Maria Grazia Maiorino e Raimondo Rossi a Marisa Zoni |
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“C’è gente che non vede non solo un quadro ma nemmeno un muro alto o un palazzo, c’è gente che da Fano non è mai salita in Urbino per vedere il palazzo ducale o l'angelo di Piero o la lavagna di Subissoni, gente istruita s'intende. C’è in giro un disamore una polvere un disinteresse acuto e pornografico per tutto ciò che è poesia, Pasolini lo diceva e includeva la vita. Questo libro non vuole essere una guida ma un racconto delle cose viste, il giro comprendeva Siena Recanati Urbino Bologna e Verona: si può fare in pochi giorni a piedi o in macchina... ”
A prima vista il tono prevalente della plaquette Analisi di un 'estate (1978) di Marisa Zoni appare quello della provocazione, anche nello stile: fiammante di versi brevi, brevissimi, con frequenti enjambement fin dentro al corpo della parola, spezzata a fine riga dalla linea dell’a capo, versi che si avvitano uno dopo l’altro in un movimento a spirale, senza interruzione, con rari segni di punteggiatura; metafore e analogie audaci che lasciano irrompere di continuo la realtà quotidiana, i termini della politica, il richiamo alla partecipazione e alla lotta. Si respira l’aria degli anni Settanta, il desiderio di usare l’immaginazione per cambiare il mondo; si intravede l’officina di Roberto Roversi, che per la poetessa di Castel San Pietro (Bologna) scrisse la prefazione della raccolta Quota Rovente, dedicata a Lalla Romano. Ma, a ben ascoltare, in queste laiche litanie credo si possa sentire il ritmo insistente dell’invocazione e forse anche della supplica. Salviamo la bellezza, ripetono, prendiamoci cura delle opere degli antichi pittori, anche di quelli meno noti, che hanno avuto il privilegio di lavorare nell’aura dei grandi e che costituiscono parte dei tesori da scoprire nella pinacoteca di Siena, vero luogo del cuore, e in altre parti dell’Italia centrale, comprese le nostre ruvide Marche; uno fra tutti quel Sano di Pietro “minore fenomenale più bravo di Rousseau il doganiere perché i suoi leoni nei piccoli boschi di San Savino hanno occhi di podestà e torture invisibili per il sangue di qualunque epoca”. Come non andare con il pensiero, dopo quasi quarant’anni, all’Italia di oggi e alle recenti catastrofi umanitarie e naturali? E agli sforzi che si stanno facendo per recuperare, restaurare, ricreare luoghi di identità accoglienza relazione, anche a partire dal patrimonio artistico e dalla sua bellezza, della quale abbiamo più che mai necessità? Il viaggio di Marisa Zoni si svolge soprattutto nel centro Italia, passando per Urbino e l’Angelo di Piero, che sembra vegliare su tutti noi dall’alto del suo palazzo incantato. Lei lo dipinge con i versi, "Per un angelo di Piero":
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Caro Angelo di Piero che eri sindacalista in qualche borgo che avevi la manopola eretta e i capelli affilati i tuoi occhi custoditi dicono che la musica si può comporre a onde anche in piazza comunicare alla folla e gridarle contemporaneamente come agire per coinvolgere le contrade per simboleggiarne il consenso e aprire nuove
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scuole inserirle in buche compatte uccidere l ’uccisore staccare le eclissi dagli organi delle chiese dalle loro lontanissime rese alzare Rossini sul popolo di barbieri e contadini pareggiare Vivaldi nei tribunali dichiararlo innocente e benianimo separare il divino dall 'impossibile.
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Se, durante il nostro viaggio di quadro in quadro, anche noi sostiamo e ci lasciamo toccare da quelli che Nabokov definiva i divini dettagli, troveremo nelle modernissime traduzioni in versi della Zoni immagini commoventi nella loro semplicità, nel loro continuo richiamo alla dimensione terrestre, coniugata con un “di più” che è dato dallo sguardo poetico, intimo e tenero, dell’autrice. Incontreremo allora un “Gesù bruco conficcato in fasce robuste” e un “Cristo bambino” che “ha le calzette nere fatte a mano”; “gli occhi della Maria (che) sono due more di siepe” e “chissà quale messaggio nei suoi occhi di fornaia; “un angelo politico smaliante con la sua corona di foglie”; “colline piene d’erbe che disdegnano qualsiasi tono celeste” e “santi che fanno miracoli in poco più di un metro quadro” .... Ci accorgeremo di un mondo pieno di simboli, che rappresentano le radici a cui ritornare e fanno da ponte tra cielo e terra, tra realtà e mistero, tra passato e futuro, solo se sappiamo ancora stupirci e sperimentare uno sguardo nuovo sulle cose. Il sacro infatti non è un luogo “a parte” ma si adombra in ogni essere, invitando a prenderci cura di ogni “docile fibra dell’universo” (Ungaretti), a spogliarci di artifici, falsità e retorica, per costruire una scala diversa di valori sui quali fondare la nostra vita. Tra questi il valore conoscitivo della poesia, sul quale si continua a dibattere, viene qui ribadito con forza, chiedendo ai lettori immedesimazione e complicità. Mi piace concludere questo breve viaggio nel tempo e nello spazio di un’emblematica estate citando per intero il testo che fa da clausola alla raccolta, intitolato “Il carmelitano”: come un cerchio che si allarga in cerchi sempre più grandi, fino a noi, fino all’invisibile di un oltre “segreto” nelle profondità di ogni cuore, e il sasso lanciato è ancora quello della poesia:
Se tu fossi stato frate nel trecento o kamikaze nel duemila se tu avessi avuto la stessa esperienza di gioia primaticcia la sicurezza della grotta la cimice amica l'acqua fredda del pozzo l'anguria irrigidita e infine l'albero tropicale che fa mandorle amare l’alberino tondo alla Rousseau con le foglie accovacciate se tu fossi oggi poeta altrettanto segreto come asceta. Maria Grazia Maiorino |
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Marisa Zoni è nata a Castel San Pietro (Bologna) nel 1935 ed è scomparsa il 30 dicembre 2011. Per quarant’anni ha insegnato Lettere in scuole del nord e del centro Italia e ha lavorato con alcuni tra i maggiori autori del Novecento italiano, da Paolo Volponi a Lalla Romano, da Vittorio Sereni a Roberto Roversi. Nel 1971, per iniziativa di Pier Paolo Pasolini uscirono su “Nuovi Argomenti” alcuni testi della poetessa, impegnata nel frattempo in un’intensa collaborazione con pittori, scultori e incisori. Tra i suoi libri ricordiamo: Testa o croce del soldone (Lanciano 1959) introdotto da Carlo Bo; La scarpinata (Mondadori 1967); Come un metallo o un tamburo (Manni, 1999); Tu parla dai mille occhi (Pendagron 2004).
Nella Foto degli anni 1970 da sx: 1- Mamma di Marisa 2- Silvio Ferri 3 - Marisa Zoni 4 - Raimondo Rossi
Disegni e
progettazione di Raimondo Rossi |
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Maria Grazia Maiorino e Raimondo Rossi a Marisa Zoni |