HOME SAGGI

SAGGI      di       Mario Agnoli

Don Siro Butelli

 

 

 

Gli amici di Don Siro Butelli

 

Organizzazione:
     Flavio Bartolozzi
     Sergio Fedi

Foto:
     Duccio Bartolozzi

 

 In copertina:
     Immagine dell Opera di Flavio Bartolozzi "Natività
1977"

Con il contributo di:
     Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia s.p.a.
     Centro Culturale 'Il Tempio", Pistoia
     Venerabile Arciconfraternita della Misericordia, Pistoia

 

Stampato nel mese di Giugno 2010 dallaTipografia
GF PRESS snc - Masotti - Serravalle Pistoiese - PT
0573 518036
-www.gfpress.it

 

 

DON SIRO POETA. AMORE, BELLEZZA, DONAZIONE

di Mario Agnoli

Quando le cose sono viste da un fanciullo prendono le forme e i colori delle pure trasparenze. Le altre stagioni della vita intercettano le sensazioni e ciò che traspare diviene illusione. Don Siro è rimasto fanciullo nel rapporto con la natura, e nel tempo in cui ha deciso di scrivere poesie ha continuato ad essere fanciullo. Tutto questo è talmente meraviglioso, da essere quasi soprannaturale. Ed allora qual e il senso dell'altra natura, quella degli obblighi della vocazione religiosa, quella delle testimonianze del vissuto in mezzo a mille problemi, spesso così grandi da sembrare macigni sul sentiero della vita? E’ il senso che viene dalla Provvidenza. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto si presentano problemi. In una comunità i problemi sono notevoli e gravi: tutto diventa difficile, quasi insormontabile, a partire dalle cose del quotidiano, dagli approvvigionamenti, dai servizi, dalle scadenze e dalle cure quotidiane, Don Siro è stato precursore delle forme associate, in con­testi del recupero delle personalità all'interno di singoli apprendimenti di lavo­ro. Egli ha confidato nella Provvidenza del Signore, perché la domanda di ristoro fisico e spirituale è stata superiore all'offerta di prestazione e di amore. Queste considerazioni che altri avranno modo di sviluppare, vengono sommessamente recuperate per l'appunto nella individuazione della personalità culturale di Don Siro. Egli è stato un umanista nella tradizione moderna dell'attribuzione; aveva bisogno di leggere, di tenersi aggiornato in più direzioni d’interesse. Lo si riscontra dalla biblioteca che con dolcezza porgeva all'attenzione degli amici. Dispongo di meravigliosi ricordi, di una partecipazione spirituale che mi è stata determinante per i miei successivi percorsi spirituali, e di tre libtri di poesie, composte da Don siro dal 1984 al 1994. Su queste disponibilità mi accingo a dire alcune cose sulla sua poesia. E' questa una poesia semplice e pura, che non ricorre all'oscuro, che si sco­sta da quella di cui alla ricorrente stagione, influenzata dal pensiero di Montale e di Ungaretti. Nella raccolta "Le mie radici", la poesia butelliana si compone all'in­terno dei ricordi, nel bisogno dei caratteri propri della motivazione spirituale. Le immagini diventano sensazioni, e queste si trasformano in espressioni "Degrada tra i cipressi il Montalbano" e “luci gialle/tingono il tardo cinabro/del tramonto". In Tobbiana” il Montalbano si raccoglie nella nebbia, ma "due lame di sole/aperte tra le nubi/indoran la pianura". Nella poesia "Il Convento di San Quirico" il canto intro

duce al trascendente oltre la "breve fila di cipressi il convento/tra il verde dei quercioli e il Campanile di San Quirico', sono ancora i cipressi ad integrarsi nelsilenzio/ immenso”. La poesia butelliana si è formata negli ambiti della poesia moderna, e di questa formazione sono evidenti i fermenti espresivi presenti nella poesia “Mi è caro” sebbene il raccordo sia meno evidente di quanto non lo sia il titolo, ed è questo anche nel "Vedere la Città”, "stagliarsi sagoma oscura/contro il cielo", ma il pensiero del poeta corre oltre, al di là della visione, "nella sagoma oscura", 'nell'an­tico splendore di Pistoia” si "godono i silenzi eloquenti" e "quando il mondo canta/il cuore esulta". Le sensazioni s’integrano rilasciando, suscitando pensieri di gioia. "La radice" in Butelli è ricordo profondo che supera la stessa immanenza filosofica per diventare assimilazione culturale e spirituale. Il ricordo in questa poesia va inteso come percorso e non come indugio. Per coloro che son stati prescelti a servire il Signore, la vita è nella pienezza della Grazia, per cui la rimembranza diviene luce di un meraviglioso percorso, anche nella contemplazione della natura. Esiste un legame delle stagioni della vita, per cui ogni atto di meditazione e di invenzione è compreso in questa unità spirituale. La bellezza non è un traguardo, ma nel poeta essa è elemento della trascendenza. Una ascetica quasi mistica che passa attra­verso la sensazione non solo della natura, ma anche delle ragioni del dolore "Sento trafiggermi/sotto l'ombra di querce e pini" "e dentro al mio cuore segreto scrigno di sofferenze/affidategli anch'oggi si fa largo, Signore, il bisogno di lodarti". Al viandante poco attento le sollecitazioni dell'andare spingono ai sentieri dell'essere, e tutto si colora di cenere.

In Butelli tutto è armonia ed il fascino delle immagini è sempre dell'età fanciul­la che s'inoltra nei tempi senza alcuna reticenza. Il tutto si muove senza alcuna sottile inerzia, ma scorre leggero come un'ombra dorata, di grilli, di spazi, di mon­ti, di nubi, di orizzonti. E' la dolce presenza del Signore che riempie il cuore del poe­ta di un meraviglioso viaggio tra le bellezze del Creato. La natura così intensamen te bella in questa regione per il poeta è gioia,è allegria, è meraviglia, è la parola di Dio, ma è anche in alcuni momenti della sua vita, nebbia e solitudine, e “le cose /nel verde/dei loro ciuffi/divengono Chiese. La poesia "un bisogno nel cuore" e sembra chiudere il ciclo della "radici"e'nelcuoré'un bisogno pressante/di pace”. Don Siro nel Luglio del 1991 esce nella Collana Ergon dell’editrice NCE di Forlì con la raccolta di poesie "Sentieri”. L'introduzione rivela in questa nuova raccolta di una "nuova co­struzione poetica", che si stacca dalla precedente e che impegna l’animo di ogni riflesso del sentire profondo: nelle cose naturali e fortuite, e nei pensieri nascosti nell'incedere lento del verso". "Sentieri" è il titolo della poesia di apertura della rac­colta, ma sono "le stelle/che/ricamano/in cielo/pennellate/di luce" ed "il poeta in esse vivo cullato/dal canto di lode/delle cose'.Ma nelle poesie a seguire irrompe l'anelito alla trascendenza "Tutta allora di te si piena l'anima". Si può avere amore senza speranza? In Butelli essa è arrivo dopo un percorso dove "l'angoscia presente/m'afferra dura" ma "... quando scopro/tenui accenni di primavera/mi dis­seto/alle fonti della speranza". Vi può essere amore, speranza senza dolore e questo può essere un limite alla meditazione? La risposta del poeta non è diretta ma rinvenibileb dalla interpretazione, infatti dalla poesia "Son prigioniero": "ho il vuoto dentro,/e voglia di piangere e gridare", ed ancora sono prigioniero di sentimenti accorati,/di profonde laceranti delusioni". Perchè qui sta il segreto del dolore che non deriva da una particolare concezione della vita umana, ma da un riscontro profondo dell'impotenza a superare gli ostacoli frapposti al desiderio di donare, di fare in nome di Cristo opere di bene a favore dei poveri, degli ammalati, di uomini abbandonati secondo un ardore e una devozione che non danno tregua. Nella po­esia "Impotenza”, "le lacrime/violentano/il senso/di riservatezza", ed ancora "bran­colo nel vuoto/col pensiero/nell impotenza/con l'affetto". Nella poesia "Capodanno,” prevale la tristezza di una solitudine che va oltre le "ria, fuochi e canti/sulla morte di una parte/della nostra esistenza", con le stelle, s'accende la luce della mirabile ansia "ci vedo, Signore/il tuo volto sorridente". In "Novembre” gli accosti tra natura e Dio sono ancora all'interno della mutazione del trascendente, e definitivamente scongiurano ipotesi panteistiche “Ormai da giorni/ha perso il cielo/il colore d'azzurro/e i rami degli alberi/si tendono nudi" e cosi puri oltre, nei versi finali di questa poesia, Al nostro andare/ha dato Dio/le dimensioni dell'infinito/e delleterno/Ora grido di gioia". E come nell'introduzione si ha la presenza di una poesia che è acqua pura di fonte che disseta, che alimenta il pensiero". I sentieri segnano la dimensione dinamica del cuore e vanno oltre il dispiego di cipressi oltre il muro, in una rapsodia del bello che nella poesia "Il Lago” il "ritmico sciacquio delle onde" è sentito come il battito del sangue nelle vene; in "Torrente" i versi della seconda stro­fa sono di rara bellezza "Chiocciola garrula/accompagnando il mio silenzio/a nar­rarmi la storia/del suo andare senza sosta”. Nella poesia “La Signora Speranza" i ver­si riportano il poeta all'indietro nel tempo "nella nebbia del tempo” quando "Ci veni­vo con mio padre/a lavorare da bambino/a Casa Rossa/e la Signora Speranza/ci preparava i cenci”, e nella "Sera", “Incorniciato d'embrici di cotto/il muro bianco/ sboccia dall'erba alta”. In "Terra mia" la tradizione romantica d'inizio del secolo scorso è ripresa da una visione di grande suggestione "Batte l’ora la torre/dell’antica fattoria/distesa su un tappeto verde" e poi "scende lentamente in me/la magica malia/della mia terra amata". La magia dell'espressione poetica butelliana, prende il lettore all'interno di una sfera magica, che non lascia dubbi che non si nasconde all’interno di un organizzazione del pensiero poetico, come fosse dentro un deda­lo, costruito per non deludere le percezioni oscure." dove "il giallo-verde/del cielo/ succede all’arancio/s’appendono/stracci neri/di nuvole/stasera". Butelli è un poeta innamorato di Dio, e così nella poesia " E vien voglia", "Lassù oltre le nubi/quando la terra/non si vede più/e nuovi mondi/costellan l'infinito/anche là ci sei, Dio/e nell'ul­tima strofa "E vien voglia di battere le mani/e di cantare". Nella poesia "Lacrime" il dolore, non è mistero: nella concezione butelliana, è vivo, persino dolce-amaro, e le lacrime “hanno il sapore del sangue/che sgorga/dalle ferite/dell anima" ed ancora “Gli occhi tristi hanno smarrito/le vie/del sonno". Sono le ore della sera, quelle del silenzioso vespro, delle stelle, della Notte, dell’autunno, del tardo inverno, della cara luna che ritornano con frequenza nella poesia butelliana, come piccoli muri ai quali si accosta il poeta per meditare. E così nella "Sera", "La terra/intorno a me/ profuma ancora/di pioggia/e preghiere "Rotto silenzio" l'ultima strofa "Voci lonta­ne, indistinte/non turban la quiete/dove tu, Signore/attendi i tuoi figli". In "Evoca­zione", il ricordo dell'eccidio del Padule è lacerante "Un'evocazione di pianto/nella sera colorata di fuoco/ a gridare un perenne bisogno di pace" Un ricordo in cui il grido di dolore è di ultima istanza, rivive nel grido di pace. Infine della raccolta di poesie “Sentieri" piace il tentativo di cogliere in questa poesia la meravigliosa ricer­ca di Dio, e così in "Alternanze", “Cerco sbocchi di luce/alla mia tenebra. Tu, Signore,/ come il cielo/che s’ammonta di splendore/aH'orizzonte,/mi prepari,sollecito/una splendida aurora". E in "Festa dei morti", è "la sensazione dell’impotenza umana/ dopo la morte". E nell'ultima strofa "Mi rasserena/il tuo abbraccio/Signore." La rac­colta si apre con la poesia "Sentieri" in cui “Lascio/correre/il pensiero/del sentimen­to." e si conclude con la poesia “Cara luna", 'Come corre in cielo/la luna stasera" e nell’ultima strofa "Anche il mio correre/troverà quiete/per continuare instancabi­le/di nuovo il cammino./Cara luna/pallida sorella lucente”. La raccolta di poesie di Don Siro Butelli “Tu mi hai preso la mano destra" esce invece postuma, nel Dicem­bre 1995 per i tipi della FAG Litografica di Pistoia, ad opera di amici del poeta. Da un'intervista riportata da "Vita Sociale",260/94, in stralcio dalla prefazione della suddetta raccolta di poesie, piace riportare testualmente "Qualche luce si è accesa dice don Siro a significare che una nuova vita in qualcuno si è ricostituita...Sono felice di una gioia profonda che si radica nella vicinanza quotidiana con "Gli ultimi del mondo degli ultimi, coi bisognosi nel luogo, Il Tempio, in cui si vuol dare una risposta ai loro bisogni. Che cosa dovrei desiderare di più? Sono enormemente fe­lice di questa proposta che il Signore mi ha fatto nel momento finale della mia missione di sacerdote e ne gioisco appieno "Hilarem datorem diligit Deus ", e anch'io vorrei rispondere sempre sorridendo ai progetti di Dio per me. Egli ha condotto la mia vita, e l'incontro coi poveri è l'ultimo atto della sua paterna bontà per me. Sono felice". In questa nuova poesia butelliana si avvicenda la malinconia, e le cose di natura non son riprese sfocate, ma sono come ricoperte da un velo di mestizia. In "La mia città", "Agile/trascorre il pensiero/secoli di storia", questo velo è appena sfu­matura che rimane anche nell'ultima strofa, sebbene all'interno di giudizio "Lo sgorbio/di moderne costruzioni/richiama il presente". Il dolore in questa poesia non rimane all'interno dell'essere, come trattenuto da radici d'immanenza, nel se­greto della terra, ma esce spontaneo dal cuore del poeta per conoscersi nella pura sensazione. Nella poesia "Oltre quel muro", "Anchoggi ho sentito/presente il dolore", l'occasione diviene conferma ed il dolore si colloca nell’area di fermenti causali, che inducono alla sollecitazione spirituale "Non sa il corpo spiegarsi/del soffrire il dono, né capire la morte./Eppure la vita umana/non ne è che un inno". Ma nell'ulti­ma strofa come un guizzo reattivo, il muro si apre alla giovinezza, il dolore si collo­ca all'interno del processo esistenziale del poeta. In Butelli il dolore non è "separa­zione" ma è "formazione" del processo dell'essere, che porta alla giovinezza intensa memoria ascetica. La consapevolezza del mistero del sentire profondo che dà vita, come l'aria nei polmoni, rimane sospesa nell'enigma ed è per l'appunto riassunta nel relativo grado della mistica. Il pensiero della morte rivela la presenza di spazi approssimati, che sembrano gli accosti di una ritualità rimossa. Il poeta raccoglie in pochi versi il pensiero sul mistero della morte all’interno di una profonda disa­mina filosofica, della quale riprende le ragioni in contesti rapidi apparentemente frammentati "Un albero di gocce di rugiada.../una collana di stelle.../il pensier della morte/Cosi lontana, impossibile" ma "la collana di stelle/oppure "un serto di cui cia­scuno è cinto" ritornano nella specificazione dell'ultimo verso "il gelido abbraccio della morte". Il velo di malinconia non s’allontana sospinto dal vento della gioia, divenuto ormai essenziale in questultima stagione della poesia butelliana. Nei po­chi versi della poesia "Castel Martini", gli accostamenti sentimentali contengono l'essenza dell'amore e del perchè "Tu mi hai preso la mano destra", “Arsa dal sole/ declinante/la chiesa povera,/chiusa,/come il suo cuore/nella tua festa, mamma". Se nelle prime due sillogi, i ricordi come radici e la bellezza del paesaggio come fonte d'ispirazione si offrivano dolcemente all'esegetica, in questa raccolta postuma, tutto diventa mistero, e la stessa esegesi diviene sulle cause, su motivazioni pro­fonde. In queste poesie i ricordi non vengono ripresi nello sviluppo della bellezza del paesaggio, come fonte d'ispirazione, ma all'interno di un sofferto processo di riassunzioni tematiche, in funzione di un divenire di speranza. Ogni tema è sorret­to da sensazioni che aspirano fortemente all'integrazione, come tessere di un mo­saico. Questo non rimane un complesso di figure, sebbene retto da un intendimen­to ampio e profondo, ma si inserisce nel pensiero ascetico del poeta. Anche i temi del ricorrente riflessivo hanno al loro interno il costante riferimento alla ricerca del perchè, alla gioia della sorpresa, alla commozione e alla riconoscenza. Nella po­esia “Motivi per dir grazie", l'amicizia è gioia ed è ulteriore motivo per dir grazie al Signore. In "mamma mia" l'intensità del pensiero butelliano si accosta alla spiritua­lità francescana'Sento Maria/ancora estraneo il dolore degli altri", un’umiltà scon­volgente e una preghiera d'aiuto divino. La successiva strofa viene richiamata con trepidazione, in quanto deve essere intesa come nel massimo grado dell'evoluzio­ne ascetica "E tu, sotto la Croce/sul colle del Teschio/bagnata dal sangue di Gesù/mi accettasti per figlio". Nell'ascetica butelliana la poesia è una componente essenzia­le, perchè sviluppa le fasi dell'itinerario ascetico attraverso l'insieme contemplati­vo. Nella poesia “Un cuore piccolo", "E" profondo, indicibile/più grande dei monti,/dei ghiacciai perenni/il sentirsi cinto/da un sentimento d’amore", ma questi versi sa­rebbero rimasti solo esiti della contemplazione del bello se non fossero seguiti "in­torno al Tuo altare/a cibarsi insieme a te/sui prati e sui massi/a parlare di te, Signo­re/nella cornice ammaliante/delle cose Tue/disseminate dovunque/ perla nostra osservazione/stupita ed estasiata". In generale si osserva che nella poesia contem­poranea, in particolare quando s'intende affrontare le problematiche esistenziali, mediante il ricorso alla filosofia, salvo anche le cadute e forzature stilistiche, vi sarebbe un cedimento lirico. La teologia non appesantisce il verso butelliano, ma rivela invece una meravigliosa assonanza. A parte la presenza di alcune deviazioni poetiche, dovute all'occasione rituale e non, il seguito di questa raccolta assume il carattere proprio della distinzione dei temi, in funzione della preparazione ad un lungo viaggio, senza ritorno. La solitudine non è mancanza di sensazioni; essa ha forti ragioni d'essere multifacciale in relazione ai vari ambiti nei quali si manifesta. Infatti un individuo può sentirsi solo in un'assemblea ma d'altro canto non essere solo in assenza di uomini. Le idee, i pensieri profondi, le immagini, i ricordi, le sen­sazioni influiscono sulla solitudine dell'uomo. Nel poeta non esiste la solitudine come indole, nella poesia “Lo sai?", "Ancora osservo/l'immagine tua/e mi sento per­vaso/della tua dolcezza/Grazie, Padre/della tua visita stasera.” e nella poesia "ATe", "il mio grazie/a Dio/che promuove per noi/sempre nuovi motivi di esultanza". Nella poesia "Mi sento amato", "Godo il silenzio/stasera, Signore/e ho voglia di pregare/ steso fra l'erba/come i fiori nei prati/mi sento amato da te". Nella poesia "Per ringra­ziare", nella quarta strofa "Nascono nel cuore/ motivi per ringraziarti/Signore, ri­percorrendo/il dono della vita" e "Tu hai arricchito/il dipanarsi del tempo/con la dolcezza tenera/della tua presenza vigile". Nella poesia Durezza "Io sono con te/per sempre,/-mi dici-io ti ho preso/per mano", e nell'ultima strofa "Tu mi insegni/la di­mensione/gloriosa/della Croce/che sfuggo". Nell'ascetica butelliana la fuga non è smarrimento, ma è timore che, tuttavia, rimane nel cuore "e so che tu sei buono/ dolcissimo": "Nel folto degli abeti ", "La lode a te Signore,/vien guidata dalle cose", ed oltre in brevi strofe, quasi epigrammi "Ti ringrazio, però, Signore,/che non sono caduto ne!l’amarezza./Mi hai dato la serenità/di accettare i fatti come un benefico segno/'. Confessioni e mistica si integrano nella poesia di Don Siro, per dare vita a contenuti che rafforzano l'espressione poetica. E così nella poesia "Perdonami" in cui "La Tua Parola/Signore,/mi ha tracciato/sentieri luminosi;/il sole vero/sei Tu", e nell'ultima strofa è ancora il bisogno di Dio che aiuta il poeta a vivere nella luce della verità. Avevo annotato con una lunga parentesi e con la parola "donazione” la poesia “Cerco ragioni", è stato un lampo esegetico: ossuto, essenziale. Ora qui nella quiete, vado a costruire, le immagini di quella meravigliosa ricerca sociale, scolpita nella tradizione della parola-pensiero, come forti

Segni su tele sovrapposte. Le sequenze sono rapide, senza sfumature: lo smar­rimento morale e fisico di una giovane presa dagli stupefacenti, l'indifferenza del la gente,la ricerca di una spiegazione. Il perchè rimane presunzione e il poeta è profondamente afflitto: "L'angoscia/ attanaglia/il cuore/mendicante di quiete". La quiete un approssimato rinvio, ma è un elemento sussidiario di un "perchè” non osato: ed è un altro mistero dell’animo umano. In questa poesia, dove la meravi­glia porta continuamente alla riflessione, anche la ricerca s'inoltra con la foresta dell'essere, con le immagini di spazi, di figure, d’interni unicamente raccolti nella rapsodia dei ricordi, ed allora il poeta ricerca motivi “per non essere travolto/da un senso/di sgomento profondo/Lo so che si vive/proiettati nel futuro/e che solo l'eternità/toglierà il respiro alla speranza". Le ultime poesie della raccolta, d'insie me profondo, in cui i gradi dell'ascetica si sovrappongono in rapida successione, e già sono accosti al "ritorno", l'esegeta è preso dal turbamento, quasi dovuto alla dif­ficoltà di reggere il desiderio di ricerca all'interno di questa poesia. Il pensiero del poeta ormai, con queste ultme poesie, risente della forza della chiamata divina, e anela al silenzio "In questo luogo di dolore/In un attimo/di prima sera/tutto si è spento". "La tristezza”, ‘L'adorazioe" e "Grazie" concludono la silloge . Esse apparten­gono all’altra stagione della vita: quella delle vicinanze, senza alcuna approssima­zione, senza alcun dubbio, senza alcun mistero. La luce di Dio è fatta avvolgente. E’ l'amore infinito, frutto di una vita intensamente dedicata ai bisognosi di luce, agli afflitti a causa di una società assente e all’amore di Dio. "La luce è un dono grande/ quando senti dentro il buio" e "Al di là delle ciocche degli aghi/dei pini del giardi­no/percorro ora strade di pace”. In "Adorazione" il dolore e la solitudine del poeta trovano ristoro nell’adorazione "intorno alla Croce e nell'abbraccio dolcissimo/del tuo amore, Signore/Tu mi hai amato fino a morire", l'ultima strofa contiene una conferma dell'amore di Dio, e nell'ultimo verso, un pensiero oscuro, destinato a rimanere tale, non essendo immediatamente interpretabile “La Chiesa austera ha accolto la mia gioia". L'ultima poesia "Grazie" e una dichiarazione di fede, e la grati­tudine a Dio per il grande e meraviglioso dono del sacerdozio è, infine, un fervido atto d'amore. La statura poetica di Don Siro Butelli si colloca in una dimensione spirituale di eccezionale rilievo; essa richiederebbe il perfezionamento della ricer­ca interpretativa in tutte le sue componenti. Le tre strofe di quest ultima lirica vanno riproposte integralmente, per la loro intensità e profondità che vanno ben oltre i limiti dell'interpretazione: "Un grazie grande/com e immenso il cielo/un grazie splendido/com e lucente il sole/un grazie caldo/come è caldo il fuoco/non basta, Signore/a dirti, oggi, quello che provo in me". II cuore si riempie di gioia e di amore al di là delle stesse sensazioni. "Un anno è un dono/tale da non potersi dire/e riviver io il percorso/di un provvidente amore/che mi ha condotto attento, a mia insaputa, spesso/nei sentieri di un giorno/che sempre ha ricercato per me il bene/Alla guida di tutto ci sei tu". Questa è strofa della Provvidenza Divina che reca, nella sua imprevedibilità, amore e bene spirituale. Nella terza ed ultima strofa di questa meravigliosa poesia, il dono di Dio reca godimento e appagamento "ed io ho goduto/di questa tua predilezione dolce/accarezzato dalle Tue premure/e mi hai privilegiato cingendomi/di eventi e di persone/perchè la mia esistenza/scorresse lieta nelle scelte Tue./So che dir "grazie" è poco/ a Te voglio rispondere sempre "sì". Prima di chiudere questa sommessa riflessione sulle poesie di Don Siro Butelli, in larga parte riferita ai contenuti, è dovuto un cenno all'espressione e all'armonia di tale espressività creativa. L'espressione è limpida, il verso, sebbene breve, intuisce il ritmo. Don Siro è un umanista illuminato che ricorre al linguaggio semplice o dosato, non inteso come limite, per parlare d'amore, di bellezza, di soffernza, di speranza, di Provvidenza Divina.

Per dare altra luce alle immagini di tocco meraviglioso e sublime. L'armonia è da ricercare nella spontaneità creativa, infatti sono le immagini dolcemente e feli cernente rappresentate che recano suoni, come d'antiche melodie. In conclusione di questa disamina delle tre raccolte esaminate di Don Siro Butelli, posso solo ag­giungere che la sua è una poetica ricca nei contenuti, vuoi per il metodo mediante il quale si esprime, vuoi per ciò che lascia dentro a chi legge. E allora pensiamo alla bellezza del creato, e alla nostra anima, per continuare i percorsi lungo i sentieri dell'amore e della ricerca di Dio.

Tu mi hai preso perla mano destra".Abbiamo percorso un lungo tratto della vita e ci siamo trovati tra i pascoli verdi, Tacque di sorgente.

Mario Agnoli

 

HOME SAGGI

SAGGI      di       Mario Agnoli

Flavio e David