifico che rassicura l’azione della vita e pone l’umanità (e prima ancora Urbino città-madre) al riparo dai destini avversi, accogliendola nei segreti dei suoi congegni. E la poesia di Germana Duca riesce così a costruire sulle nodature e sugli anfratti di quotidiani accadimenti, come sui basamenti di classiche sententiae, una macchina perfettamente funzionante a somiglianza di quegli ‘horologi’ messi a punto dai geniali costruttori della Urbino rinascimentale. Ecco, è forse qui che si concreta appieno lo sconfinato amore dell’autrice verso una terra che sembra custodire in sé i segni di una rinascita e che viene chiamata (lo faceva mirabilmente Volponi) a riscoprire la propria anima.

Giorgio Nonni

 

 

 

Il paesaggio, la natura entrano nella poesia di Germana Duca dentro una forma stilistica davvero conclusa dalla eleganza e dalla leggerezza. I suoni, le voci, i dialoghi sono tutti tesi alla realizzazione di un ‘concerto grosso’, vale a dire l’ampliamento di della stessa voce dialogante vicina al descrittivismo lirico di certe prose di Bartolini, quelle  nelle quali si spegne l’enfasi polemica e affiora la natura interna di ordine e di struttura melica e melodiosa. Dato che  un grande suo coetaneo, scrittore-critico, aveva implicitamente ammesso come condizione  generale del romanzo italiano: Elio Vittorini. Si vuole qui intendere il “realismo lirico”.

Guido Garufi

 

 

 

Si scioglie in una metrica piana e lineare un linguaggio che non teme di sconfinare nel dicorsivo e nella prosa, come in una ispirata conversazione con un vecchio conoscente accanto a un caminetto; l’uso prepotente di termini regionali, più ancora che dialettali, completa un gioco espressivo che  conferisce una chiara identità, e identità culturale, all’ordito poetico della Duca Ruggeri: parole come “strigola”, “soché”, “arola”, e infine l’ultima , per noi classica, filastrocca

... staccia stacciola, buttala

giù de fora, staccia minaccia,

buttala giù la piazza ...

[distanzainstanza pag. 54]

 

ci confermano che è di questa terra, e non altre, che si sta parlando, che è qui, e non altrove, che ci stiamo specchiando.

Luciano Marasca

 

 

 

Nella tessitura di gesti e frasi consuete, fatte verso, la Duca Ruggeri incide pensieri di eternità, riflessioni che ti assalgono, come le emozioni, a tradimento. Urbino, tutt’attorno a lei, madre e sorella, amica e confidente, è testimone di un percorso umano che le ore del giorno stringono in una sineddoche di vita, in un librino davvero dorato, fatto di amore, paura e illusione, di aurea mediocritas oraziana. Sì che il carpe diem è quasi la chiave di interpretazione della raccolta: ex ore può significare ‘ore che sono state’, oppure in latino ‘dalla bocca’, così come esce il pensiero di chi, nella giornata industre, parla da sé per tenersi compagnia.

Lucilla Niccolini

 

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