Organizzazione:
Flavio Bartolozzi
Foto: Duccio Bartolozzi
In copertina:
Immagine dell'Opera di Flavio Bartolozzi
Con il patrocinio di Centro Culturale "Il Tempio", Pistoia Con il contributo di:
Venerabile Arciconfraternita
Indice
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Presemtazione di Mario Agnoli
Esiste una "ratio" nell'opera di Flavio Bartolozzi? La risposta è in tutti i casi complessa, infatti non esiste una sola stagione nella storia di questo artista. Inoltre ci si trova di fronte ad una frammentazione dell'unità stilistica e le stagioni sono dotate di una loro autonomia. Non è un problema di spazi storici caratterizzati dallo sviluppo creativo, ma è un problema psicologico. L'indagine sulla sua opera anche nel limite del recente catalogo non cosente un accesso immediato all'interno della psiche dell'artista. Indubbiamente la sua infanzia rappresenta una chiave di lettura per comprendere la sua formazione spirituale. Una formazione che tende alla liberalizzazione dell'essere, sino a diventare ragione di vita. Si potrebbe dire "bisogno di andare oltre". E"l'oltre"non ha qualificazione perché è al di fuori della dimensione. Dal che si pone l'ulteriore problema sul "bisogno" rapportato all'azione liberatoria ovvero, più intensamente, se esso sia rimasto all'interno dell'originario assetto giovanile o invece non abbia conseguito un grado di maturazione progressiva all'interno della psiche. L'indagine esperita su ampi spazi temporali ha rivelato la presenza di stagioni intensamente drammatiche, anche sotto il profilo dei riscontri finali, in carenza pressoché assoluta di convenzioni, di mediazioni. Si può parlare di forze trainanti ispirate all'estro, che non soggiacciono alle esigenze della storia. Il metabolismo creativo non è solo produzione. In radice è forzatura sulle catene della opportunità e il prigioniero diviene dimensione della libertà. Le stagioni di questo artista hanno tracciati ondulati, si scostano dalle geometrie "rituali". Per arrivare al fine delle simbiosi concettuali, bisogna tentare le percorrenze. Sono le stagioni delle "contingenze" liberatorie, delle ricerche, degli scavi profondi entro i misteri della vita. Del segno, della grafia, degli incontri lungo i sentieri della storia, degli istinti compresi nelle proiezioni, della dissimulazione delle attitudini, delle pedagogie del figurativo, degli omaggi intesi come riletture nel relativo temporale, dei rispecchiamenti dove i dubbi rimangono sospesi ai fili della latitanza, del collage essenziale. Ma questa stagione, quella del David, è una uscita dagli schemi pregressi, ancorché intesi nella loro qualità espressiva. Il pittore esprime la sua "vis" creativa al di fuori della libera accezione delle pregresse stagioni, per corrispondere al fascino della bellezza, che ripulisce il tessuto creativo come l'acqua sorgiva. Egli affida alla bellezza i suoi personaggi, e la bellezza vanifica l'accezione d'individualità. Il tempo altera le condizioni soggettive senza incidere sulle simbiosi. Flavio-David, e siamo subito nel "bello trascendente"ed anche all'interno di una proiezione di sentimenti. Forse, per dire semplicemente che nel David di Michelangelo Flavio Bartolozzi ha trovato il segreto dei suoi pensieri e della sua arte, già inconsciamente matura. Mario Agnoli
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