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“Il sonno della ragione genera mostri” Francisco Goya
Con il
patrocinio di Centro culturale “Il tempio” di Pistoia testi di :
Roberto Agnoletti Foto di Duccio Bartolozzi
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L’arte di Flavio Bartolozzi e la pace di Mario Agnoli Bartolozzi è artista testimone di questo tempo segnato dalla profonda inquietudine dell’uomo e dai gravi problemi dell’essere. Egli conosce, per cultura e per naturale disposizione, i problemi sociali e partecipa alla integrazione degli stessi con la forza e lo spirito della sua arte di pittore e di scultore. La partecipazione di Bartolozzi è creativa e per questo suo consistere è essenziale. Gli uomini sebbene ripresi nei loro ambiti culturali, non sono considerati dall’artista per quel tanto di loro apparenza reale, ma sono trasfigurati, con intuizione originale, nel virtuale, come può essere un’ immagine, una trasposizione concettuale. L’uomo rivela il suo dolore nella contrazione del volto, nella sua riassunzione fisica deformata la rappresentazione grottesca è ineluttabile seguito. Rispetto alle cose quest’uomo bartolozziano rimuove l’antico desiderio umano di volare, per aderire alle stesse cose non già come in un dolce planare, ma bensì come nel cadere violento su un qualche cosa di arido come un teschio mostruoso. Il perché di quest’arte dell’urlo, della violenza, del dolore, va ricercato nella rinuncia all’aspettativa, nella guerra che improvvisamente, anche rispetto alle motivazioni, toglie all’uomo ogni diritto sino alla impotenza assoluta. Ed è in questo contrasto che i corpi si contraggono entro forme malferme nella penombra senza tempo. L’artista subisce il senso della profonda inquietudine umana e ricorre al segno dove più rapido si consuma il dolore. Il segno libera il dolore dall’effimero e lo converte alla forma libera. E’ il mutare dell’arte che esce dagli schemi romantici per approdare alle spiagge del verismo cruento. Bartolozzi è dunque artista del surreale, senza confini di scuola, senza palesi ricorsi a precedenti esperienze e senza alcun obbligo scolastico. La sua è arte pura nei contenuti e nelle continue infrazioni al metodo. Essa si esprime sul mutare del tempo, sui ritmi della desolazione che deriva dal male impetrabile, dall’odio e dall’inerzia senza fine, dalla guerra atroce e immotivata. La guerra non viene intesa unicamente come conflittualità, come tensione morale, come pregiudizio del diritto alla felicità, ma è soprattutto intesa come alterazione degli equilibri sociali, con la conseguente negazione della libertà, con la produzione della povertà, del sottosviluppo. Forse vi è in quest’arte del Bartolozzi che deve necessariamente impressionare per finalità creativa, una profonda sofferta assonanza con alcuni dipinti di Goya e di Signorelli. Gli uomini sono rappresentati aN’interno della tragedia non solo come vittime della follia dei potenti, ma anche come protagonisti della dialettica estrema. L’urlo che viene rappresentato da una grafia forte come una incisione, riceve dalle intuizioni l’anelito alla conoscenza della ragione della malattia umana. L’arte diviene messaggio ed insegnamento. L’immagine non si ritrae all’interno della sua cornice ma esce per rispondere al perché del male. L’arte è quindi estrema testimonianza della sofferenza umana percepita intensamente ed è dono profondo di conoscenza. Il perché rimane anelito e in tale guisa si porta all'interno della scrittura pittorica; esso diviene ossessione, desiderio struggente di risposta. Il riscontro, come per incanto, si trasferisce aH’interno dell’arte, senza tradire il mistero che attraversa l’anima come una luce adiacente, prendendo dall'immagine il grottesco dello spettro umano, nervosamente rimescolato nella invenzione del colore. Mario Agnoli |