LA PIETRA SALVATA |
Presentazione all'UNILIT di Urbino
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Pietra Salvata Pietra che salvi presentazione di Anna De Simone (pag.12 e segg.) [...] Penso che il nuovo libro di Maria Grazia Maiorino, questa sua riflessione in versi sulla vita, sulla morte, sulla difficile, sofferta ricerca del divino, meriti una grande attenzione insieme alla volontà di arrivare al cuore dei versi per enu- clearne l'essenza. La pietra salvata è il frutto coloratissimo di anni di studio e di lavoro e di vita vissuta; rappresenta il proseguimento e forse anche la conclusione, positiva e propositiva, di una ricerca esistenziale e artistica durata molto a lungo e di ima tensione spirituale che forse trova qui il suo compimento. Il volume è suddiviso in sei sezioni: Blog, Campo del cinabro, Da silenzio a silenzio, Come un perdono, Viaggio in Terrasanta, La pietra salvata. Alla complessità della struttura si accompagna quella delle singole poesie, che tracciano un itinerario ora drammatico, ora inquieto, qualche volta sereno, ma sempre sostenuto dalla ricerca di un quid che lo giustifichi e lo salvi. La prima sezione si configura come un blog: ne ha la nonchalance e la disinvoltura, anche se appare attraversata da malinconie e da rimpianti feroci:
Sarò un sogno nei sogni del tuo zaino, con racconti di viaggi alla Chatwin, con incontri misteriosi:
labirinto di passi felpati E tanta solitudine, perché "l'ospite atteso è l'amore che non c'è" e se proviamo a disegnarne il volto, ci rendiamo conto che il suo "è un volto perdutamen- te lontano", perdutamente bello. Viene in mente la favola di Amore e Psiche. [...] C'è tanto mare nei versi di Maria Grazia Maiorino, quel mare che Franco Loi bambino confondeva con il cielo («strisciando tra le erbe con il mio amico Rico, vidi per la prima volta un cielo che toccava il cielo... (F. Loi, Da bambino il cielo, Garzanti, Milano 2010, p. 10). [...] C'è anche l'irrompere del giallo ungarettiano della mimosa ("Il Taccuino del Vecchio", 9, in Vita d'un uomo. Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1969, p. 276). [...] I pensieri e i discorsi s'intrecciano e si confondono, come le macerie in un giar- dino "accatastate sull'erba", come i luoghi sfiorati dall'io narrante: l'Aquila, che con tanta fatica si va risollevando dalla distruzione del terremoto, o Varenna, il suo cimitero, ima panchina. Non ha importanza il luogo, perché ogni luogo è un deserto senza chi ci ha amati:
Ora che ad aspettarti rimane solo la casa [...] Gli echi, le suggestioni, gli incanti cui hanno dato vita poeti che amo, affiorano anche dai versi della Maiorino, che rivela, a tratti, una tensione mistica paragonabile a quella di Bianca Dorato, la poetessa torinese che nel suo dialetto ha cantato in maniera magistrale il bianco e l'oro della neve, la tenebra e la luce del divino. E un disperato desiderio di raggiungerlo anche attraverso l'amicizia e l'amore. [...] Quella della poetessa di Ancona è una voce nuova e antica, nuova per l'originalità e la freschezza con cui sa trasmetterci sensazioni, stati d'animo, tensioni verso l'Alto. Antica perché canta le paure e le angosce che inseguono e accompagnano l'uomo da sempre. Nello stesso tempo la sua poesia contiene richiami continui all'oggi e al desiderio di fuga dalla condizione psicologica in cui ci si viene a trovare in momenti difficili, o drammatici, quando muore una persona amata. Il tutto sfiorato da quel "tono blu" che Chopin cercò disperatamente di realizzare nella sua breve vita.[...] Il tono blu è un qualcosa di inafferrabile, non si insegna e non s'impara, ma affiora qua e là, molto raramente, nei versi veramente riusciti o nella musica o nella pittura. E qui il lettore attento ne potrà rintracciare alcuni. La grande forza interiore della Maiorino le ha fatto superare solitudine e senso di inappartenenza sospingendola verso il nuovo, verso l'ignoto: paesi e civiltà lontanissimi da noi, usanze, lingue, paesaggi, persone che alla voce narrante appaiono familiari, come se fosse sempre vissuta là dove sembra aver ritrovato se stessa. Le sei sezioni di questo libro dal titolo misterioso scandiscono le diverse stagioni della sua vita: si va dal presente del Blog, al Campo del Cinabro; dalle terre del silenzio, reali e metaforiche, agli haiku, molto amati da questa poetessa. Fino all'arrivo in "Terrasanta" e a una "Jerusalem" che le appare come «approdo degli approdi / esilio degli esili - croce delle croci / ancorata sul Monte e ogni volta disfatta / come una tenda dei patriarchi». Colpisce poi, in questo libro denso e profondo, l'amore per la natura, manifestato in versi dove sono accostati, con bella naturalezza, i paesaggi cari a Leopardi con le "odorate ginestre", e l'andata dei pastori dannunziani verso il mare con le loro greggi: «Quando viene maggio / si cingono di ginestre le colline / splendenti raduni del giallo /odorate ginestre. / Come greggi animano i prati / e scendono verso il mare». Particolarmente indovinata mi sembra la metafora in cui un'orchidea viene assimilata al lento, lentissimo viaggio tra i minuti e le ore di una clessidra. Densa di significato anche l'immagine dei due ragazzi che suonano la chitarra in via Cialdini ad Ancona: «il futuro negli occhi e la musica per raggiungerlo». Questo è uno di quei rari versi dei quali si dice che li hanno fatti gli dèi. Il futuro però è minacciato da ogni parte perché nella nostra vita - e nella poesia - irrompe la storia, irrompe l'undici settembre del 2001, con "le twin towers che si sbriciolano" e sbriciolano anche tutte le nostre certezze. Da "Blog" a "Campo del cinabro": il passo non è stato breve. Occorreva ritornare in un luogo preciso, per poi ricominciare:
- l'antico campo del cinabro - A casa non c'è più nessuno, ma proprio per questo è necessario ascoltarla, la casa, perché avrà tante cose da dire e poi tante. Sarà lei, d'ora in avanti, a voler abitare con chi tornerà. Sola. La natura tutt'intomo offre amicizia, offre compa- gnia e consolazione ("si offre senza fronde né radici"). Ma chi la guarda? «Solo l'occhio del cacciatore vede / il volo rapido del merlo acquaiolo / che tende un filo nella luce rosata» (da Lago delle Grazie, qui a p. 37). Molto originale e sentita è poi una lirica incentrata sui migranti: s'intitola Le rose di Anoar e sviluppa un dialogo muto tra quei fiori, perché prima di andarsene, «Anoar ha sparso / rose sulla città, ogni rosa un sorriso». Attraverso il linguaggio muto dei fiori, l'io narrante evoca il ragazzo del Bangladesh che è partito, lasciando in città le sue rose, che lo aspetteranno. [...] "La luce di Belluno", dove la Maiorino è nata, toma infine ad accendere i suoi giorni. E dopo tanto tempo, i mughetti le fanno rivedere il «mazzetto ricevuto in dono / alla faggeta sopra Tolmezzo». Molto sentita è la poesia dei "pupi", le marionette viste in Spagna in un teatro. La poetessa è stata colpita al cuore dall'umiltà rivelata dall'immagine di quel Cristo "intagliata nel legno", coperta con "povere vesti". Era lui il più bello di tutti; in solitudine se ne andava a pregare sul monte: «Gesù che risorto chiamavi Maria / mistero in un cuore bambino / dolcezza di gioia nel pianto». [...] Questo libro, questo lungo viaggio dell'io alla ricerca di se stesso corre parallelo a un viaggio reale nei luoghi sacri del Cristianesimo. Dove finalmente la "Pietra salvata" viene raggiunta:
Stazione assegnata Anna De Simone Milano, settembre/ottobre 2016
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