Prima Classificata
PER
URBIN
di Oliviero Luslini
Seconda Classificata
PALON E MERENDA
di Massimo Volponi
Segnalate
EN ME CNOSC NISCIUN
di Anna Rita Ambrogiani
I RICORD !!!
di Stefano Mancini Zanchi
SEGRETI
di Maria Teresa Spaccazocchi
Prima
Classificata per la Prosa
CUM ERNE LE FEST DI RICCH
di Arturo Bernini
|
Prima Classificata
PER URBIN
di Oliviero Luslini - Urbino
Primo Premio al XVI
Concorso 2017
Quand camin
per i viculin
do', da pcin,
giocav sa i tapp e le palin,
me chiappa l'aviliment:
en c'è piò nient.
En c'è manca piò i burdei
quant eren bei!
E roba da matt ,
en c'è manca piò i gatt.
Motivazione della premiazione:
Con
pochi brevi versi, un dialetto dolce, Luslini, che si
dice in cammino, riesce a costruire un'immagine minima,
eppure inconfondibile dell'Urbino della sua infanzia,
con appena le parole: "viculin", "tapp" e "palin" usate
come veloci tratteggi; un'immagine che si fa in un
attimo desolata quando si scontra con la constatazione
dell'attuale scomparsa di quell'atmosfera, per cui si
arriva al finale paradossale in cui "en c'è manca piò i
gatt".
Quasi un'invettiva, ma giocata con un'ironia tutta
urbinate per cui il contraltare dell'immagine di Urbino
"da pcin" arriva ad esserne un'altra, desolata, e
probabilmente specchio del poeta ormai in altra età. (Davide
Mascioli)
INIZIO PAGINA
Seconda Classificata
PALON E
MERENDA
di Massimo Volponi - Urbino
Secondo Premio al XVI
Concorso 2017
Mille mulicche, d'oli un filarin,
un po' de sal, 'na mucchia d'sol: ecch un
panin;
po' via a de du calc ma'l palon,
gol! el panin tla man, che campion!
La nonna rid, faciata ma'l giardin,
mentre scardassa, e guarda chi fiulin,
che urlen, corren, magnen, viven la vita
che ma lia j par che è bell'e fnita.
W l'Italia! No, la Juve! No, l'Urbin!
Un calc al vol e un mors ma chel panin.
Le more tle galornie, tutti sudati,
alla fin dla partitta, rossi e scapciati,
van dalla nonna, j fan un risolin
e j dicchen: "Ce fè nantre panin?"
Motivazione della segalazione:
Palon e Merenda
è il racconto spontaneo di un
quadretto pomeridiano di alcuni nipoti e la nonna, gli
uni all'inizio della vita, l'altra abbastanza avanti
negli anni; l'attività domestica pomeridiana della
donna, dedita alla casa, è quella di scardassare la
lana, pratica un tempo usuale durante la bella stagione,
mentre l'occupazione dei bambini è quella di divertirsi
giocando a pallone con gli amichetti sotto casa. Il
pomeriggio è il momento della merenda - la cui
preparazione distoglie la nonna dallo
scardassare
- la tradizionale e sana merenda
di un tempo: pane, olio e sale; la gioia dei bambini in
quel significativo gesto di semplicità è evidente: il
panino in mano e, correndo, un calcio al pallone tra le
grida spensierate dei bambini del quartiere. Una scena
semplice, quotidiana, che fa riflettere l'anziana donna
sullo scorrere del tempo: la giovinezza bella, breve,
caduca e veloce è da lei ricordata in uno sguardo
d'affetto verso la squadra di quartiere. Il ritorno in
casa dei nipoti interrompe il pensiero e riconduce
tutto alla gioia e alla felicità che devono continuare e
perpetrarsi nel tempo producendo il loro positivo
effetto e, come per rendere eterno questo sentimento, i
nipoti domandano il secondo panino! Tutto è veloce,
rapido, svolto in pochi minuti: un panino veloce, una
corsa sulle scale, una corsa sulla strada con l'incontro
tra i bambini, un pallone e un breve pensiero di
meditazione sulla bellezza di quella scena per la quale
la nonna, per preparare il panino e per mirare
dall'alto, interrompe le sue faccende. Immediatezza che
ritroviamo anche nei versi che subito comunicano gioia e
voglia di vivere sereni. La poesia e il dialetto, sono
inoltre in grado di delineare un perfetto "quadro di
quartiere" che, fino a non troppi anni fa, era possibile
ammirare tra i vicoli e le piazzette di Urbino quando
ancora le famiglie abitavano e coloravano di quotidiano
gli angoli della città.(Francesco Duranti)
INIZIO PAGINA
Segnalate per la poesia
EN ME
CNOSC NISCIUN
di Anna Rita Ambrogiani - Urbino,
19 Aprile 2015
Segnalata al XVI Concorso
2017
So' maché, so' ier e dman,
so' vicin e so' lontan,
t'el ciel liber dla ment.
So' un pensier, un'ombra, un gnent,
'na caressa de vent,
sol t'el mond e tra la gent.
Motivazione della segnalazione:
Tre coppie di versi a rima baciata, incastonati in due
terzine. Il testo, composto da parole tratte dal lessico
quotidiano, costruisce l'immagine stessa dell'anima
dell'autrice che, proprio nel momento in cui sente
perdersi, scomparire, ritrova ancora una certa
corporalità, benché rappresentata appena da " 'na
caressa de vent".(Davide Mascioli)
INIZIO PAGINA
I RICORD !!!
di Stefano
Mancini Zanchi
Segnalata al XVI Concorso
2017
Man man che passa el temp
Enn sempre d'piò
E per non perdi
Vria trovè un mod d'arcoi so !
Pensa ch'ar pens' infìn
per evitamm sta pena
tra tanti pensierìn
m'è 'nutt 'n idea bona…
Voi conservai tutti, un per un
con fossa 'n gran tesor.
Nient abbia a separam
da tutti lor.
E quand' ariva l'ora d'gì de là
'I portarò sa me t' l'eternità
Sia chi più bei com pur chi piò balord
alla fin tutti enn presiosi:
È i mi ricord….
Motivazione della
segnalazione:
Il componimento tratta il
tema tradizionale del ricordo, del segno che lascia
nell'interiorità di ognuno un episodio, un incontro, una
storia; i ricordi, in quanto tali, aumentano col passare
dei giorni e l'esperienza insegna che tutti hanno
necessità di essere conservati e custoditi nello scrigno
dei preziosi e da questo emerge nell'autore l'esigenza
"d'acoi so" per non perderli, per non sfumarli, per
poterli rivivere, forse per tramandarli. L'arduo compito
diventa una "pena" e quindi ecco emergere la buona idea
di conservarli tutti,"sia chi più bei com pur chi piò
balord", senza mai separarsene in questa vita per poi
portarli con se la dove il tempo cesserà di esistere. I
versi sono carichi di freschezza, di spontaneità e la
loro naturalezza permette a chi legge di immedesimarsi
nell'autore collocando le scene dei propri ricordi come
perle preziose nel filo della propria storia e diventano
in grado di gustare ogni attimo del proprio passato che
riacquista valore nel presente. Il non certo nuovo tema
del tempo, coi suoi ricordi, è qui espresso ed elaborato
in maniera lineare, fuori da ogni patetismo, e il
dialetto, con la sua spontaneità e immediatezza,
conferisce un carattere leggero e piacevole all'intero
componimento. .(Francesco Duranti)
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SEGRETI
di
Maria Teresa Spaccazocchi Peglio
Segnalata al XVI Concorso
2017
Sa i occhi
chiusi,
tra un
soffie de vent, leger e pesant
ascolt la tu
voc,
è com un mer
in burasca,
le tu parol,
i tu segreti,
navvighne
tla mi ment com un velier
leggeri e
pesanti, chiedn aiut ma'l vent,
ma el vent
se calma,
pièn pièn
èpre i occhi,
cerch da non
fè uscì i segreti,
ecch, se'
malè, davanti a me,
ferma,
imponent,
quercia
secolèr,
me guardi,
te guard,
ma l'emosion
me frega
e sguilne
giò dai mi occhi legrim lèdre de segreti,
ch' en
riesch a tratienna,
ch'en riesch
a fermè,
me sent
sola, me sent svotèta,
en so piò sa
fè,
archiud i
occhi pregand ma' l vent
c'arcminciassa
a sofiè.
Motivazione della segnalazione:
Il testo della poesia presenta un andamento
apparentemente irregolare. L'assenza della rima in fondo
ai versi non nega però un certo ritmo giocato su
assonanze e rime con parole interne agli stessi versi: "ment"/"vent",
"non fè"/"malè". Il verso libero del componimento è
inquadrato in due strofe di sette versi con un ottavo
verso finale e in una serie di tre coppie di versi che
hanno il secondo verso di ogni coppia a rimare invece
fra loro: "fermè/sa fè/ sofiè.
INIZIO PAGINA
Prima classificata per la prosa
CUM ERNE LE
FEST DI RICCH SGNOR PIO' DE STANT'ANN FA
di Arturo Bernini
1° Premio per
la prosa
al XVI Concorso 2017
Prologo
Com l'altr'ann anca st'ann v'arcont la
storia d'mi madre che durant le fest niva chiamata per
aiutè a fè da magnè tle cas di ricch e purtava ma me
dietra sa lia. Sa la fam ch'avev guardav sa 'i occh
grandi com quei del lup de Cappuccetto Rosso com per
rubè sa 'i occh tutta cla mucchia d'robba bona da magnè.
Me sgulinav, me se slanguidiva tutt el stommich, pro sa
'na gran curiosità stav atent ma cle facend ch'succdevne
dentra cla cucinona. Tocca dì ch' cera un gran da fè che
coinvolgeva anca ma me: o per metta sò 'na brega t'la
stuffa o per sventulè i furnei o purtè i fiasch del vin
bianch, cargè le sport sa le verdur. Pro duvet fe cas
che per falla corta i pranzs en arcuntati cum se
svulgesser in t'un giorne sol.
Adess el rest dla storia v' l'arcont com
sentiv a parlè ma cle donn e v'la voj scriva alla mej,
cum n'antica bgiolliga. Me dispiac per voiatre ch' duvet
sorbìv ste tormenton, sta spec de "Pasqualon"; mo sicom
è lungh per en fav fè n'indigestion o per en fav nì sonn,
v'l'arcont un pestin alla volta.
PRIMA PARTE
'Na volta le fest di sgnor en erne sol
quelle ch'givne dalla vigiglia d' Natal alla Pasquetta e
dal carneval a la Pasqua, ma erne 'na mucchia piò
numeros d' quelle ch' festegiavne de sollit a la mej e
pegg i purett.
Per i sgnor c'erne quelle Santificat, d'
Precett e Cmandate, mo potemce agiungiec e inseric anca
quelle ch' en erne arCmandat; com le Fest de Spusalisi,
de Batesim, de Cumunion, de compleann, di aniversari; mo
pó c'èrne anca dl' amicissia, dle rimpatriat e d'ritruvament
sa i parent e quelle d'cumpiaciensa, per cumbinè 'i
afari e atre intralass tra d'lor. A falla corta, ogni
giorne sensa esclusion d'nisciun, puteva nì fora un
pretest o n'ocasion bona da prenda al vol per fè
bisboccia.
Tle cas di Sgnor ricchi i preparativ, per
le fest ch'givne da Natal a la Befana, incminciavne
almen du stman prima. Ma sti ricon, anca se c'era la
guerra, en 'i mancava gnent, perchè c'avevne i puder e i
cuntadin per tutt l'ann 'i purtavne sa i brocc le caterv
d'robba da magnè. Ma non sol: ma i lor Sgnor Padron ti
giorne dle fest nivne aiutè a cucinè le donn da la
campagna. Ma i Lor Padron i purtavne verament l'acqua
sa gl'urecchia per potè armana a lavrè la terra.
Invec i purett anca per cumprè el pan
oltra che pagal duvevne avè la tessera anonaria sinò en
'i davne manca quel; la robba da magnè t'le butegh c'
n'era poca, en se truvava.
'Na sera d'inverne prima dle fest de
Natal, mentre se c'nava babo dic ma mama che chel
pomerigg era nutta a chiamalla Alfio, el maritt dla Sora
Elisa ch'era la dumestica d'una fameia ricca d'Urbin,
dicend, sicom aveva fatt la nev e calcuna dle donn dla
campagna ha duvut argì a casa e manch sarien pututt arnì,
se fossa disposta per la matina dop a gì a dai 'n aiut
per le fest. Mama 'i ha rispost ch'giva ben e ch'era
pronta e ce puteva gì. Era 'na matina prest del mes de
dicembre, un para d'giorne prima de Natal; el ciel era
big, guasi nott, io e mama sèm scapati fora de casa
ch'c'era la nev già altina; la sera prima e durant la la
nutata aveva ardatt n'antra spulvrata sopra quella
ch'aveva già fatt ti giorne prima. 'I ommin spassanev in
cità avevne pulit e apert le strad principal e se puteva
girè, mo faceva un fred can ch'plava e manch en c'erne i
pagn per putè cuprit ben; el capot el putevi sugnal, era
'na robba troppa de luss, tle cas di purett propri en
esisteva. Tant per dì el mi' fratell più grand d'me
c'aveva 'na mantella armediata arcunciand quella del
nonn che dop 'na malatia el Padreterne aveva arcolt. Io
invec c'avev un vestitin d'lana un po' grostina sa i
calsuncin corti sa 'n giachtin, armediat listess
guastand calch giacon d'na persona granda e fat sa i fer
in casa. Sicom era dl'ann prima me stava anca 'na
mulicca sfugitt. Mama invec un caputin culor blu scur,
arvultat e artint. Anca se'n pò cunsumat c' l'aveva,
ch'l 'i aveva regalat la mi' sia ch'stava a Roma ch'
lavrava da 'na fameia ebrea: marit e moj benestant
armasti soli e ansiani.
Po' la sia un giorne ha scritt ma mama
che i tedesch dop 'na spiata 'i hann arestati e purtati
via sa 'n camion in Germania. Cle belv di suldat tedesch,
ch' avevne occupat l'Italia, faceven 'na mucchia de
razie a scapit dla pora gent, facend prigiunier anca ma
'na mucchia de suldat italiani e amasand 'na mucchia de
ragass partigian. La sia, puretta, c'aveva armess el
lavor che a chi temp era anca dificil da truè, i sold
fnivne prest, mo anca la robba da magnè era dificil da
truè e calcosa tucava comprall de sguaraguai dai
prufitator a mercat ner.
Infreduliti finalment sèm arivati drenta
el purton de un de chi Palass grand e bei d'Urbin, la
casa d'una fameia de Sgnor ricchi d'Urbin e la Sor'
Elisa, la dumestica, era nutta ha aprìc. Com sèm
entrati c'ha investit 'na vampata d'aria calda: drenta
la casa de chi Sgnor c'erne i temusifon a carbon cok ch'mandavne
un bel caldin che c'arcorava. La Sor'Elisa ce faceva
strada vers un corridoi stret e dop calch metre e fat 'na
ramptina de scalin sèm arivavati t' un stansòn tutt mesz
infumichit, illuminat da 'n largh lucernari tla sufitta;
mo sicom era cupert da' la neve en faceva tanta luc,
quella niva da 'n finestron de fianch el lavandin e da
'n lampadari a spindulon dal sufitt tel mezs del cucinon,
sa cinq bracc d'legn. Tacati tla paret in alt c'eren do'
bracett sa le lampadin ch'illuminaven du stuf ecunommich,
una granda e una piò pcina du' ardevne dle belle bregh.
De fianch al lavandin un cepp de legn gross du ce se
tajava e bateva la carne sa 'n pistacarne de fer. El
cepp de fianch c'aveva un ganc du c'era la manaia.
T'un clatra paret la mattra e 'na vetrina
granda sa i ripian pieni de robb a sparpaion ch'serviven
per la cucina: tovagliol, tvai, tigam de cocc, piatt,
bichier, cuccum per el cafè, bucalett, caraff, calca
ramina, el macinin del pep, le grattacasc pcinine e piò
grandine, le scolabrod, pasarol de vinch per le verdur,
el fer tutt bugat per fè i pasatin, candel e scattol de
furminant, di vas de vetre sa la pasta compra, mesz
furmai secch e i filett del pan invrichiati ti mantil e
nantre pò d' robba da magnè e per cundì. De fianch
tacati in alt, 'na statuina dla Madunina de ceramica, un
Crucfiss e du stacc per la farina una granda e una piò
pcinina. Da 'na part t'un cantòn, tl'angol de du paret,
un caminon un po' ingumbrant, che chiapava un bel pess
de post del cucinòn, sa 'na cappa larga ch'spurgeva d'un
bel po' sopra d'na grossa iola alta guasi com me, m'arivava
un palme sotta el barbus. Tla mensulona de pietra
grigia del caminon du c'erne du centilen, du lum a
petroli e du bugie a oli, un candlabre sa le candel; un
gross pistasal sa 'l masucch, 'na staccia, un macinin
d'latta verniciata per macinè el cafè, chel bon da bar,
e un macinon d' legn per l'orz; sotta pugiat t'un'angol
un cassetin d'latta sa drenta un cilindre sa 'na
manuella tutt bugat ch'serviva per brustulì l'orz; sotta
l'aiola un ripustigli per tience i ciocch, mentre da 'n
cant un casson sa le bregh da metta tle stuf e 'na mezsa
balla d'carbunella. Tel mezs dla cucina un tavlinon
lungh e largh sa du casett pieni de curtell, de tutt le
sort, i ramaiol, ramaiol bugati, cuchiar, pasìn, furcin,
furcinon, cuchiaron de legn sa i mannich lungh per el
caldar.
Da 'na part un gross tritacarne, 'na
batlarda s'an curtell a mezsa luna per tritè e fè el
batutt fin fin de verdur, de lard e d'atre robb. La
catassa d'legna l'aveva già purtata da la sera prima
Alfio el marit dl' Elisa la dumestica. Anca lo, un om
robust, ogni tant s'faceva veda per fè le facend pesant,
per purtè le bregh e metta i ciocch grossi, per custodì
la bragia tel camin.
De fianc, ma le paret vicin a la cappa
del camin, a spindulon t'un du baston pugiati e tacati
tra do barbacan, 'na sfilsa fitta d'sancicc; fissati
t'un, chiatre barbacan, a spindulon, legati sa dle
cordlin calch salamin, la coppa, sa vicina i lumbett,
stretti drenta di stechett de canna legati tond tond.
Tutta cla robba era statta messa ma lè d'intorne al cald
del camin per falla maturè prima e per en fai chiapè
l'umidità si no s' inrancidivne. Tacati tle mensol de
legn e larghe e lunghe guasi com el mur c'erne dle
padelle e di tigam d'ram d'achsè pulitti ch' dentra
arlucicavne com fosser di specch.
Tla
cucina c'erne già du donn, ch'erne dle cuntadin ch'niven
da la campagna: la Tersina, Emma la su nora e la Rosetta
la fiola dl'Emma e nipota d'la Tersina,
'na burdella d'undic ann, mo era brava a fè le facend
cum cle donn grand. Chle
donn erne già nutte ultimament calca mezsa giurnata
durant la s'tmana per fè l'impast e per fè le sfoje
d'pasta ch' avrien servit per facc
i caplett e
'i angnlott; e anca
per incmincè a preparè la robba da magnè per tutt i
giorne ch'duravne le Fest da la vigiglia de Natal,
ch'c'era el cenon, a la Pifania.
Durant la stmana anca se c'era la nev ma
cle donn 'i ha tucat a purtè la robba da magnè sa i
canestre e furtuna ch'avem i marit e i fiol rubusti ch'
hann auitat, mo era statta listess, 'na faticaccia, 'n
tribulè per el fred; tucava anca stè tenti se c'erne le
rond di suldat fascista o di tedesch ch' se te scuprivne
c'avevi la robba da magnè tla putavne via. Mo no eravam
tranquilli perché el nostre padron ma i cumandant 'i
mandava i poj, calch capret e la carne del baghin per en
fai fè i cuntroll e lor magnavne ben.
Sicom t'un chi tre quattre giorne vicina
le Fest aveva fat la nev e faceva 'na mucchia de fred, a
casa di Padron el dafè c'nera un bel po' e sucdeva che
cle donn dle volt facevne tardi, alora en putevne azardè
d'argi a casa sa la nev, e sa 'l fred ch'faceva. Tachè
el brocc manch a pensacc, era periculos, le bestie posne
scivulè e rompse le gamb e dop tocca masalle. Anca i
mezs e i pustal de linea s'en c'èren
le strad ben pulitte en giravne e alora tel bsogn dle
volt le donn se fermavne a durmì a casa d'la Sor Elisa.
Sicom t'la nutata prima dla previgiglia
aveva cminciat a pulischè, durant la nott arfat guasi n'antre
palme d' nev e questa aveva archius le strad fora d'Urbin,
la Tersina, l'Emma e la Rusetta, sicom avevne fatt tardi
e se stava facend nott, a gì via sa le strad cuperte d'nev
era periculos, saria stat propri un bel po' da matt.
Per giunta s'arcuntava ch'era sucess che ma la Sciana
dle person ch' hann vlutt per forsa argì a casa sa le
strad chiuse, s'en sperse e pò en morte sglate dal fredd.
Alora era mej che restasser a durmì a casa da l'Elisa
tel Palass di Padron ch'c'avevne 'i apartament grandi sa
'na mucchia de stans e 'n
apartament l'avevne lasciat ma la Sor Elisa, la lor
Guvernant piò che fidata per paura ch'en gissa via dop
ch s'era spusata.
Cl' apartament era grand e anca da lia el
post per durmì c' n'era a stuf; la fiola e el fiol dla
Sor Elisa erne grandi e spusati, mo erne
gitti a stè fora, cusè la lor stansa era tnutta aposta
per el bsogn, alora cle donn per cla volta per sicuressa
han preferit armana a durmì in Urbin.
Cla matina prest dla previgiglia era
capitat a casa di Padron el Fatoron sa un po' de robba e
da lo s'è imparat che da le gurdie del Cumun aveva saput
che de nev en n'aveva fatta 'na gran mucchia e che la
luppa aveva già incminciat a girè per fè la rotta ma i
Pustal de linea; e lò era nut aposta per avisè ma cle
donn, cusè tla matinata putevne argi a casa lor in
campagna.
Sicom i caplett erne già statti fatti ti
giorne prima dla previgiglia e tla cucina guasi tutt le
robb del magnè erne statt purtat un bel pes avanti; la
Lena ch'era 'na surella piò pcina dl'la Tersina, era già
gitta via a casa sua el giorne prima aprufitand che per
le strad c'era poca nev e se caminava ben. Per quest che
mama ogg aveva pres el su' post.
Ch'el giorne el ciel s'era schiaritt un
bel pó e anca se c'era la nev, avem saput ch'aprivne le
strad, vers le nov s'era arcminciat argirè, cusè anca
clatre donn prima de mezsgiorne
anca se
'l temp en era arcmandabbil, ben imbutitte e sa 'n bel
pò de curagg, de gran strafuga sarien gitte via listess;
per argì a casa; l' Emma s'era messa dacord prima sa
Tonio, el su maritt, e sa un di fiol piò grand ormai un
omon, ch' sarien nutti a fai l'incontre ti punt dla
strada piò dificil per pasè.
Tocava sbrigass, perché a casa lor c'erne armast sol 'i
ommin e le donn piò ansian sa i
fiòi piò pcini e per lor c'era da preocupass.
Adess ve lasc e, se el Padr Eterne m'
aiutta, c'arsentim per segguit de sta bgiollica el
prossim ann.
Arturo Bernini
INIZIO PAGINA
Motivazione della
premiazione:
Il racconto narra la
preparazione delle festività natalizie nelle case dei
signori di un tempo. L'episodio, un'occasione di lavoro
per la madre, è motivo per descrivere la cucina dei
signori in cui si svolge la preparazione dei cibi
natalizi e le differenze tra i signori e i non signori.
Una sera d'inverno, la madre dell'autore comunica al
padre che sarebbe andata a lavorare a casa di alcuni
signori per la preparazione dei cibi di Natale in quanto
le mogli dei contadini erano dovute tornare a casa per
la neve. La signora porta con se il figlio,
profondamente colpito da quella realtà che descrive
minuziosamente, offrendo così a chi legge un perfetto
quadro di una cucina aristocratica del secolo scorso; i
due partono la mattina presto, era molto freddo, il
cielo scuro... 'plava'! Finalmente madre e figlio
arrivano al portone dove apre la governante; camminano
fino alla cucina che colpisce tanto il piccolo Bernini:
il lampadario, la mattra e la "vetrina granda" con tutto
l'occorrente, dalle "tvai", ai "tigam de cocc", le "bucalett",
le"pasarol de vinch", i "filett de pan invrichiati ti
mantil", tutti particolari che fanno notare la
differenza di stile di vita tra i più e i meno
benestanti. La cucina era già occupata da donne
indaffarate accorse dalla campagna, venute per fare i
cappelletti, pasta un tempo limitata alle case dei
signori; aiutate dai mariti, portano "la robba da magné
sa i canestre" perche c'era la neve e, finita la
giornata, dormono nell'appartamento della governante
perché la neve e il freddo non permettevano il ritorno;
addirittura in Cesana qualcuno scomparve e morì tra la
bufera. L'indomani, il fattore dei padroni avvisa le
donne che la "luppa" già era in movimento per far la
rotta ai postali di linea e le signore fann ritorno
a casa. Subito si sottintende la realtà più povera,
molto diversa da quella prima descritta, una casa
spoglia, una cucina modesta e le preoccupazioni con cui
si chiude il componimento. Il racconto è scritto di
getto, con l'immediatezza data dallo stupore di un
bambino che, vedendo la differenza tra la sua e quella
realtà, coglie ogni minimo dettaglio e nel narrare la
descrizione minuziosa dell'ambiente e delle donne al
lavoro. I molti particolari che descrivono gli abiti,
gli utensili e tutto il necessario in cucina, lasciano
emergere un particolare sentimento, non solo di
meraviglia, ma anche di interesse nell'individuare il
dettaglio che faceva la differenza. Un quadro storico
dell'Italia della prima metà del Novecento, della Urbino
benestante dell'epoca e della gente al lavoro tra la
quotidiana fatica e l'incertezza dal domani. (Francesco
Duranti)
INIZIO PAGINA
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