Autore: AGNOLI MARIO Titolo: Da remoti sentieri Poesie e racconti Descrizione: Nel centenario della nascita di Mario Agnoli nato a Valle di Cadore il 24 agosto 1924Editore:Nuovi Sentieri Data di edizione: marzo 2024 Pagine: 119 Dimensioni cm.:17x24 ISBN13: 9788897863922 Codice: 360001 Collana: Risorgive
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Presentazione del romanzo
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Introduzione della curatrice
POESIE..................................................
.................... 15
RACCONTI.............................................
................... 85
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INTRODUZIONE DELLA CURATRICE
Da remoti sentieri giungono fino a noi immagini, pensieri, emozioni che Mario Agnoli ha coltivato nel profondo della sua mente e del suo cuore negli ultimi 15 anni della sua esistenza: tracce di vita interiore scoperte e recuperate al di fuori delle raccolte di poesie e racconti da lui stesso preordinate alla pubblicazione. Ci si potrebbe domandare come mai queste raccolte strutturate di liriche e racconti siano state 'lasciate indietro" dal?autore, dal momento che la loro qualità letteraria non ha nulla da invidiare a quella delle opere pubblicate in precedenza: la risposta a questa domanda è venuta direttamente da lui, alle soglie dei novantanni, quando gli ho chiesto come mai continuasse a scrivere sempre nuove cose senza curarsi di pubblicare quelle già completate; «Perché il tempo è poco» mi ha risposto. Quindi, con lucidità e lungimiranza, probabilmente confidando in una pubblicazione postuma a cura della famiglia, Mario Agnoli ha inteso perseguire l’obbiettivo di comunicare il più possibile i contenuti della sua interiorità, le riflessioni filosofico-esistenziali, i ricordi collegati ad eventi storici cruciali, i messaggi di natura etica e sociale, l’amore profondo per la natura, la sua terra, la sua gente; un desiderio-bisogno di mettere a disposizione degli altri il frutto della sua ricca esperienza di vita, come uomo e come cittadino. Quello che emerge quindi da questa raccolta è un quadro a tutto tondo, una specie di "summa" dell’ispirazione poetica e narrativa dell’autore, in un arco considerevole di tempo. Di conseguenza, lo stile, il ritmo, il lessico, le modalità espressive nel loro complesso risultano variegate, e la gamma dei contenuti molto ampia. In primo piano in quest’opera c’è il grande, composito tema del rapporto con la prima metà della sua vita, trascorsa nella originaria terra dolomitica: da questo punto di vista Da remoti sentieri presenta molte affinità con le altre tre opere precedentemente pubblicate come "Trilogia dolomitica”. I "remoti sentieri” sono infatti quelli delle montagne, dentro il bosco, tra le rocce, sentieri immersi nel silenzio, che conducono alla contemplazione, nello stupore e nella gioia dell'essere di fronte ad una bellezza sconvolgente; sentieri che sono come “fonte d'acqua sorgiva" per l'anima dell'autore, e che diventano quindi “sentieri dell'anima", attraversati dalla ciclicità delle stagioni, incrociati con i ricordi “dell'età fanciulla", e orientati dal desiderio di “riannodare" in qualche modo le proprie successive vicende esistenziali con quelle originarie. I racconti in questo libro fanno da contrappunto alle liriche, attraverso la rielaborazione sul piano narrativo delle tematiche di fondo dell'opera di Mario Agnoli: dal tema dell'amore, presentato con note struggenti e talvolta drammatiche, al tema del dolore, centrale in tutta la produzione letteraria di questo autore, alle tematiche di storia familiare colte in uno spaccato di storia nazionale di grande rilevanza, quello dell'oppressione nazi-fascista sul nostro Paese. Nel concludersi dell'opera, una sorpresa, forse, per i lettori, ma non certo per chi ha conosciuto e frequentato Mario Agnoli: “Il tempo del sorriso", un piccolo gruppo di racconti scherzosi e disincantati, talora caratterizzati da un'ironia quasi “metafisica" e surreale. Come sanno bene infatti gli amici di Mario Agnoli, la sua personalità era caratterizzata da una molteplicità di aspetti e dimensioni, anche in apparente contrasto tra loro: l'attitudine alla riflessione profonda sui temi esistenziali, spirituali, religiosi e di impegno civile, la malinconia di fondo e la vena nostalgica che l'accompagna, ma anche la vitalità dei sentimenti, la speranza collegata alla ricerca della trascendenza, la spontanea e cordiale socialità, la sottile, intelligente, dissacrante ironia di un uomo libero da schemi e condizionamenti. La critica letteraria particolarmente attenta ha colto da tempo in sintesi tutto ciò definendo il poeta e scrittore Mario Agnoli come una mente intessuta di «lucidità appassionata»; una definizione quanto mai appropriata per un uomo che ha attraversato in tutta la loro complessità i diversi temi e tempi della vita, mantenendo aperto sulla realtà il suo sguardo limpido, penetrante, umile ancorché alle vette della consapevolezza: «Rimasi nelle frequenze del tempo, / / come l'ombra di un sogno / / come un filo d'erba all'onda ventosa, / / come un'immagine sciupata dalla nebbia». Marina Zampolini Agnol
Scorre la vita insensibile alle frazioni del tempo agli indugi che sfilacciano i bianchi steli, le fragili erbe.
IL TEMPO DELL’AMORE
Mi ritrovai con un fiore di monte sconosciuto, lo chiamai amore.
ROSELLA E IL CAPITANO Una storia d'amore nell'antico borgo tra i monti
La valle del fiume Nubione è
lunga otto chilometri; confina a nord e a sud
rispettivamente con i gruppi del Castelletto e
del Dolomia, e a est con la piana del fiume
Silone che riceve l’affluente Nubione a ovest
della Sella dei Rododendri. L'antico borgo della
valle è situato nei pressi della Sella dei
Rododendri, dove si trovano le baite per
l’abitazione dei contadini durante le fienagioni
e il taglio della legna. Il trasporto del fieno
e della legna dalle baite alle stalle situate
nel borgo avviene anche durante l'inverno con
apposite slitte. L'economia del borgo montano è
di tipo autonomo, legata ai prodotti della terra
e degli animali. Buona parte della popolazione è
di antica origine romana: veterani, titolari di
concessioni agrarie “pro indiviso", che hanno
abbandonato le valli di Valico a seguito delle
invasioni barbariche, dando luogo a comunità con
una lingua di tipo misto, latino e venetico, con
prevalenza della fonetica locale. La vita della
comunità è regolata dai “Laudi", statuti dei
valligiani che hanno profonde radici nella
storia di questa terra. Il diritto dei
valligiani, singolare per natura e contenuti,
riceve dagli statuti principi regolatori di
molti aspetti della vita comunitaria: essi
dicono dei rapporti personali, dell'utilizzo dei
beni appartenenti alla Comunità, delle opere cui
sono tenuti i cittadini per la sicurezza e la
conservazione dell'ambiente. All'epoca dei
fatti, il mandato quadriennale di capo della
Comunità del Nubione era esercitato da Antonio
Bovani, contadino e artigiano del legno, sposato
da vent'anni con Annetta, sarta del paese. Dal
matrimonio erano nati due figli, Rosella di 18
anni e Giannetto di 16 anni. Rosella era di
bell'aspetto, vestiva in maniera accurata e
aiutava la mamma nella cucitura degli abiti. combattimenti e il ritornare degli uomini di ventura ai loro domicili di comodo. Il capitano raggiunse a cavallo attraverso la Sella dei Rododendri il borgo di Nubione, alla ricerca di Rosella. Non avendola trovata in casa del padre e avendo appreso del suo allontanamento decise di cercarla sui monti. Intanto Rosella, esasperata dopo le peregrinazioni alla ricerca di Federico, non potendo rientrare in famiglia secondo le tradizioni secolari nei confronti delle donne che hanno dato prove disdicevoli di sé, decise di rifugiarsi nella baita di famiglia. Le baite, a differenza dei fienili, erano sedi di soggiorno dei contadini durante la fienagione, la raccolta della frutta di bosco e il taglio della legna. Nelle baite venivano conservati alcuni alimenti a lunga durata per le esigenze dei contadini nell'eventualità di rientri per opere di salvaguardia dei loro possedimenti in caso di forte esondazione dei torrenti nella brutta stagione. Intanto l'autunno riciclava più sollecito che mai le foglie secche tra le prime nevi, e i contadini avevano completato il trasporto del fieno e della legna dalle baite e dai fienili. Rosella si trovò quindi completamente sola, all'interno della baita di famiglia. Questa baita, a differenza delle altre sul dosso prativo di ambedue i lati della Sella dei Rododendri, si trovava sul versante del dirupo delle Sorgive. L'inverno sopraggiunse veloce, più dei due anni precedenti, con forti nevicate oltre ogni prevedibile misura. Era l'antivigilia di Natale quando la grande frana dei monti Stadini, a causa del brusco cambiamento del clima, si mosse lungo la stretta valliva travolgendo la baita dove si era rifugiata Rosella. Frattanto il capitano, dopo aver atteso a lungo il rientro di Rosella, decise di cercarla nelle baite, dove alcuni valligiani che avevano ritardato il trasporto a valle del fieno e della legna avevano detto di averla vista nei pressi della baita di famiglia. Altri dicevano che la notizia non era fondata, che la baita era stata sicuramente distrutta dalla valanga, e che comunque non sarebbe stato il caso di avventurarsi da quelle parti a causa della neve. L'ufficiale decise ugualmente di raggiungere la località e si rifugiò in una baita situata nei pressi della frana, la Baita dei Solitari. Intendeva accertare l'eventuale presenza di qualche indizio riguardante la presenza di Rosella. Durante la notte improvvisamente si mise a nevicare e l'ufficiale venne raggiunto da alcune urla nel mezzo del sibilo del vento. Comprese che quelle urla erano di Rosella, usci all'aperto e seguì il sibilo del vento. Gli sembrò di vedere una giovane vestita con un lungo manto bianco e i capelli sparsi sulle spalle. Si avvicinò cosi tanto da essere inghiottito dalla neve e gli sembrò di abbracciare Rosella. Alcuni giorni dopo alcuni paesani decisero di raggiungere la Baita dei Solitari, ma la trovarono deserta con un cumolo di cenere nel focolare. Allora decisero di riprendere le ricerche e dopo un primo scavo nella neve trovarono un mantello bianco e una giacca militare così vicini da sembrare un solo vestito. Da allora in poi, durante le notti d'inverno, con il sibilo del vento, si odono venire dalla Sella le voci di Rosella e Federico: «Signore perché? Dov'è nostra figlia Federica?». La malinconia scese sovrana sugli abitanti del villaggio, che per molto tempo durante le sere d'inverno si raccoglievano intorno ai focolari per piangere. Lo so: ho udito l'urlo misterioso in una notte nella tormenta di neve, proveniente dal monte Popera. Provai e riprovai a decifrarlo, da ultimo mi sembrò: «Mamma!» |
ALCUNE
POESIE
RIANNODI - Ritornare
Mi è dolce il ritorno con le stoppie arrotolate, il fieno a rocchi, le ginestre sciupate dalla tramontana. Più dolce deir altro con le verdi spighe, i prati ricolmi d'acque; di quella stagione che fu ingrata oltre ogni dire: con i desti focolari e le fughe tra ricordi di ceneri imbronciate. È nel punto di ragione con i sensi affastellati che riprovi l'indugio. La vita non è nel convenire delle cose che vengono alle sollecitudini dell'essere, essa è nel dubbio del camminare che ha relazioni con l'infinito. Rimani fermo in quel punto della terra con le braccia aperte ed il perché sulle labbra ancora incerte.
RIANNODI -
Il mio Cadore Nella piccola stazione del borgo al primo passaggio a livello ad occidente con le scarne soglie d'abete leggiadro come fanciullo s’apriva tra gli orti antico sentiero agevole anche ai carri del traino erboso. Ma da quel lato che sale al monte si scioglievano al sole gli umori dei fienili d’ampi riquadri di spenta vernice. Tutto era nel mio dolce andare fanciullo. Ora ogni cosa è nel suo divenire . come di un lento sciupio dell’ombra. Mi muovo d’inerzia tra i lavacri di Lagole e l’erto sentiero che non ha ritorno. D’ansia ritorna il mio pensiero al mistero che non si dissolve, che non ristora. Rimane mistero.
FONTE D'ACQUA SORGIVA - Le piante
E assidua la felce, il cespo verzuolo e la quercia agghindata e la vite sulla quercia sfilacciata. Quest'anno raccontano i passeri storie di sole, di bacche e di ruote filanti. Non vedo la betulla. Mi sarebbe garbata com'era nel risalire del fiume dove s'increpa la valle e addossa il pino. Ahimè! Ricorro al sogno per riunire spazi d'illusione nel divenire reale. L'albero mi donò il piacere dell'attesa.
FONTE D'ACQUA SORGIVA - I sentieri del silezio
Quell'arco di roccia che dall'eremo risale lungo l'ultima balza alla Valle del Vento s'apre alla danza della luce. Fu arco dei miei pensieri di quelli che erano soliti lungo i sentieri del silenzio. Fu arco d'altri orizzonti oltre i pascoli dove l'erba s'arriccia sulle rughe di roccia dove lo sguardo indugia prima dell'ultima scena.
UNO SGUARDO A RITROSO - Sono solito
Sono solito ai perché, che ritrovo nella mia fanciullezza. Fraintesi. Forse per il continuo ritornare sugli enigmi, il divagare stanco di mio padre. Rimasero nel tempo paratoie, regressioni cognitive. In questo rinvenire tardo, con le ultime luci del tramonto, sembrano atolli di fuochi spenti. Si colorano nel variegato sortilegio, sino al cupo delle ombre indefinite, e sono sempre perché neU’immane pretesa d'essere soltanto interlocuzioni.
UNO SGUARDO A RITROSO - Il Piave
Sembrano sudari sassosi nell'incorporeo fluitare dell'acqua: questa sembianza ostinata preme la testa calettata di solitudine rumorosa. Un passo, una pietra alcune pagliuzze un altro passo, molte pietre e l'acqua con il contagocce. Madre mia dov'è la casa a similitudine di terra padre mio con i mutandoni aggambati palmo di sasso, un otre d'acqua. Ambedue fissi nei ricordi del telaio e della croce sembianti. Perché! Sono qui vicino alla riva per raccogliere. Non devo ripetere antiche sensazioni, ma, ahimè, il vento è di casa. Se non ci fosse sarebbe silenzio assoluto: nemmeno il senso della vita. Ed io ritorno controvoglia fra le soluzioni effìmere: devo percorrere questi sentieri per conoscere il perché della mia vita.
LUNGO I SENTIERI DELL'ANIMA - La fine del tempo
Ora che tutto è finito, rimaniamo sospesi nel nulla con le ipotesi, con i silenzi. Rimaniamo con i segni del passato per confutare il presente, per compensare le illusioni. Rimaniamo persino sorpresi d'essere stati; disponiamo di solo dolore. Ma oltre il finito per il convenire manicheo l'orizzonte s'apre all'infinito. Ed è qui il venire meno del razionale e le ragioni dello spirito hanno percorsi d'agevole divino. Forse rimarremmo sull'agile sponda o con le simbiosi d'onde pellegrine. Le domande non hanno alcun rigore di scienza, sono delle indoli pazze. Il mistero non esce risolto dalle ostentate cure, rimane punto oscuro dell'eterno affanno.
LUNGO I SENTIERI DELL'ANIMA - Il disagio
Le piccole forme del mio disagio si allentano sulle frequenze inquiete sino a devolvere al nulla le sensazioni, e questa è la ragione dell'essere che mi riporta ai sentieri dell'anima. Ho riattraversato la fuga tra gli alberi, che incerti dileggiano con le siepi, i ginepri incantati, gli scivoli di nube vespertina. Mi sono ritrovato con le cose del tempo affusolate, stanche degli ozi supini, senza fiori, come un bandolo assortito. Quando mi ritrovai sgomitolato anche le prime luci erano apparse all'orizzonte come sagome di un vascello a stravento. Il disagio ritornò al disarmo notturno come un carro di stelle disteso sull'ultimo infinito. Poi mi sono convinto di un refuso di sogni così piccolo da sembrare una stella di monte.
LUNGO I SENTIERI DELL'ANIMA - Stanco pellegrino
Tu sei vissuto nella tua terra. Io non sono vissuto nella mia terra. Per questo motivo vivo il senso del dolore. Ho le sembianze delle cose vaghe dei tremuli germogli nelle vicende del vento e forse quella di uno stanco pellegrino nella terra dei sogni.
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