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n° 44 Proverbi Metaurensi Raccolti da EGIDIO CONTI (1898) |
1 ‑ La bochèta vòl l'acqua e la cennera, en basta i bracc dla femmina.
Il bucato vuole l'acqua e la cenere, non bastano i bracci della donna.
Oltre il senso proprio, qui si scopre subito anche il senso figurato: «Non basta il buon volere, ma occorrono anche i mezzi » .
2 ‑ Ogni bochèta 'na stracèta.
Ogni bucato una strappata.
Certamente, ogni bucato sciupa un po' la biancheria.
3 ‑ Chi piscia tl'acqua e tèl fòch, tèl Paradìs en c' ha 'l lòch.
Chi fa pipì nell'acqua e nel fuoco, nel paradiso non ha luogo.
«Ottima è l'acqua e sacro è il fuoco». [1] Questi due elementi presso i pagani avevano un culto e una letteratura. Forse noi abbiamo raccolto il nostro proverbio tra le vestigia del paganesimo e l’abbiam trasformato secondo i bisogni della coscienza cristiana.
4 ‑ Chi nega l'acqua e 'l fòch va a l' infèrn e ‘n ha loch.
Chi nega l'acqua e il fuoco va all'inferno e non ha luogo.
En ha lòch, cioè non ha pace, non ha bene un momento. Cfr. il proverbio precedente.
5 ‑ Pónti lónghi e sèrv l'amich.
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Fa alla meglio, come puoi, ma non negare all'amico l'opera tua.
6 ‑ Ann nòv bòn tèmp si 'n pióv.
Anno nuovo buon tempo se non piove.
Infatti, che tempo vogliamo sperare ai primi di gennaio? Se non cade nulla dal cielo, è già una grazia e dobbiamo dire bon tempo.
7 ‑ L'ann è lóngh e i giórn èn fitti.
L'anno è lungo e i giorni sono frequenti.
Che è contrario al Chi risparagna el gatt se 'l magna e vuol dire : Bisogna risparmiare, per non rimanere col corto da piedi. (Cfr. il veneto: Ghe xe più dì che luganega: ci sono più giorni che salcicce).
8 ‑ I sentenziér stann a la porta, sètt ne dànn e quatordic n'arporten.
I sentenziatori stanno alla porta, sette ne danno e quattordici ne ascoltano.
Detto di quei sputasentenze solleciti, nell'accattar notizie e più nel riportarle, con le varianti e con la frangia.
9 ‑ El giorn dl'Ascensión en se mòv l'ucèll da la còva
Il giorno dell' Assunzione non si muove l'uccello dalla cova.
Per dire che quel giorno non si lavora ed è gran festa di raccoglimento e di amore.
10 ‑ Lavór da bambin ponti asà e pòchi guadrin.
Lavori da bambini ponti assai e pchi quattrini.
I lavori de' piccoli operai costan molta fatica e valgon poco,
11 ‑ Ma i brièch tutti i 'nviten da béva.
Tutti invitano gli ubriachi a bere.
É vero. Tutti v' invitano ciò che avete in abbondanza e non ciò che vorreste.
12 ‑ San Smón (28 Ottobre) se fòra la bótt del cantón.
A San Simone si buca la botte del cantone (cioè le si fa un foro per mettere il rubinetto)
Si spilla la botte migliore, quella che è quasi nascosta in un cantone, perchè non dia tanto nell'occhio.
13 ‑ Un bèsh en fa 'n bugh.
Un bacio non fa un buco.
È per dire che un bacio non fa poi gran male.
14 ‑ Giugn e luj en piòv al bui.
A giugno e a luglio non piove al buio.
Non piove di notte, perchè la è cosi breve ! Diciamo anche:
15 ‑ Pe'l solliòn la nott en pióv.
Per il solleone la notte non piove.
16 ‑ Quant un en è nè ciéch e nè zòpp, è bèll per tròpp.
Quando uno non è nè cieco nè zoppo, è anche troppo bello.
Un uomo che non sia disforme, è bello senz'altro.
17 ‑ 'Na chèpra e 'n bécch se gvernen sa 'n cépp.
Una capra e un becco si governano con un ceppo.
Detto di marito e moglie soli, che vivono con poco.
18 ‑ La chèsa alòggia mo 'n gvèrna.
La casa alloggia ma non governa (non mantiene).
Tanto è vero che la fame caccia il lupo dal bosco.
19 ‑ Chi scóla pèga.
Chi scola paga
Si dice bevendo all'osteria. Chi versa il vino agli altri, è segno che invita; riman l'ultimo a bere e paga.
20 ‑ Chi è l'ultim chiud la pòrta.
Chi è ultimo chiude la porta.
Detto anche figuratamente. Chi è l'ultimo in qualche affare, diviene in certo modo il mallevadore de'suoi predecessori, e anche per loro disbriga, e chiude l'affare stesso.
21 ‑ L'ua marzolina en va in cantina.
L'uva marzolina non va in cantina.
Cioè: se l'uva si vede in marzo, non giunge a maturazione, perchè dice il il proverbio toscano: nel marzo un sole e un guazzo.
22 ‑ El fium afitta mo 'n vénd.
Il fiume affitta ma non vende.
Non sono mai sicure le terre lungo il fiume: in un momento la corrente le può travolgere e portar via.
23 ‑ Pèga l'òst e muta l'òst.
Paga l'oste e cambia l'oste.
Si, prima di abbandonare uno col quale abbiamo degli obblighi, bisogna esser pari e patta; e poi crear nuovi obblighi con altri, se, occorre.
24 ‑ Magna sa l'òst, en giochè sa l'òst.
Mangia con l'oste, non giocare con l'oste.
Mangia coll'oste, perchè e' sa i segreti della sua cucina e ti darà de' buoni bocconi ; non giocar coll'oste, perchè egli é mariólo ed è capace di lasciarti in asso per servire i suoi avventori.
25 ‑ Chi pia prima, pia dó vòlt.
Chi piglia per primo, piglia due volte.
Ecco un proverbio messo in pratica da molti e che non ha bisogno di esser divulgato !
26 ‑ El somarr (o somèr) caréggia el vin e bév l'acqua.
Il somaro trasporta il vino e beve l'acqua.
È una lamentazione contadinesca sulle disuguaglianze sociali. Il contadino paragona sè all'asino e si consola.
27 ‑ La miseria vòl el su' sfògh.
La miseria vuole il suo sfogo.
Lo dicono i poveri quando si divertono e quasi festeggiano la loro miseria.
28 ‑ Più sém e più comparim.
Più siamo e più figuriamo.
Così dice palesemente chi mostra di gradire la compagnia numerosa, mentre in cuor suo forse dirà: «Sposa brigata, vita beata ».
29 ‑ Le paur en se medichen.
Le paure non si medicano.
Secondo l'opinione del volgo, le malattie derivate da paura non trovan medicine che valga.
30 ‑ El tlèr en vòl nè la rabbia e nè la stizza e nemmen la panza grizza.
Il telaio non vuole nè la rabbia e nè la stizza e nemmeno la pancia arricciata.
Dunque per tessere occorre la pace, la pazienza e la pancia piena.
31 ‑ Mèi trist secolèr che 'n è trist prét.
Meglio cattivo secolare che un cattivo prete.
Meglio, meglio; perchè il prete deve dare il buon esempio.
32 ‑ Nova Pasqua, nòva légg.
Nuova Pasqua, nuova legge.
A Pasqua molti fan propommento di cambiar vita. Peccato che rinnovino il proponimento ogni anno !
33 ‑ La chèsa apiatta mo 'n ròbba.
La casa nasconde ma non ruba.
Ció che si smarrisce in casa, o presto o tardi si ritrova.
34 ‑ Chi lascia la compagnia, o è 'n leder o 'na spia.
Chi lascia la compagnia o è un ladro o è una spia.
E, infatti, chi abbandona la compagnia, se non ha una motivazione piú che persuasive desta sempre sospetto.
35 ‑ Quant è contènt el matt e la matta, el matrimòni è fatt.
Quando sono contenti il matto e la matta, il matrimonio è fatto.
Proverbio così raro agli innamorati, che dall'amore traggono forza di lottare contro la volontà dei parenti.
36 ‑ Chi è senza dènt sent frédd a tutt i tèmp.
Chi è senza denti sente freddo a qualsiasi tempo.
Detto dei vecchi e dei bambini.
37 ‑ Che dét ch' se taia è lo stéss.
Qualsiasi dito si taglia è la stessa cosa
I genitori si esprimono in questo modo semplice e chiaro, per indicare l'affetto che hanno eguale per tutti i loro figli e il dolore che provano egualmente per la sventura dell'uno e dell'altro.
38 ‑ El mèl del dét è gròss e 'n è crés.
Il male del dito è grande e non è creduto.
Chi non prova, non crede che un dito possa doler tanto.
39 ‑ Genèr d' i gatt, febrèr d' i matt.
Gennaio dei gatti, febbraio dei matti
Semel in anno licet insanire.
40‑‑ Marit: ma chi cappita e mòi: ma chi va.
Marito: a chi capita e moglie: a chi va.
Cioè : I fratelli prendano moglie successivamente per ordine di età, le sorelle ... si salvi chi pub.
41 ‑ Guant o brétta en fu mèi strétta.
Guanto o berretto non fu mai stretto.
Perchè le maglie s'allargano sempre.
42 ‑ El pègg en è mòrt mèi.
Il peggio non è morto mai.
Per ció non bisogna mai disperarsi.
43 ‑ Quant la viola è nèta, la pécvra è svérnèta.
Quando la viola è nata, la pecora è svernata.
Quando spunta la mammola, verso la fine di febbraio, le pecore escon già. a brucare per le siepi e sono scampate dal pericolo dell' inverno.
44 ‑ Le bèsti en se confessen.
Le bestie non si confessano.
Non possiam sempre fidarci di una bestia, per mansueta che la sia, perchè non parla e non rende conto di quello che fa.
Questi 44 proverbi, a cui non ho potuto trovar corrispondenti, neppur simili, ne' vocabolari e nelle raccolte varie, compresa quella abbondantissima che va sotto il nome del Giusti, sarebber dunque del dialetto metaurense, proprio nostri. Se non che alcuni di questi 44 proverbi vivono, come trovatelli abbandonati, ma pur belli e correnti, anche nel versante adriatico dell'Apennino toscano, che è come dire nella continuazione del versante nostro. E scendono per un buon tratto anche nel versante opposto, perchè a Barberino di Mugello, per esempio, nel circondario stesso di Eirenze, si dice comunemente:
Altri proverbi da valutare:
Avé l'ép tla testa Avere l'ape in testa Avere la coscienza sporca
Torvè da gussè 'l dent Trovare di aguzzare il dente Trovare da mangiare o da sgranocchiare.
Chi 'n è statt bon vin en è manch bon acet
Da Erod a Pilet (di qui il detto "andare a rottapilata", cioè: dal male in peggio)
Da chep a fond
Da Natel a Pasqua;
Dal dett al fatt c'è 'n gran tratt.
1 ‑ L'anno è lungo e i giorni son fitti.
2 ‑ Il giorno dell'Ascensione neppur gli uccelli voltan l'ova.
3 ‑ Quand'uno è ubriaco tutti gl' invitano here.
4 ‑ Un: bacio non fa macchia o non macchia.
5 ‑ Nè cieeo nè storpio è hello assai.
6 ‑ Paga l'oste e muta l'oste.
7 ‑ Mangia coll'oste e non giocar coll'oste.
8 ‑ L'asino Aorta 'l vino e beve l'acqua.
9 ‑ La miseria vole il su' sfogo.
10 ‑ Meglio tristo secolare che cattivo prete.
11 ‑ Chi fascia la cornpagnia o è ladro o è spia.
12 ‑ Gennaio de' gatti, febbraio de' matti.
13 ‑ Calze e berretta non fu mai stretta.
14 ‑ Le bestie non si confessano.
Entreranno questi proverbi, come riconosciuti dall'uso, nel gran patrimonio della lingua italiana ?
Hoc est in votis.
Egidio Conti
1898