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Maria Grazia Maiorino
DARE UNA MANO A UN ALBERO

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Paolo Ruffilli /
Corriere Adriatico
Tiziana
Bristot
Gio. Francescon
(tutte le foto)
M.G.Maiorino
Haiku
Associa-
zione

 

 

DARE UNA MANO A UN ALBERO
 

Libro d'arte: fotografia e poesia


Associazione L’albero blu
Fotografie di Giovanni Francescon
Haiku di Maria Grazia Maiorino
Rocciaviva
Belluno 2003

 

 Ideato e coordinato da Tiziana Bristot e da Pier Fioravante Brugnera.

 Edizioni ROCCIAVIVA Via del Piave, 13    Belluno - info@rocciaviva.com -

 

 



Dare la mano

a un albero danzante

azzurro-foglie
 

                                                             M.G. Maiorino

 

 

Prefazione   di Paolo Ruffilli

 

Ho sempre avuto curiosità per la fotografia. L'immagine fissa e fermata come sotto vetro suscitava in me, fin da piccolo, un fascino sottile e filamentoso; sul quale ho fatto chiarezza solo in tempi più recenti, acquistandone consapevolezza. Ho avuto allo stesso modo, fin da piccolo, interesse per la poesia e, in particolare, per le piccole schegge luminose di ogni haiku, questo componimento tipicamente giapponese composto di diciassette sillabe (suddivise in tre versi di 5 - 7 - 5), un genere di breve misura fondato sul verso breve dispari massimamente cantabile, come nella tradizione melica italiana e nella librettistica d'opera.

La mia è una generazione che si è formata non solo sulla pagina scritta, ma sull'immagine; sia quella immobile della fotografia, sia quella rimessa in movimento del cinema. Non ho mai avvertito insofferenza o, peggio, concorrenzialità tra le immagini verbali della letteratura e quelle più propriamente "figurative"; anzi ho sempre avuto la sensazione di una continuità, occasione se mai di una più ampia ricchezza appunto "immaginativa", come appare in questo libro dallo scorrere in parallelo delle fotografie di Giovanni Francescon e degli haiku di Mariagrazia Maiorino.

Mi stupisce, mi ha sempre stupito che correntemente si attribuisca alla fotografia una caratteristica, o addirittura un compito, di "documento"; come se si trattasse di uno specifico neutro, di uno strumento di registrazione imparziale e impassibile. Secondo quello che è uno dei più colossali malintesi della cultura contemporanea, riassumibile nella forma categoriale del così detto realismo.

Niente di più falso. La fotografia è una pratica magica; indipendentemente dai suoi accorgimenti tecnici, sempre più raffinati. Realizza il più antico sogno dell'uomo: quello di fermare l'attimo fuggente e di consegnarlo alle apparenze dell'immutabile, all'illusione del "una volta per sempre". In fondo, proprio come accade con tecniche diverse nella poesia, con la volontà di conservare dentro la scatola magica delle parole l'essenza di ciò che è trascorso. Ecco, dunque, riassunte le due "sublimazioni" qui ricomposte dagli autori a specchio: dalla realtà della vita al "sublimato" iconico e al "sublimato" verbale, vale a dire agli alfabeti dei segni, cioè alla metaforicità del processo creativo dell'arte.

Sappiamo per esperienza che la vita è movimento, flusso inarrestabile; ma abbiamo anche imparato che occorre far ricorso all'artificio di bloccare tale flusso, per poter conoscere più in profondità, per "riflettere"  appunto e in qualche modo "rispecchiarsi". Il clic della foto come l'illuminazione della poesia realizzano bene questo artificio (l'artificio è l'unica vera possibilità di gnosi) e ci consegnano, entrambi, una "posa" dalla quale riemerge, improvvisamente illuminato, il movimento di metamorfosi, di trasformazione, che è la vita.

È per la legge dell'inversamente proporzionale che vale nel processo fotografico (il buio per recuperare la luce e i colori, il rovesciamento dell'immagine per ripristinare la sua condizione dritta...) e che ritorna anche in una famosa metafora letteraria, quella del luogo immoto: la zona incantata della superficie quasi immobile dove, contro ogni apparenza di "arresto", più violente si scatenano le energie e più in profondità si disvela il mistero della vita. E, in forma di concentrazione massima, l'haiku affida a un minimo scorcio di natura, a un quadretto microscopico di luogo o di stagione, a un ritaglio di situazione vicinissimo al grado zero di presenza, la capacità scatenante massima di sensazioni e di impressioni, per via metaforica e analogica insieme.

In questo senso, vanno lette le poesie e le fotografie di questo libro, nella loro contigua consistenza magica di "istantanee": quasi supporto medianico, per andare oltre l'apparenza dell' hic et nunc (un hic et nunc che, nella foto come nella poesia, diventa presente "eternizzato"- quale ossimoro più lampante per esprimere la coincidenza degli opposti!). E, ogni volta potenziandosi in un'amplificazione reciproca, la foto e la poesia diventano la predella o il trampolino da cui spiccare il salto verso ciò che, invisibile, fa da supporto al visibile.

La foto, ogni foto, è dominata da un'evidenza abbagliante: una superficie in eccesso di luce che trattiene appena sotto di sé le ombre e il buio di cui pure il mondo è impastato. Ecco perché ogni foto di Giovanni Francescon è uno specchio dentro e oltre il quale è possibile saltare, come Alice alla scoperta del paese delle meraviglie. Proprio perché in ciascuna foto, come ribadisce quasi da evidenziatore ogni haiku di

Mariagrazia Maiorino, al di sopra dell'evidenza conta il retroscena: tutto ciò che è "prima" e "oltre" e che consente agli oggetti e alle figure di rapprendersi nella scena fulminata. Di albero in albero, lungo tl territorio, ecco riemergere allora gli usi e i lavori, le stagioni e le atmosfere, le abitudini e i riti, perfino i gesti e le parole, la parte più segreta degli interni, dall'esterno delle case.

La poesia e la fotografia, l'abbiamo detto, hanno molto in comune e, nella loro forma di conoscenza, mettono assieme intelligenza e sensibilità, logica e intuizione, ragione e inconscio; e proprio per questo rappresentano bene la vita nella sua mescolanza continua di luce e buio, di presenza e di assenza, di "positivo" e di "negativo". Ma, nel caso particolare, si aggiunge la circostanza niente affatto occasionale che due autori hanno trovato un comune modo di vedere e di sentire le cose. E questo non dipende tanto dal fatto che hanno un comune territorio di riferimento (di luoghi, di persone, di sentimenti). C'è qualcosa che consiste piuttosto nell'uso di una lunghezza d'onda comune sul piano espressivo, riconducibile all'arte fondamentale e vincente deN'allusione.

Il prodigio è opera della poesia così come della fotografia. E qui poesia e fotografia lavorano"in levare", cioè si affidano alla sottrazione e aIl'elIissi, lasciando spazio al vuoto e all'assenza. Così che, in queste pagine, i più presenti sono proprio gli assenti, ritornati "ingigantiti" dalla loro scomparsa, fatti imponenti dalla loro cancellazione. Lo strumento che rende possibile tutto ciò, come si diceva, è proprio la forza allusiva. Ecco, allora, che questo album di parole e immagini diventa una specie di supporto medianico che consente a ciascuno di materializzare i propri fantasmi e sentimenti. Gli autori parlano della loro esperienza personale, ma in una chiave generale. È per la già citata legge dell'inversamente proporzionale, per la quale più una cosa riguarda l'individuale e più ha valenze universali: all'ombra degli alberi, il mondo di un luogo e di un tempo diventa l'emblema capace di accendere per lampi e valenze simboliche l'immaginario di tutti noi.

Paolo Ruffilli

 

 

così è nato il sentiero de l'albero blu

di Tiziana Bristot

 

Ci troviamo una mattina nel cortile di una casa colonica, attorno a noi segni e odori di un passato che è nel ricordo di bambini: la fontana, gli attrezzi da lavoro, la tenda alla porta... Imbocchiamo un sentiero delimitato da siepi, fra i rami si intravedono i campi coltivati, in silenzio ascoltiamo il suono delle foglie e il canto degli usignoli. Il percorso continua lungo gli argini del Monticano e giungiamo al Roccolo. È uno strano osservatorio verso il cielo e ci permette di scoprire le traiettorie di volo degli uccelli, imparando a riconoscerli. Chiamiamo per nome gli alberi, gli animali, i luoghi: è il modo più semplice per riappropriarsi del territorio e per riscoprirne suoni e profumi. Capiamo quanto sia cambiato il luogo e quanto siamo cambiati noi.

Così è nato il sentiero de l'albero blu di Mareno di Piave: le passeggiate per disegnarlo nel territorio, il segno della penna per riprodurlo sulla carta geografica, il progetto e la realizzazione.

La pubblicazione che presentiamo nasce con questa iniziativa, la racconta e non solo. Apparentemente inusuale, l'associazione fotografia e haiku è diventata filo conduttore nella ricerca di relazionarci con un ambiente che si va perdendo e di mantenerne viva la memoria.

È un cammino tematico nello spazio e nel tempo: gli alberi, il fiume e la foglia trasportata dall'acqua; la casa, il lavoro, i dettagli che superano la realtà per aprirsi al sogno.

Ci è piaciuto immaginare di essere accompagnati per mano da un albero: "antiche radici, fusto eretto e rami con chiara vocazione di cielo e un alto futuro di stelle".

Tiziana Bristot

 

 

fotografare ultime presenze

 

di Giovanni Francescon

 

 

L'incontro con l'albero blu avvenne all'apertura della mia mostra "Alberi" a Mel. Ci furono delle idee scambiate in fretta, un progetto e l'accordo di incontrarci per parlarne in modo più approfondito.

Iniziarono cosi le esplorazioni in un nuovo territorio e i primi contatti con persone determinate nell'obiettivo di realizzare il sentiero de L'albero blu a Mareno di Piave. Abituato ad esperienze estreme e solitarie, sono stato attratto dallo spirito collettivo di questo progetto e dalla frammentaria precarietà dell'ambiente che cominciavo a conoscere.

Fotografare ultime presenze: l'ultima quercia, l'ultima siepe arborea, l'ultimo campo chiuso... Fotografare scoprendo e ricucendo scatto dopo scatto pezzi di storia e di territorio.

Nel tempo la casualità di questa conoscenza si è rivelata un'amicizia profonda, che si è consolidata nella ricerca di un linguaggio "senza confini", per raccontare dei luoghi, come questo tratto di pianura veneta, e della sua gente.

Giovanni Francescon

 


HAIKU
Dare la mano a un albero
(premessa e alcuni esempi)
 

 

 

 

 

Imbiondiscono

come i ricordi d’oro 

le grandi querce

 

 


saccheggiare il taccuino dei miei haiku

Saccheggiare il taccuino dei miei haiku è stato una specie di cammino parallelo a quello del sentiero dell'albero blu. Haiku come didascalia, certo, questa era stata la proposta iniziale, ma ho subito scartato l'ipotesi illustrativa, la più scontata, e ho preferito lasciare che di volta in volta scattasse un cortocircuito tra le immagini delle foto e quelle dei versi: scintilla, trait d'union, lampo, una sensazione riaffiorante - nostalgia, leggerezza, stupore, pace, dolore, allegria, gioia infantile, perdita...

Haiku nati in contesti e momenti differenti, spesso a contatto con una natura cittadina, come quella di un parco, o alla presenza del mare, o semplicemente nello spazio interiore delle visioni oniriche e dei ricordi, si sono uniti al le fotografi e di una campagna sospesa tra il passato e l'avanzare dell'urbanizzazione: salvata ed anche ricreata, per essere lasciata in eredità.

Così i nostri viaggi nei luoghi diventano viaggi nel tempo, nel nostro tempo, che gli alberi, i fiori, la terra, un nido, una proda erbosa, lo scorrere dell'acqua, ci aiutano a riconoscere. E ad amare.

Mariagrazia Maiorino

 

Haiku di M.G. Maiorino

 

Qui di seguito alcune fotografie eseguite da
Giovanni Francescon
fra le numerorse incluse nella pubblicazione
 

Gennaio mite

aria che ti abbraccia

e non rimane

 

Acqua nei gesti

quotidiani nuotare

in filigrana

 

S’alza il trabocco

tra le onde invernali

voci alla radio
 

 

 

Ogni formica

porta granelli di te

nel suo aprile
 

 

 

 

Ogni parco

ha un albero custode

ali autunnali

 



Il tuo silenzio

poterlo abbracciare

dare un confine

 

 



Quando i ricordi

hanno il bordo rotondo

di una fontana

 

 



Sera d’inverno

pelo caldo del cane

chiamo mia madre

 

 

 

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Associazione culturale L'albero blu


L'albero blu è un'associazione culturale senza fine di lucro, costituita a Mareno di Piave nel 1999 da un gruppo di persone unite nell'interesse per la natura, la storia e l'arte del territorio veneto. Nell'ambito delle attività di statuto, volte alla valorizzazione e alla tutela del territorio, ampio spazio è riservato alla didattica, al fine di stimolare e accrescere la sensibilità dei giovani per l'ambiente e qualsiasi forma di cultura ad esso legata. Sostenuto dall'entusiasmo dei soci, L'albero blu ha portato a compimento diverse iniziative: la piantumazione di un bosco planiziale nella zona dei San Fris, con la realizzazione di uno specchio d'acqua; il laboratorio di poesia; l'avvio di una ricerca in collaborazione con l'Istituto di Scienza della produzione animale dell'Università di Udine, che ha per tema La storia dei cavalli bianchi del Piave, oggi estinti, con l'intento di recuperare del materiale genetico e riproporne la razza.
Questo libro è nato dal desiderio di trasmettere una passione come un segno lasciato alle nuove generazioni affinché ci sia nel futuro una continuità di memoria, di rispetto e di legame con la nostra terra.


L'albero blu
via Strada Nuova, 43 31010 Mareno di Piave (Treviso)
 

 

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Corriere Adriatico
Tiziana
Bristot
Gio. Francescon
(tutte le foto)
M.G.Maiorino
Haiku
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